Francesca Romana Cerri

ESCLUSIVA – LE MAROCCHINATE DI STEFANIA CATALLO, IL LIBRO A PUNTATE: PARTE 1

In copertina: Rosella Mucci in “La marocchinata” (2013), corto teatrale tratto dal libro di Stefania Catallo.

Ho deciso che mi sarei occupata delle Marocchinate (il termine “Marocchinate” rappresenta un neologismo entrato nel linguaggio comune, soprattutto in Ciociaria, col quale vengono indicate le donne vittime degli stupri operati dai goumiers nordafricani nel 1944. Questo termine, sebbene possa far pensare ad una responsabilità diretta ed esclusiva dei fatti da parte di una sola etnia, non è inteso come denigratorio o razzista, bensì come espressione della cultura dell’epoca) nel 2012, ma in realtà il mio interesse verso queste donne era nato molti anni prima.
I miei genitori sono entrambi di origini ciociare, di una cittadina a pochi chilometri da Frosinone. Per anni, durante l’infanzia, ho trascorso i fine settimana e le estati nella campagna dove abitavano i miei nonni; e in tutto questo tempo non avevo mai sentito parlare di marocchinate. Avevo ascoltato qualche storia sulla guerra raccontata dagli uomini, o quella familiare, ben più importante circa l’occupazione di casa della nonna da parte di un comando nazista per diversi mesi, poco prima della battaglia di Montecassino, ma niente altro.
Un giorno d’estate, durante un dopopranzo caldo e pigro, arrivò un venditore ambulante. Era un ragazzo sui trent’anni, con i capelli scuri e la pelle ambrata. Si trascinava dietro una specie di carrettino di legno che aveva dipinto di rosso, e sul quale trovavano spazio stoffe, scarpe e bigiotteria di tutti i tipi. Per richiamare l’attenzione al suo passaggio, ogni tanto gridava: “È arrivato Giuseppe, è arrivato Giuseppe”; in realtà la sua pronuncia era tale che Giuseppe diventasse Sgiusep, donando un suono dolce e aspirato al suo nome.

Noi bambini ci eravamo precipitati verso il carrettino colorato, e avevamo trascinato l’uomo e la sua mercanzia verso casa della nonna. Mentre guardavamo tutte le cose meravigliose che vendeva, Giuseppe ci raccontò che veniva da un villaggio del Marocco, dove aveva moglie e figli. Qui in Italia cercava di mettere da parte qualche soldo da mandare alla famiglia, facendo economia fino all’osso.
Mia nonna era uscita nel cortile per vedere di cosa si trattasse, salvo poi tornare precipitosamente in casa alla vista dell’uomo, avendo buona cura di chiudersi a chiave e urlare a mio padre e mio zio, che stavano tranquillamente giocando a carte, di cacciare via il “marocchino”. Giuseppe era un ragazzo simpatico e sorridente, e si fermò per un po’ di tempo con noi a chiacchierare, mangiando con gusto il piatto di fettuccine al sugo che gli vennero offerte in segno di ospitalità, mentre la nonna rimaneva barricata in camera. Giuseppe tornò da noi altre volte, e solo dopo parecchio tempo la nonna si decise a uscire dalla sua stanza e parlare con lui. Sembrava quasi terrorizzata dalla presenza di questo ragazzo, che invece tentò di compiacerla regalandole una collana di perle, offerta con un sorriso disarmante.
All’epoca non feci caso a tutto questo, considerandolo come una bizzarria dovuta all’età della nonna; ma dopo molti anni il ricordo si riaffacciò alla mia memoria, e viste le ricerche che stavo facendo sulle marocchinate, tutto divenne più chiaro.
Il passaggio delle truppe nordafricane nel basso Lazio e in Ciociaria, nel maggio del 1944, aveva prodotto devastazioni inimmaginabili. Questi soldati erano stati impiegati dagli Alleati come una testa d’ariete per lo sfondamento della Linea Gustav, che passava per i Monti Aurunci, dividendo l’Italia in due. Nessuno era stato in grado di far retrocedere l’esercito nazista dalle montagne sulle quali si era arroccato, respingendolo verso nord; si era quindi deciso di mandare i goumiers, le truppe nordafricane al seguito della V Armata del generale Juin, in quanto specializzati nella guerra di montagna.
Tutto questo era costato ai goumiers un prezzo altissimo in vite umane, ma altrettanto alto era stato quello pagato dalle popolazioni locali che erano state depredate, sottoposte a violenze e saccheggi e soprattutto agli stupri sistematici dei goumiers. Interi paesi erano stati travolti da questa furia inarrestabile, che si era abbattuta non soltanto sulle donne, ma anche su uomini e animali.
Alla devastazione della guerra si era aggiunta anche questa tragedia, rendendo pesante la ricostruzione delle comunità, colpite al cuore dalla violenza immotivata e inaspettata di coloro che erano stati considerati quali i liberatori dal nazifascismo.
Per tanti anni questa dolorosissima vicenda umana è rimasta semisconosciuta; le popolazioni hanno ricostruito i paesi e le case, ricominciando la loro esistenza senza parlare di quello che avevano subito.
Ma la memoria è una forza potentissima, non può essere cancellata, e alla fine i racconti di questa pagina di storia sono emersi prepotentemente dai ricordi di coloro che prima avevano subito l’onta delle violenze, e poi l’indifferenza dello Stato.

