Mese: Maggio 2023

I TAROCCHI – IL MAGO O BAGATTO

Ora che il Matto si è finalmente fermato, avviene la trasformazione. La figura che camminava immersa nei suoi pensieri con lo sguardo rivolto al cielo, ora guarda verso la nostra sinistra, dove si trova immaginariamente il Matto e mostra, disposte su un tavolo a tre gambe, le cose che portava nel fagotto.

E’ basilare osservare dove si posa lo sguardo delle figure dei Tarocchi. Se disponessimo, ad esempio, tutti gli Arcani Maggiori in fila, dallo 0 al 21, vedremmo alcuni di loro scambiarsi degli sguardi, oppure osservare oggetti che risulteranno importanti nella comprensione del linguaggio delle Carte.

Il Matto si è trasformato nel Mago o Bagatto, il Tarocco numero 1. Dal caos creativo e dal non numero – lo Zero – siamo arrivati all’inizio degli Arcani numerati. Inizio, scelta e trasformazione: sono le parole chiave di questa Lama.

Osserviamo la figura. La scena è questa: su un tavolo a tre gambe (la quarta non si vede perché è fuori figura), sono disposti degli oggetti. Si tratta dei Quattro Elementi, che saranno presenti negli Arcani Minori: un pugnale che rappresenta le Spade; un recipiente per le Coppe; delle monete, i Denari; la bacchetta nella mano sinistra, la mano ricettiva, ossia l’Aria. Con gli oggetti sul tavolo e la bacchetta, che rappresenta la capacità di manipolare l’energia, il Mago crea e trasforma.

Niente è lasciato al caso nella sua rappresentazione: il cappello a forma di infinito rappresenta anch’esso il fluire della materia e la sua trasformazione in infinite forme.

In alcuni mazzi, come il Rider, il Mago tiene la bacchetta nella sinistra, mentre con la destra indica il terreno. Questo, perché il flusso dell’energia può dirigersi dall’altro verso il basso, e viceversa. Dal Cielo alla Terra, e al contrario. Esistono energie terrene, come ad esempio la preghiera o la meditazione, che possono essere elevate al Cielo. Il cappello a punta dei maghi o delle streghe – e intendo strega dal latino striga e dal greco stryx, ossia uccello notturno e non adoratrice del demonio – era il simbolo dell’elevazione dell’energia, atto necessario per modificare la realtà.

Significati al diritto

Inizio, creatività, buone possibilità di iniziare qualcosa. Persona che ha fascino e capacità di attirare attenzione e fiducia su di sé. Diplomazia, abilità negli affari. Iniziato o persona con facoltà medianiche. La parola inizio è fondamentale nell’interpretazione di questa Carta.

Significati al rovescio

Truffatore, giocatore compulsivo. Non c’è inizio. Confusione. Atteggiamento negativo davanti a una situazione. Debolezza, non si riesce a camminare con le proprie gambe. In genere, si negativizzano i significati della Carta al diritto.

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LE MAROCCHINATE: LE CINQUANTA ORE E IL GENERALE JUIN

IL PROCLAMA DEL GENERALE JUIN
“Il vostro generale vi annuncia, vi promette solennemente, vi giura, sul suo onore di soldato e sulla bandiera di Francia, che si alza, per l’ultima volta, il sole sulle vostre sofferenze, sulle vostre privazioni, sulla vostra fame. Oltre quei monti, oltre quei nemici che stanotte ucciderete, c’è una terra larga… ricca di donne, di vino, di case. Se voi riuscirete a passare oltre quella linea senza lasciare vivo un solo nemico, il vostro generale vi promette, vi giura, vi proclama che quelle donne, quelle case, quel vino, tutto quello che troverete sarà vostro, a vostro piacimento e volontà. Per cinquanta ore. E potrete avere tutto, prendere tutto, distruggere o portare via, se avrete vinto, se ve lo sarete meritato”.


