3 Ottobre 2023

Mese: Agosto 2022

DIANA E BASTA

Nelle famiglie reali, si sa, i panni sporchi si lavano in casa. O meglio si lavavano, finché non arrivò Diana.

Bella, giovane, anglicana e vergine: la moglie del futuro re di Inghilterrra doveva soddisfare queste caratteristiche, almeno secondo The Queen. E così, leggenda narra, la giovane Spencer venne scelta e incoraggiata a scegliere Carlo come marito.

Il consiglio ristretto delle donne Windsor – ossia Elisabetta, la Regina Madre e la principessa Margaret – approvarono una scelta che non sapevano avrebbe cambiato il destino della monarchia, anzi, delle monarchie, aprendo la porta a Letizia Ortiz di Spagna, a Catherine Middleton, a Meghan Markle e ad altre.

Senza voler cadere nella retorica della santificazione della Principessa di Galles patrona dei poveri e degli ammalati, vicina a Madre Teresa e camminatrice sulle mine antiuomo, è indubbio che Diana abbia cambiato la percezione delle monarchie, che sono comparabili a dinosauri nel loro anacronismo, rendendole più vicine al popolo.

E’ grazie a lei che l’iberica Letizia può indossare liberamente lo smalto rosso o gli abiti di Zara; Diana ha portato la couture e la moda Versace a corte, sgusciando fuori dagli improbabili abiti da vecchia nei quali si voleva imprigionare la sua giovinezza, tagliandosi i capelli, indossando i tacchi e il famoso Revenge Dress per dire che si, esisteva e sapeva che il suo titolo poteva fare da passaporto per una rivoluzione femminile, non solo a corte, di grande portata. Forse che Diana sia stata una femminista a corte? Potrebbe darsi; di sicuro c’è che è rimasta nei cuori di una generazione. A venticinque anni dallo schianto dell’Alma – e di tutte le teorie complottiste a proposito della sua morte – rimane nella memoria comune come Marilyn, Warhol, Liz Taylor, immutabili icone di un secolo.

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QUANDO UCCIDE, NON CHIAMATELO AMORE – VOCI DI SAVERIO GIANGREGORIO

ASCOLTA DALLA VOCE DI SAVERIO GIANGREGORIO – VOCI 2

Femminicidi, in Italia:


2019, 92 donne uccise.

2020, 101 donne uccise.

2021 , 103 donne uccise.



Nel 2022, al 27 agosto siamo a 71 donne uccise; secondo alcune fonti, le vittime sarebbero addirittura 77.
Questo significa che ad oggi, e nonostante l’approvazione del Codice Rosso del 19 luglio 2019, ogni misura a tutela della donna ha fallito.
Se ogni tre giorni una donna viene uccisa, non si può che scrivere e parlare di fallimento.
Che il Codice Rosso poi non sia sufficiente a contrastare il femminicidio, lo dicono il numero delle donne uccise in continuo aumento dalla sua entrata in vigore.
Non basta aumentate le pene come deterrente per non uccidere una donna.
Alessandra Matteuzzi è stata uccisa dal suo ex fidanzato nonostante l’avesse denunciato per stalking.
E come lei, altre.
Se Alessandra Matteuzzi fosse stata invece dotata di una scorta, come chiede da anni Gessica Notaro (La Repubblica del 26 Agosto), a sua volta sfregiata con l’acido dal suo ex, sarebbe ancora viva.
Se vogliamo contrastare veramente la mattanza del femminicidio, non dobbiamo chiederci quanto costa tutelare una donna.
Il rischio di femminicidio non può essere visto e trattato come un costo per la comunità, ma come un investimento a tutela della società, prima ancora che a tutela delle donne.
Una dichiarazione su tutte, che mi ha impressionato moltissimo, è stata quella del magistrato Fabio Roia rilasciata a La Repubblica giovedì 25 agosto:”Tutte le donne che dicono no a un uomo violento oggi sono a rischio”.
Un pozzo nero senza fondo sarebbe sempre meno profondo di questa dichiarazione.
Le donne che dicono no a un uomo non devono più essere a rischio.
Per fare questo, quindi, va colmata la lacuna di operatori di polizia giudiziaria, e quella dei magistrati.
Ad oggi infatti mancano 1617 magistrati su 10558 in organico.
Il femminicidio si combatte sensibilizzando quotidianamente sul tema, e investendo in più risorse umane; rendendo i tribunali più efficienti.
La fine di una storia non deve più apparire come la fine del mondo.
Le donne non sono “nostri oggetti” che possiamo decidere anche di distruggere quando la storia finisce.
Mio non è per sempre.
Una donna che non vuole essere più “mia” ha tutto il sacrosanto diritto di continuare a vivere.
Cambiare quindi approccio, quando la donna rinuncia a continuare una relazione, deve essere il primo passo da parte dell’uomo per contrastare la mattanza del femminicidio.