Quando ho iniziato a occuparmi di violenza di genere, e in seguito con la creazione del Centro Antiviolenza Marie Anne Erize, ho sentito sempre più forte l’esigenza di raccogliere le testimonianze di quanti avevano vissuto quelle tragiche cinquanta ore di carta bianca, che si dice fossero state concesse come premio dal generale francese Alphonse Juin ai goumiers se questi fossero riusciti a far retrocedere i nazisti il più possibile dagli Aurunci e che si svolsero tra il 12 e il 17 maggio 1944.
Le storie di questo libro sono tratte dai racconti che ho ascoltato personalmente nel corso di dodici anni di ricerca; per tutelare la riservatezza delle testimoni, ho cambiato i loro nomi e non ho indicato i luoghi nei quali si sono svolte le loro vicende. A volte è stato complicato raccogliere i ricordi dei testimoni, e a volte mi è capitato di ascoltare queste voci in modo del tutto fortuito e casuale; tuttavia ho sempre vissuto una sensazione di accettazione e di piena fiducia da parte di quanti hanno voluto regalarmi la loro memoria, e ho sempre percepito con forza il loro desiderio di raccontare. Le vicende narrate sono tutte autentiche, con l’eccezione di “Francesca”, che mi è stata ispirata dalla lettura di una testimonianza contenuta in un libro; una sola, “Maria Maddalena”, è frutto di fantasia: tutte comunque vogliono trasmettere il senso della tragedia vissuta, e quanti segni essa possa avere lasciato nelle vite di coloro che ne sono stati travolti; ma soprattutto vogliono essere testimonianza viva e attuale del dramma vissuto settanta anni fa delle donne ciociare.
Perché non accada mai più, da nessuna parte.

LA SECONDA PARTE DEL LIBRO USCIRA’ SUL MAGAZINE MERCOLEDI’ 10 MAGGIO

LO SPETTACOLO TEATRALE. LE MAROCCHINATE, REGIA E DRAMMATURGIA DI FRANCESCA ROMANA CERRI DAL LIBRO OMONIMO DI STEFANIA CATALLO

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IL VIDEOSABATO TEATRALE – TRADIMENTI DI HAROLD PINTER, REGIA DI FRANCESCA ROMANA CERRI

“Amo il tradimento ma odio il traditore”, Giulio Cesare. In questa frase l’essenza del dramma di Pinter, in scena al Teatro Pegaso di Ostia dal 14 al 16 aprile, diretto e interpretato da Francesca Romana Cerri, con Tommaso Barbato e Rodolfo Maria Bonucci.

