Da sinistra: Vita Palamanca, Emyliù Spataro, Jasmine Piattelli in "Le sorelle fatali(tà" al Lumen di Firenze
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“XX”: LA FORZA DELLE DONNE NELL’ ARTE DI ZA TOX. LA MOSTRA DAL 23 AL 28 OTTOBRE A ROMA

Ho sempre reso omaggio alla forza della natura, alle donne e al loro affascinante universo, così intenso, profondo e sensibile. Questa volta con “XX” ho voluto lavorare ancora più profondamente, partendo della diversità dei cromosomi e traendone inspirazione per i miei nuovi dipinti, sculture e llustrazioni, e raccontando particolari momenti della meravigliosa umanità e apparente fragilità delle donne. Una mostra da non perdere, alla quale vi aspettiamo sempre con grande energia e cultura propositiva“.

“XX”

Mostra e open studio di ZaTox
dal 23 al 28 ottobre
Roma, Via Capraia 54 (zona Tufello)



Dal 23 al 28 ottobre, in occasione della Rome Art Week, l’artista venezuelana Zaire Torrealba, residente in Italia da diversi anni e protagonista della scena artistica capitolina, apre le porte del suo studio con una mostra, accogliendo i visitatori nel suo nuovo luogo d’arte e presentando una serie di opere inedite tra dipinti, sculture e illustrazioni.

In questa occasione, verrà presentata anche la sua nuova linea di gioielli, creata in collaborazione con l’artista Luigi Nese handcrafted jewels, e composta di pezzi unici creati a mano.


L’evento di questa poliedrica artista porta il nome “XX”, titolo ispirato alla genetica appunto per celebrare la forza femminile.

Sabato 28 ottobre dalle ore 18 sarà possibile incontrare l’artista gustando un aperitivo.

@Za Tox

Ho sempre reso omaggio alla forza della natura, alle donne e al loro affascinante universo, così intenso, profondo e sensibile. Questa volta con “XX” ho voluto lavorare ancora più profondamente, partendo della diversità dei cromosomi e traendone inspirazione per i miei nuovi dipinti, sculture e llustrazioni, e raccontando particolari momenti della meravigliosa umanità e apparente fragilità delle donne. Una mostra da non perdere, alla quale vi aspettiamo sempre con grande energia e cultura propositiva”, ha dichiarato Torrealba.

@Za Tox


Zarturbanstudio

Via Capraia, 54 Roma

tel. 320/9278197

mail: zarturbanstudio@gmail.com

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LE LACRIME DELLA DUSE. AL VIA DA OGGI AL TEATRO ATENEO DI ROMA 6 INCONTRI GRATUITI DI GRANDE DRAMMATURGIA

LE LACRIME DELLA DUSE

Il patrimonio immateriale dell’attore

Progetto a cura della Compagnia Mauri Sturno

finanziato dal MIC, con il supporto dell’Università di Roma La Sapienza

consulenza culturale del CREA – Nuovo teatro Ateneo e il progetto “Per un teatro necessario – Residenze didattiche universitarie” della Sapienza Università di Roma

diretto dal Prof. Guido di Palma.

Al via il ciclo di incontri Artigiani di una tradizione vivente

martedì 17 ottobre ore 16:00 Umberto Orsini Teatro Ateneo

venerdì 10 novembre ore 16:00 Isa Danieli Teatro Ateneo

martedì 21 novembre ore 16:00 Gabriele Lavia Teatro Ateneo

venerdì 24 novembre ore 15:00 Enzo Moscato Aula Levi (Vetrerie Sciarra)

venerdì 1° dicembre ore 15:00 Mimmo Cuticchio Aula Levi (Vetrerie Sciarra)

lunedì 4 dicembre ore 16.00 Lino Musella Aula Levi (Vetrerie Sciarra)

Le lacrime della Duse. Il patrimonio immateriale dell’attore si apre alla seconda fase dedicata al ciclo di incontri dal titolo Artigiani di una tradizione vivente.

Il progetto – di grande valore artistico – nato per recuperare l’antica cultura artigiana del teatro che punta a preservare e valorizzare il patrimonio immateriale dei saperi teatrali, dopo il primo ciclo di formazione teatrale e drammaturgica per giovani attori under 35 curata da Glauco Mauri, inaugura ora il secondo step dedicato agli “Artigiani della tradizione vivente”, una ciclo di incontri con grandi attori e attrici della tradizione teatrale condotti da Guido Di Palma.

Le lacrime della Duse. Il patrimonio immateriale dell’attore, curato dalla Compagnia Mauri Sturno, è un progetto finanziato dal MIC ed ha coinvolto l’Università di Roma La Sapienza che fornisce il supporto logistico e una consulenza culturale attraverso il CREA – Nuovo teatro Ateneo e il progetto “Per un teatro necessario – Residenze didattiche universitarie” della Sapienza Università di Roma, diretto dal Prof. Guido di Palma.

Umberto Orsini

Come nasce l’idea? Nel 1954 durante una tournée in Sud America Memo Benassi, allievo devoto della Duse che con lei interpretava Oswald negli Spettri di Ibsen, si accorse che il giovane Glauco Mauri, neo diplomato all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica, lo spiava dalle quinte. Qualche giorno dopo lo chiamò in camerino. Il vecchio attore che a 63 anni aveva appena interpretato Osvald disse al giovane attore: “Vorrei che tu tenessi questa giacca con cui recitavo Osvald. Ora non posso più indossarla, mi viene stretta”. Il giovane attore, stupito, ringrazia commosso ma sull’uscio della porta viene fermato. Benassi si alza e dice: “Tienila da conto. Vedi questa spalla? Qui la Duse versava le sue lacrime”. Era un gesto antico legato alla tradizione. Era il riconoscimento che l’invisibile artigianato del vecchio attore aveva trovato un erede. In una sorta di rituale di passaggio di consegne, la giacca è in seguito stata donata da Glauco Mauri a Roberto Sturno, scomparso il 22 settembre di quest’anno.

La cultura teatrale non può essere affidata solo alla scrittura e tantomeno ai videoafferma il Prof. Guido Di Palmaessa vive principalmente nella presenza e nelle relazioni delle persone che la agiscono.  Per questo le residenze didattiche universitarie sono pensate come un luogo di scambio. Passato e presente s’incrociano in uno spazio protetto affinché i saperi teatrali non vengano dimenticati e possano essere rivivificati nell’incontro tra generazioni. Per questo, nel quadro della Terza Missione universitaria la Sapienza sostiene il progetto Le lacrime della Duse”.

Le attività si svolgono presso il Nuovo Teatro Ateneo e le Vetrerie Sciarra. Ingresso gratuito.

A questo link è possibile prenotare

https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLSdCLfa2Pcjjr1hTjeGJ3so-AzUnWWK24AMqQBKsOShK-iH_zA/viewform?pli=1

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FOCUS PROSTITUZIONE: IL CORPO FATTO A PEZZI DELLE DONNE

Con questo articolo, inizia una serie di approfondimenti sui temi di maggiore attualità relativi al femminile. La prostituzione e la sua realtà, legata a doppio filo ai social: questo l’argomento dell’articolo di oggi.

La legge per l’abolizione della prostituzione legale in Italia, detta Legge Merlin, dal nome della senatrice socialista Lina Merlin che ne fu l’ideatrice, costituisce il punto di svolta di una serie di comportamenti fino ad allora considerati normali e legali. Eccone uno stralcio:

Legge 20 febbraio 1958, n. 75

Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui.

Capo I

Chiusura delle case di prostituzione

Articolo 1

È vietato l’esercizio di case di prostituzione nel territorio dello Stato e nei territori sottoposti all’amministrazione di autorità italiane.

Articolo 2

Le case, i quartieri e qualsiasi altro luogo chiuso, dove si esercita la prostituzione, dichiarati locali di meretricio a sensi dell’art. 190 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773 , e delle successive modificazioni, dovranno essere chiusi entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge.

Articolo 3

Le disposizioni contenute negli artt. 531 a 536 del codice penale sono sostituite dalle seguenti:

«È punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 258 a euro 10.329, (1) salvo in ogni caso l’applicazione dell’ art. 240 del codice penale:

1) chiunque, trascorso il termine indicato nell’art. 2, abbia la proprietà o l’esercizio, sotto qualsiasi denominazione, di una casa di prostituzione, o comunque la controlli, o diriga, o amministri, ovvero partecipi alla proprietà, esercizio, direzione o amministrazione di essa;

2) chiunque, avendo la proprietà o l’amministrazione di una casa od altro locale, li conceda in locazione a scopo di esercizio di una casa di prostituzione;

3) chiunque, essendo proprietario, gerente o preposto a un albergo, casa mobiliata, pensione, spaccio di bevande, circolo, locale da ballo, o luogo di spettacolo, o loro annessi e dipendenze o qualunque locale aperto al pubblico od utilizzato dal pubblico, vi tollera abitualmente la presenza di una o più persone che, all’interno del locale stesso, si dànno alla prostituzione;

4) chiunque recluti una persona al fine di farle esercitare la prostituzione, o ne agevoli a tal fine la prostituzione;

5) chiunque induca alla prostituzione una donna di età maggiore, o compia atti di lenocinio, sia personalmente in luoghi pubblici o aperti al pubblico, sia a mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità;

6) chiunque induca una persona a recarsi nel territorio di un altro Stato o comunque in luogo diverso da quello della sua abituale residenza, al fine di esercitarvi la prostituzione ovvero si intrometta per agevolarne la partenza;

7) chiunque esplichi un’attività in associazioni ed organizzazioni nazionali od estere dedite al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione od allo sfruttamento della prostituzione, ovvero in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo agevoli o favorisca l’azione o gli scopi delle predette associazioni od organizzazioni;

8) chiunque in qualsiasi modo favorisca o sfrutti la prostituzione altrui.

In tutti i casi previsti nel n. 3) del presente articolo alle pene in essi comminate, sarà aggiunta la perdita della licenza d’esercizio e potrà anche essere ordinata la chiusura definitiva dell’esercizio.

I delitti previsti dai nn. 4) e 5), se commessi da un cittadino in territorio estero, sono punibili in quanto le convenzioni internazionali lo prevedano».

La legge quindi, esiste, ma la domanda è: quanto risulta ancora attuale alla luce delle nuove forme di prostituzione, soprattutto quelle esercitate sul web?

Parliamo di donne. Only fans, escort e similari

Ci sono migliaia di donne, che si offrono sui siti di pseudo prostituzione. Su quelli dedicati alle escort, basta entrare e dare un’occhiata veloce, e si aprirà un mondo di corpi perfetti, lato A e lato B in bella mostra con relativa presentazione. Il compenso o meglio le rose (ad ogni rosa corrispondono 10 euro circa, n.d.r.) verrà stabilito in privato. Ognuna ha una sua “specialità”, neanche fosse un ristorante stellato. Ci sono dominatrici, ragazzine giovanissime che si offrono come gattine, bellezze italiane e straniere che garantiscono esperienza e nessuna fretta: in questo calderone si può trovare davvero di tutto. Poi, una volta conclusa la sessione, si chiede la recensione al cliente. Si, perché esistono anche dei siti di recensioni, nei quali si inseriscono impressioni e consigli dei clienti delle prostitute, oltre che un punteggio in stelline; le due cose, unite, daranno quindi maggiore visibilità alla sex worker che potrà quindi contare su un maggior numero di consumatori del sesso a pagamento. L’età media delle escort è di circa 25/30 anni; il ricorso al ritocchino, anche se giovani, è massivo pur di aumentare le circonferenze giuste ma si sa, la concorrenza è tanta e una taglia in più di reggiseno può fare la differenza. Only Fans, pur essendo popolato da figure simili a quelli dei siti di escort, è invece composto da profili che si aprono solo se si sottoscrive un abbonamento dal costo variabile, così il cliente si gode il suo spettacolo esclusivo. Esiste poi Telegram, il social di messaggistica più anonimo al mondo, dove inserendo qualche parola chiave, si accede a pagine e pagine di prostituzione. La prostituzione, per chi se lo chiedesse, non è punita dalla legge; sono invece perseguiti i reati di adescamento, favoreggiamento e sfruttamento. Quindi, chi si prostituisce di sua volontà dentro la propria casa e senza nessuna costrizione, non è punibile. Come dire: fatta la legge, trovato l’inganno.

Il corpo delle donne fatto a pezzi

Basta creare un profilo Instagram, personale e privato (così dovranno per forza seguirti per vedere le tue foto). E nelle foto metti bene in risalto i piedi. Non devi fare poi nient’altro che aspettare: saranno gli amanti dei piedi a trovarti e seguirti e tu intanto puoi seguire pagine di “foto di piedi” già famose e non dovrai far altro che aspettare. Per il resto ci sono delle regole, semplici: basta essere chiare fin dall’inizio e non c’è nulla di male. Sono foto, foto di piedi. Nulla di più”. Così una delle creator che popolano i social, racconta al riguardo della sua fonte di guadagno, i piedi. Ma ci sono clienti che invece preferiscono altre parti anatomiche: le mani, il seno, il sedere, il collo, l’ombelico. Si verifica quasi un dissezionamento della donna, dalla quale si trae ciò che eccita. Il resto, non interessa al cliente. E a questa dissezione corrisponde una depersonalizzazione della donna. Ovviamente, coloro che ricorrono alla prostituzione non vogliono vivere una relazione, ma solo concedersi un piacere, che sia per solitudine o per scelta. Il denaro in questo caso rappresenta il rapporto commerciale – e quindi non umano – tra le due parti. Do ut des e poi arrivederci e (neanche) grazie. Il femminismo si è spesso interrogato sul fenomeno della prostituzione, sdoganando la libertà di scelta della donna. Tuttavia, sottostare ai modelli del maschile tossico pur di guadagnare qualcosa, significa sostenerli e avallarli.

L’Europa e la prostituzione

L’impegno richiesto agli Stati Membri dal Consiglio d’Europa consiste nella predisposizione di programmi di assistenza, rivolti a coloro che intendano cessare dall’esercizio della prostituzione, rimuovendo altresì le condizioni di vulnerabilità e marginalità che inducono molte persone a scegliere la prostituzione quale unica fonte di sussistenza. Proprio perché “è importante che nessuno si senta costretto, anche solo dalle circostanze, a praticare la prostituzione”. Nel 1985, a conclusione del congresso di Amsterdam del Comitato Internazionale per i diritti delle prostitute, venne stipulata una Carta Mondiale per i diritti delle prostitute. Nel 2005 a Bruxelles, nella sede del Parlamento Europeo, venne prodotto invece un Manifesto delle lavoratrici del sesso in Europa intitolato “Oltre la tolleranza e la compassione per il riconoscimento dei diritti”. In ambito europeo non sono state però ancora intraprese iniziative normative per armonizzare la disciplina della prostituzione.

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MORIRE DAL RIDERE! IL CORREDO FUNEBRE DE PORA NONNA, UN PODCAST DI ROSELLA MUCCI

No, pora nonna mica era un faraone! Il corredo funebre era tutta una serie di cose che aveva messo da parte pe esse bella e elegante pure da morta. E certo, che ve pensavate?

Un giorno nonna me chiamò e me disse:

Rosè, mo te faccio vedè na cosa. Quanno moro, tira fori ste cose e sistemame te, che dell‟altri nun me fido.”

Ah nò, ma io c‟ho paura, scusa ce stanno quelli delle pompe funebri, le do a loro le cose tue!”

Ma de che?!?!? Quelli chissà come me combinano! No! Me devi vesti te! E mo te faccio vedè tutto.”

Allora pora nonna aprì l‟armadio e posò sul letto:

copriletto di damasco rosso porpora nuovo, perchè il rosso ravviva la pelle ed è elegante; nell’ordine: reggiseno color carne (che nun se vede sotto i vestiti); culotte color carne; calze velate color carne; sottoveste nera col pizzo; vestito di seta nera a piccoli fiori tono su tono con fiocco al collo che è più elegante; rosario di cristallo trasparente col crocifisso d’argento; velo leggero leggero da mettere sul viso casomai moriva d’estate (hai visto mai che le mosche je se posavano sulla faccia?); scarpe nove nove de pelle nera, modello col cinturino e tacco 3 centimetri; centrino all’uncinetto da mettere sul comodino, per farci posare il contenitore dell’acqua santa al prete; rossetto rosa pallido; acqua di rose perchè pure da morta pora nonna doveva profumà; e LE PERLE!

A voi ve viè da ride, ma io ero senza parole! Ma questa quando aveva incominciato a fasse sto corredo? Quando era nata?

Io il corredo funebre nun l‟avevo mai visto, e voi?

Ma l’acqua de rose?!?!?

Ah, dimenticavo: appena morta dovevo chiamà la parrucchiera. Nun sia mai che pora nonna moriva spettinata, eh!

Comunque, pora nonna campò ancora un sacco di tempo. Alla faccia de quello che aveva detto il dottore, lei è morta a 91 anni. Lo vedi che ai dottori nun bisogna daje retta? Lo diceva pora nonna, che se a lei je davano na pasticca, pe sicurezza se ne prendeva metà! Lei era il dottore de se stessa, mica quegli asini che stavano all’ospedale.

Pure da vecchia, era sempre elegante. E coi capelli fatti.

Volete sapè come è morta, vero?

Curiosi!!!

Pora nonna andò a dormì e nun se svegliò più.

La morte l’aveva buggerata: era morta in camicia da notte de flanella, coi calzini ai piedi, senza perle, senza acqua de rose e pure spettinata.

Madonna mia!!! E mo?

Niente paura! Dopo qualche ora, quando vennero l’amiche sue pe vedè la morta, era elegantissima. Avevo fatto na fatica, ma l’avevo vestita come diceva lei.

Le vecchie rosicarono d‟invidia, tutte a dì quant‟era bella pora nonna da morta. Poi una de loro me s’avvicinò e me disse:

– Te devo di na cosa, Rosè…nun è che me verresti a vestì pure a me quando arriva l‟ora mia? Pure io voglio esse elegante come tu nonna!

E mo, so diventata la stilista delle defunte!

Title: Debora
Author: Dilating Times (/https://freemusicarchive.org/music/Dilating_Times/single/debora/)
Source: Free Music Archive (https://freemusicarchive.org/music/Dilating_Times/)
License: CC BY Attribution 4.0 International License
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2 BORSE DI STUDIO PER GIOVANI ATTORI PER I 30 ANNI DEL TEATRO STUDIO JANKOWSKI

In occasione dei 30 anni di attività del Teatro Studio, il maestro Claudio Jankowski offre due borse di studio a giovani di età compresa tra i 18 e i 25 anni. Per cogliere un’occasione imperdibile quanto rara, sia per l’importo della borsa che per la professionalità profusa nella formazione teatrale, basra inviare il proprio curriculum entro il 15 ottobre a:

teatrostudiojankowski@gmail.com

Di seguito, l’intervista di Alessio Papalini al maestro Jankowski.

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VIDEO – 11 OTTOBRE GIORNATA DEL COMING OUT #AMOREDIMMELO CondividiLove e Agedo Roma per il Coming Out Day

GUARDA IL VIDEO FACENDO CLICK SUL PULSANTE ROSSO AL CENTRO

L’11 Ottobre è la giornata del Coming Out. Il coming out dei nostri figli, per noi genitori è un dono grande che ci ha permesso di conoscerli e amarli ancora di più. Oggi guardiamo al mondo con occhi diversi grazie a loro. AGEDO ROMA è lieta di proporre il più coinvolgente dei suoi spot.

#amoredimmelo

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LIBRI – “VIAGGIO NELLA MEMORIA” CON DACIA E LE RAGAZZE DEL CONSULTORIO. Presentazione mercoledì 11 ottobre a Civitavecchia

Articolo tratto da www.spazioliberoblog.com per gentile concessione di @Marina Marucci

“Viaggio nella memoria, luoghi perduti e ritrovati della storia delle donne di Civitavecchia” a cura di Marina Marucci e Gabriella Ramoni (Prospettiva editrice) è  un testo   che ricorda l’esperienza del laboratorio teatrale  svolto nel 1980 con Dacia Maraini e le donne del consultorio familiare.  

 E’ stato determinante per ricostruire il clima, le speranze e le aspettative vissute in quegli anni, il contribuito di amiche e compagne che frequentarono  il Consultorio e il sostegno di Dacia, la cui intervista sull’esperienza teatrale e sull’attualità,  ha arricchito un lavoro  nato dalla voglia di raccontare e di restituire alla città di Civitavecchia la memoria di storie di vita vissuta, di lotte e rivendicazioni femministe, tematiche troppo spesso e troppo presto dimenticate.

 Nel libro  ripercorriamo  i luoghi proposti nel teatro itinerante : il corteo delle “attrici” che cantando attraversava  le  principali  strade della città; la sosta ai lavatoi pubblici con le storie  delle popolane ai primi del ‘900;  l’assalto delle donne al treno dei crumiri, durante lo sciopero dei portuali del 1897; l’arrivo alla Darsena Romana della bambina che tornava da Ventotene, dove era stato esiliato il padre antifascista  ed infine il ballo in piazza, in cui si festeggiava la scelta del libero amore.

 Ricordare è una forma di conoscenza, se non addirittura un contributo  a formare la speranza e ad alimentare un’illusione che la quotidianità possa essere modificabile. Se si accetta l’affidabilità della memoria per ricomporre la realtà del passato si risale anche alle sensazioni e agli effetti rievocati sul  proprio corpo, riuscendo a cogliere realmente quanto abbiamo vissuto e, corroborate da questa consapevolezza, potremo di nuovo ripartire e progettare un futuro.

Il libro sarà presentato da Dacia Maraini e dalle autrici mercoledì 11 ottobre, ore 17,30, Hotel San Giorgio,  Via Garibaldi, 34 Civitavecchia, nell’ambito degli eventi  dell’International Tour Film Festival 2023.

Dal 10 ottobre ore 17,30 negli stessi locali,  sarà possibile visitare  la mostra fotografica “Viaggio nella memoria” di Tiziana Giuliani e Daniela Sisti.

MARINA MARUCCI

https://spazioliberoblog.com/

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HELMUT NEWTON LEGACY: LA MOSTRA A ROMA DAL 18 OTTOBRE

Helmut Newton Elsa Peretti vestita da coniglio. New York, 1975 Elsa Peretti as a Bunny. New York, 1975 © Helmut Newton Foundation

18/10/2023 – 10/03/2024

Museo dell’Ara Pacis, ingresso alla mostra da Via di Ripetta n. 180

Curata da Matthias Harder e Denis Curti, l’esposizione, nata in accordo con la Newton Foundation, l’esposizione, attraverso circa 250 fotografie, riviste e documenti racconta con un nuovo sguardo l’unicità, lo stile e il lato provocatorio del fotografo, che si descriveva con queste parole: «Il mio lavoro come fotografo ritrattista è quello di sedurre, divertire e intrattenere».

Il percorso espositivo ripercorre l’intera carriera di uno dei fotografi più amati e discussi di tutti i tempi. Accanto agli scatti che hanno fatto la storia, apparsi nelle più importanti copertine di fashion magazines, un corpus di scatti inediti svela aspetti meno noti dell’opera di Newton. Un focus specifico è dedicato ai servizi di moda considerati all’epoca rivoluzionari, come la serie ispirata ai film di Alfred Hitchcock, Francois Truffaut e Federico Fellini. Stampe a contatto, pubblicazioni speciali e materiali d’archivio permettono al visitatore di entrare nel cuore del processo creativo di Helmut Newton.

capitoli cronologici raccontano le diverse fasi della vita e della carriera del fotografo, dagli esordi fino agli ultimi anni di produzione, con immagini diventate parte della nostra memoria visiva e collettiva, come la serie Big Nudes. Fino all’ultimo, Newton ha continuato a incantare e a provocare il pubblico con un complesso lavoro sulla femminilità, sfidando per oltre sei decenni ogni tentativo di categorizzazione della donna. Le protagoniste dei suoi scatti sono soggetti che hanno piena consapevolezza del proprio corpo, sottile ironia e un atteggiamento di sfida nei confronti dell’altro, senza mai cadere nella volgarità o nella banalità.

L’esposizione si snoda a partire dagli anni Quaranta in Australia per poi proseguire negli anni Cinquanta in Europa, nei Sessanta in Francia, nei Settanta negli Stati Uniti e negli Ottanta tra Monte Carlo e Los Angeles, fino ad arrivare ai numerosi servizi in giro per il mondo degli anni Novanta e all’ultimo periodo della sua carriera.

Lo spazio museale dell’Ara Pacis propone in esclusiva una decina di immagini di shooting che Newton scattò proprio a Roma, non presentate nelle esposizioni precedenti. Si tratta di scatti di moda che il fotografo realizzò, creando quelle atmosfere effimere ed intense che soltanto lui riusciva a evocare, unendo il fascino della Capitale a quello dei soggetti, scelti per incarnare le sue visioni. 

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STRANIZZA D’AMURI. UN BELLISSIMO FILM D’AMORE DI PEPPE FIORELLO CONTRO L’OMOFOBIA @ DI EMYLIÙ SPATARO

Ascolta la recensione dalla voce di Emyliù
@Foto originale della locandina del film

Nell’estate romana al Cine Village ho visto un film bellissimo della passata stagione: “Stranizza d’amuri” di Bebbe Fiorello. Il titolo è tratto da una canzone del grande Battiato e fa parte della colonna sonora. Conoscevamo il fratello del più famoso Rosario, come sensibile attore, ma a mio parere come autore/sceneggiatote/regista supera se stesso, con una meritata candidatura ai Nastri d’argento come miglior regista. Il film è ispirato ad un triste caso di cronaca nera omofoba nella Sicilia anni 80, che lui rende in modo poetico e godibilmente cine-teatrale, evitando ogni stereotipo registico sul genere.

@Foto web – Giuseppe Fiorello, sorprendente regista e autore di “Stranizza d’Amuri”.

La sceneggiatura è una delle cose migliori del film (altra candidatura ai Nastri d’Argento), raccontando in modo coinvolgente una storia d’amore puro tra due adolescenti, che scoprono poco a poco una travolgente passione amorosa, ritenuta proibita e vergognosa dall’ambiente sociale dell’epoca, dominato dal pensiero machista mafioso, dopo un fatale incontro/scontro tra il motorino dell’uno e la bicicletta dell’altro, e un successivo bacio salvifico di rianimazione che fa scattare la scintilla.

La drammaturgia della storia è costruita sui volti degli interpreti, tutti straordinariamente bravi, dai veterani ai più giovani protagonisti alla prima apparizione sul grande schermo, sapientemente scelti per fisicità e ottimamente diretti.

Davvero sorprendente il giovane protagonista, Samuele Segreto, allievo ballerino del talent show “Amici” di Maria De Filippi, che ci porta con garbo dentro la storia, accompagnando lo spettatore nei percorsi quotidiani, in una ricostruzione iper realista, dove il pregiudizio è sempre più palpabile e minaccioso.

@Foto tratta dal film – i due giovani protagonisti.

L’iniziale rapporto omosessuale del ragazzo con un giovane mafioso dominante, scoperto da qualcuno, fa si che venga spesso additato e deriso specie nel bar del paese. Questo crea dinamiche discriminatorie sociali e familiari, che ci fanno calare in una realtà sempre più invivibile per chi scopre le proprie tendenze omosessuali in un ambiente ostile dal quale si potrebbe solo fuggire, oppure adattarsi mimetizzandosi con l’ambiente, per poi vivere la propria sessualità nascostamente.

Così come consiglia un cugino al protagonista, probabilmente bisessuale per necessità, quando la relazione appena nata tra i due ragazzi viene scoperta e perseguitata. Perchè mentre il torbido rapporto avuto con il giovane mafioso era in qualche modo controllato e paradossalmente accettato dall’ambiente, perché strumentale e nascosto, quello tra i due ragazzi innamorati che vorrebbero vivere il loro sentimento alla luce del sole, è ritenuto inaccettabile per la mentalità dell’epoca e dunque da cancellare come un’onta.

Il bellissimo film di Peppe Fiorello è candidato agli Oscar americani come film straniero, insieme a tanti altri che probabilmente avranno la meglio nella selezione, ma per me rimane il più bel film d’amore visto nell’estate romana, e non solo.

Emyliù Spataro

Trailer ufficiale del film
@Intervista ai giovani protagonisti

@Il brano “Stranizza d’amuri” cantato da Battiato

Emyliù Spataro

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LA VIDEOPOESIA – L’ANIMA SI SCEGLIE IL PROPRIO COMPAGNO DI EMILY DICKINSON

L’anima si sceglie il proprio compagno
Poi chiude la porta
così che la maggioranza divina
non possa più turbarla

Impassibile vede i cocchi che si fermano
laggiù al cancello
Impassibile vede un Re inginocchiarsi
alla sua soglia

Io so che tra tantissimi
L’anima ne scelse uno
Per poi sigillare come fossero pietra
le valve della sua attenzione.

Lettura e interpretazione di Alessio Papalini

Licenza musica

Title: Thrusly_Marylin
Author: Koi-discovery
Source: https://freemusicarchive.org/music/koi-discovery/ante-chrysalide/thrusly-marylinmp3/
License: CC PD
Edit

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GLI INCEL: DISAGIO O MISOGINIA?