Questo discorso, attribuito al Generale Alphonse Juen, al quale il generale Clark, a capo della V Armata americana, si era affidato per sfondare la linea Gustav, sembra fosse stato declamato ai goumiers alla stregua di un patto, che accordava loro il diritto di preda e saccheggio sulle terre che avrebbero liberato dai nazisti. Juin, in quanto pied-noir, godeva della stima e della fiducia dei goumiers, che aderirono con entusiasmo alla sua chiamata alle armi. Pied-noir è l’appellativo francese con il quale vengono indicati i figli di genitori francesi nati in nord Africa, o più in generale, i coloni francesi che vi vivevano prima della concessione dell’indipendenza alle colonie.
Il carattere sistematico delle violenze e la sostanziale acquiescenza degli ufficiali francesi che erano al comando dei goumiers conferma che essi ubbidivano a disposizioni superiori e che pertanto la responsabilità storica di questi fatti non è riconducibile unicamente a chi li ha fisicamente perpetrati.

Ascolta il proclama del generale Juin letto da Alessio Papalini

Documenti relativi al proclama del generale Juin (segnalazione di Marcello Remia)

“Bambina mia, nun pensà ca io so sempre stata accussì vecchia. So stata pure na bella giovana, tenevo gli capigli niri niri e nu petto che nun te dico, l’uommene me se giravano arrete pè guardà… ma me sa che tu nun capisci stu dialettu, n’e’ vè? Ora che ti guardo meglio assomigli tutta a nonneta. Gl’uocchi, gli capigli rusci, e la forza, la forza sua sta dentro di te. Quando sono nata io lei teneva quattordici anni, poi semmo cresciute assieme. Lei se sposette e io pure, all’epoca nostra era così, nun se scappava. Della scola m’arricuordo poco, ho fatto fino alla terza elementare e poi chiù niente, se doveva lavorà la terra e governà le bestie, poi te maritavi e tanti saluti. La casa, gli figli, lu marito pranzo cena e colazione. Bambina mia, mica era comma adess, nun se scappeva.
E dopp arrivette la guerra.
La fame ce steva, ma finchè se puteva coltivà avevamo tutto; facevo lo pane, avevamo le gagline pe l’ova, insomma se campava. Maritem se n’era ito alla guerra e io teneva già du figli da guardà.
A ventiquattr’anno i nun pensava proprio che a dà da magnà alle criature, non era comme a mò che c’avite tutto; a maggio del 44 se spasette la voce che l’alleati stevano arrivanno, e nui ce credimm, nun se poteva fa altro che crederece.

Gli alleati… ah bambina mia. Gli alleati arrivetter co le veste longhe e gli recchini agliu naso e alle recchie. Gli alleati acchiappetter le femmene e le pigliarono, vecchie giovani mezzane, tutte tutte quante. Accisero le bestie e s’arrobbarono la robba e lo corredo dentro alle case.
Appicciarono gli fuoco alle case, e si tu pruvivi a ribellarte, allora erano mazzate, tante mazzate da lasciarte muort’n terra. Nun venivano da soli, stavano in sette, otto, dieci e più. Le cavallette parevano. Le cavallette.
T’aggia guardata mentre magnivi co nui, oggi. Aggia sentito lu mestiere che fai, e quand t’aggia vista me so detta ecco Idarella, co gli uocch virdi e gli capigli rusci, ma nun era Idarella, eri tu. Me si fatta morì quanno t’aggia vista, pe lo ricordo dell’amica mia, perchè a lei aggia voluto bene come a na sorella, perchè dopp tutto è venuta Idarella da me. Doppo che gli marucchin pruvetter a prenneme, ma nun ce riusceren, pecchè m’arribbellai e allora m’acciser de mazzate.
Bambina mia vieni qua. Te facciu vedè na cosa. Me la so tenuta pe settant’anni. La tengo dentro a nu fazzoletto, a lo primo cassetto de lo commò, nascuosto bene.
Lui m’accidett de mazzate, lu marucchino, ma io gliu recchino dalla recchia ce lo strappai. Eccolo.
Pigliatell, adesso i me so’ liberata da sto male”.
Ho conosciuto Rosa per caso, a seguito di una serie di coincidenze incredibili. Questa bellissima signora di novantacinque anni mi ha voluto raccontare la sua storia in maniera spontanea, senza che io le ponessi alcuna domanda. Sicuramente la sua amicizia con mia nonna (Idarella), e la
mia somiglianza fisica con lei, hanno facilitato il dialogo creando un clima di fiducia reciproca. Ho voluto trascrivere la sua testimonianza integralmente, conservando il dialetto
.

