MAI DIRE FASCISMO. SAVINO, VALDITARA E LA PAROLA PROIBITA
Durante i miei anni della scuola superiore, iniziata a Roma nel 1980, sebbene l’istituto che frequentavo non fosse molto politicizzato, per lo meno rispetto ad altri come il Sarpi o il Giulio Cesare, anche da noi erano presenti attivisti di destra e di sinistra. Due in particolare non perdevano occasione per fare scintille: Eskimo e Rayban. Il primo era espressione della sinistra; il secondo della destra dura e pura. Fino al 1983, anno in cui entrambi si diplomarono, gli scontri furono all’ordine del.giorno così come i ritrovamenti di volantini delle Brigate Rosse o degli allarmi bomba diramati strategicamente durante l’ora di matematica.
Altri tempi, certo: però vedere il pestaggio della scorsa settimana al Michelangiolo di Firenze con tanto di “Fascisti!” urlato da una voce fuori campo, può riportare indietro di anni. E fa bene la preside Savino a condannare il fatto, citando Gramsci, come del resto aveva fatto anche Fini durante la svolta di Fiuggi quando, dissociandosi insieme al nucleo fondatore dal fascismo, pronunciò queste parole: “Il patrimonio di Alleanza Nazionale è intessuto di quella cultura nazionale che ci fa essere comunque figli di Dante e di Machiavelli, di Rosmini e di Gioberti, di Mazzini e di Corradini, di Croce, di Gentile e anche di Gramsci”.
Perciò, se le cose stanno davvero così, ed è documentata la presenza di La Russa e Meloni a Fiuggi insieme a Fini, allora perché non c’è stata ancora ferma condanna dell’episodio? E se non c’è pericolo fascista, così come dichiarato dal ministro Valditara, allora perché la lettera della preside Savino è stata così fortemente contestata? Sarebbe bastato semplicemente aderire e condannare il gesto. Cosa che potrebbe ancora succedere. Noi, non possiamo fare altro che aspettare che avvenga.
Speriamo.
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