Saverio Giangregorio

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DEVIANZA – LORENZO SANCHEZ – GEOGRAFIE DELL’IDENTITA’

La posso anche scrivere da sola, questa parola – ma da sola essa non sarà mai. Come serpi sotto una pietra, sotto di essa troviamo ideali e concetti, propagande e retoriche. La devianza non può esistere se non in presenza di una norma, di un destino, di qualcosa che-non-dovrebbe-essere-così-come-è.

La deviazione è ciò in cui incorriamo quando il nostro tragitto viene interrotto, un angolo laddove sarebbe dovuta essere una linea. Nello scrivere questa parola, Giorgia Meloni (e Fratelli d’Italia) ha tracciato tale linea. Un perimetro fatto di punti, entro i quali racchiudere – e descrivere – i corpi e le menti dell’Italia desiderata.

Lorenzo Raonel Simon Sanchez

Diciamolo: l’idea del rigore nel corpo e nella mente è un’idea vecchia e pure fascista. Fascista non solo per storia, ma anche per necessità. Per simbiosi. Lo stato-nazione, così come concepito nel suo significato più originale – quell’illusione di un passato condiviso e di un destino comune, di un sangue unico che si rende muscolo e poi braccio, ed ancora forza – nella sua spasmodica ricerca di unicità, di Senso, di totale supremazia, nasce e muore sui nostri corpi e nei nostri comportamenti. 

Il corpo non è solo un corpo – esso è un simbolo. Esso è il primo bastione in carne viva della fortezza nazionale. Il corpo maschile, inteso come virilità pura, come potenziale arma, come ideale di forza, integrità, impero; il corpo femminile, egualmente forte ma subordinato – giacché in esso, ci dicono, la nazione si riproduce.  Lo stato-nazione non può esistere se non nel binarismo dei corpi e dei generi; ne deriva che l’integrità dei corpi e delle menti, nonché la tutela del genere binario, sono una questione esistenziale per l’idea di nazione: il potere, ora armato, ora intellettuale dell’uomo si contrappone al potere biologico della donna.

Il corpo grasso, e ciò che esso per loro rappresenta – indolenza, pigrizia, debolezza – è nemico della nazione. Il corpo anoressico è nemico della nazione. Gli alcolisti e i ludopatici, coloro che si drogano, fumano o si feriscono, attentano al corpo – e dunque alla nazione. I comportamenti isolanti o evitanti, la ludopatia, sono nemici della nazione, sicchè essi denotano una debolezza inaccettabile nella mente e, verosimilmente, una corruzione nel corpo.

Ma quanto è orribile tutto questo? Quante cazzate. Quanti modi inutili di auto-infliggersi violenza e scambiarla per cultura. A questo ideale di mondo dobbiamo rispondere con un secco e deciso: no. No, no grazie, come se avessi accettato e tanti cari saluti.

Lorenzo Raonel Simon Sanchez


C’è una buona notizia: se lo stato-nazione fascista può vincere sui nostri corpi, su essi può anche perdere. Non certo a botte di “viva le devianze” scritti senza comprensione e con fare, diciamolo, un po’ paternalistico. Non sarà la mano dorata del patriarca a portare la pace sui nostri corpi – ma l’accettazione del nostro potere innato, della sovversività a noi concessa per natura e per elezione. La sovversività insita nel guardarsi allo specchio e accettare ciò che in noi è “”deviante””. La sovversività ribelle nei corpi androgini, in quelli queer, in quelli transgenere – nei corpi liberi. La rivoluzione che esiste nell’accettare i traumi individuali e collettivi, nel rinnegare la violenza a noi proposta, nel non nascondere le difficoltà, le vulnerabilità, le patologie e i modi in cui esse si intersecano con le gerarchie di dominio e oppressione che ci circondano, con gli spazi che abitiamo, con gli ambienti in cui viviamo.