La distruzione del mondo borghese e della sua facciata perbenista: questa la trama di “Tradimenti”, una delle opere più conosciute e rappresentate del drammaturgo inglese Harold Pinter, premio Nobel per la letteratura nel 2005.

Attraverso una messa in scena in ordine cronologico inverso, dal 1977 al 1968 così come ideata da Pinter, il dramma narra le vicende di Emma e Robert, coppia apparentemente normale e perfetta, impegnata in viaggi, party ed eventi pubblici necessari alla carriera di lui, editore di libri. Nel mènage si inserisce Jerry, autore pubblicato da Robert, che diventa amante di Emma per molti anni. Potrebbe sembrare una vicenda banalmente normale nel suo squallore, ma nella drammaturgia di Pinter nulla è come sembra, e durante la pièce si assisterà allo sgretolarsi della facciata di normalità ostentata dai personaggi i quali, obtorto collo, debbono mostrarsi coppia felice e affiatata per poter rimanere a far parte della buona società.

La messa in scena della regista Francesca Romana Cerri, regista e attrice teatrale di lunga carriera, pone l’accento sulla psicologia dei personaggi; la scenografia semplice, sull’impronta di quella pensata da Pinter, non presenta artifici che possano distrarre lo spettatore dallo svolgimento del dramma che, alla fine, inghiottirà i tre protagonisti, disposti a sacrificare se stessi e i propri desideri in nome del perbenismo piccolo borghese che li vuole perfetti, realizzati, artificiali, intrappolati in esistenze conformi a quello che ci si aspetta da loro, gabbie dorate dalle quali essi non vogliono uscire. Notevoli anche le interpretazioni di Tommaso Barbato e Rodolfo Maria Bonucci, capaci di interpretare intensamente i personaggi dell’amante e del marito di Emma, sia psicologicamente che attraverso piccoli gesti che invece rappresentano il sottotesto dell’opera pinteriana.

IL TRAILER DI “TRADIMENTI”, REGIA DI FRANCESCA ROMANA CERRI

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  • Registrazione Tribunale di Roma n.133/22 del 8/11/22

Direttore Stefania Catallo

Stefania Catallo, romana e fondatrice del centro antiviolenza Marie Anne Erize. Si occupa di storia orale e di diritti delle donne. Giornalista e scrittrice, ha pubblicato diversi libri, l'ultimo dei quali "Evviva, Marie Anne è viva!" (2018, Universitalia), ha ricevuto il Premio Orsello nella sezione Società.

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Emilio Spataro, in arte Emyliù, attore, chansonnier, fotografo, grafico. Di origine calabrese cirotana, vive a Roma. Opinionista e Web Master del Magazine.

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Opinionista disincantata, dotata di un notevole senso dell'umorismo e di una dialettica tagliente, Mava Fankù cura attualmente due rubriche, La Pillola Politica e I Pensierini di Mava, elzeviri su temi vari che ispirano la nostra signorina agèe, da poco anche in video, oltre che in podcast, oltre che in scrittura.

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VENIO SCOCCINI

Diplomato all'Istituto Alberghiero Michelangelo Buonarroti di Fiuggi (FR) - Dopo una lunga esperienza in Italia, e all'estero come chef per personaggi di rilievo, sia in casa che su yacht, nel 2013 si è trasferito a Londra, dove ha appreso nozioni di cucina multietnica continuando a lavorare come chef privato.

ROSELLA MUCCI

Ho sperimentato il palco cimentandomi in progetti di Teatro Sociale tra il 2012 e il 2015 con testi sulla Shoa, sul femminicidio, sulla guerra. Il mio percorso teatrale è poi proseguito in autonomia quando ho sentito il desiderio di portare in scena testi scritti proprio da me.Tutti i miei scritti per scelta hanno

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