la russa

UN PROCESSO PER STUPRO (ALLA PRESUNTA VITTIMA)

Cosa avete voluto? La parità dei diritti. Avete cominciato a scimmiottare l’uomo. […] Se questa ragazza fosse stata a casa, l’avessero tenuta presso il caminetto, non si sarebbe verificato niente!”. Arringa dell’avvocato Palmieri, da “Un processo per stupro” (1980, Einaudi).

Se verrà dimostrato quello che racconta mia figlia, e io credo a mia figlia, lei resterà segnata per tutta la vita. Spero che chi deve indagare e giudicare sappia valutare oggettivamente i fatti, indipendentemente dalla potenza politica del padre“. Con queste parole rilasciate al quotidiano La Repubblica, il padre della ragazza che ha denunciato per stupro Leonardo La Russa, figlio per presidente del Senato, intende chiarire la sua posizione e quella della figlia, presunta vittima. Presunta non in senso dispregiativo, bensì tale in quanto la giustizia sta lavorando, La giovane, secondo il centro antiviolenza della clinica Mangiagalli di Milano “presenta ferite compatibili con la violenza sessuale.

Non siamo qui per istituire un processo: sarà compito dei magistrati chiarire la vicenda. E’ invece intollerabile il lancio di fango verso questa ragazza e prima di lei, verso quella che denunciò uno stupro subito da Alex Grillo & amici, figlio del comico Cinque Stelle. Entrambe le donne sono state attaccate pesantemente dai padri dei giovani, forti della loro posizione politica: La Russa ha dichiarato che “la ragazza aveva assunto cocaina” e perciò le sue dichiarazioni erano inaffidabili; ma se la giovane davvero fosse stata drogata questo sarebbe stato um motivo in più affinché Leonardo evitasse contatti fisici con lei, visto lo stato di alterazione.

https://www.repubblica.it/politica/2023/07/07/news/ignazio_la_russa_figlio_indagato_violenza-406972083/

Beppe Grillo invece, diffuse un video dai toni accusatori e maschilisti, a difesa del figlio accusato di stupro di gruppo. Vedere per credere. Tra l’altro proprio oggi lunedì 10 luglio, si tiene una nuova udienza sul caso.

Video @LaPresse

Il vero problema è che la colpa è sempre delle donne e alle donne non ci crede nessuno. Aspettare otto o quaranta giorni per denunciare un’aggressione sessuale fa decadere l’accusa? Nessuno si chiede perché queste ragazze abbiano atteso tanto tempo per recarsi dalle forze dell’ordine? Immaginiamo la paura, la vergogna e il timore delle conseguenze a lungo termine, anche sulle famiglie. Qui stiamo parlando dei figli dei politici, e sappiamo bene quanto il potere difenda se stesso. I centri antiviolenza che si occupano dei reati contro le donne sono in grado di discernere la realtà e potrebbero raccontare l’angoscia delle vittime. Ci aspettiamo da loro una presa di posizione, una dichiarazione, qualsiasi cosa possa far sentire meno sola la ragazza di Milano. Il CAV della clinica Mangiagalli ha rilasciato un referto tossicologico, individuando nel sangue della ragazza tracce di cocaina e benzodiazepine, nonché segni compatibili con una presunta violenza sessuale. Si ventila l’ipotesi, inoltre, di droga dello stupro, che potrebbe essere stata versata nel drink della giovane che, in una chat con le amiche, dichiarava di non ricordare nulla se non di essersi risvegliata in casa La Russa. Attendiamo l’esito delle indagini. Intanto, è battaglia tra maggioranza e opposizione perché il tema della violenza di genere è uno dei maggiori terreni di scontro tra PD e destre. Politicizzare il tutto non credo sia l’unica via per fare giustizia per questo e altri reati uguali. Servono i fatti. Servono i fondi, serve una rete ancora più capillare di centri antiviolenza, serve scindere l’azione di contrasto alla violenza di genere dalla partitica. Purtroppo però, a fare notizia sono solo i nomi noti, e non gli atti compiuti dai tanti anonimi sex offender, almeno finché non ci scappa la morta e ne parlano i giornali. Sono lontani o tempi nei quali “l’avvocata delle donne” difendeva le abusate, tracciando una strada che, seppur tra buche e irregolarità, noi oggi possiamo percorrere. Quanto ci manchi, Tina Lagostena Bassi!