“Pillola azzurra, fine della storia: domani ti sveglierai in camera tua, e crederai a quello che vorrai. Pillola rossa, resti nel paese delle meraviglie, e vedrai quant’è profonda la tana del Bianconiglio. Ti sto offrendo solo la verità, ricordalo. Niente di più”. (Matrix, dialogo tra Morpheus e Neo).

Portati all’attenzione del grande pubblico con un servizio de Le Iene, gli incel stanno facendo parlare di sè. Ma andiamo per ordine, perché per comprendere questo fenomeno e i suoi appartenenti, bisogna conoscerne la storia e l’evoluzione.

Cosa significa Incel?

La parola incel deriva dalla contrazione di involuntary celibate e che si riferisce a tutte quelle persone (prevalentemente maschi eterosessuali) che non riescono a trovare una partner poiché si definiscono poco attraenti. Il neologismo venne creato da una studentessa canadese bisessuale, attiva sul web come Alana, che nel 1997 creò un sito dedicato ai celibi involontari: “Alana’s Involuntary Celibacy Project“, utilizzando per la prima volta il termine incel. In realtà, si tratta di uomini che vivono forti difficoltà relazionali con le donne, fatto questo che li porta a evitare qualsiasi tipo di contatto con loro considerandosi perdenti in partenza, e invece a sfogarsi contro di esse in chat Telegram o su altri social, in interazioni ad alto tasso di misoginia.

Screenshot di un gruppo Telegram a tema incel

Elliot Rodger e gli altri. I terroristi sessuali. I fascismi e la donna prolifica.

IL PRINCIPIO DI TUTTO

23 maggio 2014: Isla Vista, California. Elliot Rodger, 22 anni, autodefinitosi kissless virgin, uccide sei suoi coetanei e ne ferisce più o meno gravemente altri quattordici nel corso di quello che definì il “Giorno del Castigo”, prima di togliersi la vita. Precedentemente aveva lanciato il suo manifesto intitolato “My Twisted World”. Di seguito un brano.

In un mondo ideale, la sessualità non esisterebbe. Dovrebbe essere fuorilegge. In un mondo senza sesso, l’umanità sarebbe pura e civilizzata. Gli uomini crescerebbero in salute, senza doversi preoccupare di simili atti barbarici. Tutti gli uomini crescerebbero liberi e uguali, perché nessuno sperimenterebbe i piaceri del sesso che ad altri sono negati. Per abolire completamente il sesso, le donne stesse dovrebbero essere abolite”.

Ma Rodger non si limitava solo a questo scenario, immaginando anche campi di concentramento dove le donne sarebbero state rinchiuse, per essere inseminate artificialmente al solo scopo di procreare senza nessun atto sessuale, almeno finché non si fosse scoperto un modo per fare a meno anche dei loro ovuli e dei loro uteri, con una prospettiva quasi di partenogenesi. Dopodiché, sarebbero state lasciate morire di fame.

I SEGUACI

Dopo Rodger, il 24 aprile 2018 a Toronto, Alex Minassian di 25 anni, a bordo di un furgone investe e uccide dieci giovani ferendo altre quindici persone, subito dopo aver proclamato su Facebook la sua “fedeltà” al “Supremo Gentiluomo Elliot Rodger” e aver incitato alla Ribellione degli Incel. Si tratta di squilibrati? No, in realtà sono uomini che odiano le donne, ritenute selettive in base ai soldi e alla prestanza dei maschi. Si stima che le stragi compiute dagli incel siano circa 10 solo negli Stati Uniti.

IL TEORICO

Jordan Peterson, professore di psicologia e ora youtuber, è diventato il guru di riferimento per gli incel. Da diversi anni ha iniziato a parlare di “monogamia forzata” e redistribuzione dell’energia sessuale all’interno della società. A proposito di Minassian, Peterson, che insegna all’Università di Toronto, ha infatti dichiarato: “[…] era arrabbiato con Dio perché le donne lo rifiutavano. La cura per questo male è la monogamia forzata. A dirla tutta, questa è la ragione per cui la monogamia è nata”. 

INCEL E JIHAD, UN PARALLELISMO

Simon Cottee, criminologo e esperto di terrorismo, ha ipotizzato un legame inconsapevole tra incel e jihadisti in quanto: “[…] entrambi i gruppi sarebbero ossessionati dal sesso, nei confronti del quale nutrono un rapporto complesso fatto di disgusto e attrazione […]”, e riportando anche le parole di un estremista che si sarebbe definito “vaginalmente sconfitto”. Anche Gilbert Caluja, dell’International Centre for Muslim and non-Muslim Understanding alla University of South Australia, ha analizzato il fenomeno dando vita alla teoria delle blue balls (ossia il fenomeno di vasocostrizione dei testicoli a causa della lunga mancanza di eiaculazione, ndr), che secondo Caluja spiega la grande radicalizzazione dei non occidentali con la frustrazione sessuale:

https://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/10304312.2013.737193

INCEL E FASCISMI

Il grande problema è stato quindi il ’68: durante il fascismo italiano e il nazismo tedesco le donne avevano come compito quello di figliare e basta, cosa che sarebbe molto cara agli incel. Secondo Wilhelm Reich, autore di Psicologia di massa del fascismo (2009, Einaudi), la moglie “non può apparire come essere sessuale, ma soltanto come essere che mette al mondo i figli”. Limitare il sesso coniugale alla procreazione è allora un mezzo “per non far nascere nelle donne la coscienza sessuale, per non far esplodere la rimozione sessuale, per non far scomparire la paura e il senso di colpa sessuali: l’affermazione e il riconoscimento della donna come essere sessuale significherebbe il crollo di tutta l’ideologia autoritaria”. E’ evidente quindi come le radici di questa sottocultura siano profonde e radicate, e oggi vengano alla luce attraverso i social, nelle stanze dell’eco virtuali, nel rancore mascherato con la buona educazione.

LMS, red pill e blue pill

Nel movimento incel sono presenti alcune teorie di base. LMS ossia look, money, status. Questa sigla rappresenta quelle che, secondo la sottocultura incel, sono le caratteristiche più importanti per le donne e senza le quali non sei nessuno: aspetto, soldi e posizione sociale. Quindi, nessun riferimento ai sentimenti e all’amore o ancora, a una sana relazione affettiva. Il grande problema, secondo gli incel, è stato il 1968 e la liberazione sessuale, colpevole di aver rotto l’equilibrio che c’era in precedenza. Infatti, prima gli uomini avevano più possibilità di avere una partner perché le donne era sottoposte maggiormente ad una monogamia voluta dal maschio in cui avevano meno possibilità di scelta, al contrario di oggi dove invece sono libere di selezionare e scartare.

“Pillola azzurra, fine della storia: domani ti sveglierai in camera tua, e crederai a quello che vorrai. Pillola rossa, resti nel paese delle meraviglie, e vedrai quant’è profonda la tana del Bianconiglio. Ti sto offrendo solo la verità, ricordalo. Niente di più”.

Nel film Matrix, il protagonista scegliendo di assumere una pillola rossa (redpill), può finalmente scoprire la verità sulla realtà che lo circonda. Riportato agli incel, si tratta di una teoria molto scontata: quella di comprendere la realtà, cosa che evidentemente, fanno fatica ad agire. Niente di nuovo, quindi, ma per gli incel è stata una scoperta. Secondo una ricerca basata su studi di tipo statistico, come ad esempio l’analisi dei social, è stato osservato come su Tinder gli uomini mettano like a moltissime donne, mentre le donne solamente a una piccola parte degli uomini, essendo dunque più selettive nella scelta del partner. Questi studi sono diventati il manifesto incel, perché confermano le loro idee. Così, gli uomini che credono in questa teoria vengono definiti redpillati. La differenza tra un redpillato e un incel è che quest’ultima non è una categoria ideologica, bensì una categoria sociale. Al contrario, i bluepillati sono quelli che ancora credono nell’amore e in altre fandonie simili.

E’ evidente che il disagio di queste persone abbia bisogno di un sostegno psicologico per essere superato, perché non è possibile proiettare all’esterno la responsabilità di una vita vissuta tra le mura di una stanza, osservando e criticando una società disfunzionale, che mette al primo posto i soldi o l’apparenza, per poi valutarsi o meglio svalutarsi confrontandosi con questi stessi canoni e quindi diventando vittime del proprio risentimento. Oppure giustificare la propria difficoltà relazionale con un semplice e strumentale: le donne non mi vogliono perché sono brutto. Non é con l’odio o la misoginia che si risolvono le cose, ma con il confronto e la sana accettazione di sé. E magari pensando che non tutte abbracciano la teoria del LMS. Oppure fa più comodo piangersi addosso?

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ANDY WARHOL – UNIVERSO WARHOL la mostra dal 21 ottobre a Roma

In copertina: @Erik Carter / The Atlantic; Getty

Apre a Roma, al Museo della Fanteria, la mostra monografica dedicata al maestro della Pop Art internazionale Andy Warhol, dal titolo Andy Warhol – Universo Warhol.

Con oltre 170 opere, la mostra curata dal celebre Achille Bonito Oliva, ripercorre la carriera artistica del genio creativo che ha colorato la grigia quotidianità dell’America del XX secolo, superando i confini di un mondo che si apriva alla globalizzazione.

Il percorso espositivo si articola in grandi aree tematiche, partendo dagli esordi come grafico con le sperimentazioni degli anni Quaranta e Cinquanta nell’ambito musicale con i ritratti delle famose Rock Star del tempo, passando alle preziose serigrafie con le icone del mondo dello spettacolo, le porcellane con oro zecchino, le polaroid dove compaiono celebrità di spicco, fino ad arrivare ai lavori più recenti come le immagini dedicate alla rivista Interview, i manifesti commerciali e le fotografie sul docu-film Trash – I rifiuti di New York.

Importante è l’omaggio a Lucio Amelio, noto gallerista italiano, scopritore di Warhol. Tra le chicche, i ritratti di Warhol di Christopher Makos, la chitarra autografata dai Rolling Stones con cover firmata, la Skateroomedition, il Catalogo della Tate Gallery 1971 a doppia firma, The Souper Dress firmato e la famosa Brillo Box (after) Serigrafia su legno.

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IL CORAGGIO DI DONATELLA

Il 30 settembre 1975 alle 22 e 50, Donatella Colasanti cambiò l’Italia. Nella foto che la ritrae insanguinata e nuda, accovacciata con gli occhi spiritati nel bagagliaio della 127 bianca sulla quale Andrea Ghira, Gianni Guido e Angelo Izzo avevano viaggiato con lei e con Rosaria Lopez, morta da ore, verso Roma, in quegli occhi c’era tutto l’orrore di chi ancora respira ma ha vissuto cose che non sarà mai in grado di raccontare totalmente.

I fatti.

Le gesta dei tre pariolini sono note: questi adolescenti figli della Roma bene erano avezzi a piccoli crimini, violenze neofasciste e “sfasci“. Quest’ultimo sostantivo si può spiegare così: stupri su ragazze di ceto inferiore, alle quali nessuno avrebbe mai creduto o che avevano troppa paura a denunciare, in un’Italia priva di leggi contro la violenza di genere. Non era il primo sfascio, per il terzetto; la combriccola aveva conosciuto Rosaria e Letizia qualche giorno prima, le aveva circuite e poi invitate a passare un pomeriggio nella villa dei genitori di Ghira al Circeo. E proprio da questa località prese il nome il fattaccio, chiamato da allora in poi il massacro del Circeo. Il pomeriggio si dilatò in 36 ore di stupri e violenze al termine delle quali Rosaria venne affogata nella vasca da bagno e Donatella massacrata di botte e colpita alla testa più volte con un tubo di ferro. Lei si salvò perché si finse morta. Tornati a Roma, i tre giovani se ne andarono a mangiare una pizza lasciando le due ragazze nel bagagliaio dell’auto. Un metronotte, alle 22 e 50 del 30 settembre, passando accanto alla macchina udì chiedere aiuto e chiamò i rinforzi. Il resto è, purtroppo, storia.

In foto: Rosaria Lopez a sinistra e Donatella Colasanti a destra.

Letizia Lopez, sorella di Rosaria, che ho conosciuto di persona, mi disse in quell’occasione che in realtà gli aguzzini erano di più, forse cinque o sei. Un’eccedenza mai incriminata. Donatella scosse l’Italia perché si mostrò per quello che era in quel momento e fece vedere a tutti come era ridotta veramente una donna vittima di stupro. Fu proprio questo episodio a dar slancio al femminismo italiano e soprattutto romano, quello di via del Governo Vecchio: non era più possibile tacere o far finta di non vedere. La realtà era sotto gli occhi di tutti e c’era bisogno di una punizione esemplare ma, soprattutto, di una legge adeguata.

Cosa è successo poi?

La legge sullo stupro venne approvata solo 19 anni più tardi, il 15 febbraio 1996. Angelo Izzo era in carcere, Andrea Ghira apparentemente morto da quasi due anni dopo essersi prontamente arruolato nella Legione Straniera, e la primula rossa Gianni Guido, dopo l’arresto navigava tra un’evasione e l’altra. Donatella Colasanti sarebbe morta per un cancro nel 2005.

Tina Lagostena Bassi detta l’avvocata delle donne, prese le difese di Donatella Colasanti in un processo che fece epoca. Izzo e Ghira vennero condannati all’ergastolo, mentre Guido venne condannato in secondo grado a trent’anni, dopo avere ammesso la colpa e risarcito la famiglia di Rosaria Lopez. Attualmente, Izzo è ancora all’ergastolo dopo che ha ucciso altre due donne, madre e figlia, durante un permesso; Ghira sembra sia morto, ma forse non troppo; Guido ha scontato la sua pena e ora è un uomo libero. Nulla di nuovo sul fronte femminicidio.

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IL SABATO VIDEOPOETICO – FRIDA KAHLO “TI MERITI UN AMORE”

Ti meriti un amore che ti voglia spettinata,

con tutto e le ragioni che ti fanno alzare in fretta,

con tutto e i demoni che non ti lasciano dormire.

Ti meriti un amore che ti faccia sentire sicura,

in grado di mangiarsi il mondo quando cammina accanto a te,

che senta che i tuoi abbracci sono perfetti per la sua pelle.

Ti meriti un amore che voglia ballare con te,

che trovi il paradiso ogni volta che guarda nei tuoi occhi

e non si stanchi mai di leggere le tue espressioni.

Ti meriti un amore che ti ascolti quando canti,

che ti appoggi quando fai il ridicolo,

che rispetti il tuo essere libera,

che ti accompagni nel tuo volo,

che non abbia paura di cadere.

Ti meriti un amore che ti spazzi via le bugie,

che ti porti l’illusione,

il caffè

e la poesia.

Title: Smile on
Author: Peter Rudenko (https://freemusicarchive.org/music/Peter_Rudenko/Incomplete/01_-Peter_Rudenko-_Smile_On/)
Source: Free Music Archive
License: CC BY Attribution 3.0 Unported (CC BY 3.0)
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FUORI LE MURA: NUOVO PREMIO PER IL DOCUMENTARIO DI NATALE E SCIARRA

In copertina: Andrea Natale e Giuseppe Sciarra

Nuovo traguardo per “Fuori le Mura”, il documentario sul quartiere Prati di Roma codiretto dai registi Andrea Natale e Giuseppe Sciarra che vince per il miglior montaggio a Stefano Tammaro al Soulplace Film Festival.

https://youtu.be/xgWOMsIUhxs?si=m-2tITMah8WTLmxk
Il teaser del documentario

Il progetto cinematografico di Sciarra e Natale ha girato già alcuni festival in giro per il mondo in soli pochi mesi, (Red Movie Awards, Venice Film Week, New York Movie Awards, Paris Film Award, Hollywood Gold Award, Beyond The Curve Film Festival, London Movie Awards, Swedish International Film Festival, International Gold Award), ottenendo molti consensi.

Fuori le Mura descrive il Rione Prati di Roma attraverso i ricordi, le criticità ma anche l’amore espresso dai suoi commercianti e le persone che lo abitano. Raccontando una Roma che vuole una rivalsa e che si ama ancora, nonostante le mille difficoltà.

“Siamo felici dei grandi risultati ottenuti dal nostro documentario. Volevamo raccontare attraverso il mio quartiere la città di Roma la quale sta vivendo una delicata fase di transizione in attesa di compiere quei grandi cambiamenti che i romani aspettano da tempo.”, ha dichiarato Andrea Natale.

“Credo che Prati e la sua situazione attuale rappresentino un quadro perfetto di quello che è oggi Roma”, aggiunge Giuseppe Sciarra. “Abbiamo dato voce alle persone comuni proprio per spronare tutti a rivendicare non solo la bellezza di Roma ma anche la sua anima, un’anima che pulsa di idee, voglia di riscatto e amore.”

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EX GENERAL VANNACCI ☆ È NATA UNA STELLA ☆ di MAVA FANKU’

Ascolta dalla voce di Mava

Cari lettori, vi ricordate quando interruppi le mie vacanze bruscamente, perchè mentre stavo sotto l’ombrellone, oziando con il cellulare a random, una notizia mi fece venire i brividi, e non di freddo, che con quel caldo sarebbe stata una mano santa?

Era saltato fuori, come un cavalluccio marino sulla battigia, tale generale Roberto Vannacci che, in un incontenibile guizzo di suprematismo in mimetica, sparava a zero, in modo tanto semplicistico quanto nostalgico, su bersagli enormi grandi come un transatlantico, quali i gay, le femministe, gli immigrati e altri cavallucci di battaglia dell’oscurantismo medievale postmoderno più alla moda.

@Foto Web – l’ex ufficiale della Folgore Roberto Vannacci

Il tutto attraverso un saggio, addirittura, autoprodotto (per scelta autoctona o perché nessun editore gliel’ha voluto pubblicare?) titolato “Il mondo al contrario” (mia nonna diceva con più originalità nell’idioma cirotano: “U munn ara liverza“), che l’ex ufficiale della Folgore, non più responsabile dell’istituto geografico militare (perchè è stato destituito), veicola come una bomba a orologeria, solo per fatal combinazione (?) dopo la scomparsa di una delle più autorevoli voci del femminismo, Michela Murgia, che sicuramente l’avrebbe fatto nero, oltre alla sua abbronzatura di ordinanza.

Ciò che perplime è la tempistica (perchè proprio in quel momento?), più che la pronta e prevedibile (meno male!) indignazione generale, a cominciare dal ministro della difesa Guido Crosetto che chiede (e ottiene)”esame e azione disciplinare”, dissociandosi in modo politicamente corretto ed invitando l’opinione pubblica sui social a “non utilizzare le farneticazioni personali di un generale in servizio per polemizzare con la Difesa e le forze armate” – e continua a precisare il ministro che il generale Vannacci – “ha espresso opinioni che screditano l’Esercito, la Difesa e la Costituzione”.

E fin qui tutto regolare, anche se le giuste reazioni del mondo politico sono arrivate prontamente, come questo mio articoletto balneare sul bel generale.

@Foto Web Roberto Vannacci ex responsabile dell’istituto geografico militare, perchè destituito.

Per il deputato del Partito Democratico, Piero Fassino, “le necessarie dissociazioni non sono sufficienti. Ci aspettiamo un immediato e adeguato intervento del Ministro Crosetto e dei vertici delle nostre Forze armate”. Ed è arrivato!

Così per il segretario di Sinistra Italiana “quello che non è normale nel nostro Paese è che un alto ufficiale dell’Esercito Italiano si metta pubblicamente a esprimere giudizi incommentabili, insulti omofobi e razzisti, pregiudizi e stupidaggini”.

E continuano il sindaco di Firenze, Dario Nardella, e il presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliaruolo: “si tratta di un concentrato di omofobia e volgarità di rara violenza verbale che lede l’onore delle Forze Armate verso cui l’intero Paese nutre stima e rispetto”.

Esaminiamo adesso, per sommi i capi, tali oggettive farneticazioni, e non per partito preso al volo a destra o a sinistra, ma per semplice buon senso.

@Foto Web – il generale Roberto Vannacci in mimetica

Ad esempio, tanto per prendere a caso una citazione dall’incriminato libruncolo di 300 pagine, sparlando di Paola Egonu, campionessa di volley, il generale Vannacci osserva che è “italiana di cittadinanza, ma è evidente che i suoi tratti somatici non rappresentano l’italianità”. E qui l’accusa di razzismo patriottico ci sta tutta.

E via degenerando su altri temi cari al pensiero destro più nostalgicamente becero, Vannacci prende posizioni estreme contro coloro che, a suo dire, definiscono “civiltà e progresso” quando gli “occupanti abusivi delle abitazioni prevalgono sui loro legittimi proprietari; quando si spende più per un immigrato irregolare che per una pensione minima di un connazionale e quando le città si trasformano in luoghi per single benestanti e alternativi mentre lavoratori, operai e famiglie sono costretti ad abbandonarle”.

Continuando a blaterare della legittima difesa il generale ex parà, che si autodetermina erede di Giulio Cesare, ipotizza: “se un ladro entra in casa mia, perché non dovrei essere autorizzato a sparargli, a trafiggerlo con un qualsiasi oggetto mi passi tra le mani”, “se pianto la matita che ho nel taschino nella giugulare del ceffo che mi aggredisce, ammazzandolo, perché dovrei rischiare di essere condannato?”.

@Foto Web – il generale Vannacci in tutta la sua magnifica presenza.

E così il generale, che secondo la mia immodesta opinione, ha trovato il modo di farsi sponsorizzare dallo stato gratuitamente per un infimo libretto populista autoprodotto, nel suo tomo fa anche riferimenti alla questione migranti e alle “discutibili regole di inclusione e tolleranza imposte dalle minoranze”.

E cosa pensa il modesto generale, che si paragona non solo a Giulio Cesare, di tutto questo “inaspettato polverone”? Ovviamente si giustifica per tutto: “Al ministro non replico – aggiunge -, mi attengo a quelle che sono le sue disposizioni. Ciò che mi procura disagio è la strumentalizzazione: sono state estratte frasi dal contesto e su queste sono state costruite storie che dal libro non emergono”. – Non si preoccupi, generale, ora lo compreremo tutti! – “Sono amareggiato” – continua – “dalla decontestualizzazione e dal processo a delle opinioni: Giordano Bruno (e dopo Giulio Cesare mancava che si paragonasse ad un altro mito della storia) lo hanno bruciato perché aveva un pensiero controcorrente (mentre il nostro parà cavalca l’onda destra del momento?), meno male abbiamo superato quei momenti”. Ah si?

Sarà pure un pò megalomane? Ma il meglio di sè lo dà quando si esprime sui gay, affermando che la società è schiava delle minoranze, delle lobby (alludendo forse ad un’associazione di militari, poliziotti, carabinieri, avieri, marinai, che sono persone omosessuali, lesbiche, transgender) . E parlando di omosessuali e coppie gay: “normali non lo siete, fatevene una ragione!”. E ancora: “la normalità è l’eterosessualità. Se a voi tutto sembra normale, invece, è colpa delle trame delle lobby gay internazionali”.

E fa un altro triplo salto mortale giustificante: “la frase sugli omosessuali viene da uno, ovvero io, che è scappato tutta la vita dalla normalità (contraddizione?): per questo dico che sono a fianco degli omosessuali (ma vah?) nella caratteristica di essere al di fuori della normalità. Nel libro spiego che la normalità non è migliore o peggiore, non è buona o cattiva”

@Foto Web – l’affascinante generale Vannacci col pugno fermo in una ufficiale parata

Bel generale Roberto, è Mava Fankù in persona che le parla, lei forse conoscendolo sarà pure simpatico, ed è sicuramente un bell’uomo 54enne ancora molto aitante; ma con tutto il rispetto, perchè adesso giustifica e smentisce pure la sua tanto decantata normalità? Così facendo mette in dubbio il suo machismo di pensiero e, scendendo a questi compromessi, non fa una buona propaganda a chi vorrebbe. Lei comunque è molto furbo e, grazie a tutta questa bagarre, in questo momento il suo libretto è il più venduto su Amazon!

Altra nota positiva è che, ad oggi, essendo stato destituito dal comando, potrà godersi i suoi successi letterari nella sua terra d’origine, sulle splendide spiagge spezzine, da sotto il suo ombrellone.

Post Scriptum

E così sarà stato, ma guardatelo adesso il nostro ex generale (reduce da una lunga intervista televisiva a “È sempre Carta Bianca” di Bianca Berlinguer, e altre ancora), in una elegante camicia bianca, incorniciato da fiori bianchi, ad uno degli eventi “culturali” (a pagamento:50 euro con bouffet e firmacopie) per presentare il suo libro sull’era meloniana che gli ha già fruttato 800.000 euro. Proprio come una Superstar ☆

@Foto Web – Roberto Vannacci ad un evento in Versilia, per presentare il suo best seller.

Mava Fankù by Emyliù Spataro

Mava Fankù by Emyliù Spataro

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UN LAVORO FATTO PER BENE: LA TOMBA DI SAMAN SCAVATA BEN 6 VOLTE

Doveva essere un lavoro fatto a regola d’arte, se la tomba scavata nelle campagne di Novellara per occultare Saman Abbas è stata scavata ben 6 volte. Tutto doveva essere perfetto e a prova di bomba: nessuno doveva trovarla.

La perizia medico-legale ha ricostruito le fasi della morte della giovane, di cui si è discusso nell’udienza del 26 settembre del processo a carico di cinque familiari della ragazza, accusati di averla uccisa perché si era opposta a un matrimonio forzato in Pakistan.

I periti nominati dal tribunale, ossia il medico legale Cristina Cattaneo, l’archeologo forense Dominic Salsarola, il genetista forense Roberto Giuffrida e l’anatomopatologo Biagio Eugenio Leone avrebbero appurato che lo scavo sarebbe stato “approfondito”. “Il fatto che il terreno sia ben stratificato determina che questa parte del riempimento si sia in realtà costituita da una serie di 6 eventi che si sono susseguiti nel tempo e che non possono assolutamente essersi depositati in un unico momento”, si legge nel testo di 500 pagine che si sofferma sull’analisi del luogo dove, il 18 novembre del 2022, sono stati trovati i resti di Saman. Questo significa che, stando sempre al testo “lo scavo è stato approfondito tramite l’impiego di soli badili introdotti nei depositi indisturbati e con un piede, sulla parte superiore della lama della pala spinta in profondità”. Perciò a scavare era più di una persona e la morte di Saman era stata pianificata da tempo. Il corpo poi, non è stato messo subito nella fossa ma tenuto in altro luogo prima della sepoltura, sempre secondo le indagini peritali.

Inoltre il padre di Saman, pare abbia versato lacrime di commozione (di coccodrillo) nel vedere le foto dei resti della giovane, che gli sono state mostrate durante l’udienza, foto che “non avrebbe voluto guardare”.

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THEM: TUTTO L’ORRORE DEL RAZZISMO NELL’AMERICA A COLORI PASTELLO DEGLI ANNI ’50

Metti una famiglia di colore in cerca di una nuova opportunità durante la Grande Migrazione degli anni ’50. Metti un’America profondamente razzista e WASP, desiderosa di allontanare il più possibile i neri dai quartieri ordinati e dai colori pastello: questa potrebbe sembrare la trama “Them”, la miniserie in onda su Prime Video, ma in realtà c’è molto di più. Ideata da Little Marvin, si tratta di una serie horror che, pur servendosi di elementi spaventosi e tradizionali del genere, mostra però con crudo realismo che il vero orrore è quello della porta accanto.

La famiglia Emory, padre ingegnere madre insegnate e due figlie, si trasferisce nel quartiere bianco di East Compton, sobborgo di Los Angeles, per lasciarsi alle spalle un passato traumatico a causa del razzismo agito contro di loro in North Carolina. Dal loro arrivo le cose precipiteranno e in soli dieci giorni – uno per episodio – si assisterà alla demolizione della scenografia a colori pastello di un quartiere dove apparentemente tutto è lindo e ordinato, le famiglie sono quelle bianche e sorridenti dei magazine letti dal parrucchiere, e l’ospitalità è leggendaria.

In realtà regna l’ipocrisia, il ricorso delle donne agli psicofarmaci o all’alcol per “tollerare la frustrazione della vita domestica”, l’adulterio, la condanna dell’omosessualità: le belle casette rosa e celesti sono centri di dannazione per i loro abitanti, messi alla prova dai colored, il nemico tenuto d’occhio da una comunità cieca ai propri problemi. Del resto però anche in North Carolina le cose erano molto difficili, e proprio da lì provengono gli incubi e i ricordi spaventosi che affliggono Lucky, la madre dal nome ironico. Perché lei fortunata non lo è proprio, anzi. Durante la breve permanenza nella nuova casa, ognuno degli Emory combatterà col suo demone personale, fino all’epilogo.

Una serie sicuramente da vedere, nella quale i rimandi accennati ai grandi maestri del cinema come ad esempio Kubrik, potenziano la trama dimostrando tutta la banalità del razzismo.

