Mava Emyliù Fankù canta “Ma l’amore no”
La Letterina di Maddalena
Cara Mava,
mi chiamo Maddalena e faccio la prostituta da sempre. Non voglio pubblicizzare la mia attività, anzi si tratta del contrario. Ho conosciuto un uomo che non sa del mio lavoro. Ci siamo trovati a guardarci negli occhi, da un tavolo all’altro, in un ristorantino del Centro di Roma, vicino Fontana di Trevi, dove vado sempre a mangiare da sola. Anche lui era da solo. Per me quel ristorante è come un’oasi che condivido solo con me.
Il proprietario e i camerieri credono che sia un’artista solitaria, una pittrice. Arrivo al punto, senza tergiversare. Con Nazareno è scattata subito un’intesa di sguardi e da quella sera, dopo essersi avvicinato per invitarmi al suo tavolo, abbiamo sempre cenato insieme praticamente tutte le sere, come un appuntamento fisso.
Ma la nostra frequentazione si limita a mangiare insieme. Non siamo ancora usciti in coppia da quel ristorante. Ci siamo promessi che lo faremo quando saremo sicuri dei nostri sentimenti, rispettando i tempi delle nostre solitudini.
Nazareno è un uomo meraviglioso e di me sa la mia storia vera, quella che ho sempre vissuto interiormente in modo parallelo al mio lavoro, dissociandomene in una sorta di doppia personalità. La solitudine fa questi scherzi, cara Mava, così come considero te come la mia migliore amica virtuale, perchè seguendo la tua rubrica sono sicura che potrai capirmi e consigliarmi nel modo migliore.
Dopo circa un mese di cenette romantiche ci siamo innamorati in modo tangibile l’una dell’altro, ma avrai intuito che sono in conflitto tra il dirgli tutto, distruggendo tutto, perchè non mi sentirei degna del suo amore, e il continuare (non) a mentire, raccontandogli solo la mia vita interiore parallela, sentendomi comunque una sincera bugiarda per amore.
Amica Mava, consigliami cosa fare.
Maddalena
La Risposta di Mava
Maddalena cara,
la tua storia mi ricorda una persona particolare conosciuta in passato che, come te, faceva il mestiere più antico del mondo. E come te aveva conosciuto un uomo al di fuori del suo lavoro, cominciando a frequentarlo senza dirgli nulla. E come te mi chiese consiglio.
Tu e Rachida (il suo nome d’arte spagnoleggiante) avete cose in comune. Anche lei temeva di rovinare tutto dicendogli la verità. Ed aveva ragione, perché le consigliai di dirgli tutto e lui non la lasciò. Almeno non subito. Lei come te sentiva di non meritare i sentimenti di quell’uomo che la accettava malgrado tutto. Si sentiva sporca. Così dopo breve tempo cominciò a star male, perdendo il controllo della sua doppia personalità.
Ovviamente smise di incontrare i suoi clienti abituali nella camera “dello scopo”, come la definiva con cinica ironia, la stessa camera che mi affittava nel fine settimana, mentre lei lo passava con il suo uomo, che la veniva a prendere sotto casa puntualmente con la sua “torpedo blu”, dopo che lei sfilava davanti a me con abiti e lenti a contatto di colori differenti per essere il più possibile irriconoscibile per i suoi eventuali clienti che la dovessero vedere con il suo Richard Gere 🙂 E io andavo con il mio fidanzatino dell’epoca a casa sua, perché non eravamo indipendenti e preferivamo andare nel bel superattico della mia esotica amica, piuttosto che in un anonimo e triste albergo ad ore.
Aveva il senso degli affari ed era molto pratica, la bella Rachida, e guarniva il “do ut des” con “bon ton”. Pensa che non voleva toccare i soldi con mano e me li faceva avvolgere in una pergamena antichizzata, sulla quale mi pregava di scrivere dei versi poetici estemporanei a lei dedicati, posando poi il rotolino su una grande mano di ceramica bianca, posizionata su un tavolino nero laccato nell’ingresso. Poi ci riceveva nell’ampio salone su soffici divani, portandoci da bere un’apparente tisana salutista (ma con dentro della fortissima grappa cinese), e con in mano la pergamena senza banconota da zentomila lire (eravamo in era pre-euros, quando Wanna Marchi imperava nelle televendite dello scioglipancia con i pesci pirana) fatte prontamente sparire prima di declamarare con enfasi i miei poetici versi.
Era come una cortigiana delle cerimonie la mia “amica”, conosciuta sugli annunci delle camere in affitto su Porta Portese. Se ti sto raccontando questa storia, non è perchè penso che tu sia simile a lei nel carattere, non ne avrei elementi d’altronde, ma piuttosto trovo delle analogie nelle modalità di occultamento della verità. Cosa che ti prego di credere non è un giudizio moralistico nei tuoi confronti, ma fa parte di quel consiglio richiesto che sto cercando di formulare e comprendere io stessa, man mano che scrivo.
Per questo ti dico che, se fossi in te, procederei nella sincera finzione che stai attuando da sempre per sopravvivere ai danni nell’anima che hai sicuramente subito per arrivare a scegliere il tanto edonistico quanto doloroso percorso che hai intrapreso.
Se ti rivelassi come una sorta di Maddalena postmoderna al tuo Nazareno redentore, espieresti “i tuoi peccati” con la rinuncia dell’amore, perchè se non ti lasciasse lui, ti faresti lasciare tu, proprio come Rachida. Quindi regalati la tua oasi d’amore finchè durerà.
Ti abbraccio Maddy :*
Prima mia e poi vostra Mava Fankù
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