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THEM: TUTTO L’ORRORE DEL RAZZISMO NELL’AMERICA A COLORI PASTELLO DEGLI ANNI ’50

Metti una famiglia di colore in cerca di una nuova opportunità durante la Grande Migrazione degli anni ’50. Metti un’America profondamente razzista e WASP, desiderosa di allontanare il più possibile i neri dai quartieri ordinati e dai colori pastello: questa potrebbe sembrare la trama “Them”, la miniserie in onda su Prime Video, ma in realtà c’è molto di più. Ideata da Little Marvin, si tratta di una serie horror che, pur servendosi di elementi spaventosi e tradizionali del genere, mostra però con crudo realismo che il vero orrore è quello della porta accanto.

La famiglia Emory, padre ingegnere madre insegnate e due figlie, si trasferisce nel quartiere bianco di East Compton, sobborgo di Los Angeles, per lasciarsi alle spalle un passato traumatico a causa del razzismo agito contro di loro in North Carolina. Dal loro arrivo le cose precipiteranno e in soli dieci giorni – uno per episodio – si assisterà alla demolizione della scenografia a colori pastello di un quartiere dove apparentemente tutto è lindo e ordinato, le famiglie sono quelle bianche e sorridenti dei magazine letti dal parrucchiere, e l’ospitalità è leggendaria.

In realtà regna l’ipocrisia, il ricorso delle donne agli psicofarmaci o all’alcol per “tollerare la frustrazione della vita domestica”, l’adulterio, la condanna dell’omosessualità: le belle casette rosa e celesti sono centri di dannazione per i loro abitanti, messi alla prova dai colored, il nemico tenuto d’occhio da una comunità cieca ai propri problemi. Del resto però anche in North Carolina le cose erano molto difficili, e proprio da lì provengono gli incubi e i ricordi spaventosi che affliggono Lucky, la madre dal nome ironico. Perché lei fortunata non lo è proprio, anzi. Durante la breve permanenza nella nuova casa, ognuno degli Emory combatterà col suo demone personale, fino all’epilogo.

Una serie sicuramente da vedere, nella quale i rimandi accennati ai grandi maestri del cinema come ad esempio Kubrik, potenziano la trama dimostrando tutta la banalità del razzismo.

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ECCO A VOI I CHIPPENDALES: UNO STRIP CLUB PER SOLE DONNE TRA SESSO, MUSCOLI E RAZZISMO

Primi anni ’80. Finte bionde, colori fluo e musica mitica. Un giovane indiano arriva negli Stati Uniti e fa la fame per anni, lavorando a una stazione di servizio, sopravvivendo a panini scaduti e privazioni pur di mettere da parte il più possibile. Si chiama Somen Banerjee, per gli amici Steve (Kumail Nanjiani). Arrivato a un discreto gruzzolo, si licenzia per aprire un locale di backgammon, che si rivela un fiasco totale. Ma quando il diavolo ci mette la coda, succede che nel posto arrivano Paul Snider (Dan Stevens), traffichino in cerca di affari e la moglie, la Playmate 1979 e 1980 ossia Dorothy Stratten (Nicola Peltz Beckham). Il primo fiuta l’affare e propone uno strip club per sole donne: inizia così la leggenda del Chippendales.

Negli anni della rivoluzione sessuale anche le donne vogliono i loro locali e, come dice Dorothy rispondendo per le rime al marito geloso e infastidito della competizione con uomini dal fisico statuario: “Anche le donne si eccitano“. La storia della serie potrebbe sembrare semplice: ascesa e declino di Steve Banerjee. Ma la realtà è più complessa. Dietro ai lustrini e all’esibizione dei muscoli e non solo, è tutto un tripudio del corpo e dell’edonismo anni ’80. Nel Chippendales non solo si può vedere lo spettacolo, ma i ballerini si possono anche toccare e per le più ardite, c’è la possibilità di fare sesso con loro, con contorno di droghe varie. Aprire il locale con la pretesa di renderlo un posto sessual-femminista potrebbe sembrare anche una buona idea, ma Banerjee dovrà fare i conti con un sottobosco fatto di criminalità, di egoismo e di cattivi sentimenti. Non è tutto oro quello che luccica, e a farne le spese sarà proprio lui che, pur potendo godere del frutto del suo lavoro insieme alla moglie Ireen (Annaleigh Ashford) ragioniera del Chippendales, finirà per venire travolto da se stesso, in una spirale autodistruttiva. Il tutto per ragioni legate alla competizione con Nick De Noia (Murray Bartle) geniale coreografo sostenuto dalla costumista Denise (Juliette Lewis), e da un certo razzismo che Banerjee ha interiorizzato e che agisce, soprattutto su Otis (Quentin Pair), primo ballerino di colore del locale e sui clienti di razza nera, non graditi perché “abbassano il livello del locale“, razzismo che lo porterà alla bancarotta.

Quentin Pair in una scena della serie

Chippendales è uno spaccato sulla parte problematica degli anni ’80, entrati nel mito per la loro presunta forza rivoluzionaria ma inquinati dal razzismo, dall’omofobia e dalla finta trasgressione. I ballerini del Chippendales sono in qualche modo gli antesignani dei California Dream Men e dei nostri Centocelle Nightmare, in bilico tra arte e ammiccamento sessuale. L’ambientazione è curatissima, così come i costumi. E, spente le luci, la serie si riflette negli anni in cui si svolge: luccicante come una paillette, ma non come un diamante.

Kumail Nanjiani in una scena della serie tv

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Stefania Catallo, romana e fondatrice del centro antiviolenza Marie Anne Erize. Si occupa di storia orale e di diritti delle donne. Giornalista e scrittrice, ha pubblicato diversi libri, l'ultimo dei quali "Evviva, Marie Anne è viva!" (2018, Universitalia), ha ricevuto il Premio Orsello nella sezione Società.

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Diplomato all'Istituto Alberghiero Michelangelo Buonarroti di Fiuggi (FR) - Dopo una lunga esperienza in Italia, e all'estero come chef per personaggi di rilievo, sia in casa che su yacht, nel 2013 si è trasferito a Londra, dove ha appreso nozioni di cucina multietnica continuando a lavorare come chef privato.

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Ho sperimentato il palco cimentandomi in progetti di Teatro Sociale tra il 2012 e il 2015 con testi sulla Shoa, sul femminicidio, sulla guerra. Il mio percorso teatrale è poi proseguito in autonomia quando ho sentito il desiderio di portare in scena testi scritti proprio da me.Tutti i miei scritti per scelta hanno

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