Irma Bandiera nacque a Bologna l’8 aprile 1915 da una famiglia benestante, composta dal padre Angelo capomastro edile che durante la dittatura aveva manifestato sentimenti antifascisti, dalla madre Argentina Manferrati, e dalla sorella Nastia. Nel caos dell’Armistizio, col dissolvimento delle Forze Armate e la vile fuga del re, Irma cominciò ad aiutare i soldati sbandati e si interessò sempre più di politica aderendo al Partito comunista. Molto presto entrò nel movimento di Resistenza, assumendo il nome di battaglia di “Mimma”. Nell’agosto del 1944 il Movimento di Liberazione nella zona della bassa bolognese era particolarmente attivo. Il 5 agosto i partigiani uccisero un ufficiale tedesco e un comandante delle brigate nere. Alla mezzanotte del 6 agosto a Funo cominciò una tremenda rappresaglia durante la quale vennero arrestati tre partigiani, portati alle scuole di San Giorgio di Piano.
La sera del 7 agosto anche Irma fu arrestata a casa dello zio, insieme ad altri due, e rinchiusa anch’essa nelle scuole di San Giorgio, ma isolata dai compagni. Venne poi tradotta a Bologna. Probabilmente i fascisti sapevano parecchie cose su di lei e credevano di ottenere informazioni.
I familiari la cercarono alle Caserme Rosse di via Corticella , il centro di smistamento per i deportati, e sperarono anche fosse fra i detenuti liberati dall’azione temeraria dei gappisti nel carcere cittadino di San Giovanni in Monte, il 9 agosto. La madre continuò a cercarla, insieme alla sorella, in Questura e al comando tedesco di via Santa Chiara 6/3. Irma resistette alle torture fino alla fine, senza mai parlare, preservando in tal modo molti suoi compagni. La mattina del 14 agosto una persona informò i parenti che il corpo inanimato di Irma si trovava sul selciato vicino allo stabilimento della ICO, fabbrica di materiale sanitario. “Mimma” venne lasciata in vista dagli aguzzini per una giornata, come disumano monito. Poi fu portata all’Istituto di Medicina Legale di via Irnerio dove un custode, amico della Resistenza, scattò le foto del viso devastato dalle torture. Venne infine sepolta alla Certosa, accompagnata dai familiari e qualche amica.
Riconosciuta partigiana alla fine della guerra fu decorata di Medaglia d’Oro al Valor Militare, insieme ad altre 18 partigiane in Italia. E’ sepolta nel Monumento Ossario ai Caduti Partigiani della Certosa di Bologna ed è ricordata nel Sacrario di Piazza Nettuno e nel Monumento alle Cadute partigiane a Villa Spada.
A Bologna una lapide onora il sacrificio della giovane partigiana nella via a lei dedicata. Anche i comuni di Argelato, Castel Maggiore, San Giorgio di Piano, Malalbergo e Molinella le hanno intestata una strada.
Nel 2013, lo scrittore Pino Cacucci le dedicò un capitolo del libro “Ribelli!, edito da Feltrinelli”
“Un vestito a pallini bianchi” tratto da “Soltanto una vita” di Laura Lombardo Radice e interpretato da Rosella Mucci
UN VESTITO A PALLINI BIANCHI
“Mi hanno fatto vedere il vestito di Irma Bandiera ragazza partigiana; quello di quando i tedeschi l’hanno fucilata l’estate del ’44. Un abitino di cotonina rosso a pallini bianchi, abbottonato davanti, fino in fondo alla gonna.
Fa pensare alle gite domenicali al mare, di giugno: ci si mette il costume sotto, si riempie in fretta una borsa: l’asciugamano, il pettine, lo specchio, uno sfilatino; e sin dal mattino, nel tram di città pieno zeppo, le dita corrono ansiose al primo bottone, già presentono l’ora che il vestitino resterà, come un sigillo di ceralacca scarlatta, sulla pagina distesa della spiaggia bianca di sole.
Anche fa pensare alle scampagnate in bicicletta: la ragazza pedala svelta e i pallini bianchi le ballano e rimbalzano sulle spalle, come minuscole biglie sempre lì lì per ruzzolare via tutte e lasciar solo quello squillante colore d’estate.
Ora, ci sono i grumi nerastri, striature di bruciato al petto, sui fianchi, perché Irma a vent’anni l’hanno ammazzata che portava quel vestitino rosso, il 13 agosto 1944.
Atroce pensare a qualcuno, uomini, che abbia preso la mira, puntato, sparato addosso a quella vestaglietta da bambina. Pensate, la morte vestita di cotonina rossa, a pallini bianchi…
Atroce, atroce. Questa parola mi martella il cervello. La più atroce delle tante immagini atroci, raccapriccianti, fotografie, documenti, racconti, di un’età atroce e incredibile che abbiamo pure vissuto.
Se chiudo gli occhi vedo, da un immenso esercito di morti grigi, colore di terra, venire verso di me la ragazza sconosciuta, col suo vestitino rosso a pallini bianchi”.
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