3 Ottobre 2023

TEATRO

IL SABATO TEATRALE: CRISTO E LA MADDALENA, UN INCONTRO D’AMORE. DI KHALIL GIBRAN

ASCOLTA IL BRANO INTERPRETATO DA ALESSIO PAPALINI, ATTORE TEATRALE

Fu nel mese di giugno che lo vidi per la prima volta.

Camminava nel campo di grano quando passai con le ancelle, ed era solo.

Il ritmo del suo passo era diverso da quello di ogni altro uomo, e non somigliava, il suo incedere, a nulla che avessi mai visto. Non è in quel modo che gli uomini misurano con i passi la terra.

Mi fermai un istante e sollevai la mano in segno di saluto. Ma lui non si voltò, lui non mi rivolse lo sguardo.

Lo odiai.

Respinta in me stessa, così mi sentii; e fredda come se intorno a me infuriasse una tempesta di neve. Ero scossa da brividi.

Quella notte lo vidi in sogno; mi dissero, dopo, che gridavo nel sonno e mi agitavo senza pace nel letto.

Era il mese d’agosto quando lo rividi. Il mio schiavo, l’egizio, venne da me e disse: «Quell’uomo è venuto di nuovo. È là, nel tuo giardino, seduto all’ombra del cipresso».

Guardai, e fremette l’anima mia, perché lui era bello. Indossai allora abiti di Damasco, sandali dorati e lasciai la casa per andare da lui.

E quando l’ebbi di fronte, gli dissi: «Buongiorno a te».

E lui disse: «Buongiorno a te, Miriam».

E mi guardò, e i suoi occhi notturni mi videro come nessun uomo mi aveva mai vista. D’improvviso fui come nuda, e ne ebbi vergogna. Eppure mi aveva solo detto: «Buongiorno a te».

Gli dissi allora: «Non vuoi entrare nella mia casa?».

E disse lui: «Non sono già nella tua casa?».

Allora non capii cosa intendesse: oggi lo so.

E io dissi: «Non vuoi dividere il pane e il vino con me?».

E lui disse: «Sì, Miriam, ma non ora».

E la voce del mare era nelle sue parole, e la voce del vento e degli alberi. E quando le pronunciò, la vita parlò alla morte. Perché, amico mio, io ero morta, sappilo. Ero una donna che aveva divorziato dall’anima. Vivevo separata da questo essere che ora vedi. Appartenevo a tutti gli uomini, e a nessuno. Prostituta, mi chiamavano, e donna posseduta da sette demoni. Ero maledetta, ed ero invidiata.

Ma quando i suoi occhi d’aurora guardarono i miei occhi, tutte le stelle della mia notte si dileguarono, e io divenni Miriam, solo Miriam, una donna ormai perduta alla terra che aveva conosciuto, e che si era ritrovata in un mondo diverso.

E ancora e nuovamente gli dissi: «Vieni nella mia casa e dividi pane e vino con me».

E lui: «Perché m’inviti a essere tuo ospite?».

E io: «Ti prego, vieni nella mia casa».

Tutto quello che in me era zolla, tutto quello che in me era cielo, lo chiamava a gran voce.

Lui allora mi guardò, e il meriggio dei suoi occhi era su di me, e disse:

«Tu hai molti amanti, ma io solo ti amo.

Gli altri, quando ti sono vicini, amano se stessi: io amo te in te stessa.

Altri uomini vedono in te una bellezza che appassirà prima ancora dei loro anni.

Ma io vedo in te una bellezza che non appassirà mai, e nell’autunno dei tuoi giorni questa bellezza non avrà paura di specchiarsi, e non conoscerà oltraggio. Solo io amo in te l’invisibile».

Poi disse a voce bassa: «Va’ ora. Se questo cipresso è tuo e non vuoi che sieda alla sua ombra, andrò per la mia strada».