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SEMBRA VIVO! Sculture iperrealiste dei più grandi artisti contemporanei in mostra a Palazzo Bonaparte di Roma dal 26 maggio

In copertina: @Hiro, Andy Warhol (particolare)

Per la prima volta in Italia, una stupefacente mostra dedicata alla grande scultura iperrealista internazionale, raccontata attraverso i più importanti artisti contemporanei.

“Sembra vivo!” sarà la frase più pronunciata davanti alle incredibili opere di Maurizio Cattelan, Ron Mueck, George Segal, Carole Feuerman e tantissimi altri.

Le opere sono così reali da confondere i visitatori trasportandoli in un mondo al confine tra vero e falso.

Arthemisia, dopo il grande successo delle mostre dedicate a Jago e a Leandro Erlich, ancora una volta propone un progetto nuovo e visionario sulla scena dell’arte contemporanea italiana.

Dal 26 maggio a Palazzo Bonaparte di Roma arriva per la prima volta una mostra dedicata alla scultura iperrealista, in cui sono esposte 43 mega-installazioni dei più grandi artisti contemporanei.
Le sculture sono impressionanti, è difficile distinguere un corpo vero da un’opera d’arte tanto i dettagli sono realistici, fin nei minimi dettagli.

Gli artisti esposti, 29 in tutto, sono i più importanti protagonisti a livello internazionale: da Maurizio Cattelan (presente con opere iconiche quali i piccioni dell’installazione “Ghosts” o la famosa banana, meglio detta “Comedian”) a Ron Muech che espone anche una gigantesca testa di uomo “Dark Place”, fino a George Segal, Carole Feuerman, Duane Hanson e molti altri ancora.

@Sam Jinks, Woman (particolare)

Una mostra che provoca, interroga e riunisce gli artisti che più di tanti altri hanno fatto discutere: cosa ha portato le sculture iperrealiste a creare un cortocircuito nella mente dei visitatori? Sappiamo che non sono reali, eppure quella pelle, i capelli, le barbe, le dita ci dicono il contrario. I corpi nudi ci scandalizzano, gli occhi ci ipnotizzano e quelle dimensioni a volte perfettamente in scala e a volte sbagliate ci confondono: Sembra vivo! Lo è davvero?

La mostra è ideata dall’Institut für Kulturaustausch, Germany, curata da Maximilian Letze in collaborazione con Nicolas Ballario ed è prodotta e organizzata da Arthemisia che, ancora una volta e dopo il grande successo delle mostre dedicate a Jago e a Leandro Erlich, propone progetti nuovi e visionari sulla scena dell’arte contemporanea in Italia.

Il catalogo è edito da Skira.

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MIA MADRE. NANNI MORETTI SPELEOLOGO DEL DOLORE @ Visioni streaming di Emyliù Spataro

Sempre per il viaggio nello streaming d’autore A.C. (Ante Corona) rivedo un film di Nanni Moretti del 2015.

Questa volta non volevo scrivere una recensione, ma criticare il film solo con le foto che mi feci all’uscita dal cinema, supponendo che il mio volto, ancora intriso di emozioni, bastasse a descrivere il mio stato d’animo senza tradurre in parole le riflessioni. Proprio perchè il tema è doloroso, profondo, importante, ancestrale, angosciante, disperante, ineluttabile.

Ma decido di scriverne dopo averlo visto in streaming. E cosí sia. Questo film di Nanni Moretti ci fa riflettere tutti. Chi c’è passato, chi ci sta passando, chi ci passerà, e lo stile del regista va dritto allo scopo come un pugno nello stomaco, contornato da mille sfumature di dolore e di vita. Solo chi ha avuto la “fortuna” di non passarci, andando via prima, si è risparmiato il dolore più devastante del mondo. La morte di una madre.

Ma il maestro, che non è nuovo ai temi tragici, come uno speleologo dell’umano dolore, già ne “La stanza del figlio” era sceso con la macchina da presa ad esplorare le indicibili sofferenze causate dalla perdita di un figlio.

In questo “Mia madre” raffina la sua arte filmica, mescolando il dramma con la commedia, adoperando l’intensa maschera di John Turturro per incastonare la storia con godibili sequenze di un film girato nel film.

E con la ricorrente presenza della sua musa, una più che mai sensibile e intorcinata Margherita Buy, questa volta nel duplice ruolo di sorella e regista di film socialmente impegnati.