Non dobbiamo ingannare noi stessi pensando che lo scambio tra Giorgia Meloni e Enrico Letta (e compagini varie) sia solo su fisicità e comportamenti. È una distrazione – in realtà si parla di potere, ovvero della capacità di far diventare un’unica prospettiva quella dominante, e di controllo – ovvero del modo in cui tutelare il potere. Ancora non sanno, poveretti, di essersi imbarcati in una battaglia dalla quale, presto o tardi, usciranno perdenti. Presto o tardi eserciteremo collettivamente le sovranità dei nostri corpi, e sarà pace. Almeno per un po’.

Sanchez – Warhol

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BACK TO THE MOON – RITORNO ALLA LUNA

Se sia stato reale oppure girato in studio da Kubrik, ancora non é certo: ma da quell’allunaggio del 20 luglio 1969 sono passati 53 anni, e ancora nessuno ha cancellato le orme di Armstrong e Cernan, primo e ultimo uomo a camminare sul suolo lunare. Questo, per lo meno, fino alla missione Artemis 3, prevista per il 2024, che riporterà gli astronauti sul nostro satellite.

Il primo allunaggio

Tra il 20 e il 21 luglio 1969, gli astronauti statunitensi Armstrong e Aldrin sbarcarono sulla Luna, mentre il terzo componente dell’equipaggio, Collins, rimase in orbita per controllare il modulo di comando. La missione Apollo 11, insieme alla bandiera a stelle e strisce, lasciò sul suolo lunare anche una targa in acciaio inossidabile con incisa questa iscrizione: “Qui, uomini dal pianeta Terra posero piede sulla Luna per la prima volta, luglio 1969 d. C. Siamo venuti in pace, a nome di tutta l’umanità”. Oltre al primato, gli astronauti riportarono sulla Terra circa 382 chili di rocce e campioni, per sottoporli a studio. E’ curioso come una piccola parte di polvere lunare, detta regolite, sia finita nelle mani dei collezionisti, così come anche dei piccoli frammenti di rocce.

Prima di Apollo 11, nel 1959 l’URSS aveva lanciato la sonda Luna 1, seguite da Luna 2 e Luna 3, tutte senza equipaggio; quest’ultima, riuscì a scattare la prima immagine della faccia nascosta del satellite.

La missione Artemis

Oggi 29 agosto 2022, alle 14 e 33 ora italiana, dal Kennedy Space Center in Florida, partirà il razzo Space Launch System, che porterà nello spazio la capsula Orion. Il lancio fa parte della missione Artemis, ed è stato progettato come volo di prova, per la creazione di un’orbita intorno alla Luna. Il viaggio durerà circa 40 giorni, con rientro previsto per il 10 ottobre. Al posto degli astronauti, a bordo di Orion si trovano due manichini, Helga e Zohar: si tratta di due donne artificiali costruite con materiali che simulano realisticamente tessuti e organi umani, e dotati di sensori per rilevare i livelli delle radiazioni e il loro impatto sul nostro organismo.

Artemis, programma di volo spaziale della NASA, creato insieme a ESA, JAXA e Canadian Space Agency, prevede tre missioni ed ha un obiettivo molto ambizioso: far sbarcare i primi esseri umani sulla Luna dopo più di cinquant’anni; costruire una base permanente e autosufficiente sul satellite; creare un’economia lunare e edificarci una sorta di “stazione” per proseguire poi il viaggio verso Marte.

L’allunaggio degli astronauti è previsto nel 2024 con la missione Artemis 3. Dalle anticipazioni, sembra che si tratterà di un equipaggio nel quale saranno presenti almeno una donna e una persona di colore: mica vogliamo farci criticare dagli extraterrestri, no?

Ma perché ci interessa così tanto andare sulla Luna?