E io gridai a lui e gli dissi: «Maestro, vieni nella mia casa. Ho per te incenso da bruciare, e una bacinella d’argento per i tuoi piedi. Tu sei un estraneo ma non sei un estraneo. Ti supplico, vieni nella mia casa».

Allora si alzò e mi guardò proprio come immagino che le stagioni dall’alto guardino verso il campo: sorrise.

E ancora disse: «Tutti gli uomini ti amano per loro stessi. È per te che io ti amo».

Poi se ne andò.

Nessun altro uomo camminò mai come lui camminava.

Era un soffio nato nel mio giardino, che alitava verso oriente?

O una tempesta, che avrebbe squassato sin dalle fondamenta tutte le cose?

Non lo sapevo, allora, ma quel giorno il tramonto dei suoi occhi uccise in me il drago, e divenni una donna, io divenni Miriam, Miriam di Mijdel.

Khalil Gibran

Gesù figlio dell’uomo

Licenza musica:

Title: Orchestra 3
Author: Magenta Six
Source: https://freemusicarchive.org/music/magenta-six/orchestra/orchestra-3/
License: CC BY 4.0
Edit

Copyright © 2023 TheWomenSentinel.net | Tutti i diritti riservati | Riproduzione Vietata |

IL VIDEOSABATO TEATRALE. COCTEAU INSPO CON “INTIMA VOX” di e con EMYLIÙ SPATARO

Per questo Videosabato teatrale presentiamo ai nostri lettori un esperimento di videoteatro in casa, ossia l’adattamento di Emyliù Spataro de “La voce umana” di Jean Cocteau.

Versione integrale completa (45′)

L’artista mette in scena nella propria casa la celebre pièce di Cocteau, interpretata negli anni ’60 da Anna Magnani. L’ispirazione arriva proprio dal VHS del cortometraggio “L’amore” di Roberto Rossellini con Anna Magnani, custodita gelosamente dal performer, con l’intenzione di realizzarne un video teatrale.

Adattando l’atto unico di Cocteau nel quotidiano contemporaneo, l’antico telefono con filo diventa un tecnologico cellulare; il racconto di un incontro nell’atelier della modista cambia locazione in una cibernetica conversazione in chat; il cane “Micia” assume le sembianze del gatto “Bijoux”; mentre la sofferente protagonista del dramma si tramuta in una postmoderna donna transgender che attende l’ultima telefonata dall’amato, prima del doloroso distacco.

Tutto questo nel rispetto della drammaturgia del testo, dando umana voce, anima e corpo alla claustrofobica sofferenza del disamore.

TRAILER

Copyright @2023 The Ŵomen’ Sentinel – Diritti Riservati – Riproduzione Vietata

VIDEOINTERVISTA: CLAUDIO JANKOWSKI dirige “LA SIGNORINA ELSE” al Teatro Basilica di Roma 26 e 27 maggio

Intervista di Alessio Papalini

“Signorina Else” è un sogno per voce sola. L’antieroina schnitzleriana torna ad essere l’espressione maliziosa e conturbante delle corde più vibratili e contraddittorie del femminile. Else è un piccolo gioiello abbandonato in un salotto polveroso: ironica ed esibizionista, maliziosa e intraprendente, nel corso del suo flusso di coscienza rivelerà il suo stato di totale e spietata solitudine e di insoddisfazione nei confronti del tessuto umano che la circonda. Posta di fronte alla necessità di prostituirsi per salvare suo padre dal suicidio e la sua famiglia dallo scandalo, compie l’atto estremo di presentarsi nuda nella hall dell’albergo che la ospita per la villeggiatura, per poi perdersi nel delirio e svenire. L’allestimento ideato da Claudio Jankowski e incarnato da Diletta Masetti si configura come una rilettura agile e aerea dell’emblematica novella in questione e colloca Else in una dimensione onirica, ove il sonno, il suo presunto avvelenamento, i fantasmi della società, le costrizioni e le visioni assumono tratti sfumati e accattivanti, travolgenti come un giro di valzer.