La tragicomica autoironia é sempre una delle cifre vincenti di Moretti, insieme alla scelta degli attori e sopratutto delle parti femminili, con una mirabile Giulia Lazzarini, sublime nel ruolo della madre morente.

Cercatelo in streaming, è persino migliore del suo ultimo film ”IL sol dell’avvenire”, che è già un ottimo film, e con il quale ha elementi registici in comune.

Parola di Emyliù

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IL VIDEOSABATO TEATRALE. COCTEAU INSPO CON “INTIMA VOX” di e con EMYLIÙ SPATARO

Per questo Videosabato teatrale presentiamo ai nostri lettori un esperimento di videoteatro in casa, ossia l’adattamento di Emyliù Spataro de “La voce umana” di Jean Cocteau.

Versione integrale completa (45′)

L’artista mette in scena nella propria casa la celebre pièce di Cocteau, interpretata negli anni ’60 da Anna Magnani. L’ispirazione arriva proprio dal VHS del cortometraggio “L’amore” di Roberto Rossellini con Anna Magnani, custodita gelosamente dal performer, con l’intenzione di realizzarne un video teatrale.

Adattando l’atto unico di Cocteau nel quotidiano contemporaneo, l’antico telefono con filo diventa un tecnologico cellulare; il racconto di un incontro nell’atelier della modista cambia locazione in una cibernetica conversazione in chat; il cane “Micia” assume le sembianze del gatto “Bijoux”; mentre la sofferente protagonista del dramma si tramuta in una postmoderna donna transgender che attende l’ultima telefonata dall’amato, prima del doloroso distacco.

Tutto questo nel rispetto della drammaturgia del testo, dando umana voce, anima e corpo alla claustrofobica sofferenza del disamore.

TRAILER

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VIDEOINTERVISTA: CLAUDIO JANKOWSKI dirige “LA SIGNORINA ELSE” al Teatro Basilica di Roma 26 e 27 maggio

Intervista di Alessio Papalini

“Signorina Else” è un sogno per voce sola. L’antieroina schnitzleriana torna ad essere l’espressione maliziosa e conturbante delle corde più vibratili e contraddittorie del femminile. Else è un piccolo gioiello abbandonato in un salotto polveroso: ironica ed esibizionista, maliziosa e intraprendente, nel corso del suo flusso di coscienza rivelerà il suo stato di totale e spietata solitudine e di insoddisfazione nei confronti del tessuto umano che la circonda. Posta di fronte alla necessità di prostituirsi per salvare suo padre dal suicidio e la sua famiglia dallo scandalo, compie l’atto estremo di presentarsi nuda nella hall dell’albergo che la ospita per la villeggiatura, per poi perdersi nel delirio e svenire. L’allestimento ideato da Claudio Jankowski e incarnato da Diletta Masetti si configura come una rilettura agile e aerea dell’emblematica novella in questione e colloca Else in una dimensione onirica, ove il sonno, il suo presunto avvelenamento, i fantasmi della società, le costrizioni e le visioni assumono tratti sfumati e accattivanti, travolgenti come un giro di valzer.

Da menzionare la scenografia adottata per lo spettacolo, ispirata al “Labirinto” di Michelangelo Pistoletto, ora esposto al Chiostro del Bramante fino al 15 Ottobre.

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PIOVE PROPAGANDA DI REGINE DALL’EMILIA AL CANADA @ La pillola politica di Mava Fankù

Per non dire regime. Tanto è la stessa cosa. Sono solo mie impressioni, più che opinioni stavolta, ma questo alluvione distruttivo che ha messo in ginocchio un’intera regione, non può tollerare alcun tipo di propaganda.

Stride vedere una Regina con gli stivali e il sorriso imbarazzato (perlomeno), guadare una pozzanghera e onorare due baldi giovani volontari, uno dei quali a torso nudo, fiero della sua ariana bellezza.

Senza nulla togliere a sua Maestà, ma sarebbe più credibile il discorso di una ipotetica Web Queen che parli ai suoi sudditi followers, abbigliata come un’iconica monarca. La pantomima di regime è così smaccata da risultare imbarazzante persino per una international performer.