La conquista della Luna non è cosa nuova, anzi; Russia, Cina, Corea, India, Stati Uniti, Europa: tutti hanno un programma lunare. Si tratta in realtà di una sfida politica, più che tecnologica, che durante la Guerra Fredda era ancora più agguerrita, perché doveva dimostrare chi avesse il maggior sviluppo tecnologico, e quindi la supremazia, tra USA e URSS.

Oggi, l’interesse per la Luna è dettato anche da altre motivazioni: sul satellite esistono giacimenti di oro, palladio, nickel, titanio, elio-3, trizio (rarissimo sulla Terra), ghiaccio. Insomma, anche se nessuno lo dice perché la parola fa un certo effetto, si tratta di una corsa alla colonizzazione, e per questo, conoscendo gli umani, inizieranno anche lì le diatribe relative ai diritti di sfruttamento, al codice di leggi da applicare, insomma niente di nuovo.

La speranza è che la Luna, ispiratrice di poeti e scrittori, sacra a Diana, signora delle maree e della fertilità femminile, non perda il suo fascino diventando una Terra in miniatura, contesa tra i soliti litiganti che, francamente, ci hanno stufato.

Stefania Catallo

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LA POSTA DEL CUORE DI MAVA FANKU’ 3

Ironica, caustica e irriverente: Mava Fankù è tutto questo e anche di più. La nostra signorina ageé – mai chiederle gli anni, non sarebbe educato! – vive a Roma, e osserva la vita con distacco e curiosità. Che stia facendo una passeggiata o prendendo un chinotto nel suo bar preferito, oppure che guardi l’umanità dalla finestra ovale della sua camera – una sorta di oblò sul mondo – nulla sfugge al suo sguardo attento. Le relazioni d’amore e le loro dinamiche sono la sua passione. Potete scrivere alla nostra Mava, però siete avvertiti: non aspettatevi parole di consolazione o massaggini dell’ego: lei non ha peli sulla lingua, anzi sulla penna, quindi vi risponderà come pensa che sia più giusto ma sempre con sincerità e affetto.

LETTERA DI ANTONELLA

Cara Mava Fankù,

ho 28 anni e ti scrivo perché sono molto confusa e so che posso confidarmi solo con te, perché sono sicura che mi capirai.

Mi sono innamorata di un prete.

Ecco, finalmente l’ho detto. Dunque, da quando sono bambina frequento la parrocchia del mio quartiere, impegnandomi nelle solite attività, cioè le raccolte fondi, i mercatini di beneficienza, la biblioteca, i campi estivi per i bambini.

Quest’estate, proprio durante un campo estivo per i piccoli, ho conosciuto un giovane sacerdote che era arrivato per fare i suoi esercizi spirituali da noi, e ho perso la testa. E’ bello, carismatico, dolce: insomma ha tutto per far girare la testa a una ragazza, e credo che più di una abbia subito il suo fascino.

Lui fa finta di niente ed è amichevole con tutte, senza prendersi nessuna confidenza. Lo so che è solo un’illusione, ma pensi che se io gli dichiarassi i miei sentimenti sarebbe una catastrofe? Lui alla fine di agosto andrà via in un’altra città e io già sto male al pensiero. So che non potrà mai esserci nulla perché lui ha il voto di castità, però come sarebbe bello se anche platonicamente potessimo amarci.

Aspetto una tua risposta.

Baci,

Antonella

@PH E.S. Mava Fanku’ Story

RISPOSTA VOCALE DI MAVA FANKU’

Sottofondo musicale: “SOGNO LUNARE” – melodia Emyliù Spataro, arrangiamento pianoforte Svetlana Chmykhalova

Cara Antonellina, consentimi di vezzeggiare il tuo nome, come faccio di solito, ma con una ragazza così incantata e romantica, seppur trasgressiva, mi viene d’istinto. Cosa ti faccia pensare che io abbia dimestichezza con gli Uccelli di Rovo, non so 🙂 Anche perché il tuo bel pretino è molto diverso dal Padre Ralph dell’iconica serie televisiva degli anni 80, rimasta impressa nell’immaginario erotico collettivo di molte fanciulle di quell’epoca, oggi più che milfiche, ma che, considerata la tua giovane età, riguarda più me che te… ahimè 🙁