Da menzionare la scenografia adottata per lo spettacolo, ispirata al “Labirinto” di Michelangelo Pistoletto, ora esposto al Chiostro del Bramante fino al 15 Ottobre.

Copyright © 2023 TheWomenSentinel.net | Tutti i diritti riservati | Riproduzione Vietata |

LUNEDI’ VIDEOTEATRALE. “YOU ARE ALL HONOURABLE MEN”, ISPIRATO AL GIULIO CESARE DI SHAKESPEARE

Prodotto da Tatiana Rivero Sanz, con la regia di Claudio Jankowski; interpretato da Alessio Papalini e Cristina Calvitti e ispirato al Giulio Cesare shakespiriano, proponiamo ai lettori un’esperienza videoteatrale intensa e onirica di un grande testo classico. La fotografia è di Wal Sacco.


Copyright@2023thewomensentinel – diritti riservati – riproduzione vietata

ESCLUSIVA – LE MAROCCHINATE DI STEFANIA CATALLO, IL LIBRO A PUNTATE: PARTE 1

In copertina: Rosella Mucci in “La marocchinata” (2013), corto teatrale tratto dal libro di Stefania Catallo.

Ho deciso che mi sarei occupata delle Marocchinate (il termine “Marocchinate” rappresenta un neologismo entrato nel linguaggio comune, soprattutto in Ciociaria, col quale vengono indicate le donne vittime degli stupri operati dai goumiers nordafricani nel 1944. Questo termine, sebbene possa far pensare ad una responsabilità diretta ed esclusiva dei fatti da parte di una sola etnia, non è inteso come denigratorio o razzista, bensì come espressione della cultura dell’epoca) nel 2012, ma in realtà il mio interesse verso queste donne era nato molti anni prima.
I miei genitori sono entrambi di origini ciociare, di una cittadina a pochi chilometri da Frosinone. Per anni, durante l’infanzia, ho trascorso i fine settimana e le estati nella campagna dove abitavano i miei nonni; e in tutto questo tempo non avevo mai sentito parlare di marocchinate. Avevo ascoltato qualche storia sulla guerra raccontata dagli uomini, o quella familiare, ben più importante circa l’occupazione di casa della nonna da parte di un comando nazista per diversi mesi, poco prima della battaglia di Montecassino, ma niente altro.
Un giorno d’estate, durante un dopopranzo caldo e pigro, arrivò un venditore ambulante. Era un ragazzo sui trent’anni, con i capelli scuri e la pelle ambrata. Si trascinava dietro una specie di carrettino di legno che aveva dipinto di rosso, e sul quale trovavano spazio stoffe, scarpe e bigiotteria di tutti i tipi. Per richiamare l’attenzione al suo passaggio, ogni tanto gridava: “È arrivato Giuseppe, è arrivato Giuseppe”; in realtà la sua pronuncia era tale che Giuseppe diventasse Sgiusep, donando un suono dolce e aspirato al suo nome.