Infatti se la rideva sotto i baffi la Regina con gli stivali, mentre in altra situazione la sua antagonista – l’armocromatica ragazzona d’opposizione – ha avuto il buon gusto e il buon senso di astenersi dal fare la sua propaganda di partito su questa tragica calamità naturale.

E così si replica pure per il 49° vertice del G7 a Hiroshima in Giappone, con il prestante presidente canadese, mentre lo guarda ieratica come tra le casette in Canada, restando sorpresa quando le esprime la sua ben motivata preoccupazione per i diritti fondamentali della comunità lgbtQ+ italiana.

Ah si? Delusa si vendica, accusandolo di svendere uteri in affitto per bambini pret a porter, ma solo perchè la nostra Regina (e la sua corte) ritengono immorale e illegale la gravidanza surrogata (o meglio, ”gestazione per altri solidale”) che in altri Paesi come il Canada non lo è.

Imperdibile lo sguardo imbarazzato della regnante nell’interazione con il bel giovane presidente.

Della serie, anche le Regine accoppiate con prole e comun senso del pudore hanno un cuore.

Con satirica reverenza

Mava Fankù

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I TAROCCHI: IL MATTO, IL VIAGGIO DELL’ANIMA

Perché parlare di Tarocchi? Perché rappresentano un viaggio nell’inconscio e nel sé più profondo. Perché i Tarocchi mettono in scena l’umana commedia, attraverso 22 attori principali che da secoli, forse da millenni, ci invitano a riflettere, e ci accompagnano nel nostro viaggio interiore. Amati da Jung, portati di nuovo all’attenzione da Jodorowsky, raffigurati in centinaia di mazzi, i Tarocchi restano comunque un mistero. Si dice che provengano dall’antico Egitto, e che siano poi arrivati in Europa, accumulando anni di sapienza ebraica e mediorientale, espressa nella loro complessa simbologia, per poi approdare alla corte dei re come nelle osterie, dove celavano i loro segreti, adoperati come un semplice gioco di carte.

Sul palcoscenico dei Tarocchi si susseguono re e regine, imperatori e papesse; diavoli e angeli del giudizio; ci sono torri che crollano, astri che sorgono e tramontano: c’è raffigurata tutta la vita. Ed è lì affinchè noi possiamo meditarla per avanzare nella nostra via interiore.

Sarebbe impossibile spiegare in una rubrica tutti i significati e le simbologie degli Arcani; preferisco invece suscitare la curiosità, dando poche e chiare indicazioni su ogni Carta, che potrà essere così meditata.

IL MATTO

Il Matto non ha numero. E’ l’unico tra gli Arcani Maggiori a non averlo, in quanto rappresenta lo Zero, l’Inizio, la Creazione, la Scintilla dalla quale scaturisce il presente. Il Matto cammina con lo sguardo rivolto al cielo: dietro di lui, è raffigurato un cane o un gatto, spesso nell’atto di tirargli giù le braghe. Il Matto viaggia leggero: porta con sé solo un piccolo fagotto, legato a un bastone, poggiato sulla spalla destra. Con un’altro bastone, posto sempre a destra, si sorregge nel cammino. Il Matto è perso nei suoi pensieri: veste quasi come un giullare, con abiti sgargianti e multicolori, e porta dei sonagli appesi al colletto della blusa. In alcune raffigurazioni, i sonagli sono anche sul copricapo, che ne cela i capelli. Il suo viso non ha età: non sappiamo se sia giovane o vecchio, non ci sono elementi certi a stabilire i suoi anni.

Chi è il Matto? Forse un antico giullare, colui che poteva dire la verità in faccia ai sovrani, senza essere punito per questo? Forse un viandante o un mendicante?

In alcuni testi, la simbologia del Matto è stata paragonata a quella di San Rocco, anche lui seguito dal cane; oppure a San Giacomo, raffigurato nelle vesti di un viandante (pensiamo al Cammino di Santiago); oppure anche a San Cristoforo, che traghetta Cristo da una riva all’altra di un fiume: tutti santi pellegrini, così come poteva essere interpretato il Matto nei tempi antichi.

