SEMPLICEMENTE ROSELLA: AMORI SANI E AMORI VIOLENTI

Il nostro magazine propone una nuova rubrica curata da Rosella Mucci, attrice teatrale e drammaturga. Semplicemente Rosella è l’opinione della donna comune sulle vicende di tutti i giorni, espressa attraverso dei video casalinghi ma profondi, come se fossimo nella sua cucina a fare due chiacchiere. Buona visione e buona lettura!

Febbraio, mese dell’amore.

Fa un certo effetto parlare di amore quando alcuni dati ci mettono davanti a quello che ormai è per il nostro Paese un triste primato:

122 femminicidi nel 2022 su 310 omicidi nel 2022;

7 femminicidi solo dal 1 al 31 gennaio di quest’anno.

Numeri che fanno a pugni con cuoricini, cioccolatini, cenette e regali e sembra che ci siano due mondi paralleli: quello dell’apparenza e quello reale; purtroppo i numeri parlano e ci raccontano quello che è un vero male sociale. Mi interessa condividere con voi lettori un aspetto che mi ha sempre offerto spunto di riflessione: la vittima visibile e la vittima invisibile. Nulla di professionale ben inteso, solo l’opinione di una persona come tante.

Chi purtroppo ci rimette la vita è la vittima visibile , e poi c’è la figura del carnefice, che è la vittima invisibile. Credo che, nel momento in cui a una relazione sana si sceglie una relazione violenza, emerge tutto quello che si è inceppato nel percorso della crescita e si diventa vittime del proprio inferno interiore. Con questo non intendo perorare la causa del perdono o simili, no; intendo solo soffermarmi sul fatto che un uomo il cui istinto comanda sulla ragione è anch’esso una vittima, vittima dei suoi demoni, del non risolto, di una crescita deficitaria dal punto di vista affettivo e, non ultimo – e qui non vogliatemene -, di un rapporto malato con la figura materna.

Viviamo in un mondo dove l’emancipazione, la libertà sessuale, l’educazione al rispetto della diversità sono parole delle quali troppo spesso ci si riempie solo la bocca. Troppe sono le situazioni in cui chi fa coming out è oggetto di discriminazione: troppi i preconcetti secondo i quali ci siano ruoli esclusivi della donna e altri invece tipici dell’uomo; troppe ancora le situazioni tragiche in cui ribellarsi agli stereotipi significa, per molte donne, essere etichettate come “ non idonee”, e per molti uomini come “assoggettati della compagna” o “effeminati ”; quasi che avere cura dei figli, della casa e condividere le incombenze del quotidiano non spettino ad entrambi. Troppe le differenze nascoste nella educazione del figlio e della figlia.

Diciamolo chiaramente: una donna che si barcamena tra lavoro e casa è cosa normale, mentre l’uomo se lo fa è bravo e collaborativo. Piaccia o no, o è provato che le basi di quelli che saranno un uomo e una donna capaci o meno di relazionarsi in modo sano con l’altro sesso le pone la madre, senza nulla togliere al padre ma, lo dice la scienza, è la figura materna che radica nei figli l’impronta sulle modalità relazionali con gli altri. Una madre tossica può generare danni spesso irreversibili relativi all’autostima, al rispetto, all’empatia e alla capacità di essere resilienti. Una madre è il libro dove i figli leggono l’accoglienza, il perdono, la capacità di ascolto, di visione oltre il detto, di collaborazione.

E come? Anzitutto se è un soggetto capace di lavorare in primis su se stessa e poi con l’esempio. Non è con le parole che si parla di rispetto e di resilienza, ma dimostrando con le azioni di ogni giorno che si può reagire ai fallimenti, che la vita non finisce se finisce una relazione, che da soli si può e si deve saper stare, che nulla ci è dovuto e che nessuno esiste per essere al nostro servizio. I figli ci guardano e imparano, vedono come ci poniamo di fronte ad un rifiuto, ad una sconfitta, come reagiamo alla frustrazione e come ci ricreiamo dai lutti. Vedono come ci poniamo di fronte alle persone che loro scelgono di avere accanto. Ma saremmo davvero felici se nostro figlio facesse le faccende in casa mentre nostra nuora riposa perché ha lavorato?

Siamo obiettive nel misurare le esigenze della donna quando è la compagna di nostro figlio e dell’uomo quando la compagna è nostra figlia? Siamo così certe che le parole uguaglianza, parità e rispetto siano davvero le basi del nostro approccio relazionale? Quanti no consapevoli abbiamo detto e quante sane frustrazioni abbiamo permesso di vivere ai nostri figli? Quanto abbiamo fatto capire ai nostri figli che lì fuori, nel mondo, non è detto ci sia qualcuno disposto a prostrarsi al loro volere come spesso succede in famiglia? Abbiamo insegnato che fuori dalle mura domestiche si deve lottare per avere quello che si desidera? E non è nemmeno detto che lo si ottiene, anzi che spesso nemmeno c’è il giusto ritorno di quanto meritiamo?

Beh! Sembra scontato dirlo, ma è quello che nel nostro intimo pensiamo davvero, che senza accorgersene passa come messaggio. Se nostra figlia sarà vittima di un uomo violento o nostro figlio sarà un maltrattante, purtroppo buona parte di responsabilità la abbiamo noi madri. La madre ha una importanza mistica, profonda, viscerale ed eterna nella vita dei figli, una responsabilità che a pensarci fa paura.

Ma, per chiudere, sono figlie di qualche madre che le piange le donne uccise, e allo stesso modo sono figli di qualche madre, che anch’essa piange, coloro che le hanno uccise. Dovremmo partire da questo: educare una figlia a non essere proprietà di alcuno ed un figlio ad essere l’uomo che vorremmo accanto ad ogni donna.

03 Febbraio 2023

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Ho sperimentato il palco cimentandomi in progetti di Teatro Sociale tra il 2012 e il 2015 con testi sulla Shoa, sul femminicidio, sulla guerra. Il mio percorso teatrale è poi proseguito in autonomia quando ho sentito il desiderio di portare in scena testi scritti proprio da me.Tutti i miei scritti per scelta hanno come punto comune una ironia sana e leggera che aiuta il pubblico a riflettere sull'argomento proposto.

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