Noi bambini ci eravamo precipitati verso il carrettino colorato, e avevamo trascinato l’uomo e la sua mercanzia verso casa della nonna. Mentre guardavamo tutte le cose meravigliose che vendeva, Giuseppe ci raccontò che veniva da un villaggio del Marocco, dove aveva moglie e figli. Qui in Italia cercava di mettere da parte qualche soldo da mandare alla famiglia, facendo economia fino all’osso.
Mia nonna era uscita nel cortile per vedere di cosa si trattasse, salvo poi tornare precipitosamente in casa alla vista dell’uomo, avendo buona cura di chiudersi a chiave e urlare a mio padre e mio zio, che stavano tranquillamente giocando a carte, di cacciare via il “marocchino”. Giuseppe era un ragazzo simpatico e sorridente, e si fermò per un po’ di tempo con noi a chiacchierare, mangiando con gusto il piatto di fettuccine al sugo che gli vennero offerte in segno di ospitalità, mentre la nonna rimaneva barricata in camera. Giuseppe tornò da noi altre volte, e solo dopo parecchio tempo la nonna si decise a uscire dalla sua stanza e parlare con lui. Sembrava quasi terrorizzata dalla presenza di questo ragazzo, che invece tentò di compiacerla regalandole una collana di perle, offerta con un sorriso disarmante.
All’epoca non feci caso a tutto questo, considerandolo come una bizzarria dovuta all’età della nonna; ma dopo molti anni il ricordo si riaffacciò alla mia memoria, e viste le ricerche che stavo facendo sulle marocchinate, tutto divenne più chiaro.
Il passaggio delle truppe nordafricane nel basso Lazio e in Ciociaria, nel maggio del 1944, aveva prodotto devastazioni inimmaginabili. Questi soldati erano stati impiegati dagli Alleati come una testa d’ariete per lo sfondamento della Linea Gustav, che passava per i Monti Aurunci, dividendo l’Italia in due. Nessuno era stato in grado di far retrocedere l’esercito nazista dalle montagne sulle quali si era arroccato, respingendolo verso nord; si era quindi deciso di mandare i goumiers, le truppe nordafricane al seguito della V Armata del generale Juin, in quanto specializzati nella guerra di montagna.
Tutto questo era costato ai goumiers un prezzo altissimo in vite umane, ma altrettanto alto era stato quello pagato dalle popolazioni locali che erano state depredate, sottoposte a violenze e saccheggi e soprattutto agli stupri sistematici dei goumiers. Interi paesi erano stati travolti da questa furia inarrestabile, che si era abbattuta non soltanto sulle donne, ma anche su uomini e animali.
Alla devastazione della guerra si era aggiunta anche questa tragedia, rendendo pesante la ricostruzione delle comunità, colpite al cuore dalla violenza immotivata e inaspettata di coloro che erano stati considerati quali i liberatori dal nazifascismo.
Per tanti anni questa dolorosissima vicenda umana è rimasta semisconosciuta; le popolazioni hanno ricostruito i paesi e le case, ricominciando la loro esistenza senza parlare di quello che avevano subito.
Ma la memoria è una forza potentissima, non può essere cancellata, e alla fine i racconti di questa pagina di storia sono emersi prepotentemente dai ricordi di coloro che prima avevano subito l’onta delle violenze, e poi l’indifferenza dello Stato.

Quando ho iniziato a occuparmi di violenza di genere, e in seguito con la creazione del Centro Antiviolenza Marie Anne Erize, ho sentito sempre più forte l’esigenza di raccogliere le testimonianze di quanti avevano vissuto quelle tragiche cinquanta ore di carta bianca, che si dice fossero state concesse come premio dal generale francese Alphonse Juin ai goumiers se questi fossero riusciti a far retrocedere i nazisti il più possibile dagli Aurunci e che si svolsero tra il 12 e il 17 maggio 1944.
Le storie di questo libro sono tratte dai racconti che ho ascoltato personalmente nel corso di dodici anni di ricerca; per tutelare la riservatezza delle testimoni, ho cambiato i loro nomi e non ho indicato i luoghi nei quali si sono svolte le loro vicende. A volte è stato complicato raccogliere i ricordi dei testimoni, e a volte mi è capitato di ascoltare queste voci in modo del tutto fortuito e casuale; tuttavia ho sempre vissuto una sensazione di accettazione e di piena fiducia da parte di quanti hanno voluto regalarmi la loro memoria, e ho sempre percepito con forza il loro desiderio di raccontare. Le vicende narrate sono tutte autentiche, con l’eccezione di “Francesca”, che mi è stata ispirata dalla lettura di una testimonianza contenuta in un libro; una sola, “Maria Maddalena”, è frutto di fantasia: tutte comunque vogliono trasmettere il senso della tragedia vissuta, e quanti segni essa possa avere lasciato nelle vite di coloro che ne sono stati travolti; ma soprattutto vogliono essere testimonianza viva e attuale del dramma vissuto settanta anni fa delle donne ciociare.
Perché non accada mai più, da nessuna parte.