Il Matto è lo spirito libero, quello che si è sciolto dai legami terreni e che per questo viaggia veloce. Non ha con sé bagagli se non il suo fagotto, nel quale ripone le sue esperienze, e sembra non avere meta. Non si preoccupa di dove va o di quale strada percorre: il suo sguardo è verso l’alto, incurante delle buche del terreno nelle quali potrebbe cadere e farsi male. Il Matto non si preoccupa di coprire le nudità svelate dall’animale che lo segue: il pudore non fa più parte del suo essere. Lui è oltre.

Il Matto si muove da sinistra a destra, e questa direzione, nei Tarocchi, è quella che va verso il futuro. Perciò il Matto guarda verso il domani, in un eterno movimento che significa trasformazione, perché é attraverso il viaggio che la mente si apre e acquisisce la conoscenza del mondo. E questa trasformazione farà di lui la carta successiva, il Mago, quando, aprendo il suo fagotto, ne tirerà fuori gli elementi che porrà sul tavolo della trasformazione.

Significati al diritto

Viaggi, spostamenti, nuove esperienze. Sta arrivando qualcosa di inatteso. Non bisogna curarsi del giudizio degli altri. Comunicazioni; bisogna dare importanza all’intuito e ai sogni. Ispirazione positiva. Anticonformismo, energia che va nella giusta direzione. Evoluzione personale. Sarà necessario seguire lo sguardo del Matto, ossia vedere quale Carta lo segue, per chiarire meglio il suo significato nella stesura.

Significati al rovescio

La Carta si negativizza, quindi l’energia fluisce in modo sbagliato. Il consultante vive di illusioni, di idee campate per aria. Cose incompiute e lasciate a metà, litigi, discussioni, colpi di testa, confusione. Esaurimento nervoso, senso di ansia, angoscia, idee fisse. Sfiducia, passività. La Carta rovesciata indica la necessità di fermarsi nelle azioni e attendere tempi più propizi.

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LE MAROCCHINATE: FRANCESCA. IL LIBRO A PUNTATE IN ESCLUSIVA

“Conta, Francesca, conta e non ti fermare: uno, due, tre, quattro, cinque…
Mentre conto sento il rumore delle pietre; mi fermo a guardarne il colore, quasi bianco con delle venature scure, e mi obbligo a non pensare che mia madre mi sta murando viva.
La guardo che ammucchia le pietre in file ordinate, mentre io resto immobile nella nicchia della cucina, quella che usiamo per riporci il pane e le poche cose da mangiare che ancora abbiamo, e che la mamma ha svuotato e dove ora ci sono io, in piedi, con la gonna legata alle gambe e un fazzoletto stretto sulla bocca per non respirare tutta questa polvere e per impedirmi di parlare; una sicurezza in più, per non essere scoperta da loro, che stanno arrivando qui e che potrebbero sentirmi.
Mamma canta piano, una canzone dedicata alla Madonna e intanto tira su il suo muro a secco. Non mi guarda nemmeno, ma la vedo piangere e asciugarsi le lacrime col dorso della mano, senza rallentare il ritmo o perdersi minimamente d’animo. Le pietre sono talmente tante che ora mi arrivano al petto, e man mano che il livello aumenta, mi sembra di soffocare, come se venissi schiacciata dal loro peso.
Per completare il lavoro, mamma prende una sedia, ci sale sopra e continua ad ammucchiare sassi: bisogna arrivare fino al soffitto. Nessuno dovrà accorgersi che questo è un muro finto e che dietro ci sono io. Solo adesso mi guarda senza dire una parola, e nei suoi begli occhi scuri ci vedo amore, paura, ma anche sfida. Poi, il buio. Devo abituare i miei occhi a questa oscurità, comandare al mio cuore di rallentare i battiti, dominare il terrore di soffocare chiusa qui, dietro questo muro di pietre.
Sento un rumore di cose trascinate, e capisco che mamma ha spostato le sedie e il tavolo verso il mio nascondiglio, e che ci sta appoggiando sopra delle trecce d’aglio e di cipolle, come se si trattasse di una parete normale, perché ne sento l’odore familiare e penetrante.
Tra una pietra e l’altra percepisco il chiarore della cucina, ma non riesco a vedere molto perché lo spazio tra di esse è stretto. Sento caldo e il sudore inizia a scendermi in rivoli dalla fronte e dalle gambe”.


