ROMA MAGICA: LA PAPESSA E IL VICUS PAPISSE
Narra la leggenda che la Papessa Giovanna fosse arrivata al soglio pontificio ingannando tutti sul suo sesso, ma che poi, in preda alle doglie, avesse partorito nei pressi della basilica di San Giovanni. Ancora oggi, il fatto è ricordato da un’edicola posta nel Vicus Papisse, un tratto di strada tra via dei Querceti e via dei Santi Quattro, vicino alla chiesa di San Clemente, nel cuore della Roma medievale.

A chi non conosce questa storia, l’edicola potrebbe sembrare una semplice, piccola costruzione in onore della Madonna, dove i fedeli appongono gli ex voto per grazia ricevuta. Come è accaduto molto spesso, la Chiesa ha operato una stratificazione, o meglio una sostituzione: in questo caso, sostituendo al ricordo del parto scandaloso la purezza di un’immagine della Vergine, quasi a esorcizzare, a santificare un luogo contaminato.

Secondo la narrazione, la Papessa Giovanna era una donna inglese educata a Magonza che, grazie al suo fisico androgino, riuscì a divenire monaco e successivamente pontefice dall’855 all’857 col nome di Giovanni VIII. Durante una solenne processione pasquale, mentre tornava da San Pietro verso la basilica lateranense, il cavallo che montava la disarcionò, provocandole così il parto e svelando il segreto della sua femminilità. Qui la leggenda si fa confusa: secondo alcune versioni sembra che Giovanna morì a seguito del parto; altre la vedono rinchiusa in un convento, o addirittura legata per i piedi a un cavallo, trascinata lungo le vie di Roma e infine lapidata. Del bambino si sa poco o nulla: sarebbe diventato vescovo di Ostia, ma altre voci affermano che morì alla nascita.

Quella che pare una leggenda sembra però contenere una verità, purtroppo ancora attuale: ossia la proibizione per le donne consacrate di intraprendere la carriera ecclesiastica, come invece è consentito gli uomini; di amministrare i tutti i sacramenti; di ambire al trono di Pietro, relegandole invece ad una vita monastica, quasi come fossero le serve di vescovi e sacerdoti. Giovanna diviene così un’icona femminista: ha il coraggio, l’ambizione e la furbizia per ingannare il clero romano, accedere a studi assolutamente proibiti a una donna e diventare addirittura papa. Certo che la scoperta della sua femminilità, vista in quest’ottica, fu uno smacco pesantissimo per gli uomini a capo della Chiesa cattolica, e quindi, probabilmente, lavato col sangue. Ma Giovanna aveva creato un precedente, facendo comprendere alle donne che avevano il potere di cambiare le cose. Pur condannate all’ ora et labora senza nessuna possibilità di studiare; private dei loro beni familiari, stornati in favore dei fratelli in nome di una logica ereditaria dove, se i soldi non erano sufficienti a stringere un buon matrimonio, una delle figlie veniva spedita in convento; Giovanna rappresentava per queste donne un’ideale di libertà che bisognava assolutamente cancellare, precipitandola nella dannatio memoriae perpetua.
Che sia vero o che si tratti di un mito, purtroppo non esistono documenti che comprovino i fatti; ma la presenza dell’Arcano II, La Papessa, nei Tarocchi è molto interessante.
Partiamo dal fatto che i Tarocchi si sono diffusi nel Medioevo, dapprima apparentemente come un innocente gioco di carte, sebbene sia evidente che il loro linguaggio è molto più profondo. Proprio per questo, le raffigurazioni dovevano indicare eventi, persone, situazioni facilmente riconoscibili da tutti e, vista anche la forte componente religiosa nella vita medievale, che si ritrova nel Papa, nel Giudizio, nel Mondo, nella Morte, la Carta della Papessa pone almeno due interrogativi.
Il primo è: perché si è deciso di inserire la Papessa nei Tarocchi, se si tratta di una figura di fantasia? Si poteva pensare a qualsiasi altra figura di erudita, anche di epoca diversa. Perché non una Vestale oppure una sacerdotessa egizia?
Il secondo riguarda invece la veridicità della figura del pontefice donna: la Carta della Papessa vuole tramandare la memoria di Giovanna, per evitare che si perda tra le nebbie del tempo?
Se così fosse, i Tarocchi sarebbero stati concepiti anche come un mezzo per raccontare quello che non si poteva dire all’epoca, aggiungendo così un altra modalità di utilizzo, dopo quella del gioco e della divinazione.
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