Ti posso comunque capire, perché il mio primo grande amore passionale, lo ebbi con un giovane seminarista conosciuto sugli annunci dei cuori solitari. E di questo ne ho già accennato nella mia prima letterina 🙂 Anche se al cuor non si comanda, ma in generale occorrerebbe regolarlo un pò, almeno nella fase iniziale dell’infatuazione, sento di poterti dare dei buoni consigli, avvalendomi non solo della mia esperienza, ma di altre storie che ho sentito raccontare, a onor del vero, più da uomini che da donne. Questo perché gli innaturali voti sacerdotali di castità, vengono rispettati da pochi, almeno per la mia esperienza diretta e indiretta…

Con questo non voglio incoraggiarti, anzi da quel che racconti, mi viene da augurarti che il fascinoso pretino non sia gay, perché se fosse etero, il suo arrivo sarebbe stato preceduto dalla sua fama di Don Giovanni in abito talare. Devi sapere, cara Marcella che i preti etero che amano le donne (una minoranza) sono quasi sempre dichiarati, perché tollerati, mentre i preti gay (che sono una moltitudine) hanno imparato a mimetizzarsi come fanno pure alcuni gay laici (che non vivono socialmente la loro omosessualità alla luce del sole), nascondendosi dietro le gonne dei preti e delle donne. Mentre quelli più intraprendenti e sicuri di se, si associano in lobby…

Ma se per un gay laico di bell’aspetto (che non si accetta) è più difficile fare il carino con le ragazze per copertura, senza destare sospetti nel momento in cui non ci sta con nessuna, per un gay con la gonna lunga nera da prete, che di solito portano con pavoneggiante disinvoltura, non assecondare le profferte amorose di una ragazza è una virtù.

Perciò, se tu dichiarassi i tuoi sentimenti, riceveresti di sicuro un ecclesiale due di picche. Quindi non te lo consiglio, staresti male da sola, struggendoti all’idea che magari lui sia combattuto tra l’amor carnale, o seppur platonico, per una ragazza, e l’amore per Gesù, che comunque qualcosa di ambiguo ha sempre avuto, sia per i pretini che per le suorine :O

Ed è per questo, cara Marcellina, che sento di proteggerti da te stessa, quando scrivi che accetteresti anche un amore platonico. Perchè in ogni caso ti immoleresti alla sofferenza amorosa, che noi donne sappiamo quanto può essere devastante e dolorosa. E senza nessuna consolazione sensuale, come soffrire per un tipo problematico, ma almeno ogni tanto gioire facendo l’amore. Che è una delle cose più belle della vita. E te lo auguro con il ragazzo giusto. Che non è il fake dell’Uccellino di Rovo 😉

Tanti bacetti affettuosi dalla tua e vostra Mava Fankù

SCRIVI A MAVA FANKU’: LaPostaDelCuoreDiMavaFanku@TheWomenSentinel.net

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NARRAZIONI – Letture di versi – “Dal cielo” di Anna Segre

Uno spazio dedicato alle letture di versi, pensieri, racconti e riflessioni. Se volete ascoltare un brano o una poesia, scriveteci a: direttore@thewomensentinel.net

La poesia di oggi è “Dal cielo” di Anna Segre, tratta dal libro “La distruzione dell’amore” (2022, Interno Poesia).

Dal cielo

Mehashamaim

Non c’é un perché.

Intendo uno vero:

meriti, bravure, eroismi possibili.

Macché.

L’amore nella sua gratuità

è peggio della morte,

peggio delle peggiori dittature.

Non c’é diritto

nell’amore,

perché l’ingiustizia ha

la sua più luminosa

sovranità

nella delirante considerazione

di un odore o

di un accenno al sorriso

o di chissà che.

L’ineffabile pazzia di amare,

che sfugge a ogni definizione,

si rifugia in un nido di fiato

in alfabeti paralleli

da cui il resto è escluso.

L’amore,

come la nobiltà

o l’investitura ecclesiastica,

viene dal cielo,

è indiscutibile

e ha una divina prepotenza.

Sarà per questo che

il vero opposto

dell’amore

è il potere?