“I rumori arrivano attutiti qui dietro, ma sento voci lontane e grida e spari. Sto tremando di paura, mi battono i denti dal terrore, ma devo restare vigile e immobile; se dovessi svenire cadrei in avanti facendo crollare il muro e verrei scoperta. Vorrei tanto che mamma mi avesse anche tappato le orecchie, perché quello che sento adesso è il suono dell’orrore, un rumore di corpi trascinati, di stoffa strappata, la voce di mamma che prega ad alta voce e in risposta parole incomprensibili e gemiti di sforzo, come una oscena litania in onore del signore della morte.
Non so quanto tempo sia passato, mi accorgo solo ora del sangue che mi macchia il davanti del vestito, e che mi cola dalla bocca perché nell’ora del terrore mi sono morsa le labbra, e della pozza di piscio che la terra battuta della nicchia assorbe in fretta, il segno della mia paura. Deve essere sera, perché dalle pietre non filtra nessuna luce, mentre rimango in attesa di qualcuno che venga a liberarmi dalla mia prigione.
Dalla cucina non arriva alcun suono, o forse sì; se smetto di respirare posso sentire qualcosa che assomiglia a un lamento, ma ancora troppo debole perché io possa capirne le parole. Un rumore improvviso mi fa sobbalzare: è una sedia che cade, e la voce di mamma che adesso parla e mi dice che tra poco potrò uscire, deve solo rimettere a posto un po’ la cucina e controllare che loro se ne siano andati via.
La sua voce mi fa compagnia mentre canta una ninna nanna di quando ero bambina, che mi fa chiudere gli occhi e ricordare i pomeriggi della mia infanzia, quando correvo in un campo sterminato di girasoli con le braccia aperte ad accarezzare gli steli lunghi e vellutati di quei fiori più alti di me. Sento un rumore di acqua e capisco che mamma si sta lavando.
Poi si sente entrare qualcuno, dalla voce riconosco Rosina, la signora che abita di fronte, che singhiozza disperata e poi all’improvviso tace, come se qualcuno le avesse detto di stare zitta, per pietà, che Francesca adesso non deve sentire, ci sarà tempo e voglio essere io che sono sua madre a dirglielo.
Mamma ha acceso una candela in cucina, la sua fiamma illumina debolmente la mia prigione. Ora mi parla, mi sta dicendo che tra un momento inizierà a togliere le pietre. Non ti impressionare quando mi vedrai, mi dice, ho qualche livido, ma niente di rotto, ma tempo qualche giorno e passerà tutto quanto e saremo quelle di prima. Comincio a vedere il chiarore che entra dall’alto, e ricomincio a contare: uno, due, tre, quattro, cinque.
La prima fila viene giù, poi la seconda e la terza. Respiro rumorosamente mentre mi strappo il fazzoletto dalla bocca e chiamo mamma, anche se la voce non vuole arrivare subito, ed eccola mamma è qui davanti a me che mi guarda con gli stessi occhi di sempre, anche se uno è quasi chiuso per quanto è gonfio. Ha la faccia piena di graffi e lividi e dei segni sul collo come se qualcuno avesse tentato di strozzarla. Ha messo un vestito diverso da quello di stamattina, questo è a fiori rossi e neri e profuma di sapone. Vedo che ha un ginocchio e un piede fasciati, ma sorride e canta, canta anche se ha le labbra spaccate, ma non ha importanza.
Poi prende un coltello e taglia la corda che mi teneva ferma la gonna. Mi appoggio alla sua spalla per scendere dalla nicchia, facendo attenzione a non mettere i piedi sui sassi. Tremiamo entrambe, vorrei chiederle cosa è successo, ma ci sarà tempo, me lo dirà lei se lo vorrà. Ci abbracciamo.
Mamma mi porge un bicchiere di acqua fredda che prendo con mani incerte. Poi ci sediamo a terra, io mi sdraio sul pavimento e appoggio la testa sul suo grembo mentre lei canta ancora, canta piano una canzone di vittoria dalle parole sconosciute e ci addormentiamo così, tra le pietre del muro che mi ha salvata dai marocchini”.


Durante l’avanzata dei goumiers, e a seguito delle voci degli stupri perpetrati su donne e bambine, le popolazioni elaborarono strategie difensive affinché esse non venissero individuate e catturate. Si adoperarono come rifugio le grotte naturali, sia in superficie che sotterranee; e nei casi più estremi qualsiasi nicchia abbastanza capiente fosse presente in casa, murandola con l’uso di pietre a secco e mimetizzandola in modo che sembrasse una parete normale.