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PIU’ LIBERAZIONE CHE MAI @ PENSIERINI POLITICI DI MAVA FANKU’

ASCOLTA il podcast dalla voce di MAVA , con “La Libertà'” di GIORGIO GABER

Come sarà quest’anno la Festa della Liberazione dal nazifascismo, rispetto al passato?

Considerando che finora gran parte dei politici delle destre che ora sono al governo hanno sempre cercato di glissare questa celebrazione, cosi’ come ha fatto recentemente La Russa, non rispondendo alla domanda dei giornalisti, posta durante la presentazione del libro di Casini a Milano. Sembra quindi che le destre non abbiano nulla da festeggiare e questo non promette niente di buono.

Vedremo chi sarà coerente con il passato e chi invece, rappresentando adesso il governo di una Repubblica Democratica Antifascista, dovrà fare buon viso a cattivo gioco.

Il buon senso mi porta a pensare che, l’unica figura rassicurante che può presenziare con credibilità a questa fondamentale celebrazione, è il nostro beneamato Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

E fosse per me, a questo punto, per scongiurare il pericolo implicito di una mini deriva anti democratica a causa dell’operato di questo governo, che già dopo pochi mesi sta collezionando una serie di piccoli danni, auspico una presa di posizione netta e precisa del nostro Presidente.

Unico baluardo di Democrazia e Libertà.

Mava Fankù

GIORGIO GABER – LA LIBERTA’

@da YouTube – Sono Solo Canzonette

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QUANDO LA PEZZA E’ PEGGIO DEL BUCO. IL SENSO DI LA RUSSA PER LA STORIA

La gaffe del presidente del Senato La Russa ha fatto il giro del web.

Via Rasella non è stata una pagina gloriosa della Resistenza”, ha dichiarato il presidente del Senato, La Russa. “Quelli che i partigiani hanno ucciso non erano biechi nazisti delle SS ma una banda musicale di semi-pensionati, altoatesini (in quel momento mezzi tedeschi, mezzi italiani), sapendo benissimo il rischio di rappresaglia al quale esponevano i cittadini romani, antifascisti e non”.

La Storia però racconta ben altro che la narrazione dell’onorevole La Russa. E lo dimostrano i giornali dell’epoca.

L’ATTENTATO DI VIA RASELLA

L’attentato di via Rasella a Roma, fu concepito in un contesto storico segnato dal clima di terrore imposto nel centro-nord del Paese dai nazifascisti. Questi, supportati dei fascisti della RSI, ossia della Repubblica Sociale di Mussolini, intendevano stroncare qualsiasi tipo di resistenza. Roma poi, era stata oggetto di atti di efferata crudeltà nei mesi precedenti all’attentato. C’era bisogno di un’azione esemplare che scuotesse gli animi e incitasse alla rivolta; il peso morale e il prezzo da pagare sarebbe stato altissimo, ma secondo la Brigata Garibaldi – di orientamento comunista – e il GAP Gruppi di azione Patriottica, non si poteva fare altro. E così fu.

La bomba, piazzata in un bidone dell’immondizia, esplose uccidendo 33 soldati nazisti, ferendone circa 100 e uccidendo 2 civili di passaggio, oltre ad altre 4 vittime civili cadute durante la sparatoria che seguì all’attentato. Le vittime militari facevano parte di una colonna del III battaglione del reggimento Bozen (Bolzano), creato in Alto Adige nel 1943, addestrato, inquadrato in funzione antipartigiana e, a Roma, impiegato per compiti di sorveglianza. Si trattava di soldati che non facevano parte delle SS, sebbene come tutti i reparti di polizia tedesca dipendevano dalle SS. Perciò non si trattava di musicisti ma di repressori, che non erano a Roma per allietare i cittadini con la musica ma per sottometterli con la violenza e il terrore.

