Ne ha parlato il cinema con “Venus in furs” di Roman Polansky; “Secretary” con James Spader, ha meravigliato e incuriosito; poi sono arrivate le celebri “50 sfumature di grigio”. Il mondo BDSM esiste e se ci piace, non c’è nulla di cui vergognarsi. Ma di cosa si tratta realmente?
BDSM: cos’é?
Anzitutto, dimentichiamoci i video pseudopornografici caricati nelle sezioni a tema dominazione dei siti vietati ai minori. Quello è solo teatro, mentre la vita reale è differente. BDSM è un acronimo che sta per bondage, disciplina, sadomasochismo. E’ un contenitore di kinky, termine inglese che significa stravaganze; ossia di gusti sessuali non convenzionali, ma non per questo esecrabili. Schematizzando, all’interno di questo mondo, tra l’altro molto popolato, esistono varie sfumature o ruoli: le mistress e i master, sono i partner dominanti, ai quali si contrappongono gli slaves, donne e uomini che provano piacere nella sottomissione. Un’altra categoria è quella degli switch, ossia le persone che possono assumere uno dei due ruoli indifferentemente, a seconda della relazione che vivono; oppure altre figure che sarebbe lungo elencare, ma che fanno comunque parte di questo spettro di sessualità. Nelle relazioni BDSM va poi operata anche un’altra ulteriore distinzione tra rapporti SM, ossia sadomasochistici, laddove i partner provano piacere nel ricevere e infliggere dolore, a seconda del ruolo, e rapporti D/s; in quest’ultimo caso esiste un partner Dominante, che detta le regole della relazione, e un partner sottomesso, che le fa sue. Sembra complicato, ma non lo è.
Detto questo, appare evidente che non c’é nulla di sbagliato, nulla da normalizzare, ma soltanto un incontro tra spiriti affini. Che poi queste sessualità, per esprimersi, si avvalgano di oggetti particolari come manette, corde, catene: dopotutto, de gustibus non disputandum est. Finché tutto si svolge secondo la sigla SSC, che sta per Sano, Sicuro e Consensuale, e costituisce piacere reciproco, non si tratta che di un gioco condiviso.
Il feticismo
“ll feticismo implica l’uso di un oggetto fisico (il feticcio) quale modo preferito di provocare l’eccitazione sessuale. Il disturbo feticistico si verifica quando una ricorrente e intensa eccitazione sessuale provocata dall’uso di un oggetto inanimato o dal concentrarsi su una parte non genitale del corpo (ad esempio un piede) provoca significativa sofferenza, interferisce in modo sostanziale con l’espletamento delle funzionalità quotidiane oppure arreca o può arrecare danno ad altre persone”. (Fonte https://www.msdmanuals.com/it/casa/disturbi-di-salute-mentale/parafilie-e-disturbi-parafilici/feticismo)
Questa descrizione del feticismo é però più che altro clinica, estremizzata; e anche qui, come nel BDSM, esistono diverse sensibilità. Partiamo dal fatto che la moda, in questi ultimi anni, ha focalizzato molto l’attenzione sugli indumenti in pelle, sulle calzature, su accessori che fino a tempi abbastanza recenti non era neanche pensabile indossare in pubblico. Questo sdoganamento ha quindi portato alla luce una modalità relazionale spesso celata per la paura del giudizio.
Sul feticismo esiste una letteratura, che negli ultimi anni ha proposto diversi testi ; a parte i più commercializzati, ne esistono di molto interessanti, come ad esempio i libri di Charmel Roses “autore di racconti erotici d’amore e d’ombra e viceversa”, come si descrive al pubblico. Esistono anche espressioni artistiche che celebrano il feticismo: ad esempio alcuni particolari della Betsabea di Artemisia Gentileschi, o i dipinti di Jack Vettriano, o ancora alcune sculture di Allen Jones.

IL LATO OSCURO DEL BDSM
E’ sempre la stessa storia: la prostituzione gira anche intorno a queste pratiche. Sebbene alcuni tipi di relazioni BDSM non prevedano rapporti sessuali, e visto il numero apparentemente esiguo di mistress, ossia di donne dominanti in confronto ai sub, sembra che alcune abbiano fiutato il business, proponendo incontri (sessioni) on line pagate profumatamente; oppure appuntamenti de visu a peso d’oro. Personaggi di questo genere sono sempre esistiti, per carità, tuttavia con l’avvento delle messaggistiche come Telegram ora prosperano. L’obiezione potrebbe essere che dove c’é offerta è perché c’é domanda. Verissimo. Però, in questo caso, si paga solo per essere attori in un set teatrale, scegliendo da un menù cosa si vuole fare , e togliendo così spontaneita’ alla relazione. Anche in questo caso, de gustibus.
