Mese: Agosto 2023

LA VIDEOPOESIA – QUANDO I GENITORI INVECCHIANO, DI PABLO NERUDA

QUANDO I GENITORI INVECCHIANO

di Pablo Neruda

Lasciali invecchiare con lo stesso amore con cui ti hanno fatto crescere..

Lasciali parlare e raccontare ripetutamente storie con la stessa pazienza

e interesse con cui hanno ascoltato le tue quando eri bambino…

Lasciali vincere, come tante volte loro ti hanno lasciato vincere….

Lasciali godere dei loro amici, delle chiacchiere con i loro nipoti…

Lasciali godere vivendo tra gli oggetti che li hanno accompagnati per molto tempo,

perché soffrono sentendo che gli strappi pezzi della loro vita…

Lasciali sbagliare, come tante volte ti sei sbagliato tu…

Lasciali vivere

e cerca di rendergli felice l’ultimo tratto del cammino che gli manca da percorrere,

allo stesso modo in cui loro ti hanno dato la loro mano quando iniziavi il tuo.

ASCOLTA IL PODCAST DELLA POESIA INTERPRETATA DA ALESSIO PAPALINI

Musica:

Title: Moonlight

Author:  Kris Keypovsky

Source:  https://freemusicarchive.org/music/kris-keypovsky/single/moonlight/

License: CC BY 4.0

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ANNA SEGRE: “QUESTO STUPRO E’ UNO STUPRO, SOLO CHE E’ NARRATO”. PALERMO, CAIVANO E LA TERRA DI NESSUNO DEL WEB

In copertina: Anna Segre

L’art. 609-bis (Violenza sessuale) punisce con la reclusione da 5 a 10 anni chi, con violenza o minaccia o abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali. La stessa pena si applica a chi costringe taluno a compiere o subire atti sessuali abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto o traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona. Nei casi di minore gravità, la pena può essere diminuita in misura non eccedente i due terzi” (testo dell’articolo 609 bis del Codice Penale italiano).

Dopo i fatti di Palermo, è notizia recentissima quella di un’altra violenza sessuale, protratta per circa un anno su due bambine di Caivano, in provincia di Napoli. Anche qui gli autori sono un gruppo di giovani, dei quali la maggior parte minorenni. Anche qui tutto è stato filmato e diffuso, finché le immagini non sono finite sul cellulare del fratello di una delle bambine, che ha denunciato l’accaduto all’autorità. Si è parlato di assenza della famiglia, dello Stato, delle istituzioni per spiegare la violenza sulla violenza, in una spirale senza fine che parte dal mondo cosiddetto reale per arrivare fino all’ultimo cerchio dell’inferno telematico. In queste storie non c’è e non c’è stato solo abuso fisico e psicologico, ma anche una violenza sociale e social. Lo stupro non basta più, adesso c’è bisogno anche del video e di tante condivisioni e perché no, di monetizzare l’accaduto perché c’è chi è disposto a pagare profumatamente per vedere una donna violentata. Snuff movies docet. Abbiamo incontrato Anna Segre, psicoterapeuta e poeta romana, per cercare di capire cosa sta succedendo e perché sta accadendo.

Anna Segre, lo stupro di Palermo, del quale si parla tantissimo in questi giorni, non è il primo stupro di gruppo di cui si ha notizia. Tuttavia questo sembra avere colpito molto l’attenzione comune. Cos’é che fa la differenza in questo caso, secondo lei? 

“Questo stupro è uno stupro. Solo che è narrato.

Cambia la narrativa. Il fatto che i messaggi, poi resi pubblici, fossero esplicativi della teoria della mente degli stupratori. C’è stato, per chi li ha letti, un immaginare dagli occhi loro. La metafora di ‘cento cani su una gatta’, la metafora della carne è carne, anche al sangue, sono immagini, noi vediamo un animale piccolo circondato e sbranato da molti animali grandi, e sul sangue è inevitabile pensare alla vittima che sanguina…

E, sempre dai messaggi, trapela la convinzione di essere nel giusto, di avere ragione, al punto, infatti, che se li sono scambiati, come fosse normale”. 

Quanto influiscono i siti porno in tutto questo?