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“ANTONIO LIGABUE”: PROROGA DELLA MOSTRA FINO AL 29 OTTOBRE

Prorogata al 29 ottobre la prima grande mostra in Puglia dedicata
uno degli artisti più straordinari e commoventi del Novecento, Antonio Ligabue.

Proroga fino al 29 ottobre la prima grande mostra in Puglia dedicata a uno degli artisti più straordinari e commoventi del Novecento, Antonio Ligabue.
Le tigri, i leoni, i galli, gli autoritratti e tutto lo spettacolare mondo di Ligabue continuano a riempire di magia le splendide sale del Castello di Conversano.

Tra i pittori più amati del Novecento, Antonio Ligabue è pittore e artista visionario, autodidatta e sfortunato che è riuscito a entrare nell’animo del grande pubblico.
È stato capace di parlare con immediatezza e genuinità a tutti, a chi ha gli strumenti per capirne il valore storico-artistico, così come a chi semplicemente gode della bellezza assoluta delle sue opere.
Una storia umana e artistica straordinaria e unica, che negli anni ha appassionato migliaia di persone, tanto da essere diventato addirittura protagonista di film e sceneggiati televisivi, sin dagli anni ’70.
Memorabile lo sceneggiato RAI di Salvatore Nocita del 1977 con Flavio Bucci, così come il recente film “Volevo nascondermi” del 2020 di Giorgio Diritti con la magistrale interpretazione di Elio Germano.

Tutto questo è raccontato perfettamente nella grande mostra di Conversano.
Attraverso oltre 60 opere, la mostra propone il racconto della vita e dell’opera di Ligabue, l’uomo che fece della sua arte il riscatto della sua stessa esistenza.
La mostra permette di approfondire i nuclei tematici dell’artista, pochi soggetti sempre ripetuti da cui emergono con forza la sua straordinaria sensibilità e la dolcezza della sua anima fragile. Sofferenza e talento che trovano nella creatività il mezzo per riempire il vuoto dell’abbandono e superare il disagio dell’emarginazione e della malattia mentale.

Promossa e sostenuta dal Comune di Conversano Città d’Arte e Museco – Musei in Conversano, con il contributo della Regione Puglia, con il patrocinio del Ministero della cultura, della Città Metropolitana di Bari, di Pugliapromozione e del Teatro Pubblico Pugliese, in collaborazione con Comune di Gualtieri e Fondazione Museo Antonio Ligabue, la mostra Antonio Ligabue è curata da Francesco Negri e Francesca Villanti ed è prodotta e organizzata da Arthemisia.
La mostra vede come sponsor BCC Conversano e Master Italy.
Il catalogo è edito da Skira.

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VIDEOPOESIA – IL CANTICO DELLE CREATURE DI SAN FRANCESCO

Foto di copertina: San Francesco, dipinto di Albert Chevallier

IL CANTICO DELLE CREATURE

Altissimo, onnipotente, buon Signore
tue sono le lodi, la gloria e l’onore
ed ogni benedizione.
A te solo, Altissimo, si confanno,
e nessun uomo è degno di te.
Laudato sii, o mio Signore,
per tutte le creature,
specialmente per messer Fratello Sole,
il quale porta il giorno che ci illumina
ed esso è bello e raggiante con grande splendore:
di te, Altissimo, porta significazione.
Laudato sii, o mio Signore,
per sorella Luna e le Stelle:
in cielo le hai formate
limpide, belle e preziose.
Laudato sii, o mio Signore, per fratello Vento e
per l’Aria, le Nuvole, il Cielo sereno ed ogni tempo
per il quale alle tue creature dai sostentamento.
Laudato sii, o mio Signore, per sorella Acqua,
la quale è molto utile, umile, preziosa e casta.
Laudato sii, o mio Signore, per fratello Fuoco,
con il quale ci illumini la notte:
ed esso è robusto, bello, forte e giocondo.
Laudato sii, o mio Signore, per nostra Madre Terra,
la quale ci sostenta e governa e
produce diversi frutti con coloriti fiori ed erba.
Laudato sii, o mio Signore,
per quelli che perdonano per amor tuo
e sopportano malattia e sofferenza.
Beati quelli che le sopporteranno in pace
perchè da te saranno incoronati.
Laudato sii, o mio Signore,
per nostra sora Morte corporale,
dalla quale nessun uomo vivente può scampare.
Guai a quelli che morranno nel peccato mortale.
Beati quelli che si troveranno nella tua volontà
poichè loro la morte non farà alcun male.
Lodate e benedite il Signore e ringraziatelo
e servitelo con grande umiltà.

Title: Sonata 8, ‘Pathetique’ – II. Adagio cantabile
Author: Daniel Veesey
Source: Free Music Archive (https://freemusicarchive.org/music/Daniel_Veesey/Beethovens_Sonata_No_in_C_Minor_Pathetique/Sonata_8_Pathetique_-_II_Adagio_cantabile/)
License: CC PD

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PORNO TELEGRAM: IL LATO OSCURO DI UN SOCIAL

Le foto mostrano ragazze appena maggiorenni, seppure lo sono, perché non è possibile verificarlo. Seminude, con biancheria tipo filo interdentale, le forme perfette, la bellezza della gioventù esibita e messa all’asta. Le immagini non sono scatti artigianali, ma foto fatte con professionalità, con le luci giuste, la posa ammiccante, i particolari bene in mostra. D’altronde, la concorrenza è spietata. Gli annunci sono quasi tutti uguali, ma è difficile scegliere perché l’offerta è numerosa. E quindi, ergo, la richiesta è sicuramente il doppio. Ma dove si vendono queste ragazze? E chi le compra?

Il lato oscuro di Telegram

Per chi non conosce Telegram, ecco alcune informazioni di base. Prima di tutto, è una delle chat migliori dal punto di vista della crittografia, molto al di sopra di Whatsapp. Significa che le conversazioni non possono essere intercettate o hackerate, quindi si ha la massima sicurezza sulla privacy, salvo lo screenshot che non può essere controllato. Però è anche vero che da molto tempo Telegram adotta le modalità di cancellazione totale e di autocancellazione delle chat dopo la lettura e, cosa importantissima, permette l’anonimato. In pratica, si può decidere di non rendere visibile il proprio numero, adottando invece un nickname. Altro particolare interessante: non è possibile vedere gli accessi degli utenti iscritti. Tutto ciò ha reso Telegram il terreno ideale nel quale creare gruppi di ogni tipo, che possono anche essere segreti; terreno sul quale ha attecchito di tutto, ma davvero di tutto.

Parliamo per esempio, di uno dei temi oggi più ricercati sul social: il feticismo. Che non sia una novità è evidente; che non sia un comportamento anomalo, a meno che non diventi una parafilia, e che negli ultimi anni si sia emerso in maniera esponenziale, è una realtà. Complici le campagne pubblicitarie, gli ammiccamenti di rock star, addirittura alcune scene di House of the Dragon. Fin qui tutto lecito. Ma quando il feticismo viene considerato una fonte di guadagno; quando una ragazzina decide di vendere foto dei piedi o biancheria usata, o di mettersi in cam per una sessione di sesso virtuale pagato, allora siamo ben oltre la liceità, e soprattutto siamo al fallimento culturale. La ciliegina sulla torta sono poi i siti di recensioni o di segnalazione dei migliori gruppi porno su Telegram, con tanto di link da cliccare per l’iscrizione.

Sono poi numerosissimi i gruppi di escort, con indicazioni precise di età, di taglia, di peso, corredate da foto, dai prezzi, dal menù e dalla “specialità della casa”. Anche qui, operano ragazze giovanissime e sono presenti sul web siti di recensioni, che per le operatrici del sesso sono importantissime ai fini dell’autopromozione.

Ma si tratta di prostituzione?

Screenshot da Telegram

Che la si eserciti dal vivo o da remoto, va chiamata col suo nome. Laddove c’é uno scambio di denaro come compenso di una prestazione sessuale, c’é prostituzione. In Italia, la prostituzione non è considerata reato perché, secondo la legge Merlin, chi decide di prostituirsi non commette nessun illecito. Ci si può prostituire in casa e neanche questo è reato (https://www.money.it/prostituzione-e-reato-in-italia-legge). Ed è in questa zona grigia che prospera la prostituzione sul web.

Il revenge porn e l’odio sul web

Altro filone è quello del revenge porn. Ci sono gruppi nei quali vengono condivisi video e foto intime oppure, peggio ancora, si diffondondo foto prese da altri social, ad esempio Instagram o Facebook. Le immagini, per la maggior parte di donne, vengono poi bersagliate di commenti offensivi, sessisti, denigratori, spesso con incitamento allo stupro; oppure, sotto la foto viene posta la domanda: “Cosa le faresti a questa?” e qui di una grandinata di commenti da voltastomaco. Alcuni utenti si sono superati, pubblicando foto e numero di telefono, addirittura l’indirizzo delle donne-bersaglio. I casi scoperti dalla Polizia Postale sono solo la punta di un iceberg. Insomma, non c’é da stare tranquilli, ognuno di noi potrebbe essere preso di mira inconsapevolmente da questi gruppi.

Ma chi sono gli utenti paganti?

La dottoressa Anna Segre

Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Anna Segre, medico e psicoterapeuta, per capire, se possibile, quale meccanismi ci sia dietro questo comportamento.

Dottoressa Segre, quali sono secondo lei i motivi che portano una persona a diventare utente pagante di siti pornografici?
“Pagare per avere una relazione è essere sicuri di aver dato la propria parte, che non si deve altro”.

Quale tipo di relazione, o di non relazione, cercano queste persone?

“Ho avuto pazienti che non avevano né amici né amori, però avevano me e le prostitute, cioè relazioni il cui contratto ha dei limiti di tempo e si può concludere col pagamento.
Una relazione (quella con le prostitute non con me) senza aspettative, senza progetto, senza orizzonte. Volta al momento di condivisione del piacere, anzi, volta al proprio piacere, senza doversi preoccupare del piacere dell’altro. Considerato che l’impiego di calorie di un rapporto sessuale con una persona amata è secondo solo al lavoro di muratore (era in una tabella del libro di fisiologia medica, quando io la studiai), possiamo calcolare quanta energia serve per una relazione vera, non a pagamento. Tanta. Conviene pagare, è meno caro in termini di emozioni, impegno, coinvolgimento”.

Secondo lei la ricerca di una relazione intima sul web è sintomo di una difficoltà di qualche tipo?

“Il web è un luogo, ci si incontra dovunque, quindi anche lì, non è questa la cosa inquietante. Molte persone che conosco si sono incontrate su siti web, ma si amano. Ma nei siti di sesso a pagamento non funziona così. La temporaneità del contatto, l’intensità dell’effetto della foto, dei video, il fatto che si paghi, rende prostituente chiunque verso chiunque altro, cioè letteralmente che fa le veci di altro, pro-stituta, significa che si sostituisce a. A cosa, ci dobbiamo chiedere? Alla relazione affettiva, che è impegnativa, al preliminare, al dialogo necessario per essere in rapporto con qualcuno: nessun preliminare, direttamente il corpo nudo, direttamente la disponibilità degli orifizi. Potremmo dire che una relazione vera è paragonabile a un pasto completo, carne, verdura, minestra, impegna pancreas e fegato, ci vuole tempo perché le proteine e i nutrienti siano a disposizione del corpo, ma durano altrettanto come disponibilità energetica e anabolica, cioè possono essere usati per nutrire i muscoli e altre strutture interne.
Il sito porno invece è solo il dolce, viene digerito in bocca, immediatamente disponibile come energia ma di breve durata e non ha nutrienti anabolizzanti, cioè non costruisce.
Ma perché non c’è motivazione a costruire e questi siti sono molto gettonati?
Possiamo fare delle ipotesi, io penso alla disgregazione sociale innescata dalla pandemia, alla perdita di senso della comunità umana, all’impossibilità di fare cose insieme, di incontrarsi, di provare il piacere di lavorare insieme, di cantare insieme, di progettare un mondo diverso. Se una persona di 25 anni non può sperare di lavorare e di vivere per conto proprio o di costruirsi una famiglia, se è impossibile muoversi, esplorare, se la cultura non ha più un territorio di incontro ma è fine a se stessa, un sito del genere è l’imbuto più ovvio in cui cadere. Almeno si gode. E’ temporaneo, ma vero, come riflesso. L’orgasmo è un riflesso incontestabile”.

Compagn3 perfett3 agli occhi del pubblico – utent3 pornografic3 in privato. Esiste una dipendenza dal porno?

“Il porno accede a un piacere, come la cioccolata, la cocaina, l’eroina, buttarsi con l’elastico, l’alcol. Cerchi la sensazione forte. Lo svincolo dal controllo. E all’inizio funziona. Ma in breve tempo devi aumentare le dosi. Se all’inizio bastava guardare il corpo nudo di qualcuno, poi devi vedere una persona che fa la fellatio a qualcun altro e poi devi vedere il rapporto anale e poi devi vedere i gruppi, le orge e poi potrebbe non bastarti, potresti aver bisogno di vedere la violenza, per eccitarti. E lo stesso con la cocaina, l’eroina, l’l’alcol, il lancio di se stessi in un vuoto pericoloso. Devi aumentare le dosi, sennò non senti la stessa sensazione della prima volta, e tu è quella, che cerchi. E non la ritrovi. E allora aumenti ancora, in un fomento ossessivo che non raggiunge più quel terrore stupore e piacere della prima volta. E’ una vera e propria dipendenza, nel DSM IV la classificazione dei disturbi di dipendenza ha dentro il disturbo alimentare, il gioco compulsivo, le sostanze, il porno.
Sì, l’artificialità e l’esponenzialità necessaria dell’assunzione rende dipendenza il porno”

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IL TRASH DISTRAENTE DELLA POLITICA BALNEARE @ di Mava Fankù

Ascolta l’articolo dalla voce di Mava Fankù

Ben ritrovati cari lettori, che siate fedeli o solo curiosi non importa, conta solo che mi leggiate con un qualche interesse.

Riprendere a scrivere dopo queste vacanze, nell’ultima parte forzate, non è cosa semplice; perciò, per semplificarmi il compito, vi farò un riassuntino di tutto il peggior trash del “miglior” gossip politico vacanziero, da sotto l’ombrellone, seppur lo sconvolgimento climatico abbia reso il tempo bipolare ormai, essendo ancora estate ad inizio autunno.

Tutto è cominciato con un ex generale, tale Vannacci, rimosso dall’incarico, per un libruncolo autoprodotto di idee fascistoidi sui gay, le femministe, i migranti, e via degenerando, che subito dopo la bagarre è saltato ai primi posti nelle vendite di Amazon.

Avevo già dedicato una mia speciale pillola politica a questa notiziola di gossip distraente dai seri problemi, ipotizzando che il tutto fosse stato congegnato, appunto, come distrazione di massa dall’inadeguatezza del nostro attuale andazzo.

@FanPage Salvini paragona il generale Vannacci a Che Guevara, Giordano Bruno e Galileo.

Ma al nostalgico generale con manie di facile protagonismo, segue l’assoluta guest star del momento: Andrea Giambruno, giornalista compagno della nostra volitiva e sempre più diplomatica Presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

”Sistemato” a Mediaset dal (sembra poco) compianto Silvio Berlusconi, malgrado non abbia, a mio immodesto avviso, le doti necessarie per la conduzione di un programma televisivo di informazione, prima fra tutte la fluidità di linguaggio senza incespicamenti, ma sopratutto il non lasciarsi andare in imbarazzanti pensierini alla Vannacci (che oramai ha assunto la valenza di una parolaccia) in diretta televisiva.

In occasione di un triste accadimento di cronaca, quale uno stupro di gruppo a Palermo, ai danni di una ragazza inerme, abusata in ogni modo e lasciata in fin di vita da un gruppo di giovanissimi stupratori, uno dei quali minorenne all’epoca dei fatti, si espresse con una a dir poco infelice frase:

« Se vai a ballare hai tutto il diritto di ubriacarti, ma se eviti di ubriacarti e di perdere i sensi magari eviti anche di incorrere in determinate problematiche perché poi il lupo lo trovi».

La risposta di Ornella Vanoni sui social è folgorante: “Ma il lupo non è nel bicchiere, è fuori dal bicchiere”.

@GuidaTV Ornella Vanoni replica a Giambruno

Elsa Fornero prende posizione in modo lapidario: “Il compagno di Meloni non ha contezza di come si parla alle donne”.

@La7 In ONDA – Elsa Fornero prende posizione su Giambruno

Ma non basta, ultimamente l’aitante Giambruno ha fatto l’en plein di figuracce nel suo programma di Rete 4 “Diario del giorno”, parlando del triste caso dell’Orsa Amarena. Il giornalista chiede ironicamente ad una rappresentante dei Verdi se l’uccisione dell’orsa Amarena (assolutamente innocua, ndr) da parte di un cacciatore, fosse colpa del governo.

Citando anche Saviano, che in modo ben più articolato, attribuiva la responsabilità dell’accaduto alla campagna pro legittima difesa fatta dal governo, che avrebbe legittimato il gesto del cacciatore d’orsi, influenzato anche dal precedente caso, totalmente differente, dell’uccisione di un giovane runner da parte di un’orsa.

Così, l’attivista dei Verdi Benedetta Scuderi, prende la palla al balzo ed esordisce con una battuta invidiabile (esaltata da Andrea Scanzi) che mette Giambruno in evidente difficoltà: “Potremmo dire che è responsabilità dell’orsa, perchè se non fosse uscita di notte da sola non avrebbe incontrato il cacciatore o il lupo, e quindi queste cose non sarebbe successe”. Alludendo chiaramente alla precedente gaffe del giornalista sullo stupro.

Memorabile l’espressione di Giambruno che si tocca il labbro nervosamente con uno stentato sorriso da “touchè”. Ma tutto si risolve con il pronto intervento della regia che stacca l’inquadratura dal povero Giambruno, distraendo il pubblico con una foto dell’orsa.

@Europa Verde – Rete4 Diario del giorno – Benedetta Scideri Vs Giambruno

Insomma, pare che la metà di Meloni non ne faccia bene una e che tutti lo prendano in giro per la sua maldestrità, ultimo Fiorello con una delle sue:
«L’opposizione a Meloni non è il Pd ma suo marito Giambruno» – “Cosa ha detto oggi?” – continua a ipotizzare Fiorello che si chieda ogni giorno preoccupata la compagna di Giambruno, e una volta appresa la perla del giorno del compagno, completerebbe con una intuibile imprecazione in romanesco.

@LucaGiannolo – Fiorello satirico su Giambruno e Meloni

Concludendo, vi lascio con una mia maliziosa ipotesi: e se tutto questo sia avvenuto per lanciare un nuovo divo televisivo, seguendo il celebre aforisma di Oscar Wilde:
«Nel bene o nel male, purché se ne parli» ?

Mava Fankù

by Emyliù Spataro

Mava Fankù by Emyliù


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LA VIDEORICETTA CHETOGENICA DI CHEF VENIO: ZUCCHINE RIPIENE LIGHT

INGREDIENTI

6 zucchine
300 gr di macinato
100 gr parmigiano
250 gr Philadelphia
1 uovo
Sale
Pepe
Timo fresco
Olio extravergine di oliva.
2 agli tritati freschi

PREPARAZIONE

Tagliare le zucchine a metà e svuotarle, salare, pepare, aggiungere un filo di olio e infornarle a 170 g per 10-15 minuti. La zucchina non deve bruciare ma deve semplicemente arrendersi.
Nel frattempo, preparate il ripieno: macinato, uovo, Philadelphia, parmigiano, sale, pepe, timo e aglio.
Riempire le zucchine e cuocere in forno a 185 gradi per 35 minuti circa.
Questa è una ricetta BASE per una dieta chetogenica; potete chiuderla condendo le zucchine con del pomodoro fresco tagliato a cubetti, condito con sale, pepe, timo e basilico o con una salsa al pomodoro fresco.
Buon appetito e…fate i buoni!

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LA VIDEOPOESIA – “FUORI POSTO” DI CHARLES BUKOWSKI

In copertina: Charles Bukowski, Literary Legend is a painting by Esoterica Art Agency which was uploaded on December 12th, 2019.

GUARDA LA VIDEOPOESIA INTERPRETATA DA ALESSIO PAPALINI

FUORI POSTO


Brucia all’inferno
questa parte di me che non si trova bene in nessun posto
mentre le altre persone trovano cose
da fare nel tempo che hanno
posti dove andare insieme
cose da
dirsi.

Io sto
bruciando all’inferno da qualche parte nel nord del Messico.
Qui i fiori non crescono.
Non sono come
gli altri, gli altri sono come
gli altri.

Si assomigliano tutti:
si riuniscono, si ritrovano
si accalcano
sono allegri e soddisfatti
e io sto bruciando all’inferno.

Il mio cuore ha mille anni.
Non sono come
gli altri.
Morirei nei loro prati da picnic
soffocato dalle loro bandiere
indebolito dalle loro canzoni
non amato dai loro soldati
trafitto dal loro umorismo
assassinato dalle loro preoccupazioni.

Non sono come gli altri.
Io sto bruciando all’inferno.

L’inferno di me stesso

Henry Charles Bukowski

ASCOLTA LA POESIA INTERPRETATA DA ALESSIO PAPALINI


Cena a sbafo (Testo inglese a fronte) Charles Bukowski Traduttore: Simona Viciani Editore: Guanda Collana: Poeti della Fenice Anno edizione: 2009

Licenza musica

Title: Moonlight
Author: Kris Keypovsky
Source: https://freemusicarchive.org/music/kris-keypovsky/single/moonlight/
License: CC BY 4.0 International License
Edit

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ECCO A VOI I CHIPPENDALES: UNO STRIP CLUB PER SOLE DONNE TRA SESSO, MUSCOLI E RAZZISMO

Primi anni ’80. Finte bionde, colori fluo e musica mitica. Un giovane indiano arriva negli Stati Uniti e fa la fame per anni, lavorando a una stazione di servizio, sopravvivendo a panini scaduti e privazioni pur di mettere da parte il più possibile. Si chiama Somen Banerjee, per gli amici Steve (Kumail Nanjiani). Arrivato a un discreto gruzzolo, si licenzia per aprire un locale di backgammon, che si rivela un fiasco totale. Ma quando il diavolo ci mette la coda, succede che nel posto arrivano Paul Snider (Dan Stevens), traffichino in cerca di affari e la moglie, la Playmate 1979 e 1980 ossia Dorothy Stratten (Nicola Peltz Beckham). Il primo fiuta l’affare e propone uno strip club per sole donne: inizia così la leggenda del Chippendales.

Negli anni della rivoluzione sessuale anche le donne vogliono i loro locali e, come dice Dorothy rispondendo per le rime al marito geloso e infastidito della competizione con uomini dal fisico statuario: “Anche le donne si eccitano“. La storia della serie potrebbe sembrare semplice: ascesa e declino di Steve Banerjee. Ma la realtà è più complessa. Dietro ai lustrini e all’esibizione dei muscoli e non solo, è tutto un tripudio del corpo e dell’edonismo anni ’80. Nel Chippendales non solo si può vedere lo spettacolo, ma i ballerini si possono anche toccare e per le più ardite, c’è la possibilità di fare sesso con loro, con contorno di droghe varie. Aprire il locale con la pretesa di renderlo un posto sessual-femminista potrebbe sembrare anche una buona idea, ma Banerjee dovrà fare i conti con un sottobosco fatto di criminalità, di egoismo e di cattivi sentimenti. Non è tutto oro quello che luccica, e a farne le spese sarà proprio lui che, pur potendo godere del frutto del suo lavoro insieme alla moglie Ireen (Annaleigh Ashford) ragioniera del Chippendales, finirà per venire travolto da se stesso, in una spirale autodistruttiva. Il tutto per ragioni legate alla competizione con Nick De Noia (Murray Bartle) geniale coreografo sostenuto dalla costumista Denise (Juliette Lewis), e da un certo razzismo che Banerjee ha interiorizzato e che agisce, soprattutto su Otis (Quentin Pair), primo ballerino di colore del locale e sui clienti di razza nera, non graditi perché “abbassano il livello del locale“, razzismo che lo porterà alla bancarotta.

Quentin Pair in una scena della serie

Chippendales è uno spaccato sulla parte problematica degli anni ’80, entrati nel mito per la loro presunta forza rivoluzionaria ma inquinati dal razzismo, dall’omofobia e dalla finta trasgressione. I ballerini del Chippendales sono in qualche modo gli antesignani dei California Dream Men e dei nostri Centocelle Nightmare, in bilico tra arte e ammiccamento sessuale. L’ambientazione è curatissima, così come i costumi. E, spente le luci, la serie si riflette negli anni in cui si svolge: luccicante come una paillette, ma non come un diamante.

Kumail Nanjiani in una scena della serie tv

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IL MANUALE DEL PERFETTO LAPIDATORE, OVVERO I CONSIGLI DELL’IMAM DI GREEN LANE PER UN FEMMINICIDIO A REGOLA D’ARTE

Accade a Birmingham, in Gran Bretagna e precisamente nella moschea di Green Lane che l’imam Sheikh Zakaullah Saleem dispensi consigli per un femminicidio a regola d’arte. Il video del tutorial era disponibile su YouTube ma poi, magia, è sparito, secondo quanto afferma il quotidiano The Mail on Sunday. Seguendo il link che vi indichiamo è tuttavia possibile visionarne un brano:

https://www.la7.it/intanto/video/il-sermone-choc-dellimam-di-birmingham-ecco-come-lapidare-le-donne-adultere-04-09-2023-501056

La ricetta dell’imam è, tutto sommato, semplice. “La donna ritenuta colpevole di adulterio deve essere prima sepolta in una buca nel terreno, fino alla vita in modo che non si vedano le parti intime , e solo dopo è possibile il lancio delle pietre, che termina quando la condannata muore per le lesioni”. Di fronte a queste affermazioni inconfutabili, la moschea ha emesso una nota, specificando che il video era stato estrapolato dal contesto e che l’imam “non ha mai detto che questa pratica debba avvenire nella società britannica”. Però in altre parti del mondo, evidentemente avviene.

Immediatamente dopo la diffusione del video, il Dipartimento britannico per la cultura, i media e lo sport (DCMS) ha sospeso una sovvenzione pari a circa 2 milioni di sterline per la costruzione di centri giovanili in tutta la Gran Bretagna.

 Tanto per non essere da meno, qualche tempo fa un altro imam, Abu Mustafa Rayyan, aveva i tenuto un sermone in cui affermava che una moglie deve soddisfare i “bisogni fisici” del marito in ogni momento, includendo con ciò anche possibili episodi di stupro coniugale. E tanto per aggiungere la ciliegina sulla torta,  Al-Thahabi un altro simpatico imam, aveva dichiarato: “Se dovessi definire gli omosessuali cani perversi, sporchi e schifosi che dovrebbero essere assassinati, questa è la mia libertà di parola, non è vero? Ma diranno no, non sono tollerante. Ma ritengono che sia giusto dire qualcosa sul Profeta”. 

La Comunità Religiosa Islamica Italiana, rappresentata dal Consiglio delle guide religiose della Coreis, si schiera contro le affermazioni dell’imam riguardo la lapidazione delle donne durante il sermone della preghiera comunitaria del venerdì. La sua è stata una “brutale descrizione tecnica e la giustificazione addotta dai responsabili è intollerabile e puerile. “Ciò che è davvero artificiale e artefatto del sermone in questione è la totale mancanza di senso di coerenza e di opportunità religiosa, la mancanza di sensibilità e consapevolezza del contesto e delle reali priorità spirituali dei fedeli nella storia e nella società contemporanea dell’Occidente” conclude la nota.

Neanche le scuse. Povere noi.

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IL DISAGIO DI BARBIE, STEREOTIPO FEMMINISTA DEMODE’ @ di Emyliù Spataro

Immagini del film @Barbie di Greta Gerwig

Ascolta il podcast dalla voce di Emyliù

Continuo la rubrica di cinema del mio alter ego Mava Fankù , parlandovi del film più chiacchierato della stagione, talmente tanto attaccato da tutti i fronti sui social che era doveroso andarlo a vedere al cinema, con la speranza di smentire le opinioni dal sentore snob, il più delle volte espresse con pregiudizio senza averlo visto.

Barbie di Greta Gerwig, prodotto tra gli altri dalla Mattel, l’azienda di giocattoli che creò la bambola più famosa del mondo nel 1959, è un’operazione commerciale troppo imponente perchè il film possa risultare debole e banale ad una prima visione superficiale, condizionata peraltro da pregiudizi pseudo intellettuali, che volevano farlo passare per un pericoloso veicolo di messaggi negativi.

Ma già dopo le prime scene ci si trova davanti ad un giocattolo perfetto nella sua complessità, non concepito per un pubblico di bambini se non nell’apparente sfavillio plastico delle mirabolanti scene e fantasmagorici costumi multiaccessoriati, tripudio di rosa, come nella più lussuosa Barbieland che sia mai stata concepita.