LA SECONDA PARTE DEL LIBRO USCIRA’ SUL MAGAZINE MERCOLEDI’ 10 MAGGIO

LO SPETTACOLO TEATRALE. LE MAROCCHINATE, REGIA E DRAMMATURGIA DI FRANCESCA ROMANA CERRI DAL LIBRO OMONIMO DI STEFANIA CATALLO

Copyright@2023 TheWomen’Sentinel – Riproduzione Vietata – Diritti Riservati

#8 MARZO TRANSFEMMINISTA. “LA CRISALIDE” INTERPRETATO DA EMYLIU’ SPATARO

“La Crisalide” è la storia di una transessuale che vive sulla sua pelle il maschilismo, il marciapiede, lo stigma sociale, le brutture del pregiudizio senza però perdere mai la sua umanità. Il video che proponiamo è stato registrato presso la Sala Consiliare del Comune di Labico, in provincia di Roma, su invito dell’associazione Socialmente Donna e delle assessore Tina Miele e Giulia Lorenzon. Crisalide rappresenta una delle interpretazioni più toccanti dell’attore teatrale Emyliu’ Spataro, che nel tempo ne ha curato l’evoluzione da personaggio letterario a persona in carne e ossa.

Emyliù Spataro in “La Crisalide”

Copyright @2023 TheWomenSentinel.net | Tutti i diritti riservati | Riproduzione Vietata

#8 MARZO. “IL FEMMINICIDA” INTERPRETATO DA EMYLIU’ SPATARO

Un’intensa interpretazione dell’attore teatrale Emyliù Spataro, nei panni di un uomo che ha commesso un femminicidio. La scena si svolge nella caserma dei carabinieri nel quale è stato portato per essere interrogato. Una discesa nella mente maschilista, tossica e omicida di uno dei tanti assassini di donne dei quali leggiamo ogni giorno.

Copyright @2023 TheWomenSentinel.net | Tutti i diritti riservati | Riproduzione Vietata

#8 MARZO OMAGGIO A ANNA MARCHESINI: “LA CASALINGA ESAURITA”

“Per la ricorrenza della Giornata Internazionale della Donna, voglio proporre a voi lettor@ una clip tratta dallo spettacolo teatrale “Risata di Donna”, nel quale mi sono cimentata in un pezzo della grandissima Anna Marchesini. Per me che faccio teatro, lei è stata un esempio da seguire. Si tratta di un pezzo comico che voglio proporre perché abbiamo tutto il diritto, come donne, di fare di questo giorno anche un’occasione di gioia e divertimento. Buona visione. Rosella Mucci“.

Copyright @2023 TheWomenSentinel.net | Tutti i diritti riservati | Riproduzione Vietata