“I siti porno forniscono la scena, quasi suggeriscono un copione, e abbassano la soglia del sopportabile, nel senso che azioni estreme passano invece per lecite, tollerabili, ammesse. Le fantasie erotiche sono condizionate da queste rappresentazioni. Sono letteralmente suggerite. Passa l’idea che il piacere sia quella cosa lì, che si senta quello che sembra si senta”. 

Immagine web

E’ possibile che la pornografia distorca in questa maniera la visione del sesso di un adolescente?

“L’accesso ai siti porno è facile e in più le piattaforme porno sono le meglio funzionanti di tutte. Dobbiamo constatare che l’età delle persone che li frequentano si è abbassata. Troppo. Gli adolescenti non sono pronti da un punto di vista della maturità sessuale a queste rappresentazioni. Se tu a 11 anni guardi video porno, non puoi decodificare e dimensionare ciò che accade. È come se facessimo camminare un neonato: gli si deformerebbero le ossa. E cosa passa? Che quella è la sessualità. Una performance, basata su posizioni, pose e atti che vanno espletati in quel modo, quasi privo di relazione interpersonale”.

Le chiedo di chiarire il concetto di stupro in modo da non lasciare ombre, semmai ce ne fossero, perché per alcuni si tratta ancora di un atto di erotismo e non di sottomissione e di annientamento della vittima.

“Ci sono ombre su cosa sia uno stupro? Tutte le azioni inerenti il sesso senza consenso sul corpo di una persona. L’annientamento come individuo, il rendere oggetto l’altra, l’utilizzo della violenza innanzitutto come relazione e poi come gesti sul corpo. Si sa talmente bene cosa sia uno stupro, che si tramanda nelle generazioni sempre uguale, abbiamo statue, quadri e poemi su cosa sia uno stupro. È un esercizio di potere. Pulizie etniche, metodi di sottomissione, minacce implicite delle istituzioni. Lo sappiamo noi donne e naturalmente tutti gli uomini. L’altro giorno una bambina di 8 anni mi ha chiesto: ma 7 donne su un uomo esiste?”.

Secondo la sua opinione, quale punizione sarebbe più efficace e riabilitativa per questi giovani?

“Dobbiamo constatare che le punizioni attuali sono inefficaci. E rispetto al danno inferto è acqua fresca: non risarcisce, non restituisce, non educa. La vittima ne ha la vita segnata, condizionata e lo stupratore passa il tempo a minimizzare, negare e spergiurare che c’era il consenso. Perché una donna che piange e dice no in realtà sta dicendo: sì, godo, continua. Non si sa per quale perverso decoder c’è questa traduzione condivisa. 

Efficace sarebbe una collettività che schifa questi comportamenti. Nessuno di noi terrebbe un comportamento schifato (uso la parola a ragion veduta) dalla madre, dai vicini di casa e dai professori e dai passanti. Ma dovrebbe essere schifato in modo capillare, proponendo in alternativa una relazione umana che renda l’eros condiviso la miglior scelta. Sei fico, se la tua storia d’amore e di sesso è costruita con la partner, il sesso più bello è quello fatto insieme, le fantasie più belle sono quelle reciprocamente raccontate, sei un vero uomo, se provi sentimenti e desiderio per una vera donna. E la nostra collettività, purtroppo, non va in questa direzione. 

C’è molta violenza collettiva verso questi 7 stupratori. Ma loro sono figli della violenza, chiamano mamma la violenza: sarebbe conferma e consolidamento di un sistema picchiarli, stuprarli, castrarli, ucciderli. Come loro hanno fatto alla vittima, fare a loro”. 

La madre di uno degli imputati sembra abbia elargito consigli su come sbarazzarsi di prove compromettenti, insultando anche la vittima “come una che se l’è cercata”. E’ un fallimento del femminismo?

“Appunto. La madre non schifa il comportamento del figlio. Segna il cammino di cui sopra: minimizzare, negare e spergiurare. 

Il femminismo fa sì che noi siamo qui a parlarne, che le pazienti formulino la domanda in terapia: è giusto che lui mi chieda di fare sessualmente questo o quello? E che ci possa essere la risposta: ma a te cosa piace? 