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SALVINI E IL MODELLO UNGHERIA: LA FAMIGLIO-TERAPIA

Prendendo forse spunto dalla politica di Putin sulle Madri eroine (https://www.thewomensentinel.net/2022/08/18/tutta-casa-e-famiglia-il-premio-di-putin-allutero-fecondo-delle-russe/), il leader della Lega Matteo Salvini ha dichiarato che, in caso di vittoria alle prossime elezioni, adotterebbe le politiche della famiglia di modello ungherese. In una intervista a Radio24, Salvini ha infatti dichiarato: “Non c’è alcun dubbio che la legge più avanzata per la famiglia, quella che sta dando i migliori risultati al livello europeo, è quella dell’Ungheria. Ma non lo dico perchè c’è Orban, se fosse in Francia direi in Francia”.

Premesso che in questi giorni di campagna elettorale si sente di tutto e di più, e che l’elettore viene continuamente bombardato di proposte, come il povero Fantozzi nel celebre film; premesso che le destre italiane aderiscono al modello “Dio, Patria e famiglia”, come se il resto degli elettori fosse ateo, traditore e licenzioso (specifico l’ironia implicita nella frase, qualora ce ne fosse bisogno); premesso ciò, vediamo cos’è nello specifico il modello Orban.

Si tratta, prima di tutto, dell’esenzione a vita dalle tasse sui redditi per le donne che partoriscano almeno 4 figli. Poi, per quelle fino ai 40 anni che si sposano per la prima volta, è previsto un prestito a interessi ridotti di 31.500 euro, un terzo del quale viene estinto alla nascita del secondo figlio, e i cui gli interessi vengono cancellati alla nascita del terzo bambino.

Infine, il varo di prestiti agevolati per famiglie con almeno due figli per permettere l’acquisto di una casa. Senza parlare degli aiuti economici che, per ogni nuovo nato, porterebbero 3 mila euro in più a famiglia.

Ma Salvini fa di più e promette che se passasse questa proposta, ci sarebbero “tantissimi aiuti, incentivi economici veri: la donna dopo il terzo figlio diventa un soggetto fiscale molto ridotto, dal quarto figlio non lo è più, insomma la flat tax applicata alle famiglie. E poi ci sono congedi parentali estesi addirittura anche ai nonni”.

Tutto molto bello, ma a questo punto sorgono tre domande: dove si prenderanno i soldi per fare tutto questo? E poi, il destino delle donne sarà quello di stare a casa coi figli? E’ così che si pensa di far fronte alla crisi del lavoro, liberando i posti occupati dalle donne per assegnarli agli uomini? E infine: e le famiglie arcobaleno?

Sembra che le lancette dell’orologio potrebbero scorrere all’indietro. E’ questo che vogliamo davvero?

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FOCUS: MONKEYPOX, COVID E HIV, PRIMO CASO IN ITALIA DI COINFEZIONE

E’ stato tracciato il primo caso in Italia di coinfezione da Monkeypox, HIV e Covid. Si tratta di un uomo che lo scorso 6 luglio si è presentato al Pronto Soccorso dell’ospedale di Catania, lamentando diversi disturbi.

Dopo essere rientrato da un viaggio in Spagna, che aveva fatto tra il 16 e il 20 giugno, l’uomo ha iniziato ad avere febbre, mal di testa, infiammazione all’inguine e mal di gola, sintomi sviluppati dopo 9 giorni dal rientro, dichiarando inoltre ai sanitari di aver avuto rapporti sessuali non protetti con alcuni uomini.

L’uomo ha poi manifestato anche un rush cutaneo, iniziato da un braccio e poi avanzato a tutto il corpo, circostanza che lo ha portato a recarsi in ospedale con urgenza.

Il primo virus a dare esito positivo alle analisi è stato il Covid-19, nonostante le vaccinazioni fatte dal paziente; poi, è stata scoperta la presenza del Monkeypox e infine HIV, al quale l’uomo era stato dichiarato negativo solo un mese prima, in sede di precedente accertamento.

“Il nostro caso sottolinea che i rapporti sessualipotrebbero essere la modalità di trasmissione predominante soprattutto considerando il vaiolo delle scimmie”, hanno dichiarato i ricercatori. Il paziente è stato dimesso dopo essersi negativizzato al Covid e al Monkeypox, che gli ha lasciato solo una piccola cicatrice.