Dunque il pubblico infantile del film, che viene portato al cinema dagli adulti, non resterà deluso nella trasposizione visiva della fiaba postmoderna di Barbie, ma la sceneggiatura su diversi piani di lettura risulterà incomprensibile sia per i bambini (sedotti però dalla forma) che per gli adulti sempliciotti e disorientati dagli inaspettati dialoghi esistenzialisti depressi di Barbie Stereotipo, interpretata felicemente da Margot Robbie, quando pone ad alta voce una domanda destabilizzante: “Avete mai pensato di morire”?

E questa inaspettata angoscia di morte porterà Barbie ad uscire dal suo mondo perfetto (una caverna rosa, metafora della Caverna di Platone, dove regna il buio dell’ignoranza), scendendo nel mondo reale diverso da come si aspettava, scoprendo di aver generato dei falsi miti diseducativi e mettendosi dunque in discussione, con il suo compagno Ken, ruolo subalterno interpretato da Ryan Gosling (blandamente da Oscar).

Interessante è la dissonanza cognitiva in cui si ritrovano i due asessuati bamboli umanizzati, confrontandosi nei due mondi paralleli. Così, mentre Barbie scopre che la sua immagine di bambola anticonformista, ha generato nelle ex bambine oramai donne degli stereotipi di genere, portandole a seguire inverosimili standard che le hanno allontanate dalla parità di genere, Ken invece, venendo da un mondo irreale che lo aveva sempre considerato “oggetto di Barbie”, scopre il patriarcato, sistema sociale che vede l’uomo protagonista assoluto, non più marginale personaggio secondario, dove il maschile assorbe il femminile, ricoprendo ruoli di potere.

E a differenza di Barbie che va in conflitto interiore, nella scoperta delle nuove informazioni del mondo reale, aiutata anche dalle donne che incontrerà durante il film, Ken si emancipa dal ruolo da comprimario, tentando di riproporre a Barbieland le idee del patriarcato che l’hanno più colpito.

Insomma, altro che film stupido e melenso! Estraggo il toccante monologo di Gloria, personaggio interpretato dall’attrice America Ferrera, che vuole evidenziare i contrasti e gli ostacoli che le donne trovano nella nostra società:

“Devi essere magra, ma non troppo magra. Non puoi mai dire che vuoi essere magra, devi dire che vuoi essere sana, ma devi comunque essere magra. Devi essere un capo, ma non puoi essere autoritaria. Devi essere una donna in carriera, ma devi anche prenderti cura delle altre persone.

Devi rispondere dei cattivi comportamenti degli uomini, il che è allucinante, ma se lo fai notare vieni accusata di lamentarti. Devi rimanere bella per gli uomini, ma non così bella da tentarli troppo, da minacciare altre donne”.

Questo film, di genere commedia drammatica con tratti da musical, offre molti spunti di riflessione e andrebbe visto al cinema, per entrare nella sua magia, e poi rivisto in streaming per studiarlo nei contenuti.

Emyliù Spataro

Emyliù Spataro

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UN LIBRO DA LEGGERE: “UNA VITA COME TANTE” di HANYA YANAGIHARA

Avevo sentito parlare di “Una vita come tante” di Hanya Yanagihara (2016, Sellerio) ma non mi ero mai decisa ad acquistarlo, nonostante la mia curiosità, temendo le poderose dimensioni di quest’opera di oltre mille pagine. Nell’era di internet, dove la critica è divenuta terreno di conquista di tiktoker & co, i pareri sul libro erano discordanti: chi ne parlava entusiasticamente come del ritorno del romanzo di stile dickensiano e chi lo bocciava come verboso e vuoto. Che fare? L’unica era comprarlo e leggerlo, e così ho fatto. La trama è apparentemente semplice e narra la vita di quattro ragazzi americani, dal college all’età matura. Detto così potrebbe sembrare una storia trita e ritrita, quindi perché perdere tempo a leggerlo? In realtà “Una vita come tante”, non è il racconto del sogno americano, nel quale se si lavora duro e si è tenaci allora arriva il successo. Nel libro le vicende di quattro amici, Malcolm, Willem, Jude e JB attraversano quarant’anni nei quali crescono, si realizzano professionalmente, si innamorano, si lasciano, litigano, insomma fanno quello che è assolutamente normale per milioni di persone, ma che diventa particolare solo alla luce della lettura dell’ultima parte del libro.

Alla base di questa amicizia c’è un segreto che appartiene a Jude. Nessuno ne parla, ma aleggia tra i protagonisti, inquinandone le relazioni, fino alla fine. Il segreto non è l’omosessualità di Jude, di JB e di Willem, che è palese pur senza che nel libro venga mai approfondita in riferimento ai movimenti LGBTQ+, restando invece sospesa e sottesa; nelle pagine infatti, non ci sono né racconti di attivismo né di frequentazioni dei luoghi di socializzazione arcobaleno. Il segreto è la serie devastante di abusi subiti da Jude dapprima negli orfanotrofi cattolici, poi nelle case famiglia e poi da parte di uomini senza scrupoli. Il velo si strappa sulla “normalità” della pedofilia e dei suoi zelanti discepoli che ne seguono la dottrina, dalle alcove dei camion parcheggiati nelle aree di sosta agli scantinati chiusi a chiave dove si può fare tutto senza essere sentiti dai vicini. Pedofilia e prostituzione minorile, in un connubio dove più la vittima è giovane e più vale ai suoi sfruttatori, venduta da chi invece doveva proteggerla. Jude viene tradito, violato, abusato quasi fino alla morte. Le conseguenze di questi abusi, resistenti alla psicoterapia e all’amore, diventeranno ferite aperte che Jude non riuscirà mai a chiudere, nemmeno grazie all’amore del suo compagno.

La scrittrice Hanya Yanagihara photo @Amanda Demme

L’opera è un’epopea ben costruita, sebbene la lunghezza non sia giustificata; sacrificarne un terzo avrebbe reso la lettura più snella senza nulla togliere alla sua intensità. Il libro risente di una certa stereotipizzazione dei personaggi che inanellano un successo professionale dietro l’altro, cogliendo al volo un numero sorprendentemente impossibile di occasioni d’oro. La vera forza dell’opera è Jude e la sua vicenda umana. Vale la pena di leggerlo anche solo per questo.

L’autrice. Hanya Yanagihara, scrittrice statunitense di origini hawaiane, ha pubblicato il suo primo romanzo, The People in the Trees, nel 2013. Ha scritto di viaggi per Traveler e collabora con il «New York Times Style Magazine». Una vita come tante, il suo secondo romanzo uscito nel marzo 2015, è stato un successo mondiale, vincitore del Kirkus Prize, finalista al National Book Award e al Booker Prize, tra i migliori libri dell’anno per il «New York Times», «The Guardian», «The Wall Street Journal», «Huffington Post», «The Times». In Italia è stato pubblicato da Sellerio nel 2017. Nel 2020 viene pubblicato da Feltrinelli Il popolo degli alberi e nel 2022 Verso il paradiso.

Una vita come tante
Autore: Hanya Yanagihara
Pubblicato da Sellerio – Novembre 2016
Pagine: 1104 – Genere: Narrativa
Formato disponibile: BrossuraeBook
Collana: Il contesto
ISBN: 9788838935688
ASIN: B01ITNVP8K

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LA VIDEOPOESIA – QUANDO I GENITORI INVECCHIANO, DI PABLO NERUDA

QUANDO I GENITORI INVECCHIANO

di Pablo Neruda

Lasciali invecchiare con lo stesso amore con cui ti hanno fatto crescere..

Lasciali parlare e raccontare ripetutamente storie con la stessa pazienza

e interesse con cui hanno ascoltato le tue quando eri bambino…

Lasciali vincere, come tante volte loro ti hanno lasciato vincere….

Lasciali godere dei loro amici, delle chiacchiere con i loro nipoti…

Lasciali godere vivendo tra gli oggetti che li hanno accompagnati per molto tempo,

perché soffrono sentendo che gli strappi pezzi della loro vita…

Lasciali sbagliare, come tante volte ti sei sbagliato tu…

Lasciali vivere

e cerca di rendergli felice l’ultimo tratto del cammino che gli manca da percorrere,

allo stesso modo in cui loro ti hanno dato la loro mano quando iniziavi il tuo.

ASCOLTA IL PODCAST DELLA POESIA INTERPRETATA DA ALESSIO PAPALINI

Musica:

Title: Moonlight

Author:  Kris Keypovsky

Source:  https://freemusicarchive.org/music/kris-keypovsky/single/moonlight/

License: CC BY 4.0

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ANNA SEGRE: “QUESTO STUPRO E’ UNO STUPRO, SOLO CHE E’ NARRATO”. PALERMO, CAIVANO E LA TERRA DI NESSUNO DEL WEB

In copertina: Anna Segre

L’art. 609-bis (Violenza sessuale) punisce con la reclusione da 5 a 10 anni chi, con violenza o minaccia o abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali. La stessa pena si applica a chi costringe taluno a compiere o subire atti sessuali abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto o traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona. Nei casi di minore gravità, la pena può essere diminuita in misura non eccedente i due terzi” (testo dell’articolo 609 bis del Codice Penale italiano).

Dopo i fatti di Palermo, è notizia recentissima quella di un’altra violenza sessuale, protratta per circa un anno su due bambine di Caivano, in provincia di Napoli. Anche qui gli autori sono un gruppo di giovani, dei quali la maggior parte minorenni. Anche qui tutto è stato filmato e diffuso, finché le immagini non sono finite sul cellulare del fratello di una delle bambine, che ha denunciato l’accaduto all’autorità. Si è parlato di assenza della famiglia, dello Stato, delle istituzioni per spiegare la violenza sulla violenza, in una spirale senza fine che parte dal mondo cosiddetto reale per arrivare fino all’ultimo cerchio dell’inferno telematico. In queste storie non c’è e non c’è stato solo abuso fisico e psicologico, ma anche una violenza sociale e social. Lo stupro non basta più, adesso c’è bisogno anche del video e di tante condivisioni e perché no, di monetizzare l’accaduto perché c’è chi è disposto a pagare profumatamente per vedere una donna violentata. Snuff movies docet. Abbiamo incontrato Anna Segre, psicoterapeuta e poeta romana, per cercare di capire cosa sta succedendo e perché sta accadendo.

Anna Segre, lo stupro di Palermo, del quale si parla tantissimo in questi giorni, non è il primo stupro di gruppo di cui si ha notizia. Tuttavia questo sembra avere colpito molto l’attenzione comune. Cos’é che fa la differenza in questo caso, secondo lei? 

“Questo stupro è uno stupro. Solo che è narrato.

Cambia la narrativa. Il fatto che i messaggi, poi resi pubblici, fossero esplicativi della teoria della mente degli stupratori. C’è stato, per chi li ha letti, un immaginare dagli occhi loro. La metafora di ‘cento cani su una gatta’, la metafora della carne è carne, anche al sangue, sono immagini, noi vediamo un animale piccolo circondato e sbranato da molti animali grandi, e sul sangue è inevitabile pensare alla vittima che sanguina…

E, sempre dai messaggi, trapela la convinzione di essere nel giusto, di avere ragione, al punto, infatti, che se li sono scambiati, come fosse normale”. 

Quanto influiscono i siti porno in tutto questo?

“I siti porno forniscono la scena, quasi suggeriscono un copione, e abbassano la soglia del sopportabile, nel senso che azioni estreme passano invece per lecite, tollerabili, ammesse. Le fantasie erotiche sono condizionate da queste rappresentazioni. Sono letteralmente suggerite. Passa l’idea che il piacere sia quella cosa lì, che si senta quello che sembra si senta”. 

Immagine web

E’ possibile che la pornografia distorca in questa maniera la visione del sesso di un adolescente?

“L’accesso ai siti porno è facile e in più le piattaforme porno sono le meglio funzionanti di tutte. Dobbiamo constatare che l’età delle persone che li frequentano si è abbassata. Troppo. Gli adolescenti non sono pronti da un punto di vista della maturità sessuale a queste rappresentazioni. Se tu a 11 anni guardi video porno, non puoi decodificare e dimensionare ciò che accade. È come se facessimo camminare un neonato: gli si deformerebbero le ossa. E cosa passa? Che quella è la sessualità. Una performance, basata su posizioni, pose e atti che vanno espletati in quel modo, quasi privo di relazione interpersonale”.

Le chiedo di chiarire il concetto di stupro in modo da non lasciare ombre, semmai ce ne fossero, perché per alcuni si tratta ancora di un atto di erotismo e non di sottomissione e di annientamento della vittima.

“Ci sono ombre su cosa sia uno stupro? Tutte le azioni inerenti il sesso senza consenso sul corpo di una persona. L’annientamento come individuo, il rendere oggetto l’altra, l’utilizzo della violenza innanzitutto come relazione e poi come gesti sul corpo. Si sa talmente bene cosa sia uno stupro, che si tramanda nelle generazioni sempre uguale, abbiamo statue, quadri e poemi su cosa sia uno stupro. È un esercizio di potere. Pulizie etniche, metodi di sottomissione, minacce implicite delle istituzioni. Lo sappiamo noi donne e naturalmente tutti gli uomini. L’altro giorno una bambina di 8 anni mi ha chiesto: ma 7 donne su un uomo esiste?”.

Secondo la sua opinione, quale punizione sarebbe più efficace e riabilitativa per questi giovani?

“Dobbiamo constatare che le punizioni attuali sono inefficaci. E rispetto al danno inferto è acqua fresca: non risarcisce, non restituisce, non educa. La vittima ne ha la vita segnata, condizionata e lo stupratore passa il tempo a minimizzare, negare e spergiurare che c’era il consenso. Perché una donna che piange e dice no in realtà sta dicendo: sì, godo, continua. Non si sa per quale perverso decoder c’è questa traduzione condivisa. 

Efficace sarebbe una collettività che schifa questi comportamenti. Nessuno di noi terrebbe un comportamento schifato (uso la parola a ragion veduta) dalla madre, dai vicini di casa e dai professori e dai passanti. Ma dovrebbe essere schifato in modo capillare, proponendo in alternativa una relazione umana che renda l’eros condiviso la miglior scelta. Sei fico, se la tua storia d’amore e di sesso è costruita con la partner, il sesso più bello è quello fatto insieme, le fantasie più belle sono quelle reciprocamente raccontate, sei un vero uomo, se provi sentimenti e desiderio per una vera donna. E la nostra collettività, purtroppo, non va in questa direzione. 

C’è molta violenza collettiva verso questi 7 stupratori. Ma loro sono figli della violenza, chiamano mamma la violenza: sarebbe conferma e consolidamento di un sistema picchiarli, stuprarli, castrarli, ucciderli. Come loro hanno fatto alla vittima, fare a loro”. 

La madre di uno degli imputati sembra abbia elargito consigli su come sbarazzarsi di prove compromettenti, insultando anche la vittima “come una che se l’è cercata”. E’ un fallimento del femminismo?

“Appunto. La madre non schifa il comportamento del figlio. Segna il cammino di cui sopra: minimizzare, negare e spergiurare. 

Il femminismo fa sì che noi siamo qui a parlarne, che le pazienti formulino la domanda in terapia: è giusto che lui mi chieda di fare sessualmente questo o quello? E che ci possa essere la risposta: ma a te cosa piace? 

Il femminismo consente la discussione e che questa madre si qualifichi come portabandiera di un patriarcato millenario. 

Non è il genitale che ti fa femminista, sono i contenuti rispetto alla maggioranza più discriminata della terra: le donne”. 

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ARTE – TINA LOIODICE PRESENTA ROMA IN 100 CENTIMETRI QUADRATI IX EDIZIONE: I GATTI DE ROMA

I famosi, bellissimi gatti di Roma sono gli ispiratori della IX Edizione di “Roma in 100 centimetriquadri”, evento curato da Spazio 40 Art di Roma e organizzato da Tina Loiodice e Fabrizio Ena, in programma dal 22 agosto al 3 settembre. La location sarà anche quest’anno la Galleria IL LABORATORIO di Via del Moro 49 a Trastevere.

I gatti di Tina Loiodice

Tina Loiodice, artista romana di grande talento e autrice anche di molte opere di street art, ad esempio la Tigre dipinta nella stazione San Giovanni della metro A, oppure in murale disegnato per il liceo scientifico “Francesco d’Assisi”, è l’ideatrice di “Roma in 100 centimetri quadri”, una collettiva che ogni anno raccoglie e propone le opere di tanti artisti. L’evento, giunto alla nona edizione, quest’anno vede protagonisti i gatti di Roma, gli animali simbolo della Capitale.

I gatti di Dario Cali’

Tina Loiodice, come mai ha organizzato una mostra dedicata ai “gatti de Roma”?


“Perché i nostri amici felini sono da sempre parte integrante del tessuto socio-urbano della città.
Nell’ antica Roma i gatti erano ospitati nei templi dedicati a Diana, dea delle selve e degli animali selvatici, e in quelli dedicati a Iside, nel cui culto, di provenienza egizia, i gatti venivano addirittura venerati come animali magici. E così , secolo dopo secolo, fino ai giorni nostri i gatti sono stati parte di Roma. Nel Rione Pigna, al centro di Roma, ancora oggi si può ammirare su Palazzo Grazioli la statua di una gatta in pietra, rinvenuta durante scavi archeologici e poi posizionata su un cornicione.
I gatti sono animali liberi, indipendenti, socievoli se ne hanno voglia. A Roma sono tantissimi, se ne vedono ovunque; nelle aree archeologiche più importanti li trovi a godersi i raggi del sole e, apparentemente indifferenti, a ricevere le coccole e le attenzioni dei passanti”.

I gatti di Tiziana Di Bartolomeo


I gatti sono molto amati dai romani e immagino, anche da lei.

“In città esistono numerose “colonie feline”, aree dove i gatti possono vivere tranquillamente sotto il controllo di associazioni di volontariato. La più grande è quella di Torre Argentina; sembra che nel 1929, durante gli scavi archeologici, un’enorme quantità di felini si sia installata nell’area e da allora non si è più spostata. Ma ce ne sono altre sparse per tutta la città : alla Piramide Cestia nei pressi del Cimitero Acattolico, a Montesacro, al Verano, a Piazza Vittorio, dove i gatti sono considerati da molti i “custodi” della Porta Alchemica.
E che dire poi dei tanti personaggi famosi, dell’arte, dello spettacolo e della cultura, innamorati dei gatti e immortalati da immagini significative ? Pensiamo a Gina Lollobrigida, ad Anna Magnani, che si recava personalmente a sfamare i gatti di Torre Argentina; nel film “Gli Aristogatti” della Disney, uno dei personaggi centrali è Romeo, gattone rosso che si definisce “er mejo der Colosseo” ; e poi il poeta dialettale Trilussa, che scrisse numerosi sonetti con i felini protagonisti, “personaggi” parlanti che con il loro carattere indipendente calzavano benissimo alla sua graffiante satira socio-politica.

Quindi tema della rassegna è Roma , i suoi monumenti, i suoi scorci , i personaggi o i particolari di cui la città è ricca … e i gatti”.

I gatti di Cristina Paladino

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VIDEOEDITORIALE – DELLO STUPRO DI PALERMO E DI ALTRE BESTIALITÀ SULLA PELLE DI UNA RAGAZZA

in copertina: foto web della manifestazione del 21 agosto a Palermo per lo stupro della ragazza

La diciannovenne stuprata dal branco a Palermo; le chat degli stupratori e una madre che cerca di scagionare il figlio perché “lei era una poco di buono”. Il commento della direttora alla vicenda.

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DELLA MORTE ANNUNCIATA DI MICHELA MURGIA @ di EMYLIÙ SPATARO

Immagine di copertina: @Mauro Biani

Podcast dell’articolo

Anche i suoi detrattori oggi piangono la morte annunciata di Michela Murgia, come fosse un’incarnazione di forza e coraggio, quasi una dea della vita e della morte. 

Come fosse diversa dai comuni mortali. In effetti la sua presenza sui mass-media degli ultimi tempi appare imponente, così come la sua risolutezza di fronte alla sua imminente fine, poteva generare un misto di disagio e sacro timore. 

Il suo apparente eroismo nell’affrontare i suoi ultimi mesi di vita con lucidità e consapevolezza, ha reso per molti di noi la rimozione dell’ineluttabilità della morte come una scelta più facile.

 Tuttavia la sua stessa scomparsa, annunciata a maggio per un male incurabile all’ultimo stadio, potrebbe essere stata una paradossale rimozione per lei stessa. 

Affrontando la sua fine inevitabile con coraggio, ma forse trovando anche conforto nell’ammirazione e nel venerante timore che il mondo provava mentre la si osservava lottare contro il primo tabù dell’umanità: come una sorta di ripetizione ossessiva di quella parola che di solito si tiene lontana dalla nostra mente, quasi a volerla esorcizzare guardandola negli occhi: la morte.

 Così diciamo addio a Michela Murgia, dopo il suo calvario rivestito delle sue belle parole piene di vita. Parole delle quali adesso molti si prodigano a citare in ampollosi necrologi, mentre prima le ignoravano per rimozione, appunto, o per partito preso, arrivando persino a dire che lei stava usando la sua malattia per attaccare il governo.

Essendo lei credente e nel contempo laica, scrittrice, drammaturga, giornalista, nonchè femminista, di sinistra, con una famiglia queer. Insomma, una persona interessante e non conforme, che mancherà ai suoi amici e a chi l’apprezzava, ma anche ai suoi nemici.

E “noi” preferiamo pensare che Michela Murgia, con le sue interviste rivelatrici al Corriere della Sera e a Vanity Fair, folgoranti nella sua vitalità, abbia voluto lasciare una traccia indelebile di se al mondo e a tutti noi.

Grazie Michela.

Emyliù Spataro

Ultima intervista di Michela Murgia a Vanity Fair

Emyliù Spataro

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AFGHANISTAN: DUE ANNI DI APARTHEID DI GENERE SULLA PELLE DELLE DONNE

In copertina: photo ANSA

l 14 agosto del 2021 i Taliban prendevano in potere in Afghanistan con una marcia inarrestabile lungo il Paese. Cosa è cambiato per le donne e quali sono le ipocrisie internazionali, agite sulla pelle della metà femminile della popolazione?

L’apartheid di genere sulla donne afghane continua, mentre il mondo osserva distrattamente.

Il mainstream sostiene altre cause; non perché, sia chiaro, quello che accade in Afghanistan sia meno importante di quello che succede in altre parti del mondo, bensì come frutto di una logica del profitto le cui conseguenze – si pensi ad esempio, alla guerra dei Balcani degli anni ’90 – sono la pubblica indignazione e mobilitazione solo se vengono toccate le economie e le tasche occidentali (e non solo).

Nonostante siano passati solo due anni dalla presa del potere del nuovo governo talebano, sembra che per le donne afghane siano passati secoli. Come in una perversa macchina del tempo, quello che avevano acquisito, ossia la partecipazione politica e sociale, il diritto all’istruzione e soprattutto quello di essere, è stato pian piano cancellato. Dapprima l’istruzione separata; poi il divieto di frequentare le università, poi quello di andare a scuola e di insegnare; i telegiornali, condotti nei primi tempi dalle giornaliste coperte dalla testa ai piedi, fino a quando queste non sono state estromesse; il divieto di lavorare e di avere un reddito indipendente e da ultimo, anche se sicuramente si troverà qualche altra cosa da togliere, anche il divieto di andare dal parrucchiere.

Sia chiaro: l’Afghanistan non è mai stato l’Occidente. Le conquiste femminili erano evidenti soprattutto nei grandi centri, ma nell’entroterra nulla era cambiato da secoli, nemmeno dopo anni di politica dettata da oltre oceano. Troppi pochi anni, il tempo di una generazione, per pensare a un cambiamento radicale di mentalità; troppo rancore verso gli amici esteri e i governi calati dall’altro e tanta paura delle donne. Cosa potrebbe spingere i talebani e i loro sodali a reprimere la metà di una nazione, se non la paura, l’odio e il risentimento? Forse queste donne impersonano una minaccia al potere maschile nella misura in cui lo mettono di fronte alla sua inadeguatezza? Forse che le madri, le sorelle, le mogli, le figlie, le nonne siano le nemiche da annientare, per lo meno allo sguardo? Il nemico pubblico numero uno per questo Stato sono veramente loro?

E’ troppo ingenuo però, pensare all’Afghanistan come ad un Paese dove si consumano esclusivamente violazioni dei diritti delle donne. Sarebbe come guardare al dito e non alla luna. La cecità selettiva della comunità internazionale cela altri interessi: ubi maior minor cessat, perché sotto i piedi di quel popolo si celano le terre rare e altri tesori indispensabili alle tecnologie e per averli si è disposti a girare la testa da un’altra parte.

Ucraina, Niger, Myanmar: queste sono le aree di conflitto più attenzionate in questo momento: grano, uranio, petrolio e pietre preziose sono i loro tesori. Ma non si combatte solo per questo, bensì per preservare le aree di influenza delle grandi potenze sulla scacchiera mondiale. Con tanti saluti ai diritti umani.

Assange affermava che “l’obiettivo in Afghanistan era sempre stato quello di lavare il denaro degli introiti fiscali di USA ed Europa tramite l’invasione del Paese, per poi metterlo nelle mani di una elite di sicurezza transnazionale”.

Rimane una domanda, ancora: chi ci guadagna dalla situazione afghana?

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CASO ZAKI. LA RIVERENZA DI MELONI E SOSPETTI @ LA PILLOLA POLITICA DI MAVA FANKÙ

Secondo me, Mava Fankù, nota per le mie teorie stravaganti, sembra che ci sia un collegamento tra la liberazione di Patrick Zaki e il caso Regeni. Ho il sospetto che la sua liberazione potrebbe essere stata ottenuta attraverso un accordo segreto con lo stato egiziano per mantenere silenzio sul caso Regeni.

@foto web Patrick Zaki

Patrick Zaki, uno studente egiziano iscritto all’Università di Bologna, è stato arrestato nel febbraio 2020 durante una visita nella sua città natale in Egitto. È stato accusato di diffondere false notizie e di partecipare a proteste illegali, nonchè di aver redatto una tesi universitaria sull’omosessualità, che nel suo paese è fortemente discriminata. Il suo arresto ha suscitato indignazione a livello internazionale e numerose organizzazioni per i diritti umani hanno chiesto la sua liberazione.

@foto web Patrick Zaki riabbraccia la madre

Dopo circa 3 anni di detenzione, Patrick Zaki è stato finalmente rilasciato di recente. La notizia della sua liberazione è stata accolta con gioia da molti, ma secondo me c’è qualcosa di losco dietro tutto questo.

Giorgia Meloni, leader del partito di destra destra Fratelli d’Italia, nonché nostra attuale presidente del Consiglio, ha fatto una metaforica genuflessione pubblica dopo la liberazione di Zaki. Questo ha sollevato sospetti riguardo a un possibile accordo tra Meloni e lo stato egiziano. Secondo me potrebbe esserci un collegamento tra la libertà di Zaki e l’omertà sul caso Regeni.

(Fotogramma da video) La premier Giorgia Meloni, durante una intervista al Tg1, 22 luglio 2023. ANSA/RAI TG1

Il caso Regeni riguarda il giovane ricercatore italiano Giulio Regeni, che è stato torturato e ucciso in Egitto nel 2016. Le circostanze della sua morte sono ancora avvolte nel mistero e molti credono che le autorità egiziane abbiano coperto la verità. L’Italia ha chiesto ripetutamente giustizia per Regeni, ma finora non ci sono state risposte concrete.

Bologna. Riappare il poster dell’abbraccio tra Giulio Regeni e Patrick Zaki

Ma ho pure un altro sospetto oltre quello del baratto Regeni-Zaki. Ed è questo: Giorgia Meloni è andata con Ursula Von Der Leyen in Tunisia, offrendo dei soldi e degli aiuti affinché questi blocchino gli accessi dei migranti in Italia. Cosa che non sta succedendo. Ma quello.che mi viene in mente è che in realtà ci sia di mezzo pure una questione economica. Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi vede che queste due vanno dall’omologo tunisino e lo riempiono d’oro. Allora lui dice: “Ah si? E perchè a me non mi dai niente?”.

Quindi, sarà stato fatto un accordo su Zaki, però ci potrebbe essere di mezzo anche qualcosa a livello pecuniario : ti do dei soldi affinché tu lo liberi. In Tunisia questi soldi sono stati fatti passare come elargizione affinché il governo blocchi tutte le migrazioni. Mentre In Egitto la “donazione” è stata fatta come “riscatto”. E non sarebbe la prima volta che si fanno cose di questo genere, anche se loro negherebbero fino alla morte di aver pagato un riscatto per bloccare i migranti e per far uscire un mediatico prigioniero.

@fotoweb Patrick Zaki con un amico

Ma al di là di ogni congettura mavafankuiana è importante comunque ricordare che Patrick Zaki è stato rilasciato grazie agli sforzi delle organizzazioni per i diritti umani e alla pressione internazionale. La sua liberazione è un passo avanti nella lotta per la giustizia e la libertà di espressione. Il caso Regeni rimane aperto e speriamo che un giorno verrà fatta piena luce su questa tragica vicenda.

Buona estate ai miei lettori, si spera in caldo calante, e arrivederci a settembre, come per gli esami di riparazione. 