Il femminismo consente la discussione e che questa madre si qualifichi come portabandiera di un patriarcato millenario. 

Non è il genitale che ti fa femminista, sono i contenuti rispetto alla maggioranza più discriminata della terra: le donne”. 

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ARTE – TINA LOIODICE PRESENTA ROMA IN 100 CENTIMETRI QUADRATI IX EDIZIONE: I GATTI DE ROMA

I famosi, bellissimi gatti di Roma sono gli ispiratori della IX Edizione di “Roma in 100 centimetriquadri”, evento curato da Spazio 40 Art di Roma e organizzato da Tina Loiodice e Fabrizio Ena, in programma dal 22 agosto al 3 settembre. La location sarà anche quest’anno la Galleria IL LABORATORIO di Via del Moro 49 a Trastevere.

I gatti di Tina Loiodice

Tina Loiodice, artista romana di grande talento e autrice anche di molte opere di street art, ad esempio la Tigre dipinta nella stazione San Giovanni della metro A, oppure in murale disegnato per il liceo scientifico “Francesco d’Assisi”, è l’ideatrice di “Roma in 100 centimetri quadri”, una collettiva che ogni anno raccoglie e propone le opere di tanti artisti. L’evento, giunto alla nona edizione, quest’anno vede protagonisti i gatti di Roma, gli animali simbolo della Capitale.

I gatti di Dario Cali’

Tina Loiodice, come mai ha organizzato una mostra dedicata ai “gatti de Roma”?


“Perché i nostri amici felini sono da sempre parte integrante del tessuto socio-urbano della città.
Nell’ antica Roma i gatti erano ospitati nei templi dedicati a Diana, dea delle selve e degli animali selvatici, e in quelli dedicati a Iside, nel cui culto, di provenienza egizia, i gatti venivano addirittura venerati come animali magici. E così , secolo dopo secolo, fino ai giorni nostri i gatti sono stati parte di Roma. Nel Rione Pigna, al centro di Roma, ancora oggi si può ammirare su Palazzo Grazioli la statua di una gatta in pietra, rinvenuta durante scavi archeologici e poi posizionata su un cornicione.
I gatti sono animali liberi, indipendenti, socievoli se ne hanno voglia. A Roma sono tantissimi, se ne vedono ovunque; nelle aree archeologiche più importanti li trovi a godersi i raggi del sole e, apparentemente indifferenti, a ricevere le coccole e le attenzioni dei passanti”.

I gatti di Tiziana Di Bartolomeo


I gatti sono molto amati dai romani e immagino, anche da lei.

“In città esistono numerose “colonie feline”, aree dove i gatti possono vivere tranquillamente sotto il controllo di associazioni di volontariato. La più grande è quella di Torre Argentina; sembra che nel 1929, durante gli scavi archeologici, un’enorme quantità di felini si sia installata nell’area e da allora non si è più spostata. Ma ce ne sono altre sparse per tutta la città : alla Piramide Cestia nei pressi del Cimitero Acattolico, a Montesacro, al Verano, a Piazza Vittorio, dove i gatti sono considerati da molti i “custodi” della Porta Alchemica.
E che dire poi dei tanti personaggi famosi, dell’arte, dello spettacolo e della cultura, innamorati dei gatti e immortalati da immagini significative ? Pensiamo a Gina Lollobrigida, ad Anna Magnani, che si recava personalmente a sfamare i gatti di Torre Argentina; nel film “Gli Aristogatti” della Disney, uno dei personaggi centrali è Romeo, gattone rosso che si definisce “er mejo der Colosseo” ; e poi il poeta dialettale Trilussa, che scrisse numerosi sonetti con i felini protagonisti, “personaggi” parlanti che con il loro carattere indipendente calzavano benissimo alla sua graffiante satira socio-politica.

Quindi tema della rassegna è Roma , i suoi monumenti, i suoi scorci , i personaggi o i particolari di cui la città è ricca … e i gatti”.