Ad oggi i casi registrati in Italia sono 714, un trend in salita a causa del quale è consigliato caldamente l’inoculazione del vaccino. Per le prenotazioni e le modalità: https://www.salute.gov.it/portale/malattieInfettive/dettaglioNotizieMalattieInfettive.jsp?menu=notizie&id=5907

Il Monkeypox non è una malattia a trasmissione esclusivamente sessuale, bensì si diffonde attraverso il contatto con i soggetti positivi. E’ necessario specificarlo affinché non si assista allo stigma sociale subito dalla comunità gay nei primi anni di diffusione di HIV.

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La Roma in 100 cm quadrati di Tina Loiodice

Al via l’edizione numero 8 di “Roma in 100 cm quadrati”, mostra ideata dall’artista capitolina  Tina Loiodice, che espone le sue opere e quelle di altri 57 artisti.
La mostra di tiene fino al 1 settembre presso Il Laboratorio, in via del Moro 49 a Trastevere, Roma. Dal 6 al 17 settembre sarà possibile ammirare le opere presso la galleria ZA Urban studio, in via degli Equi 44 a Roma S.Lorenzo.

@Photo Stefania Catallo
@Photo Stefania Catallo
@Photo Stefania Catallo
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@Photo Stefania Catallo
@Photo Stefania Catallo
@Photo Stefania Catallo
@Photo Stefania Catallo
@Photo Stefania Catallo
@Photo Stefania Catallo
@Photo Stefania Catallo
@Photo Stefania Catallo
@Photo Stefania Catallo
Tina Loiodice – @VIDEO Stefania Catallo

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UNA CAMPAGNA ELETTORALE SULLA PELLE DELLE DONNE – FDI DIFFONDE E POI OSCURA IL VIDEO DELLO STUPRO DI PIACENZA

Il video postato da Meloni, riguardante lo stupro sulla donna ucraina commesso dall’uomo ghanese, ha sortito l’effetto desiderato: attirare l’attenzione e accendere gli animi.

La ricetta di Cesare “dividi et impera”, si è dimostrata ancora una volta vincente. Perché Meloni, e anche tutti gli altri politici, hanno potuto vedere come gli elettori si siano azzannati, facendosi così i conti di quanti voti si potevano accumulare.

La gravità della diffusione del video va ben oltre il concetto di razza, tema molto caro alle destre; l’uomo nero possiede la donna bianca, ribadendo il concetto di primitivismo sessuale e culturale, e demarcando la differenza tra immigrato dall’Africa e immigrata dall’Europa dell’est. Ma ben più pericoloso, diventa lo svelamento della violenza carnale, trattata come uno snuff movie, e che sembra dire: vedete cosa succede durante uno stupro? E vedete adesso chi sono gli stupratori?

La riservatezza garantita alle donne dai centri antiviolenza è stata spazzata via. La protezione della privacy della donna stuprata – che magari ha dei figli, una famiglia, degli amici, dei colleghi, insomma una vita sociale come tutti – è stata calpestata. Forse Meloni ha chiesto l’autorizzazione alla pubblicazione del video? Perché se non lo avesse fatto, esiste una legge per la protezione della privacy, che in quanto materia giuridica, prevede delle sanzioni. In caso contrario, ci piacerebbe visionare le autorizzazioni concesse, sempre per cortesia ovviamente.

Demolire le mura dei centri antiviolenza portando la nudità psicologica delle donne al pubblico sguardo, significa attentare all’esistenza di queste strutture. Dove mai si potranno sentire protette, ora?

In casa forse? Dove percentualmente avvengono di più le violenze? Coi loro compagni o mariti, magari italiani o bianchi? Le statistiche dicono che sono proprio sono i maggiori abusanti, basta andare sul sito del ministero degli Interni e fare una ricerca.

Come direttrice di The Women’ Sentinel, voglio scusarmi pubblicamente con la donna stuprata, per come certa stampa ha trattato lei e tutte le altre che, loro malgrado, diventano un mero strumento elettorale e delle quali, a urne chiuse, nessuno si cura più di tanto, salvo gli addetti ai lavori e altre rare eccezioni.

Stefania Catallo

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  • Registrazione Tribunale di Roma n.133/22 del 8/11/22

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