Il 20 novembre in tutto il mondo si celebra il TDoR, ossia la giornata del ricordo delle vittime di omotransfobia. Il nostro magazine ha intervistato lo scrittore e poeta Massimo D’Aquino, per parlare dell’importanza di questa data e di quanto ancora c’è da fare per fermare un massacro contro vittime innocenti perpetrato da chi vede in loro un pericolo e, spesso, una vergogna da cancellare col sangue.
Massimo D’Aquino, siamo alla vigilia del Tdor. Quanto è importante ricordare questa ricorrenza?
“Ho acceso una candela bianca, perché non so più che fare per alleviare il dolore per la morte di tutte queste persone. Dicono circa 400, ma se questi sono i dati ufficiali, quelli che mi danno più da pensare sono le morti non denunciate, i casi che non hanno fatto clamore; purtroppo non si tratta di un traguardo da raggiungere: la corsa all’odio non la vogliamo percorrere. Ognuno di loro ha una storia, una vita vissuta, persone che le hanno amate e che ora si disperano ancora incredule per la fine che hanno fatto. E se fossi nato in un altro posto? Avrei subito la stessa fine. Qualcuno avrebbe potuto uccidermi perché trans e attivista e chi mi ama mi starebbe piangendo. Chiunque lotti per i diritti delle persone trans* ed è contrario ad ogni forma di discriminazione, in un posto diverso da qui, in Italia, potrebbe essere già morto ammazzato. Ciò di cui dobbiamo essere pienamente consapevoli è che non è soltanto l’essere trans che ci porta ad essere potenziali vittime tutt*, bensì l’indotto sociale che non ci dà l’opportunità per vivere una vita dignitosa. Ogni notizia, ci fa entrare nelle loro vite, nelle loro passioni. Stiamo facendo rivivere l’anima di queste persone attraverso la nostra di anima e non proviamo nessun timore; vorremmo consolarle, dare loro l’affetto e il sostegno mancato. Inseguite, spaventate, incredule dinnanzi a tanta crudeltà e violenza, si saranno rese conto che stavano per essere assassinate? Vi ricordate di Cloè, l’insegnante trans che dapprima era stata licenziata perché trans, poi riammessa e che infine si è data fuoco nel camper dove viveva? Così come Chiara, una ragazza trans di diciannove anni suicida come un’altra donna trans di ventisette anni, morta suicida, dopo essere stata violentata. Non solo è importante ricordare ogni anno questa ricorrenza per le persone appartenenti alla comunità t, ma ciò che più conta, a mio avviso, è renderne partecipi quante più persone al di fuori del nostro ambito affinché ci si renda conto di dove può portare l’odio gratuito verso persone che chiedono solo di poter essere se stesse senza nulla togliere a nessuno. E’ importante non dimenticare questo eccidio spesso silenzioso che anno dopo anno miete vittime innocenti”.
Secondo lei se ne parla abbastanza?
“Mi chiede se se ne parla abbastanza, le dico che basta fare un semplice esperimento e, parlando con qualcuno, uscirsene col dire: “domenica sera vado al TDOR” , la risposta dell’ottanta per cento delle persone non appartenenti alla comunità (e non solo) è : “al T che???”. Non se ne parla abbastanza e non bisognerebbe ridursi a parlarne solo durante il mese di novembre, la battaglia per queste vittime, ripeto, INNOCENTI, dovrebbe essere quotidiana”.
Da qualche tempo si sta dedicando alla poesia. Come è nata l’ispirazione?
“E’ vero, da qualche tempo, mi sto dedicando anche alla poesia e la prima che scrissi parecchio tempo fa era proprio dedicata al suicidio di un ragazzo trans di vent’anni, Lukas. Finora ne ho raccolte una trentina e perché no potrei anche pensare ad una raccolta da pubblicare; l’ispirazione arriva quando meno te l’aspetti, spesso basta una parola, una notizia ascoltata di corsa, un avvenimento che mi colpisce particolarmente e poi l’Amore”.
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