I gatti di Cristina Paladino

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VIDEOEDITORIALE – DELLO STUPRO DI PALERMO E DI ALTRE BESTIALITÀ SULLA PELLE DI UNA RAGAZZA

in copertina: foto web della manifestazione del 21 agosto a Palermo per lo stupro della ragazza

La diciannovenne stuprata dal branco a Palermo; le chat degli stupratori e una madre che cerca di scagionare il figlio perché “lei era una poco di buono”. Il commento della direttora alla vicenda.

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DELLA MORTE ANNUNCIATA DI MICHELA MURGIA @ di EMYLIÙ SPATARO

Immagine di copertina: @Mauro Biani

Podcast dell’articolo

Anche i suoi detrattori oggi piangono la morte annunciata di Michela Murgia, come fosse un’incarnazione di forza e coraggio, quasi una dea della vita e della morte. 

Come fosse diversa dai comuni mortali. In effetti la sua presenza sui mass-media degli ultimi tempi appare imponente, così come la sua risolutezza di fronte alla sua imminente fine, poteva generare un misto di disagio e sacro timore. 

Il suo apparente eroismo nell’affrontare i suoi ultimi mesi di vita con lucidità e consapevolezza, ha reso per molti di noi la rimozione dell’ineluttabilità della morte come una scelta più facile.

 Tuttavia la sua stessa scomparsa, annunciata a maggio per un male incurabile all’ultimo stadio, potrebbe essere stata una paradossale rimozione per lei stessa. 

Affrontando la sua fine inevitabile con coraggio, ma forse trovando anche conforto nell’ammirazione e nel venerante timore che il mondo provava mentre la si osservava lottare contro il primo tabù dell’umanità: come una sorta di ripetizione ossessiva di quella parola che di solito si tiene lontana dalla nostra mente, quasi a volerla esorcizzare guardandola negli occhi: la morte.

 Così diciamo addio a Michela Murgia, dopo il suo calvario rivestito delle sue belle parole piene di vita. Parole delle quali adesso molti si prodigano a citare in ampollosi necrologi, mentre prima le ignoravano per rimozione, appunto, o per partito preso, arrivando persino a dire che lei stava usando la sua malattia per attaccare il governo.

Essendo lei credente e nel contempo laica, scrittrice, drammaturga, giornalista, nonchè femminista, di sinistra, con una famiglia queer. Insomma, una persona interessante e non conforme, che mancherà ai suoi amici e a chi l’apprezzava, ma anche ai suoi nemici.

E “noi” preferiamo pensare che Michela Murgia, con le sue interviste rivelatrici al Corriere della Sera e a Vanity Fair, folgoranti nella sua vitalità, abbia voluto lasciare una traccia indelebile di se al mondo e a tutti noi.

Grazie Michela.

Emyliù Spataro

Ultima intervista di Michela Murgia a Vanity Fair

Emyliù Spataro

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AFGHANISTAN: DUE ANNI DI APARTHEID DI GENERE SULLA PELLE DELLE DONNE

In copertina: photo ANSA

l 14 agosto del 2021 i Taliban prendevano in potere in Afghanistan con una marcia inarrestabile lungo il Paese. Cosa è cambiato per le donne e quali sono le ipocrisie internazionali, agite sulla pelle della metà femminile della popolazione?

L’apartheid di genere sulla donne afghane continua, mentre il mondo osserva distrattamente.

Il mainstream sostiene altre cause; non perché, sia chiaro, quello che accade in Afghanistan sia meno importante di quello che succede in altre parti del mondo, bensì come frutto di una logica del profitto le cui conseguenze – si pensi ad esempio, alla guerra dei Balcani degli anni ’90 – sono la pubblica indignazione e mobilitazione solo se vengono toccate le economie e le tasche occidentali (e non solo).

Nonostante siano passati solo due anni dalla presa del potere del nuovo governo talebano, sembra che per le donne afghane siano passati secoli. Come in una perversa macchina del tempo, quello che avevano acquisito, ossia la partecipazione politica e sociale, il diritto all’istruzione e soprattutto quello di essere, è stato pian piano cancellato. Dapprima l’istruzione separata; poi il divieto di frequentare le università, poi quello di andare a scuola e di insegnare; i telegiornali, condotti nei primi tempi dalle giornaliste coperte dalla testa ai piedi, fino a quando queste non sono state estromesse; il divieto di lavorare e di avere un reddito indipendente e da ultimo, anche se sicuramente si troverà qualche altra cosa da togliere, anche il divieto di andare dal parrucchiere.