Mava Fankù

Mava Fankù by Emyliù Spataro

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BIO BEAUTY: HENNE, IL SEGRETO PER CAPELLI DA FAVOLA

In copertina: immagine web

Capelli danneggiati e spezzati? La deco ha stressato troppo la chioma? Niente paura: l’hennè è il segreto di bellezza in grado di risanare i capelli danneggiati, ricostruendone la fibra, irrobustendoli e dando loro nuova lucentezza. Provare per credere.

Cosa è l’hennè?

Questo colorante di origine vegetale deriva dall’essiccazione delle foglie della Lawsonia inermis, un arbusto che cresce in Medio Oriente, Africa settentrionale e regione indiana. Conosciuto fin dall’antichità – basti pensare che ne sono state ritrovate tracce nelle chiome meglio conservate delle mummie egiziane – viene impiegato per tatuaggi temporanei su mani e piedi in occasione di matrimoni e riti religiosi (mehndi) come atto beneaugurante; oppure per la tintura dei capelli. A seconda della zona di coltivazione, l’hennè può assumere sfumature diverse; fermo restando che il colore è rosso, questo sarà più tendente al mattone se proviene dal Pakistan e zone limitrofe, mentre sarà più ramato se è stato raccolto in Africa settentrionale. Il segreto di bellezza dell’henne’ deriva dal fatto che la Lawsonia si fissa sullo stelo del capello, rivestendolo e rendendolo più corposo, ed evitando quindi l’apertura delle squame, come invece accade con l’uso delle tinture chimiche.

Preparazione dell’hennè

La procedura è semplicissima: basta acquistare la polvere, che va unita ad acqua calda non bollente; poi si mescola il tutto finché non si ottiene una pastella morbida e senza grumi. L’odore che si sprigiona dal composto è di fieno appena tagliato e il colore della crema può variare dal verde scuro al marrone a seconda della qualità adoperata. Si procede quindi all’applicazione, come se fosse un colore chimico, stando attenti a non far cadere il prodotto, in quanto visto l’alto potere colorante, potrebbe macchiare oggetti e vestiti. La posa va fatta a seconda dell’intensità che si vuole ottenere, ma parte dai 30 minuti fino alle 3-4 ore. All’hennè puro, che darà quindi un riflesso rosso rame o mattone alla chioma, si possono aggiungere altre polveri in grado di virare il colore al castano (mallo di noce), al bruno (indigo), al rosso ciliegia (katam), tenendo conto che il risultato cambia da persona a persona, e in base allo stato di salute dei capelli. Si può hennare quante volte si desidera, anche solo come rituale di bellezza.

Hennè neutro

Per chi vuole beneficiare del potere curativo dell’hennè ma non ama il rosso, esiste la varietà neutra ossia la Cassia obovata o Senna italica. Si tratta di una polvere non tintoria e senza pigmento rosso che serve a rinforzare i capelli, dando loro forza e tono. L’hennè neutro ha inoltre un’azione seboregolatrice, aiutando molto i capelli grassi. Il procedimento di preparazione è lo stesso della Lawsonia, mentre il tempo di posa è molto più corto: un’ora è sufficiente per ottenere i primi benefici che col tempo e le applicazioni diventeranno più evidenti.

I pro e i contro dell’hennè

I pro sono sicuramente tanti: lucentezza, forza, resistenza, corposità del capello. I contro invece, derivano dal fatto che, come detto prima, la colorazione con le erbe tintorie si lega alla cheratina: per questo, fare una decolorazione o cambiare colore non sarà proprio facile. Il capello viene rivestito dall’hennè, quindi diventa poco permeabile agli agenti chimici; così, se si vuole passare al colore chimico, è consigliabile interrompere per almeno un mese e parlare col proprio parrucchiere di fiducia. Altro contro è il fatto che l’hennè non copre i capelli bianchi, ma li riveste facendoli diventare color rame intenso. Questo effetto di meches naturali è molto bello se i bianchi sono sparsi uniformemente nella chioma, ma se ad essere candide sono solo le radici, allora si potrebbe avere un effetto bicolor veramente antiestetico.

Come scegliere l’henné?

I canali di distribuzione sono tanti: dalle erboristerie ai siti internet, ai negozi etnici. L’importante è acquistare polveri senza aggiunta di elementi chimici, che a volte vengono inseriti per rinforzare il colore e farlo durare più a lungo, togliendo quindi naturalità a un prodotto di bellezza dalla storia millenaria.

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UNA POESIA D’AMORE. “SEI LA MIA EBBREZZA” DI NAZIM HIKMET

In copertina: “Baiser de l’Hotel De Ville”, 1950 @Robert Doisneau

ASCOLTA LA POESIA INTERPRETATA DA ALESSIO PAPALINI

SEI LA MIA EBBREZZA, DI NAZIM HIKMET

Sei la mia ebbrezza
la mia ebbrezza non è passata
non posso farmela passare
non voglio farmela passare

la mia testa pesante
le mie ginocchia scorticate
i miei stracci inzaccherati

vado verso la luce che brilla e che si spegne
titubando cadendo rialzandomi.

NAZIM HIKMET, Poesie d’amore (Milano, Mondadori 1991) Traduzione di Joyce Lussu

Title: Thrusly Marylin
Author: Koi-discovery
Source: https://freemusicarchive.org/music/koi-discovery/ante-chrysalide/thrusly-marylinmp3/
License: Public domain, CCO- 1.0 UL
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THE WHALE. IL VOLO DELLA BALENA @ PENSIERINI FILMICI DI MAVA FANKÙ

È una bella storia di duplice riscatto, questo magnifico film ambientato in una stanza, come il miglior cinema teatro, tratto da un’omonima opera teatrale.

Il riscatto di un padre omosessuale che si sente in colpa rispetto alla vita e ad una figlia detestabile, che lo odia per aver anteposto l’amore per un suo studente a lei, abbandonandola con la madre da bambina.

Charlie, professore di inglese che da corsi on-line tenendo la web-cam spenta, si lascia andare fino a diventare obeso al limite della sopravvivenza, con picchi di ipertensione da infarto e attacchi di fame compulsiva, assistito dall’unica persona che gli è rimasta accanto: una sua amica orientale che le fa da infermiera.

E il riscatto di Brendan Frazer, protagonista di questo dramma esistenziale, che è stato un attore bellissimo da giovane, ma considerato mediocre, e che finalmente ha l’opportunità di riscattarsi con questo ruolo da Oscar.

La sua bravura interpretativa si manifesta con gli occhi, infagottato com’è in un corpo pachidermico fatto di uno speciale materiale che riproduce anche la pelle flaccida e la carne tremolante di una persona patologicamente grassa.

Potrebbe sembrare semplice, perchè è un ruolo estremo molto caratterizzato dalla invalidante obesità, ma il regista Aronofsky, dopo dieci anni di ricerche, trova l’interprete perfetto in Brendan, per dare anima e corpo a questo personaggio cristologico, redento attraverso il decadimento fisico.

Nell’intricata sceneggiatura, entrano in scena diversi personaggi che movimentano la staticità dell’ambientazione: l’amica infermiera, che è anche sorella del suo amore suicida. La figura patetica della moglie. Un pastore evangelico che cerca invano di convertirlo. E la figlia rancorosa con la quale cerca di ricucire il rapporto a cui ha rinunciato.

La Bibbia e Moby Dick fanno da contraltare e nella scena catartica del film la balena spicca il volo.

Parola di Mava Fankù

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IL SABATO VIDEOPOETICO: SEI LA MIA SCHIAVITU’, DI NAZIM HIKMET

GUARDA IL VIDEO E ASCOLTA LA POESIA INTERPRETATA DA ALESSIO PAPALINI

Sei la mia schiavitù

Sei la mia schiavitù sei la mia libertà
sei la mia carne che brucia
come la nuda carne delle notti d’estate
sei la mia patria
tu, coi riflessi verdi dei tuoi occhi
tu, alta e vittoriosa
sei la mia nostalgia
di saperti inaccessibile
nel momento stesso
in cui ti afferro

Nazim Hikmet


Licenza musica:

Title: Retrospective
Author: Koi-discovery
Source: https://freemusicarchive.org/music/koi-discovery/omega/retrospective/
License: Public domain CC O1 U.L.

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FOTOGALLERY – ROMA SFIDA IL CALDO PER ABBRACCIARSI IN UN TANGO

Roma sfida il caldo per abbracciarsi in un tango. Domenica 16 luglio nel piazzale antistante l’Ara Pacis la musica rioplatense ha risuonato invitando i tangueri alla danza. L’evento, organizzato dal maestro Emiliano Naticchioni, è stato fotografato dalla nostra Gemma Buonanno.

SFOGLIA LA GALLERY FOTOGRAFICA

Photos @Gemma Buonanno

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DIMISSIONI DELLA MINISTRA DANIELA SANTANCHÈ. PRESENTATA LA SFIDUCIA AL SENATO @ LA PILLOLA POLITICA DI MAVA FANKÙ

Che il ministro del turismo, Daniela Santanchè, rassegni le dimissioni dopo che è stata presentata una mozione di sfiducia nei suoi confronti al Senato, appare come una mera chimera.

La ministra è accusata di essere coinvolta in affari illeciti extrapolitici: con la sua società Visibilia (navigante in pessime acque) e il suo compagno insieme alla moglie del presidente del Senato, La Russa, (già nel mirino per il presunto coinvolgimento del figlio in un caso di stupro).

@FotoWeb – La ministra del turismo Daniela Santanchè con il Presidente del Senato Ignazio La Russa

Affari illeciti e coinvolgimento della moglie di La Russa.

Dimitri Kunz, compagno di Santanchè, è indagato per aver acquistato una villa a Forte dei Marmi insieme alla moglie di La Russa, Laura De Cicco, e di averla rivenduta (ad un suo amico) ad un prezzo molto elevato, guadagnando così più di un milione di euro da una “lecita” (dicono i suoi avvocati) operazione commerciale avvenuta dopo circa un’ora dall’acquisto. Questa attività insieme ad altre legate alla società Visibilia (in odor di bancarotta e affini) sono state considerate sospette e hanno portato un avviso di garanzia alla ministra.

Difesa di Giorgia Meloni e la questione extra politica.

La presidente del consiglio, Giorgia Meloni, nonché segretaria del partito Fratelli d’Italia (di cui fa parte anche la ministra dal 2017)  ha difeso Santanchè affermando che la questione riguarda la sua attività personale di imprenditrice  e non ha nulla a che fare con la politica. Tuttavia, questa difesa da parte di Meloni può essere vista come tipica dei politici di una stessa casta che si proteggono a vicenda.

@Web – Un fotoritratto di Daniela Santanchè

Paragone con il caso del deputato Soumahoro.

È interessante notare che quando un caso simile coinvolse la moglie di un deputato del PD, i politici di destra usarono la situazione contro il deputato stesso, nonostante fosse estraneo ai fatti che riguardavano solo la moglie e la suocera. Così che Soumahoro, spinto anche dal suo stesso Partito, rassegnò le.dimissioni dalla sua carica politica.   Questo sembra dimostrare che in certi casi il motto “la giustizia è uguale per tutti” (sintesi dell’articolo 3 della Costituzione) sia da considerare attendibile come una fake news.

In conclusione.

Le possibili dimissioni della ministra Santanchè per le accuse di affari illeciti extrapolitici hanno scosso il panorama politico italiano, ma non tanto da destabilizzare il governo. Almeno non ancora. La difesa di Meloni ha oltremodo  sollevato dubbi sulla parzialità della giustizia tra politici dello stesso schieramento. Sarà interessante vedere come si svilupperanno gli eventi e se ci saranno conseguenze politiche per coloro che ne sono coinvolti.

@Foto OggiDaniela Santanchè e Dimitri Kunz.

@Foto Oggi

E nel frattempo buone vacanze sentimentali alla fotogenica Daniela in posa con il suo bel Dimitri.

Mava Fankù

Mava Fankù by Emyliù Spataro

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BELLEZZA – MAI SENZA ROSSETTO

In copertina foto web

Abbandonato o quasi durante la pandemia causa mascherine, il rossetto torna a colorare le nostre labbra, soprattutto a Natale. Rinunciare a questo iconico cosmetico è impossibile: basti pensare che durante la crisi finanziaria del 2001, Leonard Lauder, allora presidente della Casa cosmetica Estée Lauder, creò l’espressione “lipstick index” per indicare la percentuale di vendita del rouge à levres durante i periodi di recessione. Il rossetto è da sempre elemento fondamentale del maquillage e la sua fortuna è rimasta immutata attraverso crisi, guerre mondiali, contestazioni, evoluzioni socio-culturali: insomma, mai senza.

Però ad ognuno il suo, quindi si al rosso ma stando ben attenti a quello che ci sta meglio, e senza esagerare soprattutto se si hanno denti irregolari o qualche problema da risolvere col dentista. In questo caso meglio propendere per rossetti che contengono pigmento blu, come il prugna o il rosso ciliegia. Al contrario, quelli con pigmento giallo, ossia più aranciati, metteranno ancora di più in evidenza qualche difetto del nostro sorriso.

Vi presentiamo 5 versioni dell’iconico cosmetico: potrebbe essere una buona idea concederci un piccolo regalo, che fa bene al cuore e all’autostima.

Rouge Dior edizione limitata

Con una collezione che ricorda le costellazioni, Dior presenta il Rouge in edizione limitata, contenuto in una confezione incisa con stelle e fiori. Le colorazioni sono due nuance esclusive immaginate da Peter Philips, Direttore Creativo e dell’Immagine del Make-Up Dior. Il prezzo è di 44 euro per un prodotto di fascia alta con estratto di peonia rossa e fiore di melograno.

Rouge Allure l’Extrait de Chanel

Il nuovo rossetto che associa alta intensità colore, estratto di luce e trattamento.
Una formula idratante, confortevole e protettiva grazie all’associazione di estratto di fiore di ume e di cere vegetali.
Il packaging nero e oro dall’iconico clic è reinterpretato: ultra-sottile, assicura un tratto morbido e preciso. Ricaricabile, consente di giocare con le 20 nuove tinte satinate. Le ricariche sono compatibili esclusivamente con la base di ROUGE ALLURE L’EXTRAIT.
Un risultato make up intenso e luminoso. Prezzo 55 euro.

puroBIO Lipstick CREAMY

Per chi ama le scelte biologiche e rispettose dell’ambiente, la Casa cosmetica puroBIO propone questo rossetto ricaricabile, con astuccio in plastica riciclata al 75%. La particolarità è una speciale formulazione composta da un mix di oli e cere di origine naturale al 100%. Il prodotto inoltre si prende cura delle labbra con la Cera Shorea Robusta, una cera dell’albero di Sal dalle proprietà nutrienti e protettive. Prezzo euro 15,90.

Rouge Baiser l’Authentique

L’Authentique è il rossetto iconico di Rouge Baiser. A lunga tenuta, rilascia colore pieno e uniforme dal finish mat satinato. Estremamente confortevole, grazie a uno speciale pool di resine aderisce perfettamente alle labbra. La formula è arrichita con estratto di orchidea, attivo che consente d’idratare e rendere più morbide le labbra. Ipoallergenico. Prezzo euro 18.

Velvet lips di Astra

La Casa cosmetica italiana propone questo rossetto dalla texture fondente e cremosa che si prende cura delle labbra, grazie alla formulazione leggera e oil free. Si indossa e si scorda di averlo per la sua leggerezza. Il prodotto è disponibile in cinque intense colorazioni. Prezzo euro 4,50.

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VIDEO SEMPLICEMENTE ROSELLA. DI FIGLI, DI GENITORI, DI RAZZISMO E DI ALTRE TOSSICITÀ

L’attrice teatrale Rosella Mucci torna sul magazine con una breve videoriflessione che, a partire dai fatti di Milano che vede come attori una ragazza e Leonardo La Russa, si sofferma a quanto il sistema familiare possa essere responsabile della formazione personale dei giovani, eredi involontari di dinamiche familiari e introiezioni a base di pregiudizi e tossicità varie.

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FRAMMENTI. Personale di Alessandro Angeletti dal 18 al 23 luglio a Roma

Martedì 18 luglio 2023 vernissage della mostra personale dell’artista Alessandro Angeletti dal titolo “Frammenti”.
L’evento, organizzato e curato da Spazio 40 Art, si terrà presso la Galleria Il Laboratorio di Roma, in Via del Moro 49, dal 18 al 23 luglio 2023.

@Alessandro Angeletti


La Mostra sarà accompagnata dalla monografia “Angeletti 1975 – 2022”, curata da Silvia Ranzi (edita da PRINP Editoria d’ Arte, Torino 2023), autrice anche del testo di presentazione.
“Una carriera Cinquantennale ricca e feconda contraddistingue il variegato percorso dell’artista Alessandro Angeletti, nato a Roma, con formazione presso il Liceo Artistico di via di Ripetta e studi universitari di Architettura.
Il suo immaginario stilistico si afferma a partire dagli anni ’70, stagione in cui si affaccia quella “Poetica del frammento” da lui amata, perseguita nella valenza ideativa ed operativa per una ricomposizione unitaria del mondo sensibile, tra ideale e reale, mediante la tecnica del collage, con l’adozione di stralci di rotocalchi, arricchita da pastelli, inchiostri e vividi colori acrilici. Tali “metamorfosi formali”, cui si dedica fino al 1985, rappresentano peculiari ricostruzioni nella polifonia del “di-segno”, desunto dal reale: rivisitato in senso figurativo o secondo proiezioni astraenti e geometrico – lineari, “mappe iconiche” del suo credo stilistico.
Nell’arco di tempo che intercorre dal 1985 al 2000 uno studiato Espressionismo postmoderno con accenti New-Pop – colori acrilici su legno e su tela – si consolida nelle sue avvincenti opere dai tagli inusuali, accensioni cromatiche, straniamento tematico, ricercate ambientazioni ed impostazioni compositive.
Si tratta di un’innovativa fase produttiva in cui l’artista si avvale della lettura del testo dello psicologo russo Alfred L. Yarbus ”Eye Movements and vision”( Plenum Press, New York, 1967) sulla natura attiva del sistema visivo.
Nell’esigenza di interpretare la dilagante Civiltà dei consumi dell’era Globale, il suo estro capta e narra la seduzione dei media pubblicitari e digitali che, dilagando sulle esistenze dei singoli, si riflettono nei soggetti prescelti: assorte corporeità dell’Universo Femminile, la dinamica dell’Eros di coppia, il fascino della moda imperante, per riappropriarsi di un cammino esistenziale tra, sensualità ed ironia, nella concertazione intima ed universale delle coscienze, rivisitando il MITO antico tra passato e presente.
Il desiderio di scandagliare l’intermittenza collettiva “conscio-inconscio” quale energia ancestrale ed archetipica della dimensione multietnica e multiculturale dei popoli, induce Angeletti, dagli anni ’90 ad oggi, ad appassionarsi allo studio dell’Astrologia, pubblicando due significativi saggi nel 2009 e nel 2012 con Phasar Edizioni: “La Rivoluzione Natale in Astrologia. Come leggere una rivoluzione annuale in modo completo”, e “Astrologia delle Località. Come migliorare la nostra vita con la Rilocazione Astrogeografica”.
Le argomentazioni acquisite si tramutano in fonte ispirativa da cui nasce la realizzazione di un originale Ciclo di opere dalle carismatiche iconografie, cariche di accenti “fauve” per il loro vitalismo cromatico nell’arco di tempo che spazia dal 2015 al 2022.
Ideogrammi zodiacali simbolici fanno la loro comparsa secondo una Figurazione, che accoglie le ascendenze dialettiche tra Neo Espressionismo e Graffitismi latinoamericani.
Nelle “Figurazioni eclettiche” accorpate predomina la tecnica mista dell’acrilico e sabbia su linoleum inciso, applicato su pannelli di legno, che rende ragione di una polivalente estetica dalla visionarietà fantasmagorica originale, carica di cromatismi saturi dai caldi tonalismi.
Il temperamento ispirativo ed operativo di Angeletti dimostra dunque di non avere confini nel proporre le molteplici finalità estetiche di “parabole artistiche” attinte dal Contemporaneo con accorgimenti studiati dai moderni risvolti, interprete delle nuove rivoluzioni tecnologiche e commerciali, per favorire sul piano intergenerazionale la sostenibilità laica verso un Eden sociale dei valori collettivi, evocando la sacralità relazionale nella reciprocità irriducibile della similarità umana che trova risonanza nei versi del poeta cileno Pablo Neruda: “Amo il pezzo di terra che tu sei, perché delle praterie planetarie altre stelle non ho. Tu ripeti la moltiplicazione dell’universo”, Sonetto XVI°”.
(Silvia Ranzi – Tratto da Sinestesie formali)

FRAMMENTI
Personale di Alessandro Angeletti
18 – 23 luglio 2023
Galleria Il Laboratorio
Via del Moro 49 – Roma (Trastevere)

Ingresso libero
Inaugurazione martedì 18 luglio ore 18.30
Mercoledì – domenica ore 12.00 – 21.00
Info +39.347.1405004 – spazio40@tiscali.it

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CALABRISELLA MIA FACCIAMO L’AMORE CON LA SARDELLA E IL VINO CIRO’ @ DI EMYLIU’ SPATARO

ASCOLTA DALLA VOCE DI EMYLIU’ IN CIROTANO

Passeggiando per Roma mi imbatto in una irresistibile bancarella, piena di ogni prelibatezza della Calabria Saudita, come chiamo affettuosamente la mia terra d’origine.


Luigi Veronelli, famoso giornalista gastronomo, decantò il vino di Cirò, mia cittadina natale, come un prodotto prestigioso della terra Calabrese che anticamente, ai tempi della Magna Grecia, veniva inviato in dono su delle imbarcazioni agli atleti vincitori delle Olimpiadi di Atena.


La sardella poi, “a sardedda”, una densa salsa spalmabile che si fa con il bianchetto, la neonata delle sardine, che una volta pepata e salata, viene lasciata macerare per mesi in contenitori di coccio, è un’altra specialità con la quale posso dire di essere quasi stata svezzata. Ed è per questo che la mia soglia del piccante è piuttosto elevata.


In tempi di guerra si racconta era ritenuta il “caviale dei poveri”, perché poteva essere procurata in grande quantità dai pescatori del luogo, mentre oggi è considerata una specialità, confezionata in vasetti invoglianti e venduta a prezzi quasi turistici anche per gli indigeni.


Veniva messa anche nel “morzeddu” dei contadini, l’antica colazione che non si prepara nei piatti, ma nella pitta, un pane tipico calabrese, stemperandone il piccante con olio d’oliva e una buona bottiglia di Cirò, dal caldo colore rosso rubino, e dal sapore intenso e vellutato, pregno di fruttati sentori di bosco. Il Cirò con la sardella è la morte sua.


E potrei continuare descrivendo altri prodotti, come il Burrino, morbido formaggio a forma di piccolo palloncino, imbottito di burro fondente, e la formosa provola calabrese, che fusa come la scamorza sprigiona paradisiache fragranze, ma mi fermo qui, perché solo a scriverne sento un nostalgico languorino, e mi si gonfia il popò come un palloncino.


Calabrisella vostra Mava Fankù di Emyliù Spataro

ASCOLTA “TARANTA REGGAE” di EMILIO SPATARO, MUSICISTA ETNICO di CIRO’ MARINA

IL SABATO TEATRALE: CRISTO E LA MADDALENA, UN INCONTRO D’AMORE. DI KHALIL GIBRAN

ASCOLTA IL BRANO INTERPRETATO DA ALESSIO PAPALINI, ATTORE TEATRALE

Fu nel mese di giugno che lo vidi per la prima volta.

Camminava nel campo di grano quando passai con le ancelle, ed era solo.

Il ritmo del suo passo era diverso da quello di ogni altro uomo, e non somigliava, il suo incedere, a nulla che avessi mai visto. Non è in quel modo che gli uomini misurano con i passi la terra.

Mi fermai un istante e sollevai la mano in segno di saluto. Ma lui non si voltò, lui non mi rivolse lo sguardo.

Lo odiai.

Respinta in me stessa, così mi sentii; e fredda come se intorno a me infuriasse una tempesta di neve. Ero scossa da brividi.

Quella notte lo vidi in sogno; mi dissero, dopo, che gridavo nel sonno e mi agitavo senza pace nel letto.

Era il mese d’agosto quando lo rividi. Il mio schiavo, l’egizio, venne da me e disse: «Quell’uomo è venuto di nuovo. È là, nel tuo giardino, seduto all’ombra del cipresso».

Guardai, e fremette l’anima mia, perché lui era bello. Indossai allora abiti di Damasco, sandali dorati e lasciai la casa per andare da lui.

E quando l’ebbi di fronte, gli dissi: «Buongiorno a te».

E lui disse: «Buongiorno a te, Miriam».

E mi guardò, e i suoi occhi notturni mi videro come nessun uomo mi aveva mai vista. D’improvviso fui come nuda, e ne ebbi vergogna. Eppure mi aveva solo detto: «Buongiorno a te».

Gli dissi allora: «Non vuoi entrare nella mia casa?».

E disse lui: «Non sono già nella tua casa?».

Allora non capii cosa intendesse: oggi lo so.

E io dissi: «Non vuoi dividere il pane e il vino con me?».

E lui disse: «Sì, Miriam, ma non ora».

E la voce del mare era nelle sue parole, e la voce del vento e degli alberi. E quando le pronunciò, la vita parlò alla morte. Perché, amico mio, io ero morta, sappilo. Ero una donna che aveva divorziato dall’anima. Vivevo separata da questo essere che ora vedi. Appartenevo a tutti gli uomini, e a nessuno. Prostituta, mi chiamavano, e donna posseduta da sette demoni. Ero maledetta, ed ero invidiata.

Ma quando i suoi occhi d’aurora guardarono i miei occhi, tutte le stelle della mia notte si dileguarono, e io divenni Miriam, solo Miriam, una donna ormai perduta alla terra che aveva conosciuto, e che si era ritrovata in un mondo diverso.

E ancora e nuovamente gli dissi: «Vieni nella mia casa e dividi pane e vino con me».

E lui: «Perché m’inviti a essere tuo ospite?».

E io: «Ti prego, vieni nella mia casa».

Tutto quello che in me era zolla, tutto quello che in me era cielo, lo chiamava a gran voce.

Lui allora mi guardò, e il meriggio dei suoi occhi era su di me, e disse:

«Tu hai molti amanti, ma io solo ti amo.

Gli altri, quando ti sono vicini, amano se stessi: io amo te in te stessa.

Altri uomini vedono in te una bellezza che appassirà prima ancora dei loro anni.

Ma io vedo in te una bellezza che non appassirà mai, e nell’autunno dei tuoi giorni questa bellezza non avrà paura di specchiarsi, e non conoscerà oltraggio. Solo io amo in te l’invisibile».

Poi disse a voce bassa: «Va’ ora. Se questo cipresso è tuo e non vuoi che sieda alla sua ombra, andrò per la mia strada».

E io gridai a lui e gli dissi: «Maestro, vieni nella mia casa. Ho per te incenso da bruciare, e una bacinella d’argento per i tuoi piedi. Tu sei un estraneo ma non sei un estraneo. Ti supplico, vieni nella mia casa».

Allora si alzò e mi guardò proprio come immagino che le stagioni dall’alto guardino verso il campo: sorrise.

E ancora disse: «Tutti gli uomini ti amano per loro stessi. È per te che io ti amo».

Poi se ne andò.

Nessun altro uomo camminò mai come lui camminava.

Era un soffio nato nel mio giardino, che alitava verso oriente?

O una tempesta, che avrebbe squassato sin dalle fondamenta tutte le cose?

Non lo sapevo, allora, ma quel giorno il tramonto dei suoi occhi uccise in me il drago, e divenni una donna, io divenni Miriam, Miriam di Mijdel.

Khalil Gibran

Gesù figlio dell’uomo

Licenza musica:

Title: Orchestra 3
Author: Magenta Six
Source: https://freemusicarchive.org/music/magenta-six/orchestra/orchestra-3/
License: CC BY 4.0
Edit

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LE DESTRE AL GOVERNO: COSA E’ CAMBIATO NEL BENE E NEL MALE? @ LA PILLOLA POLITICA DI MAVA FANKU’

Se le sinistre non sono più quelle di una volta, le destre sono fedeli a se stesse fin dall’avvento della Repubblica. Si possono solo camuffare per insinuarsi nel nostro ordinamento democratico, procurando danni grossi e grossolani. Da quando queste destre sono al Governo cosa è cambiato nel bene e nel male? Facciamo un riassuntino.

Hanno cominciato a ottobre scorso, freschi di insediamento, con la norma anti-rave. Chissà perchè? Forse per sedare i tafferugli studenteschi in corso all’università La Sapienza di Roma contro il governo Meloni appena entrato in carica? Ma, probabilmente, anche per reprimere con largo anticipo il “rave” forse più fastidioso per il pensiero destro: le manifestazioni della comunità LGBTQ+ in previsione del Pride.

