Aspettando il 25 novembre, il viaggio del nostro magazine nei centri per le donne continua e ci porta a Tivoli, in provincia di Roma. Qui è attiva ReteRosa, associazione socio-culturale che si occupa di tematiche di genere.

Ci sono voluti tanti anni affinché anche Tivoli, comune in provincia di Roma, avesse un centro antiviolenza. Sembra assurdo, ma nonostante gli impegni, presi in via più o meno ufficiale, dalle istituzioni contro la violenza di genere, creare un luogo per loro – che sia uno sportello, un centro antiviolenza o un punto di ascolto – è molto difficile, sia per la burocrazia e i tempi biblici per l’assegnazione degli spazi; sia perché a volte queste realtà non sono gradite al vicinato. Può sembrare strano, ma purtroppo è vero. Nadia Palozza Natolli, presidente di ReteRosa, associazione socio-culturale che si occupa di tematiche di genere, però è riuscita grazie alla sua perseveranza e a quella delle socie, a rendere concreto un progetto per le donne. Alla vigilia del 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza di genere, l’abbiamo incontrata per parlare anche delle difficoltà che comporta portare avanti i luoghi delle donne. Tuttavia, con sua la forza e determinazione, e grazie anche alla sua preparazione politica, iniziata col il quotidiano “Il Manifesto”, continuata poi con la politica attiva a sinistra, e con tante altre esperienze come ad esempio gli Stati Generali delle Donne di cui è Ambasciatrice, Nadia Palozza Natolli ce l’ha fatta. E, insieme a lei, tutte le altre.

Nadia Palozza Natolli, come nasce ReteRosa?
“L’Associazione ReteRosa nasce nel novembre del 2007 dopo un percorso fatto di incontri e scontri tra donne dei partiti, delle istituzioni e dei movimenti. Queste differenze sono rimaste all’interno dell’associazione, ma trovano sintesi nel percorso scelto. La nostra associazione socio-culturale si prefigge il compito di promuovere la cultura di genere basata sul principio di solidarietà-sorellanza fra donne ed é pronta ad intervenire sui disagi del mondo femminile sia a livello nazionale che internazionale, non più con l’ottica assistenziale, ma con uno sguardo attento all’innovazione ed alla volontà di valorizzare la cultura di parità, maturata in anni di impegno sociale in cui è cresciuto un bagaglio di capacità e di saperi da raccogliere, promuovere ed ampliare”.
Quali sono gli interventi più frequenti che agite?
“L’associazione è un centro permanente di vita associativa a carattere volontario senza finalità di lucro, libero e indipendente da ogni realtà partitica. Svolgiamo attività formativa, di promozione culturale e di tutela dei diritti civili con obiettive finalità di solidarietà sociale. A tale scopo organizziamo:- seminari, convegni, corsi di educazione sessuale, sanitaria e di educazione civica.- assicuriamo un servizio a tutela e sostegno dei diritti delle donne cosi come riconosciuti dalle leggi vigenti, in particolare rispetto alle problematiche familiari ,ai temi della riproduzione , assistita ,dell’aborto ,del divorzio, della violenza sessuale, nonché dell’accesso al lavoro.- organizziamo e realizziamo incontri con altri gruppi di donne di diverse nazionalità- pubblichiamo e diffondiamo lavori svolti dal gruppo e non.
Riteniamo essenziale operare nelle scuole di ogni ordine e grado. Negli ultimi anni il nostro rapporto con le istituzioni scolastiche è in continuo aumento”.

Quanto è difficile portare avanti un centro antiviolenza?
“Dopo anni di duro confronto anche Tivoli ha il suo Centro Antiviolenza. Noi come associazione operiamo al suo interno attuando azioni relative ai nostri obiettivi, come da statuto.
Tra il XVI e XVII secolo in Europa nascono delle case rifugio per donne maltrattate, donne non sposate e prostitute alla ricerca di una nuova vita. Negli anni 70′ e 80′, grazie alle mobilitazioni del movimento femminista, si presero in esame i diversi tipi di violenza ( fino ad arrivare al Femminicidio) che si agivano sul corpo delle donne e lo Stato fu costretto a legiferare sullo specifico. Queste leggi hanno permesso la nascita dei centri Antiviolenza, oggi questo strumento è essenziale per salvaguardare la vita delle donne. In questi ultimi anni abbiamo notato una volontà politica di svuotare i centri della loro parte sociale e culturale al fine di farne dei meri strumenti sanitari di scarso livello”.
Qual é secondo lei, il futuro dei centri antiviolenza?
“Il futuro dei centri antiviolenza non è assicurato, abbiamo bisogno di un controllo sociale allargato che deve farsi carico delle richieste che permettano la vita e l’operatività completa di essi, E’ indispensabile una stretta collaborazione tra donne, sia istituzionali che di movimento che dell’associazionismo di genere”.

Cosa vorrebbe dire ai nostri lettori?
“Il divario di genere nei percorsi di formazione, di vita e di lavoro in Italia è ancora fortemente marcato a sfavore delle donne. Educare alla parità è un obiettivo non trattabile per la nascita di una società Giusta”.
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