IL DISAGIO DI BARBIE, STEREOTIPO FEMMINISTA DEMODE’ @ di Emyliù Spataro

Immagini del film @Barbie di Greta Gerwig

Ascolta il podcast dalla voce di Emyliù

Continuo la rubrica di cinema del mio alter ego Mava Fankù , parlandovi del film più chiacchierato della stagione, talmente tanto attaccato da tutti i fronti sui social che era doveroso andarlo a vedere al cinema, con la speranza di smentire le opinioni dal sentore snob, il più delle volte espresse con pregiudizio senza averlo visto.

Barbie di Greta Gerwig, prodotto tra gli altri dalla Mattel, l’azienda di giocattoli che creò la bambola più famosa del mondo nel 1959, è un’operazione commerciale troppo imponente perchè il film possa risultare debole e banale ad una prima visione superficiale, condizionata peraltro da pregiudizi pseudo intellettuali, che volevano farlo passare per un pericoloso veicolo di messaggi negativi.

Ma già dopo le prime scene ci si trova davanti ad un giocattolo perfetto nella sua complessità, non concepito per un pubblico di bambini se non nell’apparente sfavillio plastico delle mirabolanti scene e fantasmagorici costumi multiaccessoriati, tripudio di rosa, come nella più lussuosa Barbieland che sia mai stata concepita.

Dunque il pubblico infantile del film, che viene portato al cinema dagli adulti, non resterà deluso nella trasposizione visiva della fiaba postmoderna di Barbie, ma la sceneggiatura su diversi piani di lettura risulterà incomprensibile sia per i bambini (sedotti però dalla forma) che per gli adulti sempliciotti e disorientati dagli inaspettati dialoghi esistenzialisti depressi di Barbie Stereotipo, interpretata felicemente da Margot Robbie, quando pone ad alta voce una domanda destabilizzante: “Avete mai pensato di morire”?

E questa inaspettata angoscia di morte porterà Barbie ad uscire dal suo mondo perfetto (una caverna rosa, metafora della Caverna di Platone, dove regna il buio dell’ignoranza), scendendo nel mondo reale diverso da come si aspettava, scoprendo di aver generato dei falsi miti diseducativi e mettendosi dunque in discussione, con il suo compagno Ken, ruolo subalterno interpretato da Ryan Gosling (blandamente da Oscar).

Interessante è la dissonanza cognitiva in cui si ritrovano i due asessuati bamboli umanizzati, confrontandosi nei due mondi paralleli. Così, mentre Barbie scopre che la sua immagine di bambola anticonformista, ha generato nelle ex bambine oramai donne degli stereotipi di genere, portandole a seguire inverosimili standard che le hanno allontanate dalla parità di genere, Ken invece, venendo da un mondo irreale che lo aveva sempre considerato “oggetto di Barbie”, scopre il patriarcato, sistema sociale che vede l’uomo protagonista assoluto, non più marginale personaggio secondario, dove il maschile assorbe il femminile, ricoprendo ruoli di potere.

E a differenza di Barbie che va in conflitto interiore, nella scoperta delle nuove informazioni del mondo reale, aiutata anche dalle donne che incontrerà durante il film, Ken si emancipa dal ruolo da comprimario, tentando di riproporre a Barbieland le idee del patriarcato che l’hanno più colpito.

Insomma, altro che film stupido e melenso! Estraggo il toccante monologo di Gloria, personaggio interpretato dall’attrice America Ferrera, che vuole evidenziare i contrasti e gli ostacoli che le donne trovano nella nostra società:

“Devi essere magra, ma non troppo magra. Non puoi mai dire che vuoi essere magra, devi dire che vuoi essere sana, ma devi comunque essere magra. Devi essere un capo, ma non puoi essere autoritaria. Devi essere una donna in carriera, ma devi anche prenderti cura delle altre persone.

Devi rispondere dei cattivi comportamenti degli uomini, il che è allucinante, ma se lo fai notare vieni accusata di lamentarti. Devi rimanere bella per gli uomini, ma non così bella da tentarli troppo, da minacciare altre donne”.

Questo film, di genere commedia drammatica con tratti da musical, offre molti spunti di riflessione e andrebbe visto al cinema, per entrare nella sua magia, e poi rivisto in streaming per studiarlo nei contenuti.

Emyliù Spataro

Emyliù Spataro

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Stefania Catallo, romana e fondatrice del centro antiviolenza Marie Anne Erize. Si occupa di storia orale e di diritti delle donne. Giornalista e scrittrice, ha pubblicato diversi libri, l'ultimo dei quali "Evviva, Marie Anne è viva!" (2018, Universitalia), ha ricevuto il Premio Orsello nella sezione Società.

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Emilio Spataro, in arte Emyliù, attore, chansonnier, fotografo, grafico. Di origine calabrese cirotana, vive a Roma. Opinionista e Web Master del Magazine.

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Diplomato all'Istituto Alberghiero Michelangelo Buonarroti di Fiuggi (FR) - Dopo una lunga esperienza in Italia, e all'estero come chef per personaggi di rilievo, sia in casa che su yacht, nel 2013 si è trasferito a Londra, dove ha appreso nozioni di cucina multietnica continuando a lavorare come chef privato.

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