@FotoWeb Striscioni di protesta all’Università la Sapienza di Roma

Ma l’anti-rave non è andato perfettamente a buon fine, in quanto assai ambiguo, così l’hanno dovuto ridimensionare e correggere. Questa una sintesi del testo: “Viene limitata l’applicazione del nuovo articolo introdotto del codice penale, il 633-bis, ai soli organizzatori di grandi raduni su terreni altrui, in cui si faccia anche uso di sostanze stupefacenti che li punisce con il carcere da 3 a 6 anni e con multe da 1.000 a 10.000 euro. Ciò a patto che “deriva un concreto pericolo per la salute pubblica o per l’incolumità pubblica“. Per i partecipanti varrà sempre l’articolo 633, invasione di terreni ed edifici, con sanzioni pecuniarie e detentive più lievi (reclusione da 1 a 3 anni e una multa da 103 a 1.032 euro”. (Fonte La Repubblica).

@FotoWeb Roma Pride 2023

E il Pride di Roma? Hanno tentato di boicottarlo prima concedendo e poi negando il patrocinio della Regione Lazio a guida FdI, in un valzer impazzito di dichiarazioni. Come volevasi dimostrare. E magari l’anno prossimo ci riproveranno con altro.


Ma sorvoliamo le “quisquiglie” dei diritti e libertà violate, continuando ad osservare un recente rigurgito destro: i privilegi delle caste, con lo stop al taglio dei vitalizi per i senatori. Ma che bravi! Forse serviva a questo abolire il reddito di cittadinanza? E cos’altro?

@Foto Ansa – Massimo Percossi- L’aula del Senato della Repubblica, in occasione del Question Time, Roma 29 giugno 2023.

Ah, quasi mi sfuggiva la cosa più importante: cioé la matassa ingarbugliata dei massimi sistemi economici che, probabilmente, con tutto l’impegno che il cucuzzaro delle destre avrebbe potuto metterci se fosse stato in buona fede, non sarebbe riuscito a risolvere per mancanza di competenze. 

Più facile attuare lo scellerato piano di allontanamento dall’Europa ritardando i tempi di accettazione del prestito europeo.

E così il nostro Presidente Giorgia, proprio in questi giorni, sollecitata dalla necessità,  procede in corsa al cambiamento di 10 obiettivi per il Piano. Alcuni sono cambiamenti formali, addirittura solo lessicali. Altri chiedono più tempo e alcuni vanno a ridurre l’ambizione degli investimenti. Ma solo così l’Italia, in forte ritardo, può ancora sperare di ricevere i fondi europei.

@Foto DagoSpia – Il presidente del consiglio Giorgia Meloni con il ministro per gli affari europei Raffaele Fitto

Per ricevere in tempo le rate del Piano, l’Italia avrebbe dovuto completare una serie di obiettivi a scadenza regolare. Target non legati a una facile approvazione di leggi per vietare o autorizzare comportamenti a discrezione dell’esecutivo, ma opere da mettere a terra, contratti da siglare o bandi da assegnare.

Troppi investimenti e troppo lavoro, non sia mai!

Tuttavia, da quando è entrato in carica, il governo Meloni non è riuscito a portare a termine questi impegni assunti con la Commissione europea e le rate del PNRR continuano a slittare.

Al fine dI risolvere questo pasticcio – già costato all’Italia più di 7 mesi di ritardo nel ricevere la terza rata da 19 miliardi che ancora non si vede – il governo Meloni ha messo una toppa al pantalone sdrucito.

Mava Fankù

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LA VIDEORICETTA DI CHEF VENIO: UN’INSALATA DI RISO DA LECCARSI I BAFFI!

Insalata di riso:

Riso per insalata 250 g
Parmigiano grattugiato 50 g
Sale
Pepe
Mezzo limone
Zucchine 3
Prosciutto cotto a dadini 200 g
Tonno sott’olio di oliva 3 scatole
Mozzarella 250g
Fontina o groviera 150 g
Uova sode grattugiate 3
Olio extravergine di oliva

Procedimento:

Cuocere e freddare il riso (non freddarlo del tutto, la sua umidità è importante per far si che i sapori si distribuiscano uniformemente).
Mentre l’aquila bolle e il riso cuoce, tagliare a cubetti le zucchine e saltarle con olio, aglio, sale e pepe.
Mettere il riso in una ciotola larga e coprire con pellicola.
Iniziare a condire il riso con olio extravergine di oliva, sale, pepe, parmigiano e il succo di mezzo limone o un lime, mescolare con le mani, poi iniziare a mettere gli ingredienti partendo dal tonno, mescolando sempre con le mani; aggiungere il prosciutto cotto, la groviera, la mozzarella e infine le zucchine, ricordandosi che ogni aggiunta di ingrediente è un passaggio, quindi mescolare ogni volta.
Prendere le uova sode grattugiate, aggiungere olio extravergine di oliva, sale, pepe e emulsionare con una forchetta o una frusta, aggiungendole al riso.
Coprire con pellicola e fare riposare in frigo 2-3 ore .
Il riso tiepido non freddato completamente, continuerà la sua cottura, liberando l’umidità bloccata dalla pellicola; questo permetterà una maggiore e migliore sapidità dell’insalata di riso, avendo un piatto gustoso e non “insipido” già dal primo giorno, senza dover aspettare il giorno dopo per assaggiare un insalata di riso ricca e gustosa ,risparmiandoci la domanda: “Perché il giorno dopo è più buona?”.


Buon appetito e fate i buoni!

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“RITRATTE. DONNE DI ARTE E DI SCIENZA”13 luglio – 10 settembre 2023 al Museo Carlo Bilotti | Aranciera di Villa Borghese, Roma

Dal 13 luglio, presso il Museo Carlo Bilotti di Roma, apre al pubblico “Ritratte. Donne di arte e di scienza”, una mostra fotografica dedicata ai volti, alle carriere e al merito di donne italiane che hanno conquistato ruoli di primo piano nell’ambito della scienza e dei beni culturali.

L’esposizione, promossa da Roma CapitaleAssessorato alla CulturaSovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, è curata e realizzata dalla Fondazione Bracco in collaborazione con Arthemisia.
Servizi museali Zetema Progetto Cultura.

La mostra, attraverso gli scatti del fotografo di fama internazionale Gerald Bruneau, mette in luce non solo la figura ma anche e soprattutto le capacità professionali di 40 donne che hanno raggiunto posizioni apicali nel loro settore.

Un itinerario eclettico di immagini e parole, che si snoda in luoghi spesso nascosti, tra vaste sale rivestite di marmi di palazzi d’epoca e laboratori di ricerca inaccessibili, per raccontare la guida sapiente di queste professioniste che non di rado propongono – attraverso la loro stessa biografia – un modello di governo inclusivo e ispirante.

La mostra propone due percorsi espositivi distinti ma complementari, oggi riuniti per la prima volta in un’unica esposizione, fortemente voluta da Fondazione Bracco nell’ambito del proprio intervento di contrasto agli stereotipi di genere e di promozione delle competenze, concepiti rispettivamente come asse prioritario di intervento per raggiungere la parità e unico discrimine per qualsiasi sviluppo personale e collettivo.

Ritratte. Donne di arte e di scienza” alterna dunque storie di donne alla guida di primarie istituzioni culturali del nostro Paese e di alcune tra le più importanti scienziate italiane, in un ideale unione di saperi tra arte e scienza, un viaggio esemplare tra luoghi d’arte e laboratori scientifici.

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I TAROCCHI – IL DIAVOLO, TRA SEDUZIONE E INFERNO

In copertina: Alexandre Cabanel “L’angelo caduto”, 1868

Il tuo fasto è disceso negli inferi, come la musica delle tue arpe. Sotto di te si stendono le larve, i vermi sono la tua coperta. Come sei caduto dal cielo, astro del mattino, figlio dell’aurora! Come fossi precipitato a terra, tu che aggredivi tutte le nazioni! Eppure tu pensavi in cuor tuo: “Salirò in cielo, al di sopra delle stelle di Dio erigerò il mio trono. Siederò sul monte dell’assemblea, ai confini del settentrione. Salirò sulle nubi più alte, sarò simile all’Altissimo”. (Is. 14: 11-14)

Dopo la trasformazione iniziata con La Morte, che ha dato vita alla prima di due figure alate, ora l’angelo dalle ali candide della Temperanza lascia spazio all’oscurità e alle fiamme che avvolgono il Diavolo.

Disponendo gli Arcani Maggiori in due file da 10, lasciando fuori mazzo lo 0 e il 21 (Matto e Mondo), notiamo immediatamente che l’Arcano V, il Papa, si pone sopra e specularmente al Diavolo, la Carta XV. In pratica il pontefice, che rappresenta Dio in terra e tutto ciò che ha a che fare con il culto dell’amore e del bene, sta all’opposto del Diavolo, signore e pontefice degli inferi. Quindi, nel mazzo si trovano due papi: uno del mondo di sopra e uno del mondo di sotto.

Anche la raffigurazione delle due Carte è molto simile: nel Papa, abbiamo una figura assisa su un trono, con il pastorale e la tiara, simboli del potere spirituale; davanti a lui sono inginocchiati due oranti. Il Diavolo domina da un piedistallo, tenendo tra le mani una torcia, e col capo ornato da lunghe corna. Ai suoi piedi si vedono due figure umane, che tiene legate con delle catene.

Le similitudini appaiono quindi evidenti, e laddove il Papa rappresenta il potere spirituale, il Diavolo al contrario ci parla delle passioni umane: il sesso, la gelosia, l’energia dirompente, il fuoco che arde il cuore, l’attrazione, il magnetismo, il fascino. Non era forse Lucifero – il portatore di luce – il più bello degli angeli? E il Diavolo dei Tarocchi non regge forse una torcia? Si parla di seduzione del male; ma si viene sedotti da ciò che vogliamo possedere, che ci piace, che ci lega – come le catene che vediamo raffigurate nella Carta – ai nostri desideri terreni. Per liberarci dal Diavolo dobbiamo guardarlo in faccia e conoscerlo: per questo motivo questo Arcano rappresenta anche una prova che il consultante deve affrontare. Le Carte vicine ci diranno se riuscirà a superarla.

Al contrario, il Diavolo assume un forte significato negativo. Si dice che col diavolo contro non si può iniziare niente, quindi si faccia attenzione agli inganni, alle dipendenze, alle illusioni, alle bugie. Mentre nel Diavolo al diritto l’energia è dirompente, qui invece essa subisce un blocco. Solo studiando bene la stesura completa sarà possibile comprendere come rimuoverlo affinché possa riprendere a fluire.

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UN PROCESSO PER STUPRO (ALLA PRESUNTA VITTIMA)

Cosa avete voluto? La parità dei diritti. Avete cominciato a scimmiottare l’uomo. […] Se questa ragazza fosse stata a casa, l’avessero tenuta presso il caminetto, non si sarebbe verificato niente!”. Arringa dell’avvocato Palmieri, da “Un processo per stupro” (1980, Einaudi).

Se verrà dimostrato quello che racconta mia figlia, e io credo a mia figlia, lei resterà segnata per tutta la vita. Spero che chi deve indagare e giudicare sappia valutare oggettivamente i fatti, indipendentemente dalla potenza politica del padre“. Con queste parole rilasciate al quotidiano La Repubblica, il padre della ragazza che ha denunciato per stupro Leonardo La Russa, figlio per presidente del Senato, intende chiarire la sua posizione e quella della figlia, presunta vittima. Presunta non in senso dispregiativo, bensì tale in quanto la giustizia sta lavorando, La giovane, secondo il centro antiviolenza della clinica Mangiagalli di Milano “presenta ferite compatibili con la violenza sessuale.

Non siamo qui per istituire un processo: sarà compito dei magistrati chiarire la vicenda. E’ invece intollerabile il lancio di fango verso questa ragazza e prima di lei, verso quella che denunciò uno stupro subito da Alex Grillo & amici, figlio del comico Cinque Stelle. Entrambe le donne sono state attaccate pesantemente dai padri dei giovani, forti della loro posizione politica: La Russa ha dichiarato che “la ragazza aveva assunto cocaina” e perciò le sue dichiarazioni erano inaffidabili; ma se la giovane davvero fosse stata drogata questo sarebbe stato um motivo in più affinché Leonardo evitasse contatti fisici con lei, visto lo stato di alterazione.

https://www.repubblica.it/politica/2023/07/07/news/ignazio_la_russa_figlio_indagato_violenza-406972083/

Beppe Grillo invece, diffuse un video dai toni accusatori e maschilisti, a difesa del figlio accusato di stupro di gruppo. Vedere per credere. Tra l’altro proprio oggi lunedì 10 luglio, si tiene una nuova udienza sul caso.

Video @LaPresse

Il vero problema è che la colpa è sempre delle donne e alle donne non ci crede nessuno. Aspettare otto o quaranta giorni per denunciare un’aggressione sessuale fa decadere l’accusa? Nessuno si chiede perché queste ragazze abbiano atteso tanto tempo per recarsi dalle forze dell’ordine? Immaginiamo la paura, la vergogna e il timore delle conseguenze a lungo termine, anche sulle famiglie. Qui stiamo parlando dei figli dei politici, e sappiamo bene quanto il potere difenda se stesso. I centri antiviolenza che si occupano dei reati contro le donne sono in grado di discernere la realtà e potrebbero raccontare l’angoscia delle vittime. Ci aspettiamo da loro una presa di posizione, una dichiarazione, qualsiasi cosa possa far sentire meno sola la ragazza di Milano. Il CAV della clinica Mangiagalli ha rilasciato un referto tossicologico, individuando nel sangue della ragazza tracce di cocaina e benzodiazepine, nonché segni compatibili con una presunta violenza sessuale. Si ventila l’ipotesi, inoltre, di droga dello stupro, che potrebbe essere stata versata nel drink della giovane che, in una chat con le amiche, dichiarava di non ricordare nulla se non di essersi risvegliata in casa La Russa. Attendiamo l’esito delle indagini. Intanto, è battaglia tra maggioranza e opposizione perché il tema della violenza di genere è uno dei maggiori terreni di scontro tra PD e destre. Politicizzare il tutto non credo sia l’unica via per fare giustizia per questo e altri reati uguali. Servono i fatti. Servono i fondi, serve una rete ancora più capillare di centri antiviolenza, serve scindere l’azione di contrasto alla violenza di genere dalla partitica. Purtroppo però, a fare notizia sono solo i nomi noti, e non gli atti compiuti dai tanti anonimi sex offender, almeno finché non ci scappa la morta e ne parlano i giornali. Sono lontani o tempi nei quali “l’avvocata delle donne” difendeva le abusate, tracciando una strada che, seppur tra buche e irregolarità, noi oggi possiamo percorrere. Quanto ci manchi, Tina Lagostena Bassi!

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VIDEOVENERDI: “SINFONIE URBANE” STASERA A TOR BELLA MONACA

Una torre alta 60 metri nel cuore di Tor Bella Monaca sarà illuminata per una notte.
Uno dei mapping più grandi fatti a Roma, un’esperienza unica, immersiva, narrativa e Spettacolare. L’iniziativa si terrà la sera del 7 luglio 2023, dalle 18 fino alle 2 di notte, presso Parco della Pace (Via Vico Viganò) a Tor Bella Monaca come evento spin-off di Videocittà..

IL DOCUMAPPING

Il progetto, creato dal duo JAB, formato da Giuliano Giacomelli e Lorenzo Giovenga, con la direzione artistica di Valerio Ciampicacigli darà voce alla periferia romana restituendole il giusto spazio e riconoscimento, oltre i classici stereotipi.
Sinfonie Urbane è più di un videomapping. Si tratta di un progetto transmediale che si muove tra il video-mapping e il documentario, in un formato innovativo chiamato DOCUMAPPING.
Ad essere proiettato, e adattato nella forma di documapping, è il documentario “Sinfonie Urbane – Tor Bella Monaca”, diretto da Flavia Enchelli, scritto da Giorgia Cori e Valentina Signorelli con le musiche originali di Gualtiero Titta. Questo verrà proiettato in loop sulla facciata della torre di Tor Bella Monaca accompagnato dalla sua traccia audio. Il pubblico potrà godere dell’esperienza camminando per le vie del quartiere e consumando cibi e bevande forniti dai Food Truck presenti sul luogo.
E in occasione dell’evento a Tor Bella Monaca saranno disponibili su RaiPlay e su Rai Cinema Channel i 3 precedenti documentari del progetto Sinfonie Urbane “Primo movimento – idroscalo”, “Secondo movimento – Corviale” e “Terzo movimento – Quarticciolo/Prenestino” – sempre realizzati dal duo JAB.
Sinfonie Urbane rappresenta una straordinaria opportunità per tutti gli appassionati dell’arte
e della cultura di partecipare ad un evento unico e suggestivo, con l’obiettivo di restituire le
periferie alle periferie.

I PARTNER

L’evento, organizzato da Michela Belliscioni, è prodotto dall’Associazione Periferie Proiettate, in collaborazione con la casa di produzione Daitona, grazie ai producer Lorenzo Lazzarini, Valentina Signorelli e Lorenzo Giovenga, con il sostegno di Regione Lazio nell’ambito del bando Vitamina G.
Il progetto è in collaborazione con RAI CINEMA, con il patrocinio di Rai Per la Sostenibilità – ESG, dal VI Municipio di Roma e da ASI Nazionale e con il supporto di La Sapienza – Università di Roma.

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IL TRIO MONNEZZSKYN ☆ PUTIN + WAGNER + PRIGOZHIN = Pillola Politica di MAVA FANKÙ

Cari lettori, oggi vi presentiamo una notizia che farà tremare le fondamenta della politica internazionale. Il trio più bizzarro e pericoloso del momento è stato finalmente svelato: Putin, Wagner e Prigozhin! Ma chi sono questi personaggi? E cosa li rende così speciali?

@Photo Web – Wladimir Putin e Yevgeny Prigozhin

Vladimir Putin, il presidente genocida russo dal volto impassibile e dalle mosse imprevedibili. È lui il capo indiscusso di questa banda di loschi individui. Con la sua abilità nel manipolare le situazioni politiche, Putin sembra essere sempre un passo avanti a tutti gli altri. Ma quale sarà il suo obiettivo finale?

Wagner, non stiamo parlando del celebre compositore tedesco, ma di una misteriosa organizzazione paramilitare russa. Questi uomini senza scrupoli sembrano pronti a tutto pur di ottenere ciò che vogliono. Si dice che siano stati coinvolti in operazioni militari segrete in Ucraina e Siria. Ma quali sono i loro legami con Putin?

Prigozhin, il “cuoco del Cremlino”, come viene spesso chiamato. Questo magnate russo è famoso per aver creato un vero e proprio impero culinario, ma sembra che la sua passione per la cucina sia solo una copertura per le sue attività oscure. Si dice che Prigozhin sia il finanziatore di Wagner e che abbia stretti legami con Putin. Ma cosa si nasconde dietro questa strana alleanza?

@Photo Web – Carro armato della Wagner si ferma a 200 km da Mosca

Secondo alcune fonti, i canali Telegram utilizzati dai soldati mercenari sono pieni di messaggi di protesta e frustrazione. Alcuni sostengono che la decisione di fermarsi a soli 200 km da Mosca sia stata presa senza una valida motivazione, definendola “insensata”.

Tuttavia, ciò che desta maggiormente curiosità sono le voci cospirazioniste che stanno circolando. Secondo queste teorie, il capo della Wagner, Prigozhin, avrebbe pianificato tutto con Putin. Si ipotizza che questo possa essere stato un modo per mettere alla prova la fedeltà dell’élite russa.

Io Mava Fankù, considerata l’esperta di politica internazionale più irriverente del momento, penso che Putin, Wagner e Prigozhin sono come tre ingredienti tossici che mescolati insieme creano una miscela esplosiva di Monnezzskin. Appunto.

In conclusione, cari lettori, il trio Monnezza – ops! – è pronto a scatenare il caos nella politica internazionale. Putin, Wagner e Prigozhin sembrano avere un piano ben definito, ma solo il tempo ci dirà quale sarà il loro prossimo colpo di scena. Restate sintonizzati per ulteriori aggiornamenti sulla Pillola Politica!

Mava Fankù

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BELLEZZA -PROFUMI D’ORIENTE

Un viaggio in Oriente in due gocce di profumo: si può riassumere così l’esperienza olfattiva delle essenze arabe. Entrati di recente nelle cosiddette fragranze di nicchia, ossia quelle al di fuori dei grandi giri commerciali, i profumi arabi sono una scoperta relativamente recente. Che il mondo arabo avesse una sua tradizione profumiera molto antica è noto ai più, e i suoi prodotti sono molti; tuttavia, soltanto una decina di Case sono conosciute anche da noi.

Iniziamo col dire che i profumi arabi sono molto diversi da quelli che conosciamo, e la prima sostanziale differenza sta nel loro peso olfattivo, al quale forse non siamo abituati e che potremmo ritenere troppo intenso. L’opulenza di queste fragranze deriva dall’uso di essenze particolari, come la mirra, l’incenso, o di legni esotici come l’oud, o di fiori preziosi come la rosa damascena. D’altronde, le loro piramidi olfattive, ossia l’architettura di questi profumi, viene creata in luoghi lontani da noi, e diversi per clima, cultura e tradizioni. Come per la moda, anche la profumeria è espressione di una specifica civiltà: di qui la differenza tra le fragranze occidentali e quelle orientali.

Rosa Damascena

Prendiamo ad esempio, l’uso della rosa damascena. Si tratta di un fiore che viene dalla valle di Ta’if, in Arabia Saudita, e che si coltiva anche in Bulgaria e in Marocco, nella Valle della Rosa. L’uso di questo fiore nei profumi arabi è quasi sempre declinato al maschile, mentre in Occidente accade il contrario. Inoltre, la maggior parte dei profumi arabi sono no gender, indossabili indifferentemente da donne e uomini. Una curiosità riguarda la personalizzazione. E’ uso che ognuno abbia il suo profumo personale, unico e di nessun altro, e lo si può creare mischiando da quattro a sette fragranze diverse. Profumarsi, in Oriente, diventa anche un’esperienza mistica: il muschio, al quale venivano attribuite proprietà mistiche, veniva triturato e mischiato all’intonaco per le pareti delle moschee, accompagnando così la preghiera.

L’alta profumeria orientale è arrivata anche in Italia, soprattutto con il brand Nabeel e il suo prodotto principe: The Spirit of Dubai, una collezione di fragranze di lusso prodotte con ingredienti esclusivi, che intendono rappresentare l’essenza della città saudita attraverso un accordo di cuoio, spezie e legni orientali. Le boccette, particolarissime, sono delle piccole opere d’arte, che rendono la preziosità delle essenze. Il naso di Nabeel, Asghar Adam Ali (Al Attar), ha creato decine di fragranze, spesso premiate a livello internazionale. Il suo motto: “Sii audace, sii il primo, sii diverso”, ha portato Nabeel ai primi posti dell’alta profumeria araba e non solo, presagendo una futura forte espansione anche in Occidente. Provare per credere.

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VINCENT PETERS TIMELESS TIME DAL 28 GIUGNO AL 1 OTTOBRE A PALAZZO ALBERGATI DI BOLOGNA

In copertina: photo @Vincent Peters

Dal 28 giugno Palazzo Albergati ospita una straordinaria e seducente mostra dedicata a
VINCENT PETERS. Dopo il grande successo riscosso a Palazzo Reale di Milano, con code infinite, gli scatti del grande fotografo di fama internazionale che ha reso immortali celebrities, brand e campagne pubblicitarie in tutto il mondo, arrivano a Bologna.

“Mi ha sempre affascinato il modo in cui l’illuminazione guida e definisce le emozioni e racconta una storia – il modo in cui le persone riflettono la luce a modo loro”.
Vincent Peters



Photo @Vincent Peters

Il 28 giugno arriva a Palazzo Albergati di Bologna una delle mostre fotografiche più visitate dell’anno, dopo il grande successo riscosso a Palazzo Reale di Milano dove è stata letteralmente presa d’assalto.

Timeless Time” è il titolo del viaggio tra gli scatti iconici e senza tempo del fotografo Vincent Peters che, fino al 1 ottobre, presentauna selezione di lavori in bianco e nero in cui la luce è protagonista nel definire le emozioni e raccontare le storie dei soggetti ritratti e della loro intima capacità di riflettere la bellezza.

Christian Bale, Monica Bellucci, Vincent Cassel, Laetitia Casta, Penelope Cruz, Cameron Diaz, Angelina Jolie, Gwyneth Paltrow, David Beckham, Scarlett Johansson, Milla Jovovich, John Malkovich, Charlize Theron, Emma Watson e Greta Ferro sono solo alcuni dei personaggi famosi i cui ritratti sono esposti a Palazzo Albergati.
Scatti realizzati tra il 2001 e il 2021 da Vincent Peters che, usando un’illuminazione impeccabile, eleva i suoi soggetti a una posizione che spesso trascende il loro status di celebrità.

Quello ritratto da Vincent Peters è il mondo delle star e delle celebrities, un moderno Olimpo che dissolvendosi in un’atmosfera da cinema neorealista italiano si avvicina allo sguardo del pubblico diventando familiare e riconoscibile.
I suoi scatti sono storie oniriche, composte da un sovrapporsi di strati che dialogano tra loro completandosi. Il suo lavoro, infatti, si caratterizza per stratificazione e distinzione: ciascun elemento che converge e si condensa in ogni suo singolo scatto, forma uno strato che non perde mai la propria identità e distinzione. E nell’incontrarsi di questi strati singolari, ogni immagine di Peters arriva a raccontare una storia. Fino a diventare un film in un solo fotogramma.

Col patrocinio del Comune di Bologna, la mostra è prodotta e organizzata da Arthemisia in collaborazione con Nobile Agency e vede come sponsor Credem e FR Boutique, sponsor tecnici Ferrari TrentoProcessus e Digital Light e mobility partner Cotabo.

Photo @Vincent Peters

BIOGRAFIA
Vincent Peters nasce a Brema, in Germania, nel 1969 e all’età di vent’anni si trasferisce a New York per lavorare come assistente fotografo. Tornato in Europa nel 1995, ha lavorato per diverse gallerie d’arte e su progetti personali e nel 1999 ha iniziato la sua carriera presso l’agenzia di Giovanni Testino come fotografo di moda.
Negli anni Vincent Peters si specializza nei ritratti di celebrità, scattando campagne leggendarie per riviste di tutto il mondo, distinguendosi con il suo stile cinematografico.
Il suo portfolio comprende lavori per brand come Armani, Celine, Hugo Boss, Adidas, Bottega Veneta, Diesel, Dunhill, Guess, Hermes, Lancome, Louis Vuitton, Miu Miu, Netflix, solo per citarne alcuni. Le sue opere sono state esposte in gallerie d’arte internazionali tra cui, ad esempio, Camera Work a Berlino, Fotografiska a Stoccolma e il prestigioso Art Basel in Svizzera.

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FOTO E VIDEO: BOLOGNA RIVOLTA PRIDE 2023 LA MAREA ARCOBALENO SFILA IN CITTÀ

Sabato 1 luglio, Bologna è stata invasa dal popolo arcobaleno. Migliaia di partecipanti hanno dato vita a un lungo corteo per rivendicare e ribadire, laddove fosse necessario, i diritti della comunità LGBTQ+. Come anche a Roma e Milano, erano presenti le famiglie arcobaleno. Insieme alle 50 mila persone erano in piazza anche il sindaco di Bologna Matteo Lepore e l’attivista storico Franco Grillini.. Questo il senso del manifesto politico dell’evento, così come diffuso dal comitato organizzatore: “Scendiamo in piazza per rivendicare le nostre istanze politiche. Una riforma radicale del diritto di famiglia: a partire dalla molteplicità di forme di cura e di affetto che caratterizzano le nostre famiglie queer, chiediamo il matrimonio egualitario, il riconoscimento alla nascita dei figli e delle figlie di tutte e tutti, la possibilità per tutti di adottare e di accedere alle tecniche di riproduzione assistita, ma anche strumenti giuridici flessibili che permettano di riconoscere il ruolo di cura di persone care ulteriori rispetto ai due genitori, e che supportino i legami di cura e di responsabilità reciproca anche al di fuori della la coppia; vogliamo inoltre che la vita personale e i legami affettivi delle persone migranti siano completamente tutelati dal rischio di espulsione“. Lo slogan del Rivolta Pride è stato: “Lotta e cura senza paura”. 

Video @Daymotion @Il Resto del Carlino

SFOGLIA LA GALLERY

Photo @Schicchi @Il Resto Del Carlino

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“LE SORELLE FATALI(TA’)” – STORIA DI UN VIAGGIO LUNARE CON SPETTACOLO @ Emyliù con Vita e Jasmine

Video estratto dello spettacolo e podcast con la voce di Emyliù ♡

Non è stato facile stanare Emyliù dal suo rifugio lunare, ma Vita e Jasmine erano le uniche terrestri ad avere le coordinate extrasensoriali per localizzare la sua navicella sul lato oscuro della Luna, dove nessun umano aveva mai piantato bandierine, tantomeno rainbow.

