RICUCIRE LA VITA DELLE DONNE: CON DIMENSIONE DONNA SI PUO’. PAROLA DI PATRIZIA SACCHI

Il terzo viaggio del nostro magazine nei centri dedicati alle donne vittime di violenze ci porta a Cave, comune in provincia di Roma. Qui è attiva Dimensione Donna, associazione che attraverso interventi one-to-one e una modalità originale di approccio, sostiene quelle donne che vogliono uscire da situazioni a rischio.

Si arriva a Cave, comune in provincia di Roma, percorrendo una strada che uscendo dalla Capitale, attraversa ampie zone verdi ricche di boschi. La località è piccola: c’è una panchina dedicata a Dante, una piazza con un bookcrossing, il palazzo del Comune che si affaccia sulla valle sottostante, la chiesa principale, un centro storico fatto di viuzze molto caratteristiche. E’ una comunità ristretta di persone che si conoscono l’una con l’altra, cosa che rende più facili i rapporti umani. Ma che proprio per questo, per le piccole dimensioni del comune, non aiuta quelle che subiscono violenza di genere, e che si sentono giudicate e osservate.

Dimensione Donna, l’associazione contro la violenza di genere fondata da Patrizia Sacchi, ha deciso allora di seguire una strada diversa. Se il paese è piccolo e la gente mormora, cosa c’é di meglio di un intervento one to one, magari al telefono o via mail? E così si è passati a una modalità su misura, riservatissima, attraverso la quale la donna non si espone entrando nei locali dell’associazione, e sentendosi più protetta da sguardi indiscreti, parla. Eccome se parla.

Patrizia Sacchi, come nasce Dimensione Donna?

“L’associazione Dimensione Donna è nata dieci anni fa. Siamo partite da una mia idea, che poi è diventata realtà grazie al supporto e alla spinta all’agire di un’amica. Ma Dimensione Donna nasce soprattutto da un’inquietudine che mi portavo dentro fin dall’adolescenza, quando osservo i diversi comportamenti sociali, i ruoli maschili e femminili, le ingiustizie. Così, una volta decise a operare nella violenza di genere, ci siamo fatte guidare da Sostegno Donna, una onlus di Frascati che a quel tempo gestiva il Centro di Accoglienza “La Ginestra” di Valmontone; con loro abbiamo seguito il corso provinciale per operatrice di sportello di ascolto. Successivamente, abbiamo continuato a formarci, ad esempio partecipando a seminari tenuti dalla Polizia di Stato, sempre sul tema della violenza contro le donne”.

Durante la vostra attività quali cambiamenti e quali difficoltà avete affrontato?

“Diciamo che dopo l’entusiasmo iniziale per l’organizzazione delle prime manifestazioni pubbliche e per l’apertura dello sportello d’ascolto, le adesioni all’associazione hanno iniziato a diminuire, probabilmente perché le iscritte giungevano alla consapevolezza che l’argomento era più complesso di quanto pensassero, e che non era sufficiente una semplice partecipazione, diciamo un atto di presenza. Alcune socie si erano rese conto che invece le cose erano molto più impegnative, e il tempo che ognuna potevano dedicare all’associazione era troppo poco. Tuttavia, quello che chiamo lo zoccolo duro di Dimensione Donna ha resistito nel tempo.

Poco dopo la sua apertura, ci siamo rese conto che lo sportello d’ascolto restava deserto; questo era dovuto sicuramente al fatto che, in un piccolo centro come Cave, le persone si conoscono tutte, quindi superare la vergogna di raccontarsi, e di farlo poi con una persona che si conosce, è molto difficile. Abbiamo perciò preferito chiudere lo sportello, e aggirare l’ostacolo organizzando corsi ed eventi per le donne, a 360 gradi. Corsi di cucito, giornate di prevenzione dei tumori femminili, lavori a maglia per partecipare a Vivi Vittoria a Roma, il Presepe di lana fatto interamente con mattonelle ricamate a mano, corsi antiaggressione: tutto quello che fa aggregazione e avvicina le donne é utile a far sapere che noi ci siamo, e poi può sempre capitare che qualcuna finalmente voglia parlare, durante questi eventi”.

Quali sono state le conseguenze della pandemia da Covid-19 sul vostro lavoro?