Via Rasella innescò un grande numero di discussioni durante gli anni, soprattutto sull’effettiva utilità dell’attentato al quale poi era seguito l’eccidio delle Fosse Ardeatine. Pur non avendo cambiato significativamente l’andamento del conflitto, l’azione partigiana aveva però testimoniato la volontà di resistenza dell’Italia, fatto non scontato.

LE SCUSE DI LA RUSSA

A seguito delle polemiche esplose in seguito alle sue dichiarazioni, La Russa si è poi scusato della sua ignoranza attraverso una nota stampa: “Ho sbagliato a non sottolineare che i tedeschi uccisi in via Rasella fossero soldati nazisti, ma credevo che fosse ovvio e scontato oltre che notorio. Non so poi se effettivamente è errata la notizia, più volte pubblicata e da me presa per buona, che i riservisti altoatesini inquadrati nella polizia tedesca facessero anche parte della banda militare del corpo. Fatte salve le persone che hanno commentato pretestuosamente e in prevenuta malafede, voglio invece scusarmi con chi anche in forza di resoconti imprecisi abbia comunque trovato motivi di sentirsi offeso“. Il presidente del Senato ha poi aggiunto: “Spiace sinceramente che nell’ambito di una lunga intervista rilasciata a Libero, a seguito delle mie poche parole in risposta a una precisa domanda sulle pretestuose critiche indirizzate a Giorgia Meloni in occasione delle celebrazioni per l’eccidio delle Fosse Ardeatine – a cui ho più volte partecipato con profondo sdegno e commozione – sia nata una polemica più ampia di quella che volevo chiudere. Quel che è certo, è che proprio per evitare polemiche, mi sono volutamente astenuto nel dire che sull’azione partigiana di via Rasella molti, anche di sinistra, sono stati assai critici. Mi sono limitato a dire: ‘non è stata una delle pagine più gloriose della Resistenza partigiana‘.

LA PETIZIONE PER CHIEDERE LE DIMISSIONI DI LA RUSSA

Intanto in queste ore è stata aperta una petizione sul sito Change.org per chiedere le dimissioni del presidente del Senato:

https://www.change.org/p/il-presidente-del-senato-deve-dimettersi-dichiarazioni-incompatibili-con-incarico?recruiter=43810520&utm_source=share_petition&utm_campaign=psf_combo_share_initial&utm_medium=whatsapp&utm_content=washarecopy_35880728_it-IT%3A4&recruited_by_id=decf15f0-6d48-0130-6ae4-3c764e04a19b

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Stefania Catallo, romana e fondatrice del centro antiviolenza Marie Anne Erize. Si occupa di storia orale e di diritti delle donne. Giornalista e scrittrice, ha pubblicato diversi libri, l'ultimo dei quali "Evviva, Marie Anne è viva!" (2018, Universitalia), ha ricevuto il Premio Orsello nella sezione Società.

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Emilio Spataro, in arte Emyliù, attore, chansonnier, fotografo, grafico. Di origine calabrese cirotana, vive a Roma. Opinionista e Web Master del Magazine.

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Diplomato all'Istituto Alberghiero Michelangelo Buonarroti di Fiuggi (FR) - Dopo una lunga esperienza in Italia, e all'estero come chef per personaggi di rilievo, sia in casa che su yacht, nel 2013 si è trasferito a Londra, dove ha appreso nozioni di cucina multietnica continuando a lavorare come chef privato.

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Ho sperimentato il palco cimentandomi in progetti di Teatro Sociale tra il 2012 e il 2015 con testi sulla Shoa, sul femminicidio, sulla guerra. Il mio percorso teatrale è poi proseguito in autonomia quando ho sentito il desiderio di portare in scena testi scritti proprio da me.Tutti i miei scritti per scelta hanno

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