La seconda edizione della QUEER WEEK per l’Estate Fiorentina prevedeva un talk show pomeridiano, al quale le tre performer erano state invitate dal direttore artistico Valerio Bellini; e dopo una serie di videoconferenze, quel salottino di tricoteuses si trasformò in un vero e proprio spettacolo in prima serata, con tanto di racconti, canzoni e proiezioni che mostreremo qui nei momenti salienti.

Tre persone non conformi che si ritrovano dopo tre lustri per raccontare al pubblico i loro percorsi paralleli, vissuti singolarmente in sociale solitudine.

Certo, Vita e Jasmine, conosciute durante i famigerati Traduni del Tra-Tra – Transgenderismo e Travestitismo (storico gruppo di socializzazione su Yahoo) erano già all’epoca più social e attiviste Lgbt (negli anni 10 il Q+ ancora non c’era nella sigla), mentre Emyliù già allora andava ai Tra-duni del Tra-Tra per cantare come una chanteuse d’altri tempi in fantastiche feste di Capodanno a Torino o Desenzano del Garda.

Se si pensa che durante un lungo viaggio di ritorno in macchina da Torino a Firenze (città di Jasmine e Vita), Emyliù, che poi proseguì per la sua Roma, tra vicendevoli racconti di vita, espresse il desiderio di realizzare qualcosa di artistico insieme, il loro ritrovarsi nel 2023 – 23, come in una apocalittica chanson di Dalida, il 23 di Giugno, appare davvero fatale e con un pizzico di metempsicosi.

E così, sotto un metafisico tendone a strisce bianche e rosse in quel punto di verde pittorico della campagna toscana, “Le tre sorelle fatali(tà)” come in un arazzo bucolico rupestre si avvicendano su un grande palcoscenico del Lumen, posto meraviglioso che ricorda le oniriche scampagnate di pasquetta dell’infanzia.

Ma la cosa più bella sono state le persone coinvolte, che hanno reso possibile il miracoloso ritorno di Emyliù sulle scene, nelle classiche vesti da cantora e narratrice, insieme alle sorelle fatali: l’empatica Vita Palamanca, che oltre a raccontarsi ha condotto con brio la serata, e Jasmine Piattelli, che si è narrata con una voce profonda e vellutata.

E nel finale catartico, quando avviene l’unione quasi carnale con il pubblico, attraverso quella buona manciata di secondi di applausi che ripagano, lasciando allentare tutto, dopo il panico da palcoscenico e il concedersi completamente anima e corpo, ritrovandosi con il microfono in mano, dice la verità:

Vi ringrazio con tutto il cuore Vita e Jasmine, perchè se non mi aveste chiamata sarei rimasta come in un sogno lunare che va/ sto navigando senza gravità/ vedo la Terra azzurra lassù/ di una struggente bellezza da qui/ ma com’è bella se vista così/ la la la la la la la la la la”.

Emyliù Spataro

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VIDEOSABATO: GLI APPARTAMENTI SEGRETI DI MARIA ANTONIETTA A VERSAILLES RIAPERTI AL PUBBLICO

Dopo un restauro durato dieci anni, gli appartamenti privati di Maria Antonietta sono stati riaperti al pubblico. L’occasione è stata la celebrazione dei 400 anni dalla costruzione della reggia di Versailles, voluta dal Re Sole per celebrare i fasti della monarchia, visitata ogni anno da circa 7 milioni di persone.

Video YouTube @France24

Gli appartamenti privati di Maria Antonietta costituivano il rifugio dagli obblighi dell’etichetta reale, ed erano il luogo nel quale la sovrana incontrava gli amici più cari e i figli in un clima di libertà e informalità. Accedendo attraverso una porta segreta posta nella camera da letto, si entra in un ambiente raccolto nel quale non era possibile accogliere più di dieci persone, formato da una biblioteca, un boudoir e una sala da biliardo, affacciati su un cortile interno della reggia. Il restauro non è stato facile, anzitutto perché mancavano testimonianze documentali circa le decorazioni; tuttavia, si pensa che due delle stanze, tra cui il boudoir della regina, fossero decorate con rivestimenti murali in toile de Jouy con ananas, un frutto portato in Europa da Cristoforo Colombo nel 1493, la cui rarità lo aveva reso un simbolo di ricchezza e potere, permettendo così la ricostruzione degli ambienti. Gli archivisti hanno trovato inoltre prove di stoffe e materiali scelti dalla regina per tende e tappezzerie durante i moderni lavori di ristrutturazione. Il risultato è stato quello di riportare alla luce stanze luminose e “leggere” nell’arredamento e nelle decorazioni.

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CAPELLI DA FAVOLA? I CONSIGLI DI IDOLA ROMA, ECCELLENZA PARTENOPEA DELLA CAPITALE

Se fino a qualche anno fa, per le donne era quasi obbligatorio tagliarsi i capelli al compimento degli “anta”, ora per fortuna le cose sono cambiate. Le nostre mamme, e per chi è più giovane, le nostre nonne, lo sapevano bene: i quaranta anni erano l’anticamera della maturità, per non dire della vecchiaia, e non era più appropriato, per una donna, sfoggiare una chioma fluente. Per non parlare poi dei capelli bianchi, soggetti a una caccia senza esclusione di colpi e mascherati con cachet e tinture varie, spesso dai colori improbabili. Così, si vedevano donne con chiome corvine che cozzavano con una pelle non certo freschissima, e anziane con capelli dai riflessi azzurri, simili alle fate delle favole. Per non parlare poi del temutissimo e leggendario ‘rosso menopausa’, ossia quel colore tra il fiamma e il mogano, appannaggio delle più trasgressive (si fa per dire) cinquantenni di qualche decennio fa.

I consigli di Pako, art director di Idola Salon Roma

“Per questa stagione abbiamo pensato a colori caldi, che vanno dal castano cioccolato fino al biondo miele, abbandonando i toni freddi che spopolavano da qualche anno, Ma ovviamente ogni cliente è diversa ed è quindi importantissimo scegliere bene la nuance giusta”. Questo è il consiglio principale di Pako, direttore artistico del salone Idola di Roma. I fondatori del brand sono tutti partenopei, dimostrando ancora una volta, laddove ce ne fosse bisogno, l’eccellenza del nostro Meridione.accoglienza è calorosa e gentile, come da tradizione napoletana: le clienti sono prima di tutto ascoltate, coccolate con l’immancabile caffè e lo staff, giovanissimo e in buona parte proveniente dal sud Italia, lavora con entusiasmo sotto lo sguardo vigile di Pako. “I nostri saloni mettono la cliente al centro offrendo anzitutto una consulenza professionale che si basa non solo sulle sue richieste, ma anche sullo stato di salute della chioma”, continua l’art director. “Anzitutto tuteliamo e preserviamo i capelli, offrendo trattamenti mirati alle varie esigenze. Per esempio, in autunno quando la caduta diventa più evidente, è bene curarli con prodotti a base di tea tree oil, che li nutre e ne favorisce la crescita. Non esistono formule miracolose per avere capelli da favola, perché è la genetica a farla da padrona, ma si può avere una bella chioma curata usando i prodotti giusti”.

E i capelli bianchi?

La pandemia ha cambiato tutto, anche nell’hair style. Complice la chiusura forzata dei parrucchieri, camuffare le ricrescite bianche si è rivelato un problema, soprattutto per quelle che hanno meno manualità. Certo, gli spray ritocco hanno aiutato, ma coprire centimetri di ricrescita avrebbe significato quasi cimentarsi in una riverniciatura auto. Così, le donne hanno iniziato a mostrare i capelli bianchi, prima fra tutte Caroline di Monaco, seguita dalla bellissima Andy McDowell, alla regina Letizia di Spagna, e dalle tante donne che incontriamo nella vita quotidiana. Se pensiamo che fino a qualche anno fa era quasi impensabile mostrare l’argento nella chioma, pena essere considerate irrimediabilmente vecchie e obsolete, ora invece sono tantissime le donne che scelgono di non colorare più i capelli. “Portare il bianco lo trovo molto attuale, e consiglio di abbinarlo a tagli sbarazzini che danno verve e leggerezza”, dice Pako. “Il mio consiglio in questo caso è di enfatizzare il trucco, in quanto rendendo bianca la cornice del viso, l’attenzione andrà a focalizzarsi sulla sua parte centrale: quindi si a un make up bilanciato ma visibile, senza per questo essere marcato”, continua. “ E poi, sicuramente i capelli bianchi vanno curati con trattamenti anti giallo e nutriti, in quanto la mancanza di melanina li può rendere più fragili”, conclude il direttore artistico di Idola Roma.

Curvy e capelli. Qual è la scelta migliore?

E’ ancora vera l’equazione magra/capelli corti e curvy/capelli lunghi? “Assolutamente no. Ora viviamo in un’epoca nella quale una donna può osare quello che più desidera senza perdere il suo fascino. Basta giocare sulle giuste proporzioni e soprattutto valorizzare la bellezza di ognuna”, questo è il consiglio di Pako.

Mettiamocelo in testa: la bellezza non ha età, perché ogni età ha la sua bellezza.

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NEL 2023 CALO DELLE DONNE IN PARLAMENTO @ La Pillola Politica di Mava Fankù

Nel 2023, 23, cantava Dalida negli anni 60, ipotizzando un futuro ancora lontano e per noi ora presente, in modo non abbastanza apocalittico rispetto alle attuali catastrofi planetarie: dalla pandemia al minaccioso conflitto bellico russo-ucraino, fino ad arrivare al fenomeno più leggero, seppur socialmente grave, del calo di presenze femminili in parlamento.

La Camera delle Donne in Quirinale.

Dunque, benvenuti nel 2023! Persino gli uomini primitivi avevano più donne nelle loro caverne, di quante ne abbiamo noi oggi in Parlamento.

Ecco a voi il nuovo patriarcato alla moda: le donne di destra che non minacciano la supremazia maschile. Come Meloni, prima fra tutte a capo del maggiore partito di destra Fratelli d’Italia (mentre ”Le Sorelle d’Italia” sono una coppia di drag queen a capo dei Pride), nonché prima donna Presidente del Consiglio nella storia della nostra Repubblica, ma nella pratica come se fosse un uomo. 

Un collage di donne di destra

Un pò come si diceva di Ilary Clinton o Margaret Thatcher, che erano donne ritenute politicamente maschili.

Ma cosa importa avere più donne in Parlamento quando abbiamo ancora le idee di decenni fa?

L’importante è che le donne politiche siano belle, sorridenti e silenziate. Per non disturbare il patriarcato in azione.

E la Schlein che è diversamente bella e con idee anti-governo Meloni? È attaccata da ogni direzione, persino dalle sue stesse sinistre. Pensiamo al tormentone populista della sua armocromista da 350 euro l’ora, usato per discreditarla, partendo dal pretesto di un solo rigo, estrapolato dal contesto di una esaustiva intervista molto politica su Vogue, celebre rivista di moda e costume demonizzata come emblema del capitalismo.

Elly Schline

Discriminazione vera e propria verso una moderna donna di sinistra, boicottata anche dagli stessi compagni comunisti ortodossi che, pur di affossare il Partito Democratico, ”traditore del popolo”, preferiscono queste destre oscurantiste per minare il sistema.

Donne di destra unitevi contro il progresso e la liberazione femminile! E chi se ne importa se le donne sono meno del 31% oggi in Parlamento?

La camera delle donne in Quirinale

Forse invece di elezioni democratiche, dovremmo iniziare a votare per il sesso e il colore dei capelli dei politici. Almeno avremmo più donne bionde e procaci con un look berlusconiano, e meno Boldrini e Schlein che poco piacciono ai palati dei poteri forti.

In bocca al lupo alle donne emancipate della politica, sperando che presto imparino a mimetizzarsi, apparendo meno temibili e minacciose per gli uomini di potere.

Mava Fankù

Dalida canta “Nel 2023”

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“VOLEVO FARE IL GIORNALISTA”. POESIE, RIFLESSIONI E REALTA’ NEL LIBRO DI GIUSEPPE DI MATTEO

Volevo fare il giornalista.
Ogni giorno
mi tocca vendere l’anima
per due parole
che non hanno valore
(tratto da “Volevo fare il giornalista” di Giuseppe Di Matteo)

Alcuni lo definiscono il mestiere più bello del mondo e altri ne vengono attratti grazie ai film che celebrano le gesta dei big della stampa: il giornalismo in realtà è duro, è lotta, è un mondo difficile, a volte impossibile, nel quale vivere e lavorare. Giuseppe Di Matteo, classe 1983, ha al suo attivo diverse raccolte di poesie e un lungo curriculum in varie redazioni. “Volevo fare il giornalista” (2023, 4 Punte Edizioni), è l’ultima opera del giornalista e poeta pugliese; una raccolta di poesie brevi ma potenti che rappresentano situazioni vissute dall’autore, “un atto di accusa in versi” nei confronti di un mestiere a suo avviso “sempre più schiavile”. Grazie alla scrittura incisiva, scabra, essenziale, il libro si legge velocemente e altrettanto velocemente si rilegge, perché i componimenti sembrano dilatarsi ad ogni nuova lettura, liberando i significati racchiusi nei versi. Il libro, disponibile sui maggiori canali di distribuzione, è stato illustrato da Liliana Carone.

La copertina del libro

“Volevo fare il giornalista” (4 Punte Edizioni) è il titolo del suo ultimo libro. Sembra suonare molto provocatorio, soprattutto nei tempi attuali, dove gli attacchi alla professione sono molti. È così?“.

“In realtà non è affatto provocatorio e nemmeno tanto allusivo: sono un giornalista professionista da quasi dieci anni, ma non riesco a farlo come vorrei. Colpa soprattutto della precarietà che ormai è l’anima più profonda di questo mestiere. Per quanto riguarda gli attacchi alla professione, il primo non viene dai suoi nemici, è un fuoco amico. Alludo al modo in cui la professione sta cambiando per volontà di chi la esercita: ci si sta allontanando dal giornalismo di qualità, che era anzitutto un gioco di squadra, per inseguire altre logiche. Il racconto del mondo e della realtà viene quotidianamente sostituiti da un chiacchiericcio spacciato per cronaca: un’assurdità. La continua ricerca del sensazionalismo è un altro veleno che sta inquinando non poco quello che, a mio avviso a torto, viene considerato il mestiere più bello del mondo”.

Cosa salva del giornalismo attuale?

“La sua missione, che è la ricerca della verità. Ma anche l’opportunità che esso regala, e cioè raccontare il mondo. Lo si può fare in molti modi: io, per esempio, amo scrivere di attualità e cultura. Presto però l’arcobaleno scompare, per tanti motivi. Anzitutto perché ormai il giornalismo è un mestiere sempre più schiavile: tolti i privilegiati e i divi televisivi, gli altri fanno la fame o vivono tra mille difficoltà. Non si assume praticamente più, e quando lo si fa il talento non è quasi mai l’elemento più importante: spesso contano il nome che hai e le relazioni che puoi offrire. In secundis, il giornalismo è un mestiere feudale. Esistono infatti i proprietari terrieri degli spazi e degli argomenti: il che significa mettersi in fila per anni per ottenere al massimo un osso rosicchiato. Non parliamo poi dei compensi. Molti collaboratori esterni vengono pagati pochissimo: eppure sono loro che mandano avanti la baracca. Ma ci sono anche altri problemi. Il giornalismo è diventato un mestiere terribilmente impiegatizio: chi lavora in redazione spesso passa il suo tempo a passare i pezzi degli altri, a titolare e a riempire boxini; non si esce più, salvo lodevoli eccezioni; si è incatenati alle notizie d’agenzia e al web. Ma il giornalismo più vero e autentico è quello che ti permette anzitutto di parlare con le persone, di vedere e riferire.

A mio avviso, comunque, giornalismo più bello è quello che si fa in radio, dove non si è schiavi delle immagini e conta la forza della parola. Anche la carta stampata ha un suo fascino un po’ per lo stesso motivo; poi c’è l’oceano del web, che potrebbe essere uno spazio interessante ma spesso viene riempito di contenuti pessimi o banali; il giornalismo televisivo non mi piace per niente, anche perché in molti casi non racconta nulla se non l’ego smisurato del giornalista. Ovviamente salvo lodevoli eccezioni”.

Il libro è molto diretto, crudo, vero. Quali sono state le sue emozioni durante la stesura?

“Non è stato semplice lavorare alla stesura di questo libro. Non è un’autobiografia poetica, ci tengo a precisarlo, ma ovviamente c’è tanto del mio vissuto personale. So di cosa parlo, non mi sono inventato nulla. Ho tra l’altro raccolto nel libro un triste patrimonio di esperienze comuni di cui nessuno parla. Precarietà e stipendi da fame sono il pane quotidiano di tanti giornalisti che vivono del proprio lavoro e basta, senza inseguire la celebrità o patetici occhi di bue. I miei frammenti, ai quali mi auguro di aver conferito un minimo di sostanza poetica, sono dedicati non a caso ai miei compagni di sventura. Non poche volte ho avuto la tentazione di mollare, anche perché il mio è sostanzialmente il racconto di chi non ce l’ha fatta. E tuttavia è un racconto intellettualmente onesto, non un piagnisteo. Infatti, pur tra mille difficoltà e anche se ho scelto di provare la carriera dell’insegnamento, continuo a scrivere. Ho un tesserino da giornalista professionista: non rinuncio tanto facilmente a esercitare una professione alla quale ho dedicato, e dedico ancora, lacrime e passione”.

Scrittura come liberazione o libertà di scrittura?

«Direi più la prima, e mi piace citare non a caso la parte finale di una delle poesie più belle di Franco Fortini: “Nulla è sicuro, ma scrivi”.

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ROMA MAGICA: LA PAPESSA E IL VICUS PAPISSE

Narra la leggenda che la Papessa Giovanna fosse arrivata al soglio pontificio ingannando tutti sul suo sesso, ma che poi, in preda alle doglie, avesse partorito nei pressi della basilica di San Giovanni. Ancora oggi, il fatto è ricordato da un’edicola posta nel Vicus Papisse, un tratto di strada tra via dei Querceti e via dei Santi Quattro, vicino alla chiesa di San Clemente, nel cuore della Roma medievale.

L’edicola in Vicus Papisse

A chi non conosce questa storia, l’edicola potrebbe sembrare una semplice, piccola costruzione in onore della Madonna, dove i fedeli appongono gli ex voto per grazia ricevuta. Come è accaduto molto spesso, la Chiesa ha operato una stratificazione, o meglio una sostituzione: in questo caso, sostituendo al ricordo del parto scandaloso la purezza di un’immagine della Vergine, quasi a esorcizzare, a santificare un luogo contaminato.

L’interno dell’edicola tra via dei Querceti e via dei S.S.Quattro

Secondo la narrazione, la Papessa Giovanna era una donna inglese educata a Magonza che, grazie al suo fisico androgino, riuscì a divenire monaco e successivamente pontefice dall’855 all’857 col nome di Giovanni VIII. Durante una solenne processione pasquale, mentre tornava da San Pietro verso la basilica lateranense, il cavallo che montava la disarcionò, provocandole così il parto e svelando il segreto della sua femminilità. Qui la leggenda si fa confusa: secondo alcune versioni sembra che Giovanna morì a seguito del parto; altre la vedono rinchiusa in un convento, o addirittura legata per i piedi a un cavallo, trascinata lungo le vie di Roma e infine lapidata. Del bambino si sa poco o nulla: sarebbe diventato vescovo di Ostia, ma altre voci affermano che morì alla nascita.

Miniatura del 1420

Quella che pare una leggenda sembra però contenere una verità, purtroppo ancora attuale: ossia la proibizione per le donne consacrate di intraprendere la carriera ecclesiastica, come invece è consentito gli uomini; di amministrare i tutti i sacramenti; di ambire al trono di Pietro, relegandole invece ad una vita monastica, quasi come fossero le serve di vescovi e sacerdoti. Giovanna diviene così un’icona femminista: ha il coraggio, l’ambizione e la furbizia per ingannare il clero romano, accedere a studi assolutamente proibiti a una donna e diventare addirittura papa. Certo che la scoperta della sua femminilità, vista in quest’ottica, fu uno smacco pesantissimo per gli uomini a capo della Chiesa cattolica, e quindi, probabilmente, lavato col sangue. Ma Giovanna aveva creato un precedente, facendo comprendere alle donne che avevano il potere di cambiare le cose. Pur condannate all’ ora et labora senza nessuna possibilità di studiare; private dei loro beni familiari, stornati in favore dei fratelli in nome di una logica ereditaria dove, se i soldi non erano sufficienti a stringere un buon matrimonio, una delle figlie veniva spedita in convento; Giovanna rappresentava per queste donne un’ideale di libertà che bisognava assolutamente cancellare, precipitandola nella dannatio memoriae perpetua.

Che sia vero o che si tratti di un mito, purtroppo non esistono documenti che comprovino i fatti; ma la presenza dell’Arcano II, La Papessa, nei Tarocchi è molto interessante.

Partiamo dal fatto che i Tarocchi si sono diffusi nel Medioevo, dapprima apparentemente come un innocente gioco di carte, sebbene sia evidente che il loro linguaggio è molto più profondo. Proprio per questo, le raffigurazioni dovevano indicare eventi, persone, situazioni facilmente riconoscibili da tutti e, vista anche la forte componente religiosa nella vita medievale, che si ritrova nel Papa, nel Giudizio, nel Mondo, nella Morte, la Carta della Papessa pone almeno due interrogativi.

Il primo è: perché si è deciso di inserire la Papessa nei Tarocchi, se si tratta di una figura di fantasia? Si poteva pensare a qualsiasi altra figura di erudita, anche di epoca diversa. Perché non una Vestale oppure una sacerdotessa egizia?

Il secondo riguarda invece la veridicità della figura del pontefice donna: la Carta della Papessa vuole tramandare la memoria di Giovanna, per evitare che si perda tra le nebbie del tempo?

Se così fosse, i Tarocchi sarebbero stati concepiti anche come un mezzo per raccontare quello che non si poteva dire all’epoca, aggiungendo così un altra modalità di utilizzo, dopo quella del gioco e della divinazione.

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I MONDI DI GINA – l’imperdibile mostra dedicata alla Lollobrigida a Roma, Palazzo Poli fino al 8 ottobre

Una mostra di oltre 120 fotografie interamente dedicata alle mille arti della “diva eterna” Gina Lollobrigida che fu attrice, ma anche fotografa, disegnatrice, scultrice e persino cantante di grande talento. 

Un omaggio alla vita di questa icona universale, illustrata da foto provenienti dall’Archivio Luce Cinecittà, dal Centro Sperimentale di Cinematografia e dal MuFoCo – Museo di Fotografia Contemporanea- e da altri archivi, filmati inediti e alcuni dei suoi favolosi gioielli Bulgari, degli abiti e dei costumi di scena che entrarono nella storia insieme all’Artista.

video @Archivio Luce

Vorrei essere ricordata soprattutto come artista e, perché no?, anche come attrice”: se questo è una sorta di testamento spirituale che Gina Lollobrigida affidò ad un’intervista, la mostra “I Mondi di Gina” promossa dal Ministero della cultura con Archivio Luce Cinecittà – è sicuramente un tassello fondamentale per comporre il profilo di questa artista straordinaria.

Ideata e curata dal Sottosegretario del MIC, Lucia Borgonzoni e dalla Presidente di Cinecittà, Chiara Sbarigia, “I Mondi di Gina” è un tributo all’eclettico talento di una delle più grandi attrici della storia del cinema italiano e internazionale. La Mostra – realizzata dal Luce nelle sale di Palazzo Poli, che si affaccia sulla Fontana di Trevi è un viaggio affascinante che ripercorre la sua intera vita illustrata da foto provenienti dall’Archivio Luce Cinecittà, dal Centro Sperimentale di Cinematografia e dal MuFoCo – Museo di Fotografia Contemporanea – e da altri archivi.

“I Mondi di Gina” esporrà: oltre 120 fotografie, 2 abiti originali realizzati per l’Attrice da Gattinoni e 2 costumi di scena dei film “Venere Imperiale” e “La donna più bella del mondo” realizzati da Costumi d’Arte e alcuni gioielli Bulgari. Inoltre, saranno proiettati filmati inediti che raccontano la vita privata – grazie alla gentile concessione di Andrea Milko Skofic –  e quella pubblica della grande attrice.

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AQUARIUS. SONIA BRAGA E IL POST FEMMINISMO MILFICO @ PENSIERINI FILMICI DI MAVA FANKU’

Continuando il viaggio nello streaming di film A.C. (Ante Corona), mi sono imbattuta felicemente in “Aquarius” di Kleber Mendonca Filho con una notevole interpretazione di un’attrice famosissima per il pubblico televisivo delle soap operas.

Sonia Braga è di una intensità commovente, e in questo ruolo prende corpo quasi come riscatto nella sublimazione magistrale delle telenovelas brasiliane (dove si parlava sempre di cruzeiros), delle quali questa oramai grande attrice anche di cinema è stata la prima e indiscussa regina.

Qui il tema ricorrente dei capitoli in cui è suddivisa la storia è la casa. La Casa intesa come identità originaria e valore primigenio da preservare, valore materiale e sopratutto affettivo. Aquarius in alcuni momenti potrebbe sembrare lento e prevedibile, ma questa lentezza, che io amo quando un film mi prende, e’ funzionale allo stile narrativo del regista.

Anzi, è proprio nella lentezza delle azioni forse prevedibili che si gustano meglio i dettagli filmici, come la consumata arte interpretativa della protagonista che raggiunge l’apice nei suoi folgoranti primissimi piani, ma anche degli altri interpreti, davvero bravi e tutti credibili, in una realistica e sorprendente cinenovela d’autore.

Via via che la pellicola scorre, tra scene quotidiane di dialoghi e confronti familiari e amicali, vien voglia di conoscere questa donna e se ne apprezza il coraggio. Clara, critica musicale in pensione, una donna imperfetta come madre e moglie, anche in un particolare del corpo per un suo male combattuto e vinto, ma integra nei sentimenti più profondi per la sua numerosa famiglia e per i suoi amori, che ha sempre anteposto sopra ogni altra cosa.

La scena di sesso con un aitante gigolò, consigliatole da una sua amica trasgressiva, può essere letta come l’affermazione di un certo “neo-post-femminismo-milfico” di quelle donne che hanno vissuto e fatto la rivoluzione sessuale alla fine degli anni sessanta, ma anche come un naturale e disperato attaccamento alla vita di una donna ancora bella ma non più giovane e sola.

Comunque girate ad arte anche le scene hard di un festino pornografico, che lei spia dall’uscio socchiuso della porta. E un mirabolante piano sequenza, degno di Antonioni, girato probabilmente con camera mobile su carrello, che parte da una coppia mentre ha un rapporto sessuale rupestre, passando sull’adiacente campo sportivo dove si gioca una partita di pallone, per poi entrare da una finestra e fermarsi sul viso di Clara, in relax su un’amaca, che illumina d’improvviso lo schermo con la luce emanata dall’incredibile volto di Sonia Braga.

Lo stabile dell’Aquarius, che titola il film, è un originale progetto architettonico degli anni 40 costruito sul lungomare residenziale di Recife, ed è oramai deserto e abitato solo da Clara e dalla sua fedele domestica.

Lei non solo si ostina a non volerlo abbandonare, malgrado le ripetute pressioni familiari e le allettanti offerte di un giovane e cinico imprenditore edile che vuole farci business ma, sostenuta da un amato nipote, inizia una vera e propria guerra contro la società che sta comprando tutti gli appartamenti del quartiere, con avvincente finale a sorpresa.

Ed è sempre l’Aquarius e la sua splendida spiaggia adiacente, l’articolato set in cui si dipana l’intricata e intrigante trama di questo bel filmone di 140 godibilissimi minuti. Fa da contrappunto una fitta colonna sonora di brani musicali dei mitici anni 80 dei quali Clara ha una ricchissima collezione di vinili, molti rarissimi e ognuno dei quali ha una sua storia ed è legato ad un suo preciso ricordo di vita. Magnifica la canzone brasiliana scelta nel finale sui titoli di coda.

Film da vedere e ascoltare.

Parola di Mava Fanku’

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IL VIDEOSABATO: “VATICAN GIRL” QUARANTA ANNI SENZA EMANUELA ORLANDI

Dopo 40 anni dalla scomparsa, non si sa ancora niente di Emanuela Orlandi. Il 22 giugno 1983, Emanuela scomparve dopo essere uscita dalla scuola di musica, in pieno centro di Roma, risucchiata in un buco nero lungo 40 anni. Tra mitomani, depistaggi, silenzi, omissioni e omertà la famiglia non si è mai arresa. Pietro Orlandi, fratello della giovane, ha speso la sua vita per trovare la sorella finché, durante un brevissimo incontro con papa Francesco, il pontefice gli ha detto: “Emanuela è in cielo, pregate per lei”.

Vatican girl”, la serie Netflix, analizza in base alle testimonianze e ai pochi documenti, un caso ancora aperto. Proponiamo ai nostri lettori un estratto della serie. ricordando che domenica 25 giugno Pietro Orlandi ha organizzato un sit in che partirà da piazza Giovanni XXIII fino ad arrivare a piazza San Pietro, per chiedere finalmente la verità su Emanuela.