MARCIAPIEDE. UNA STORIA VERA DI PROSTITUZIONE INTERPRETATA DA CRISTINA GOLOTTA

https://www.youtube.com/watch?v=lYqD3CmJTJw

Cosa vediamo, quando passiamo in macchina e loro passeggiano avanti e indietro o sono sedute sul ciglio della strada? Vestite a volte di nulla, sono divise per zone: a Roma est sono per lo più africane, mentre nelle altre zone della Capitale quelle dell’ex blocco sovietico vanno per la maggiore. Sono corpi in vendita, pezzi di carne da comprare a poco prezzo, vittime della tratta di esseri umani, persone che spesso facciamo finta di non vedere. Sotto il trucco è difficile dar loro un’età precisa, ma una cosa è certa: i clienti le vogliono giovani, anzi più lo sono e meglio è. E quando arrivano ai quaranta, diventano troppo vecchie e non le vuole più nessuno. Il mercato della prostituzione è questo: un grande giro di soldi sulla pelle delle donne. Cristina Golotta è l’attrice protagonista di “Marciapiede”, il corto di Christian Filippi tratto da una storia vera di prostituzione. Come ci ha raccontato: “Così andammo insieme (con il regista, n.d.r.) la sera prima di girare lungo Viale Palmiro Togliatti, e infine nel bar dove le prostitute si ristorano durante la notte fra un cliente e l’altro. È stato importante osservare l’espressione rassegnata dipinta sui volti di quelle donne, ragazze a volte giovanissime, ed è stato fondamentale entrare in quel bar per sentirmi una di loro, sentire lo sguardo degli uomini presenti all’interno che mi scrutavano interrogativi. Attraverso quegli sguardi ho compreso come si possano sentire queste persone il cui corpo non è più il contenitore della propria anima, ma l’oggetto attraverso il quale ci si può assicurare il soddisfacimento dei propri bisogni primari“. Abbiamo incontrato Golotta per parlare di prostituzione e della sua esperienza di attrice nel ruolo di una lucciola non più giovane.

L’attrice Cristina Golotta

Cristina Golotta, lei è stata la protagonista di “Marciapiede”. Quali sono state le emozioni che ha provato durante la lavorazione del corto?

“Marciapiede” è stato un vero e proprio viaggio, molto doloroso, dentro la carne e le emozioni di Liliana. Si dice più frequentemente che un attore interpreta un ruolo, ovvero sostiene una parte in un lavoro teatrale o in un film; nel caso di Liliana è più corretto usare il termine incarnare o impersonare, perché Liliana è un personaggio realmente esistito e presumibilmente esistente. Il regista, prima di scrivere la sceneggiatura, si è documentato ed ha raccolto testimonianze nella zona di Viale Palmiro Togliatti a Roma, tristemente nota per il gran numero di prostitute presenti nelle ore notturne e non solo. Lì ha conosciuto Liliana (il nome è di pura fantasia) ed è rimasto fortemente colpito dalla sua storia. Liliana ha 51 anni e, come tutte le sue colleghe del resto, paga lo scotto dell’età che avanza, fatica a trovare i clienti che si dirigono più felicemente verso le prostitute più giovani. E’ disperata, sa di non essere più piacente come nel passato ed accetta di andare con i clienti più promiscui, quelli scartati dalle sue colleghe, ben sapendo che la sua vita potrebbe essere messa in serio pericolo. Sperimenta la paura, la solitudine, il senso di inadeguatezza.. sa che quel lavoro che ha svolto per molto tempo non può più soddisfare i suoi bisogni primari, dovrà reinventare la sua vita ma non sa ancora come e se riuscirà nell’impresa. Vive una situazione di confino emotivo, psicologico e affettivo ma conserva sempre una grandissima dignità anche quando la sua esperienza umana le fa toccare i gradini più bassi. Incarnare questo personaggio è stata una delle esperienze più dolorose che mi sia mai capitato di vivere a livello professionale, ha lasciato dei segni profondi nella mia psiche e nel mio corpo. C’è una scena di violenza all’interno del corto che mi ha lasciata piena di lividi per una settimana e ricordo che a fine riprese ho faticato molto per ritrovare la giusta distanza da quel personaggio che aveva messo a dura prova il mio equilibrio psicofisico. Dovevo scrollarmi di dosso tutto quel dolore, che non va inteso in senso figurato, era un dolore fisico, psicologico, emotivo. Per sentirmi pronta per affrontare le riprese chiesi al giovane regista, il ventitreenne Christian Filippi, di poter visitare i luoghi nei quali lui aveva raccolto la documentazione fatta di svariate interviste. Così andammo insieme la sera prima di girare lungo Viale Palmiro Togliatti, e infine nel bar dove le prostitute si ristorano durante la notte fra un cliente e l’altro. È stato importante osservare l’espressione rassegnata dipinta sui volti di quelle donne, ragazze a volte giovanissime, ed è stato fondamentale entrare in quel bar per sentirmi una di loro, sentire lo sguardo degli uomini presenti all’interno che mi scrutavano interrogativi. Attraverso quegli sguardi ho compreso come si possano sentire queste persone il cui corpo non è più il contenitore della propria anima, ma l’oggetto attraverso il quale ci si può assicurare il soddisfacimento dei propri bisogni primari”.