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SUBVERTISER: 9+1 STREET ARTISTS IN MOSTRA A ROMA DAL 23 AL 28 MAGGIO

SUBVERTISERS – Mostra collettiva dal 23 a 28 maggio 2023 a Roma

Il Subvertising ( parola composta dalla fusione di due termini inglesi : subvert = sovvertire e advertising = pubblicità) è un movimento artistico che si esprime attraverso la sovversione creativa degli spazi pubblicitari.

Gli artisti intervengono sui manifesti pubblicitari modificando le immagini in chiave critica, ironica , sarcastica, stravolgendone i messaggi e i contenuti.

Prendendo spunto da questo movimento, 9 street artist + 1 sono stati chiamati ad intervenire su altrettanti manifesti pubblicitari e ognuno con il proprio stile a modificarli: Hos, Lus57, Enos TLM, Er Buio, FunkAmore, Daniele Fantozzi, Tina Loiodice, Ros Gonzalez, ZaTox .

Il decimo artista, recentemente scomparso, è il Maestro Gianpaolo Berto, a cui la mostra viene dedicata. Berto sarà presente con uno dei suoi tanti manifesti prodotti durante il suo lungo e intenso percorso artistico.

@art rabbit

La mostra Subvertisers, a cura di Spazio 40 Art in collaborazione con Za.Urbanstudio, inaugura il 23 maggio 2023 alle ore 19.00 presso la Galleria Il Laboratorio di Via del Moro n. 49 a Trastevere e sarà visitabile tutti i giorni fino a domenica 28 maggio 2023.

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SUBVERTISERS

23 – 28 maggio 2023

Galleria Il Laboratorio

Via del Moro 49 – Roma (Trastevere)

Inaugurazione 23 maggio – ore 19.00

Orari apertura 24 / 28 maggio – ore 12.00 / 22.00

Ingresso libero

Info: spazio40@tiscali.it

349.1654628 – 347.1405004

Instagram @spazio40art

Facebook https://www.facebook.com/Spazio40Art

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  • Registrazione Tribunale di Roma n.133/22 del 8/11/22

Direttore Stefania Catallo

Stefania Catallo, romana e fondatrice del centro antiviolenza Marie Anne Erize. Si occupa di storia orale e di diritti delle donne. Giornalista e scrittrice, ha pubblicato diversi libri, l'ultimo dei quali "Evviva, Marie Anne è viva!" (2018, Universitalia), ha ricevuto il Premio Orsello nella sezione Società.

Redazione:

EMYLIU' SPATARO

Emilio Spataro, in arte Emyliù, attore, chansonnier, fotografo, grafico. Di origine calabrese cirotana, vive a Roma. Opinionista e Web Master del Magazine.

MAVA FANKU'

Opinionista disincantata, dotata di un notevole senso dell'umorismo e di una dialettica tagliente, Mava Fankù cura attualmente due rubriche, La Pillola Politica e I Pensierini di Mava, elzeviri su temi vari che ispirano la nostra signorina agèe, da poco anche in video, oltre che in podcast, oltre che in scrittura.

ALESSIO PAPALINI

Romano, educatore, formatore e appassionato di lettura e comunicazione. Attore del Teatro Studio Jankowski di Roma

PATRIZIA MIRACCO

Psicoterapeuta e giornalista. Appassionata di arte e mamma umana di Aki, una bella cagnolina a quattro zampe di 4 anni.

VENIO SCOCCINI

Diplomato all'Istituto Alberghiero Michelangelo Buonarroti di Fiuggi (FR) - Dopo una lunga esperienza in Italia, e all'estero come chef per personaggi di rilievo, sia in casa che su yacht, nel 2013 si è trasferito a Londra, dove ha appreso nozioni di cucina multietnica continuando a lavorare come chef privato.

ROSELLA MUCCI

Ho sperimentato il palco cimentandomi in progetti di Teatro Sociale tra il 2012 e il 2015 con testi sulla Shoa, sul femminicidio, sulla guerra. Il mio percorso teatrale è poi proseguito in autonomia quando ho sentito il desiderio di portare in scena testi scritti proprio da me.Tutti i miei scritti per scelta hanno

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