E allora, dove trovare partner affini? Esistono i munch e i play party, dove ci si incontra e ci si conosce. Ci sono però anche diversi siti a tema. Uno dei più storici e seri è Legami.org, una comunità BDSM creata da Radaaria, disegnatrice e curatrice del sito. Il nostro magazine l’ha incontrata e propone ai lettori la sua intervista.

INTERVISTA A RADAARIA, DISEGNATRICE E CREATRICE DEL SITO LEGAMI.ORG, UNA COMUNITA’ FETISH E BDSM ITALIANA
Radaaria, lei è la creatrice del sito Legami.org. Come mai ha deciso di aprire un sito dedicato al BDSM?
“Fino ai primi anni 2000 il BDSM era visto come qualcosa di “scuro” anche da chi spendeva il suo tempo e la sua energia per la divulgazione. Per me il sesso e il BDSM hanno sempre fatto parte della vita e della zona solare di questa, niente da nascondere, niente di cui aver vergogna, niente da tenere nell’ombra. Avrei voluto quindi un sito che rispondesse a questa visione, una comunità aperta e accogliente, ho cercato delle persone che fossero vicine a quest’idea e insieme a loro ho creato legami.org. Ho fortemente voluto un sito bianco, di cui ho curato la grafica, che dalla prima schermata potesse comunicare “solarità e normalità”. Perché se la norma sta nel mezzo ricordiamoci che ognuno di noi è strano a modo suo, e spesso non così tanto distante da quel “mezzo”. Ce ne erano diversi di siti a quel tempo, agli occhi di chi li portava avanti sembravamo i giovani con la spocchia di volerne aprire un altro. Avevamo semplicemente idee diverse e la voglia di accogliere tutti. Così è stato e così è da 18 anni suonati. A volte mi chiedo se ce ne sia ancora bisogno, ma la risposta sta prima di tutto nelle persone che lo abitano quotidianamente, e solo poi nella mole di contenuti che lo fanno essere anche un portale di informazione (non attualità ma cultura, anche su questioni pratiche con testi che rispondono alla domanda “e adesso cosa faccio?”, contenuti accumulati e catalogati negli anni, che spero possano essere utili ancora oggi a chi si affaccia per la prima volta. Informazione e accoglienza, alla fin fine queste sono le guide che ci hanno fatto iniziare e portato fino a qui. Oddio detta così sembra un sito della mutua, assolutamente prima di tutto è una comunità, dove la gente si conosce virtualmente e in un secondo momento si incontra fisicamente. E non solo per rimorchiare! L’incipit è sempre quello: Benvenuti su Legami!Comunità BDSM e Fetish, per condividere idee, visioni, sogni e realtà!”.
Quali sono a suo avviso gli stereotipi e i pregiudizi sul BDSM?
“Gli stereotipi sono ancora gli stessi dopo quasi trent’anni di frequentazione, come se i praticanti di BDSM dovessero essere dei personaggi preconfezionati senza sfaccettature e senza cognizione. Siamo semplicemente persone che, chi più chi meno, prendono consapevolezza di avere un gusto seNsuale particolare. Nell’acronimo c’è un po’ di tutto e ormai va di moda definirsi Kinky per allargare sempre di più, e lo trovo sensato. Il pregiudizio più comune è, ahimé, ancora quello che si è malati per fare certe cose. Non dico che non ci siano anche persone malate, ma esattamente come tra i vanilla (i non bdsmer) sono individuabili, non è l’avere delle parafilie che ci rende patologici, il discorso può sembrare complesso ma basta informarsi nelle sedi opportune, oppure si può rendere il tutto più semplice: si sta bene e si ha una vita sociale normale? allora non c’è patologia. Quando vedo l’orrore negli occhi di qualcuno penso a una fobia interiorizzata, e mi chiedo quale sia il problema, ma intendo il problema in quella persona, non certo in me”.
Esiste ancora secondo lei un giudizio negativo su queste preferenze sessuali?
“Esiste un giudizio negativo su talmente tante cose, è inevitabile che esista anche su questo. Se si potesse parlare di più e più apertamente della sessualità in generale non ci sarebbe tanta vergogna nell’esporsi, tutti i bdsmer potrebbero tranquillamente parlare della proria sessualità e il bdsm diventerebbe uno dei tanti modi di esprimerla anche per chi ora lo giudica male. Ma il giudizio negativo viene proprio da chi ha timore della propria sessualità, da chi considera impensabile parlarne, da chi crede di doversi masturbare di nascosto e senza confessarlo a nessuno perché è peccato. Io credo che la strada sia lunga, per questi limiti nella società, per il sesso in generale, non per il bdsm in sé. O forse sono ancora un’inguaribile romantica ottimista, oggi come all’inizio. Oggi che grazie a Legami ho incontrato tante di quelle persone, molti amici, moltissimi conoscenti, oggi che posso dire di aver amato, e sofferto, e chiuso rapporti e ricominciato… esattamente come tutti su questa terra”.
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