Ritiene che il lavoro attoriale possa contribuire a diffondere una maggior consapevolezza di cosa significa avere una relazione sana?

“Per rispondere a questa domanda prendo volentieri a prestito una frase di Elio Germano “Bisognerebbe fare Teatro nelle scuole, perché l’esercizio di mettersi nei panni degli altri ci può far diventare una società migliore”. Cosa vuol dire mettersi nei panni degli altri se non accogliere l’altro nella propria vita, sospendendo il giudizio? Questo amplifica la propria capacità di entrare in empatia con tutto ciò che è altro da sè. Il Teatro impone poi, non solo di mettersi nei panni degli altri, ma di porsi in relazione con gli altri: il pubblico, i propri partner di scena o comunque i propri collaboratori. Il lavoro attoriale mostra tutte le possibilità di relazione, in un certo senso funge da specchio, quelle sane e quelle malate; così facendo contribuisce certamente a diffondere una certa consapevolezza in merito alle nostre possibilità di relazionarci con gli altri”.

Cosa vorrebbe dire a quelle donne che stanno vivendo una relazione nella quale emergono elementi pericolosi di criticità?

“La prima cosa che direi loro è che devono imparare a darsi valore, io me lo ripeto quotidianamente e penso di non essere neppure a metà di questo percorso. Spesso le donne sopportano rapporti cosiddetti malati o tossici perché pensano profondamente di non meritare di meglio. Purtroppo noi donne, e in questo non faccio eccezione, ci portiamo dietro un fardello molto pesante fatto di scarsa autostima e insufficiente fiducia nelle proprie possibilità. E’ un atteggiamento derivante dalla nostra storia, la storia delle donne, fatta di privazioni, di abnegazione, di rinunce. Dobbiamo cominciare a prenderci i nostri spazi: Virginia Woolf in “Una stanza tutta per sé” sottolinea quanto quello spazio della stanza è sì uno spazio fisico, ma è al contempo uno spazio mentale fatto di tempo a disposizione da poter dedicare alla creazione, nonché di mezzi di sostentamento, ovvero una certa indipendenza economica che possa garantire la serenità necessaria all’espressione della propria creatività. Per concludere consiglierei a quelle donne di cominciare a ritagliarsi una stanza tutta per sé, per usare le parole della Woolf”.

Copyright @2022 TheWomenSentinel.net | Tutti i diritti riservati | Riproduzione Vietata

TRE DONNE TRA ORGASMI E SMARTWORKING: ‘ABBIAMO SEMPRE RAGIONE?” DAL 3 AL 5 MARZO AL TEATRO UGO BETTI DI ROMA

Dal 3 al 5 marzo al Teatro Ugo Betti è in scena “Abbiamo sempre ragione?”, uno spettacolo di musica e monologhi al femminile. Da un’idea di Maria Grazia Adamo, con Sandra Rossi e con la partecipazione di Francesca Romana Cerri, uno spaccato di vita al femminile, e tanta (auto)ironia e leggerezza. Le performance strizzano l’occhio a temi scottanti, quali il mondo del lavoro e la sessualità. Il tutto accompagnato dalle note di Fabiana Galasso. Nel video, la presentazione di Francesca Romana Cerri.

Copyright @2023 TheWomenSentinel.net | Tutti i diritti riservati | Riproduzione Vietata

  • Registrazione Tribunale di Roma n.133/22 del 8/11/22

error

Enjoy this blog? Please spread the word :)

error: Content is protected !!