“Quando è arrivata la pandemia, avevamo creato un bel gruppo di donne che si dedicavano al ricamo. Avevamo richiesto al Comune un locale per riunirci, un luogo di incontro e di aggregazione ampio e aperto a tutti, ma purtroppo il Covid ci ha tolto per due anni il piacere del contatto umano, dello scambio di emozioni, della percezione di leggere tra le parole dette. Ancora oggi, non riusciamo ad incontrarci se non sporadicamente, perché è rimasta quella paura neanche tanto inconscia del contagio. Certe volte io stessa avverto in me la volontà di isolarmi. L’unica cosa positiva di questo periodo è che abbiamo dovuto imparato ad utilizzare le varie piattaforme per vederci online, e le donne che hanno bisogno di un sostegno spesso ci contattano sui social”.

Il one-to-one è la vostra modalità di intervento. In cosa consiste?

“Nel corso degli anni, come ho detto prima, abbiamo compreso che l’unico modalità di approccio con le donne in difficoltà del nostro territorio era proprio quello telematico, più impersonale, via telefono, via social o tramite e-mail. Quello che le nostre utenti ci chiedono è essere ascoltate senza timore di essere giudicate, quindi per loro parlare attraverso lo smartphone o digitando su una tastiera è più facile, e lo comprendo pienamente. In questo modo, rispettandone la privacy, possiamo indirizzarle verso i servizi di cui hanno bisogno e, se lo vogliono, incontrarci di persona. E’ un metodo che funziona”.

Quali sono i vostri progetti futuri?

“Per il futuro, continueremo le nostre campagne per la prevenzione delle malattie e per il benessere femminile a 360°. In occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, ci sarà un incontro informativo formativo, per parlare di come riconoscere gli amori malati, come riconoscere e come prevenire la violenza di genere. L’evento si terrà sabato 26 novembre presso il Teatro Comunale Città di Cave, in collaborazione con l’Accademia Musicale Cavarum Terra, con il patrocinio del Comune di Cave che ha reso istituzionale questa giornata. Ci saranno interventi di psichiatri, psicologi e assistenti sociali di Villa Maria Pia, una struttura psichiatrica di Roma.

Dopo l’aspetto giuridico e legale, che abbiamo affrontato lo scorso anno, per spiegare l’iter da seguire se si subisce violenza, quest’anno vorremmo comprendere come e perché nascono gli amori malati; come mai si arriva alla sopraffazione fisica e psichica del partner, e come si possono aiutare le coppie ad uscire da questi meccanismi. Tenteremo di sdoganare il messaggio sbagliato secondo il quale chi si rivolge ai servizi, ai centri di salute mentale, agli psicologi, è “matto”, quando invece, ammettere una fragilità emotiva e rivolgersi a degli specialisti, dovrebbe essere una cosa normale, equiparata al rivolgersi al medico quando si sta male.

Affrontare in tempo i problemi che sorgono in una coppia potrebbe salvare vite umane; non vogliamo più sentire e leggere di donne uccise da “brave persone”; non vogliamo più sentire queste giustificazioni, lavorando invece su un cambiamento culturale, affinché non ci siano più donne morte da commemorare. Il nostro impegno è di continuare a coltivare questi piccoli semi di cultura, di consapevolezza, di sicurezza nell’affidarsi, sperando che germoglino al più presto”.

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Direttore Stefania Catallo

Stefania Catallo, romana e fondatrice del centro antiviolenza Marie Anne Erize. Si occupa di storia orale e di diritti delle donne. Giornalista e scrittrice, ha pubblicato diversi libri, l'ultimo dei quali "Evviva, Marie Anne è viva!" (2018, Universitalia), ha ricevuto il Premio Orsello nella sezione Società.

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Emilio Spataro, in arte Emyliù, attore, chansonnier, fotografo, grafico. Di origine calabrese cirotana, vive a Roma. Opinionista e Web Master del Magazine.

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Diplomato all'Istituto Alberghiero Michelangelo Buonarroti di Fiuggi (FR) - Dopo una lunga esperienza in Italia, e all'estero come chef per personaggi di rilievo, sia in casa che su yacht, nel 2013 si è trasferito a Londra, dove ha appreso nozioni di cucina multietnica continuando a lavorare come chef privato.

ROSELLA MUCCI

Ho sperimentato il palco cimentandomi in progetti di Teatro Sociale tra il 2012 e il 2015 con testi sulla Shoa, sul femminicidio, sulla guerra. Il mio percorso teatrale è poi proseguito in autonomia quando ho sentito il desiderio di portare in scena testi scritti proprio da me.Tutti i miei scritti per scelta hanno

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