TEATRO PARIOLI DI ROMA: “QUASI AMICI” CON MASSIMO GHINI E PAOLO RUFFINI DAL 15 AL 26 FEBBRAIO

In copertina: photo @Serena Peia

15 | 26 FEBBRAIO 2023

MASSIMO GHINI, PAOLO RUFFINI

in

QUASI AMICI

dal film “Quasi amici” di Eric Toledano e Olivier Nakache

adattamento e regia Alberto Ferrari

con Claudia Campolongo, Francesca Giovannetti, Leonardo Ghini, Giammarco Trulli, Alessandra Barbonetti, Diego Sebastian Misasi

scene Roberto Crea

costumi Stefano Giovani

disegno luci Pietro Sperduti

musiche Roberto Binetti

Assistente alla regia Cristiano Malacrino

amministratore compagnia Stefano De Leonardis

organizzazione CARMELA ANGELINI

produzione esecutiva MICHELE GENTILE

Lo spettacolo “Quasi Amici” (dal film “Quasi amici” di Eric Toledano e Olivier Nakache) è una storia importante, di quelle storie che meritano di essere condivise e raccontate. Anche con il linguaggio delle emozioni più̀ profonde: quello teatrale. Protagonisti Massimo Ghini e Paolo Ruffini, adattamento e regia Alberto Ferrari. Lo spettacolo sarà in scena al Teatro Parioli, dal 15 al 26 febbraio 2023. In scena con Ghini e Ruffini: con Claudia Campolongo, Francesca Giovannetti, Leonardo Ghini, Giammarco Trulli, Alessandra Barbonetti, Diego Sebastian Misasi.

Note di Alberto Ferrari

Un adattamento per il teatro del soggetto e della sceneggiatura di Quasi amici è affascinante perché́ permette di dilatare, in drammaturgia teatrale, quelle emozioni che nascono per il cinema con un altro linguaggio, non solo visivo, ma anche filmico. Emozioni che devono irrobustirsi però con parole e simboli precisi sul palcoscenico per poter rimandare tutti noi a un immaginario condiviso con il quale far dialogare il proprio. E partecipare.

Ed è straordinario raccontare ancora più̀ nell’intimità̀ delle parole, degli scambi, delle svolte narrative, delle luci, dei movimenti, che solo una drammaturgia teatrale può̀ cogliere e restituire, dando il senso profondo di una grande amicizia in fieri. Osservando poi il percorso che compiono i due protagonisti per crescere, ognuno nella rispettiva vita e in quella dell’altro e di come uno diventi assolutamente necessario all’altro per poter proseguire indenne, o quasi, il proprio cammino su questa terra. Due uomini talmente diversi da costituire una teorizzazione dell’antimateria. Due particelle che potrebbero portare a un’esplosione, un annichilimento delle proprie personalità̀ e invece avviene il miracolo. Ed è questo Miracolo laico che vorrei raccontare.

Un uomo molto agiato, ricco, molto ricco, troppo ricco, intelligente, affascinante; un uomo che vive di cultura e con la cultura vive, che si muove e conquista e soddisfa il proprio ego narcisistico con il cervello più̀ che con il corpo. Un uomo a cui il destino ha voluto, per contrappasso, relegare a solo cervello, facendolo precipitare con il parapendio e fratturandogli la quarta vertebra cervicale e riprendendosi il corpo. Quel corpo, che era solo un bagaglio della mente, ora nell’assenza, diventa il fantasma di un’identità̀ da inseguire e recuperare.

E un altro uomo che entra ed esce di galera, sin da ragazzino, svelto, con una sua intelligenza vivace e una cultura fatta sulla strada e nei film di serie b, che ha visto. Ma decisamente smart. Un uomo che preferisce porre il suo corpo avanti a tutto e lasciare il cervello quieto nelle retrovie. Un corpo che, da subito, ha cercato di farsi strada nelle periferie degradate, in cui un’incertezza diventa come in natura, essenziale per determinare il proprio posto nella catena alimentare. Un predatore che in realtà̀ è una preda delle proprie debolezze. Un uomo che si è privato della carica del cervello che avrebbe potuto essere per lui determinante.

Questi due uomini si incontrano per un caso e questo caso farà̀ sì che diventino uno per l’altro indissolubili, l’uno indispensabile alla vita dell’altro e lenitivo alla ferità fatale che ognuno ha dentro di sé. Non lo sanno ma loro possiedono un dono che ognuno può̀ donare all’altro: la leggerezza.

Come in Pigmalione assistiamo per osmosi a un’educazione alla vita e alla cultura e un’istruzione alla leggerezza. È l’assenza di leggerezza, più̀ che la malattia, che tiene ancorato sulla sedia Philippe, la sua pesantezza della vita, della sua percezione del mondo, che lo inchioda a decisioni sbagliate con la figlia adottiva, con i suoi collaboratori, ma soprattutto con sé stesso.

Non si perdona mai. Da cosa non si è ben capito. Dalla difficoltà di vivere?

E l’altro uomo che ha fatto della sua leggerezza un modo per non occuparsi di nulla, di scansare ogni problema, ogni profondità̀, ogni disagio. Una leggerezza frivola, gassosa, che lo porta a risolvere tutto con il corpo, fisicamente e caso strano, pesantemente. Una leggerezza che ha la pesantezza di un dirigibile senza l’idrogeno. Una leggerezza senza controllo.

Paul Valéry ha detto: «Il faut être léger comme l’oiseau, et non comme la plume».

Uno usa il corpo e uno la mente. Occorre una ridistribuzione totale dei talenti. Nell’adattamento teatrale il ruolo di Philippe, l’uomo sulla sedia, dovrà̀ essere riequilibrato, perché́ nella versione cinematografica è molto sbilanciato il racconto a favore di Driss, l’uomo che arriva ad aiutarlo.

Nella versione teatrale i due ruoli saranno equiparati per poter scavare molto di più̀ nel loro rapporto e nella loro ricerca di questa leggerezza calviniana che ci faccia emozionare, godere e ridere fino alle lacrime se necessario e alle lacrime anche arrivare nelle emozioni profonde, sulle loro riflessioni, sulla loro vita e sulle loro backstory.

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