Sia chiaro: l’Afghanistan non è mai stato l’Occidente. Le conquiste femminili erano evidenti soprattutto nei grandi centri, ma nell’entroterra nulla era cambiato da secoli, nemmeno dopo anni di politica dettata da oltre oceano. Troppi pochi anni, il tempo di una generazione, per pensare a un cambiamento radicale di mentalità; troppo rancore verso gli amici esteri e i governi calati dall’altro e tanta paura delle donne. Cosa potrebbe spingere i talebani e i loro sodali a reprimere la metà di una nazione, se non la paura, l’odio e il risentimento? Forse queste donne impersonano una minaccia al potere maschile nella misura in cui lo mettono di fronte alla sua inadeguatezza? Forse che le madri, le sorelle, le mogli, le figlie, le nonne siano le nemiche da annientare, per lo meno allo sguardo? Il nemico pubblico numero uno per questo Stato sono veramente loro?

E’ troppo ingenuo però, pensare all’Afghanistan come ad un Paese dove si consumano esclusivamente violazioni dei diritti delle donne. Sarebbe come guardare al dito e non alla luna. La cecità selettiva della comunità internazionale cela altri interessi: ubi maior minor cessat, perché sotto i piedi di quel popolo si celano le terre rare e altri tesori indispensabili alle tecnologie e per averli si è disposti a girare la testa da un’altra parte.

Ucraina, Niger, Myanmar: queste sono le aree di conflitto più attenzionate in questo momento: grano, uranio, petrolio e pietre preziose sono i loro tesori. Ma non si combatte solo per questo, bensì per preservare le aree di influenza delle grandi potenze sulla scacchiera mondiale. Con tanti saluti ai diritti umani.

Assange affermava che “l’obiettivo in Afghanistan era sempre stato quello di lavare il denaro degli introiti fiscali di USA ed Europa tramite l’invasione del Paese, per poi metterlo nelle mani di una elite di sicurezza transnazionale”.

Rimane una domanda, ancora: chi ci guadagna dalla situazione afghana?

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  • Registrazione Tribunale di Roma n.133/22 del 8/11/22

Direttore Stefania Catallo

Stefania Catallo, romana e fondatrice del centro antiviolenza Marie Anne Erize. Si occupa di storia orale e di diritti delle donne. Giornalista e scrittrice, ha pubblicato diversi libri, l'ultimo dei quali "Evviva, Marie Anne è viva!" (2018, Universitalia), ha ricevuto il Premio Orsello nella sezione Società.

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EMYLIU' SPATARO

Emilio Spataro, in arte Emyliù, attore, chansonnier, fotografo, grafico. Di origine calabrese cirotana, vive a Roma. Opinionista e Web Master del Magazine.

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Opinionista disincantata, dotata di un notevole senso dell'umorismo e di una dialettica tagliente, Mava Fankù cura attualmente due rubriche, La Pillola Politica e I Pensierini di Mava, elzeviri su temi vari che ispirano la nostra signorina agèe, da poco anche in video, oltre che in podcast, oltre che in scrittura.

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Romano, educatore, formatore e appassionato di lettura e comunicazione. Attore del Teatro Studio Jankowski di Roma

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VENIO SCOCCINI

Diplomato all'Istituto Alberghiero Michelangelo Buonarroti di Fiuggi (FR) - Dopo una lunga esperienza in Italia, e all'estero come chef per personaggi di rilievo, sia in casa che su yacht, nel 2013 si è trasferito a Londra, dove ha appreso nozioni di cucina multietnica continuando a lavorare come chef privato.

ROSELLA MUCCI

Ho sperimentato il palco cimentandomi in progetti di Teatro Sociale tra il 2012 e il 2015 con testi sulla Shoa, sul femminicidio, sulla guerra. Il mio percorso teatrale è poi proseguito in autonomia quando ho sentito il desiderio di portare in scena testi scritti proprio da me.Tutti i miei scritti per scelta hanno

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