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LETIZIA BATTAGLIA SENZA FINE, LA MOSTRA ALLE TERME DI CARACALLA FINO AL 5 NOVEMBRE

NEL TRENTESIMO ANNIVERSARIO DEGLI ATTENTATI MAFIOSI A SAN GIOVANNI IN LATERANO E A SAN GIORGIO AL VELABRO, LE TERME DI CARACALLA ACCOLGONO UNA MOSTRA OMAGGIO ALLA FOTOGRAFA SICILIANA, PALADINA DEI DIRITTI CIVILI.

Le Terme di Caracalla, ampliando il loro percorso di visita, accolgono dal 27 maggio al 5 novembre 2023 la mostra Letizia Battaglia Senza Fine, un omaggio alla fotografa siciliana, paladina dei diritti civili.
«Letizia Battaglia rappresenta un connubio esemplare tra impegno civile, sentire sociale e sguardo artistico – spiega Daniela Porro, Soprintendente Speciale di Roma –. Nel trentesimo anniversario degli attentati a San Giovanni in Laterano e a San Giorgio al Velabro la Soprintendenza le dedica questa mostra, inaugurando alla fruizione due nuovi ambienti delle Terme di Caracalla, per dimostrare come le sue immagini raccontino a tutto tondo un’epoca entrando a pieno titolo nella storia della fotografia».
Promossa dalla Soprintendenza Speciale di Roma diretta da Daniela Porro, organizzata da Electa in collaborazione con l’Archivio Letizia Battaglia e la Fondazione Falcone per le Arti, la mostra è curata da Paolo Falcone.

«Questo nuovo progetto mantiene la tradizione di comporre un’opera unica, atematica, atemporale e priva di gerarchie dove fotografie iconiche, appunti di viaggio, vita quotidiana costruiscono una narrazione aperta per conoscere e scoprire i tanti aspetti di Letizia Battaglia. E la sua grandezza – dice il curatore, Paolo Falcone -. Una costellazione di fotografie dove amore e dolore, dolcezza e dramma, passione e impegno, raccontano momenti della nostra storia».
Una selezione di 92 fotografie di grande formato riassume cinquant’anni del lavoro fotografico (1971-2020) di Battaglia con immagini iconiche, meno conosciute o inedite. La mostra si lascia scoprire attraverso la visita al monumento: a un focus narrativo all’interno della monumentale natatio, le Terme di Caracalla aggiungono con questa esposizione due nuovi ambienti dove sono esposti altri nuclei fotografici.
«Con questa mostra si allargano gli spazi di fruizione per i visitatori – dichiara Mirella Perlorenzi, Direttore del sito –. La Soprintendenza ha ripristinato un ingresso originale alla palestra occidentale e nell’altra sala, con la vasca, individuato il sistema di riscaldamento e un lacerto di mosaico geometrico. La continua attività di restauro delle Terme di Caracalla è una occasione di studio, ricerca e scoperta su questo incredibile monumento».
L’esposizione all’interno dell’area archeologica trae beneficio da un allestimento che rende omaggio a un’altra grande artista: l’architetta Lina Bo Bardi. A lei si devono gli espositori in lastre di cristallo temperato del Museo de Arte de São Paulo, in Brasile. Ai suoi famosi cavaletes del 1968 si ispirano le strutture espositive delle fotografie di Letizia Battaglia.
L’iniziativa si inserisce nel Caracalla Festival 2023 del Teatro dell’Opera, così nei giorni 25 e 28 luglio e 1° agosto presso il Teatro del Portico si terranno degli incontri dedicati a Letizia Battaglia e alla ricorrenza dell’attentato. In questa occasione sarà presentato il volume “Letizia Battaglia Senza Fine”, edito da Electa, dedicato alla fotografa siciliana.
«Sono particolarmente emozionato – dichiara Francesco Giambrone, Sovrintendente del Teatro dell’Opera di Roma – che il Caracalla Festival 2023 ospiti la mostra di Letizia Battaglia che ha dedicato tutta la sua vita all’impegno civile e politico e alla fotografia. Ritrovare le sue opere in uno spazio meraviglioso come quello delle Terme di Caracalla, sarà come renderle un omaggio grato e commosso».
La mostra inoltre offre l’opportunità di ricordare i trent’anni dagli attentati a San Giovanni in Laterano e a San Giorgio al Velabro a Roma, avvenuti nella notte tra il 27 e il 28 luglio 1993. Una ferita nel cuore della città storica, che si lega alle immagini più note della fotografa, quelle della spietata guerra di mafia degli anni Settanta e Ottanta, una delle pagine più sanguinose, poetiche, struggenti e drammatiche della Sicilia, ma soprattutto allo spirito di Letizia Battaglia che ha sempre guardato alla fotografia come strumento di intervento e denuncia sociale.

COME VEDONO L’ITALIA DALL’ESTERO? MISSION IMPOSSIBLE! @ La Pillola Politica di Mava Fankù

All’estero sembra che non sappiano scegliere se ridere o piangere, quando sentono parlare della situazione politica italiana. Non che le cose dalle loro parti siano molto diverse: pensiamo ad esempio, agli scandali che hanno travolto ultimamente Boris Johnson con i suoi lockdown parties. Tuttavia, a partire dalla morte di Berlusconi con funerali di Stato e lutto nazionale, fino al governo delle destre di Giorgia Meloni e Matteo Salvini, sembra che il nostro Paese sia diventato una sorta di circo mediatico di cui sparlare per distrarsi da problemi più seri.

Elly Schlein in un comizio

Anche se l’opinione europea e anche, perché no, mondiale è confusa dalla politica italiana, c’è chi guarda ad Elly Schlein con ammirazione, della cui passione per l’armocromia si è fatta un’arma di distrazione di massa. La sua voce forte e decisa e le sue scelte politiche hanno fatto molta impressione sui media internazionali, facendo sì che l’Italia continui ad essere un Paese molto interessante per gli osservatori esterni.

Nonostante tutte le difficoltà, il nostro Paese rimane affascinante per gli stranieri. La nostra storia, la cultura, la moda, la cucina: sono solo alcune delle cose che attirano l’attenzione del mondo intero. Anche se per la politica siamo considerati un Paese folcloristico, da raffigurare con facili vignette di triti stereotipi dove si mescola la pizza al bel canto, e la mafia al mandolino.

Un bacio per Silvio

Quindi, forse dovremmo prendere tutto con un pizzico di leggerezza.

Certo, la politica italiana dall’interno può essere frustrante, imbarazzante e sciagurata a volte, ma dobbiamo anche ammettere che ci offre un assortimento di contraddizioni e spunti satirici senza eguali. Quindi, invece di arrabbiarsi o preoccuparsi troppo, forse dovremmo sederci e goderci lo spettacolo.

La presidente del Consiglio Meloni e Tom Cruise durante la visita a Roma

E nella priorità dei problemi che ci affliggono è curioso vedere Meloni che riceve Tom Cruise, impegnato a Roma per le riprese dell’ennesimo episodio del suo cavallo di battaglia. “Le ‘mission impossible’ sono anche il nostro pane quotidiano al governo“. È il messaggio, accompagnato dall’emoticon di un sorriso, pubblicato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, con una foto assieme alla stella di Hollywood, ricevuto a Palazzo Chigi lunedì scorso.

Italia Mission Impossible?

Mava Fankù

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ROMA E I TAROCCHI: LA CRIPTA DEI CAPPUCCINI DI VIA VENETO

Situata a via Veneto, in una delle strade più famose di Roma, la Cripta dei Cappuccini è un luogo particolare, dove la morte è diventata arte. Questa affermazione potrebbe apparire strana, se non impossibile; ma entrando nella Cripta – formata da una serie di piccole cappelle poste l’una accanto all’altra – la sensazione è di poter assistere alla trasformazione del corpo, da unità vivente a scheletro. Trasformazione che è l’azione fondamentale dell’Arcano XIII o Arcano senza nome: La Morte.

Alla Cripta dei Cappuccini si accede attraverso il Museo omonimo: qui, giacciono i resti di circa quattromila frati. In ogni cappella si nota un pavimento in terra battuta, proveniente da Gerusalemme, dove sono sepolte le salme più recenti, contrassegnate dalle croci; poi, a seconda della dedicazione, ogni cappella presenta una sua caratteristica: c’è quella dei bacini, dove queste ossa sono state usate per creare delle architetture; oppure quella dei teschi, finanche ai rosoni che sono posti al soffitto o alle lanterne, tutte costruite con ossa. Nel progetto della Cripta però, non c’è spazio per il gusto del macabro, bensì per la riflessione sulla caducità della vita e dell’inutilità della corsa alle cose materiali.

La Cappella dei Teschi photo @Museo dei Frati Cappuccini di Roma

Sebbene venga simboleggiata differentemente su ogni mazzo, a volte come scheletro, a volte come figura vestita di nero, a volte come un cadavere a cavallo, la Morte ricopre sempre lo stesso ruolo: quello cioè, della Mietitrice, di colei che non bada alla ricchezza o al ceto di coloro che viene a prendere, facendo il suo lavoro con equità, senza distinzione tra ricchi e poveri, vecchi e giovani, re e servi.

In tempi più moderni Totò scrisse ‘A livella, poesia dedicata all’uguaglianza di fronte alla morte, dove il marchese e il netturbino valgono lo stesso, e non esiste denaro o ricchezza in grado di distinguere tra i defunti, o addirittura dissuadere la Morte dal suo passaggio. Davanti a lei, siamo tutti uguali.

Per comprendere il profondo significato di trasformazione simboleggiato da questa Carta, basta osservare la foto che segue questo paragrafo. Lo scheletro, che appartiene a una principessa Borghese, sorregge una falce e una bilancia. Pesa cioè le nostre azioni, come il dio egizio Anubis, per poi pareggiare i conti: la bilancia deve essere in equilibrio, quindi ogni azione sarà valutata attentamente. La simbologia del peso sarà poi ripresa nella carta della Giustizia, l’Arcano VIII.

Photo @Museo dei frati Cappuccini di Roma

In realtà, La Morte dei Tarocchi non vuole significare la dipartita fisica, bensì la trasformazione, il passaggio, laddove per rinascere a nuova vita bisogna prima morire, abbandonando l’esistenza precedente e le sue certezze. Nei Tarocchi di Marsiglia, la Morte è raffigurata come uno scheletro dove si notano il cranio bendato (le bende impedivano l’apertura della bocca del cadavere), le articolazioni in rosso e la spina dorsale, il braccio sinistro e la tibia destra in azzurro. Colori che si ritrovano nella lama della falce, che come da tradizione, la Morte adopera per tagliare, tanto che ai suoi piedi si trovano arti mozzati e anche una testa coronata. Ed è proprio questo verbo – tagliare – uno dei principali significati della Carta. Tagliare, trasformare, lasciar morire qualcosa per rinascere a nuova vita; cambiare, dare un taglio netto; significa anche un radicale cambio di stato.

La Carta ha un significato forte e, se ben aspettata, indica un cambiamento positivo. Se invece le Carte successive saranno critiche, oppure se uscirà rovesciata, allora il suo valore dovrà essere ben ponderato: potrebbero accadere separazioni, episodi molto dolorosi, crisi, rimozioni nel senso psicologico, e in alcuni casi anche episodi di violenza.

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FIRENZE QUEER WEEK SECONDA EDIZIONE DAL 21 AL 25 GIUGNO. IL NOSTRO EMYLIU’ SPATARO OSPITE DELLA MANIFESTAZIONE.

Ritorna per il secondo anno la Queer Week, una cinque giorni, a ingresso gratuito, di eventi organizzata da Arcigay Firenze Altre Sponde in collaborazione con Underdogs S.R.L. Società Benefit, Inquanto Teatro, Cinematografica e Lumen.

“Il nostro intento è quello di creare un contenitore dove poter declinare le visioni queer da diversi approcci facendo nascere un luogo di condivisione di sguardi e culture che arricchiscano il pubblico, rendendolo al contempo consapevole rispetto alle tematiche della comunità queer tramite la fruizione di contenuti dal respiro trasversale” commenta Valerio Bellini Direttore artistico della rassegna.

La programmazione di quest’anno nasce da una riflessione derivata dall’esperienza della prima edizione, tenutasi nel giugno 2022, che ha portato a fare leva su appuntamenti già rodati, dando spazio alla sperimentazione e all’introduzione di contesti unici nel proprio genere.

L’obiettivo principale è assecondare l’incontro e la riflessione tramite la fruizione di contenuti mirati, in un contesto di “safer space” che supporti la libertà personale e che possa lasciare a chiunque degli spunti da portare con sé anche al di fuori della manifestazione stessa.

“Siamo particolarmente orgogliose per questa seconda edizione della Queer Week, sia da un punto di vista culturale che politico” commenta Mauro Scopelliti Presidente Arcigay Firenze Altre Sponde “è la prima volta che riusciamo ad entrare nel programma dell’estate fiorentina portando  un progetto che parla di vite, arte, cultura, rivendicazione, approfondimenti e aggregazione in soli cinque giorni. Quest’anno con l’arrivo del Toscana Pride in città, il prossimo 8 Luglio, era doveroso per noi far diventare la Queer Week sempre più una manifestazione di riferimento culturale per l’intera Città”. 

Il nostro Emyliù Spataro parteciperà alla serata di venerdì 23 giugno alle 19 insieme a Jasmine e Vita, ossia Le Sorelle Fatali(tà) in un interessante talk show dal titolo “Tre persone non conformi” .

Nella foto: Le Sorelle Fatalità

A seguire il programma completo:

Mercoledì 21 dalle ore 20 – Talk a cura di CinematograFica e del festival Entre dos Mundos di Firenze, Festival del Cinema Iberoamericano di Firenze “Violenza di Genere in America Latina” Ore 21 – Proiezione del film “Alis” di Claire Weiskopf, Nicolas van Hemelryck, Colombia, 2022, a cura del festival Entre dos Mundos

Giovedì 22 – dalle ore 20 a cura di CinematograFica Talk con Florence Queer Festival, Kali Swaid e Collettivo Corpi dal margine “Vite queer e in transizione” con la moderazione di  CinematograFica
Ore 21 – Proiezione del film “SEDIMENTS” di Adriàn Silvestre (Spagna, 2021) a cura di Florence Queer Festival

Venerdì 23 dalle ore 19 – Le Sorelle Fatali(tà) in “Tre persone non conformi” con Emyliù Spataro, Jasmine Piattelli e Vita Palamanca
Ore 21 – Casa Hangar – Open Mic presentato da Ava Hangar Drag a seguire dalle ore 23 DJ Set con Ava Hangar

Sabato 24 dalle ore 19 – Talk “Genitorialità diverse, diverse genitorialità” con Aagedo Toscana, Famiglie Arcobaleno In Toscana e Genitori Rainbow
Ore 20 – Solo se ti rende felice talk con Michela Pascali di Polis Aperta con la moderazione di Valerio Bellini, Giulia Cavallini e Mauro Scopelliti
Ore 21 – Serata Monella con Monella Rai e The Rusty Bat Ore 23 – DJ Set a seguire con SARABAMBA

Domenica 25 dalle ore 19:00 – Presentazione “Ti amo mio spigolo” di Cristina Rossi, modera Valentina Granai
Ore 20:00 / 21:00 – Solo se ti rende felice con @lea.landucci per presentare “Call Me Maybe”, il suo ultimo libro, modera Valerio Bellini Ore 21 – Impro Queer a cura di Atto Uno, presenta Lea Landucci e Valerio Bellini.

La Queer Week si svolge presso Lumen in Via del Guarlone 25 a Firenze, in zona Rovezzano.

E’ organizzata con il sostegno di Estate Fiorentina 23 e PON Metro

fonte: www.arcigayfirenze.it

Articolo tratto da https://www.arcigayfirenze.it/

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BORN THIS WAY: BRIANZA OLTRE L’ARCOBALENO, CON FORZA E ORGOGLIO PER LA COMUNITA’ LGBTQ+

Nata nel 2019, BOA Brianza Oltre l’Arcobaleno è l’associazione di riferimento nel territorio della Brianza per coloro che vogliono parlare, informarsi, attivarsi e confrontarsi sulla transizione e sulla comunità LGBTQ+. Il nostro magazine ha incontrato Alex Mariani, l’attivissimo e instancabile presidente di BOA, per un’intervista che proponiamo ai lettori.

Se non abita a Roma o a Milano o in un’altra grande città, dove può rivolgersi una persona in transizione per avere informazioni o supporto? E quanto è difficile essere se stessi, soprattutto quando si vive in posti che non vedono di buon occhio una persona LGBTQ+? La realtà è che non esistono molti punti di ascolto per chi ha bisogno di sapere come fare a districarsi attraverso la burocrazia e le leggi, per ottenere il riconoscimento del cambio di sesso.

In foto: Alex Mariani

Chiedilo ad Alex.

Alex Mariani ha 48 anni, vive in Brianza e da buon brianzolo, è proprietario di un mobilificio ereditato dal padre. Alex è una persona transgender FtoM. Svolgendo un lavoro al contatto col pubblico, Alex ha dei clienti che lo hanno conosciuto prima della transizione e quando parla del suo percorso, lo fa con una battuta: “Come battevo bene il martello prima, lo batto bene anche adesso“. Per lui il cambiamento principale non è stato quindi quello fisico o anagrafico, ma voler essere se stesso, perché l’essenza della persona non si cambia: siamo esseri umani e non ruoli incasellati in categorie. Alex è presidente di BOA, Brianza Oltre l’Arcobaleno, un’associazione nata nel 2019 da un collettivo, anno in cui i soci sono riusciti a organizzare il primo Pride, che ha avuto un successo oltre ogni aspettativa. Si pensava infatti alla presenza di massimo 20 persone e invece, hanno aderito in diecimila. Terminato il Pride, BOA si è chiesta cosa potesse organizzare in Brianza, visto che non c’era nulla di che, e per questo motivo bisognava obbligatoriamente spostarsi a Milano. La prima azione è stata quella di stipulare una convenzione per uno sportello di ascolto in una sede della CGIL. E da lì, BOA ne ha fatta di strada. Pride, Tdor, iniziative di sensibilizzazione sul tema della transizione, gruppi AMA, sostegno psicologico, interventi nelle scuole e anche un articolo su Vanity Fair: BOA è diventata un punto di riferimento per quant@ vogliono informarsi o attivarsi con e per la comunità LGBTQ+.

Alex Mariani, quali sono gli obiettivi di BOA Brianza?

“I nostri obiettivi sono quelli di far uscire, e dunque fare capire alle persone, che non sono sole qui in Brianza, che non bisogna per forza spostarsi a Milano per avere il diritto di essere se stessi, che questo stesso diritto l’hanno anche nel loro piccolo o grande paese”.

Ci sono state difficoltà per diffondere la mission e le iniziative di BOA?

“La difficoltà è il territorio: la Brianza è abbastanza chiusa per la nostra comunità, facciamo scalpore e a volte diamo anche un po’ fastidio, ma noi vogliamo continuare ad esserci, ad entrare nelle scuole, a dialogare con i Comuni e ad essere un punto di riferimento per chiunque”.

Chi sono le persone che si rivolgono a voi?

“Ci sono varie persone: chi vuole intraprendere il percorso di incongruenza di genere, chi semplicemente vuol fare amicizia, chi ha problemi in famiglia o a scuola”.

Quali interventi mettete in atto per dare aiuto a chi si rivolge a BOA Brianza?

“Siamo riusciti a entrare in molte scuole quest’anno e questo ci ha permesso di parlare con le ragazze e i ragazzi che fortunatamente si sono mostrati molto preparati e anche a volte curiosi, ma nel senso buono. Abbiamo inoltre un gruppo di psicologi e avvocati che ha sposato la nostra causa e ci permette di aiutare, tramite loro, a prezzi calmierati per la persona. Inoltre continuiamo ad avere i nostri sportelli di primo ascolto a Monza e a Vimercate oltre a quello on line, e quest’ultimi sono portati avanti dai volontari e le volontarie”.

Progetti per il futuro?

“Continuare, entrare ancora di più nelle scuole perché secondo noi è fondamentale partire da lì, creare eventi formativi per la Brianza, ma anche eventi ludici in cui chiunque venga si senta al sicuro e libero” .

Vorrebbe dire qualcosa ai nostri lettori?

“Vorrei dire a chi fa parte della nostra comunità di non avere paura di uscire, di chiedere aiuto e di rivolgersi alle associazioni sul territorio, perché insieme possiamo fare davvero la differenza. A chi invece non ne fa parte vorrei dire di venire ad incontrarci, ad ascoltare, informarsi, senza partire con il pregiudizio; di avere la mente aperta, perché in fondo siamo tutti esseri umani, con i pregi e i difetti che tutt* abbiamo, che non c’è nulla di sbagliato in nessuno di noi. Ma soprattutto, che siamo veramente molto simpatici”.

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”LORO” di SORRENTINO: UNA RIPROPOSTA alla MEMORIA di SILVIO BERLUSCONI tra LUCI e OMBRE @ di Mava Fankù

“Ma te che cosa ti aspettavi? Di poter essere l’uomo più ricco del Paese, di fare il premier e anche che tutti ti amassero alla follia?..
Sì, io mi aspettavo proprio questo“.

Nell’attuale panorama cinematografico italiano in streaming, il film ”Loro” di Paolo Sorrentino si distingue per il suo coraggioso e ambizioso ritratto di Silvio Berlusconi, figura che ha segnato la storia politica, economica e sociale del nostro Paese.

In occasione della sua recente scomparsa, ci sembra interessante ripercorrere le suggestioni e le provocazioni offerte da questa sontuosa pellicola in due film, girati con la solita maestria dal più creativo dei nostri registi, dopo Fellini.

Film amato e criticato al tempo stesso, che ci mostra un Berlusconi in carne e ossa, tra miserie e nobiltà, personificato dall’inseparabile Tony Servillo, perfetto in questo ruolo, e con una sorprendente Elena Sofia Ricci nei panni della moglie Veronica Lario.

La grandezza di Sorrentino sta nel suo abile bilanciamento tra analisi critica delle ombre di Berlusconi, quali l’avidità, la vanità, il narcisismo, l’abuso di potere, le relazioni burrascose, e delle luci sull’attenzione alle sue qualità caratteriali, quali la capacità di intrattenere e di comunicare, con empatica umanità, compreso il suo goliardico cinismo.

Il regista napoletano riesce a dare vita ad un personaggio sfaccettato e contraddittorio, evitando di cadere nella trappola della caricatura e della demonizzazione, pur non risparmiando nemmeno gli aspetti più torbidi, come le sue lussuose feste nell’immensa villa di Arcore, descritte con dovizia di particolari, come dei veri e propri baccanali postmoderni.

E proprio il planare registico da un festino a un momento di familiare intimità e persino introspezione autocritica del protagonista che rende il film ”Loro” un’opera complessa e affascinante, capace di stimolare riflessioni e dibattiti.

Nonostante le evidenti critiche e il tono dissacrante con cui Sorrentino affronta il tema, è noto che la stesso Berlusconi abbia apprezzato il film del talentuoso regista.

In conclusione, “Loro” di Paolo Sorrentino rappresenta un affresco cinematografico capace di suscitare emozioni ambivalenti grazie alla sua originale e coraggiosa drammaturgia.

Vediamolo o rivediamolo in streaming per ammirare ancora una volta l’arte e la maestria di un sempre discutibile ma grande regista.

Mava Fanķù

Mava Fankù by Emyliù Spataro

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”LORO” di SORRENTINO: il film “fantasma” alla memoria di SILVIO BERLUSCONI tra luci e ombre @ di Mava Fankù by Emyliù

“Ma te che cosa ti aspettavi? Di poter essere l’uomo più ricco del Paese, di fare il premier e anche che tutti ti amassero alla follia?..
Sì, io mi aspettavo proprio questo“.

Nell’attuale panorama cinematografico italiano in streaming (finchè era distribuito), il film ”Loro” di Paolo Sorrentino si distingue per il suo coraggioso e ambizioso ritratto di Silvio Berlusconi, figura che ha segnato la storia politica, economica e sociale del nostro Paese.

In occasione della sua scomparsa, avvenuta nel 2023), ci sembra interessante ripercorrere le suggestioni e le provocazioni offerte da questa sontuosa pellicola in due film, girati con la solita maestria dal più creativo dei nostri registi, dopo Fellini.

Film amato e criticato al tempo stesso, che ci mostra un Berlusconi in carne e ossa, tra miserie e nobiltà, personificato dall’inseparabile Tony Servillo, perfetto in questo ruolo, e con una sorprendente Elena Sofia Ricci nei panni della moglie Veronica Lario.

La grandezza di Sorrentino sta nel suo abile bilanciamento tra analisi critica delle ombre di Berlusconi, quali l’avidità, la vanità, il narcisismo, l’abuso di potere, le relazioni burrascose, e delle luci sull’attenzione alle sue qualità caratteriali, quali la capacità di intrattenere e di comunicare, con empatica umanità, compreso il suo goliardico cinismo.

Il regista napoletano riesce a dare vita ad un personaggio sfaccettato e contraddittorio, evitando di cadere nella trappola della caricatura e della demonizzazione, pur non risparmiando nemmeno gli aspetti più torbidi, come le sue lussuose feste nell’immensa villa di Arcore, descritte con dovizia di particolari, come dei veri e propri baccanali postmoderni.

E proprio il planare registico da un festino a un momento di familiare intimità e persino introspezione autocritica del protagonista che rende il film ”Loro” un’opera complessa e affascinante, capace di stimolare riflessioni e dibattiti.

Nonostante le evidenti critiche e il tono dissacrante con cui Sorrentino affronta il tema, è noto che la stesso Berlusconi abbia apprezzato il film del talentuoso regista.

In conclusione, “Loro” di Paolo Sorrentino rappresenta un affresco cinematografico capace di suscitare emozioni ambivalenti grazie alla sua originale e coraggiosa drammaturgia.

Vediamolo o rivediamolo in streaming per ammirare ancora una volta l’arte e la maestria di un sempre discutibile ma grande regista.

Mava Fanķù by Emyliù Spataro

Mava Fankù by Emyliù Spataro

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VIDEOSABATO TEATRALE: “EMIGRANTI” REGIA DI CLAUDIO JANKOWSKI DAL 20 AL 25 GIUGNO AL TEATRO DI DOCUMENTI DI ROMA

L’attualità di un testo che descrive speranze, delusioni, differenze e difficoltà degli emigranti; una piéce teatrale quanto mai importante e necessaria della quale proponiamo il trailer ai nostri lettori.

“Emigranti”, di Sławomir Mrożek scrittore e drammaturgo polacco deceduto nel 2013, considerato uno dei maggiori drammaturghi della Polonia e dell’Europa Orientale, è la storia di due personaggi senza nome, AA e XX, che il pubblico scoprirà essere esuli a Parigi, fuggiti da una Polonia stretta nella morsa di Stalin. I due emigranti non possono essere più diversi: uno si dedica alla scrittura, con la quale vuole esprimere il suo dissenso alla dittatura sovietica, motivo per il quale è arrivato nella capitale francese; l’altro invece, è giunto in Francia per lavorare e così guadagnare e permettersi una vita migliore. In realtà, entrambi scopriranno quanto la libertà della quale pensano di godere sia invece solo un’illusione, ingabbiati come sono uno nell’ideologia politica e l’altro nella schiavitù del lavoro. “Emigranti” sarà in scena a Roma, al Teatro di Documenti, dal 20 al 25 giugno per la regia di Claudio Jankowski, con Riccardo Barbera e Roberto D’Alessandro.

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ROMA ESOTERICA: SAN CLEMENTE, PALAZZO VENEZIA, CASTEL SANT’ANGELO E LA FORZA DEI TAROCCHI

In copertina: photo @Giovanni Rinaldi

Nella basilica inferiore di San Clemente a Roma, a pochi passi dal Vicus Papisse, di cui abbiamo parlato qualche settimana fa, è conservato un altare dedicato al dio Mitra. Il culto di questa divinità di origine iranica, legata al sole, aveva il suo fulcro centrale a Roma, dove si trovava anche un secondo santuario, eretto nei pressi delle Terme di Caracalla. Osservando l’altare, si può vedere che su uno dei lati è scolpito il dio che tiene fermo un toro, col muso aperto come per mordere, mentre il coltello rituale lo colpisce al collo, uccidendolo. Il dio Mitra volge la testa indietro, noncurante della bestia che si dibatte agonizzante sotto il suo pugnale. Sembra indifferente, distratto, tanto si sente sicuro di sé. La basilica di San Clemente venne eretta quindi su un tempio pagano, dedicato al culto mitralico: il sangue dei tori sacrificati durante i riti serviva a ricoprire il corpo degli iniziati, e quando il cristianesimo divenne la religione ufficiale, anche qui venne operata la stratificazione sui culti e sui luoghi pagani. Questa scena di sacrificio si ritroverà raffigurata, a distanza di secoli e seppur con alcune modifiche, nell’Arcano XI dei Tarocchi, La Forza.

Basilica inferiore di San Clemente a Roma: l’altare del dio Mitra

Analogamente, a Palazzo Venezia è conservato un affresco di epoca quattrocentesca, che raffigura un uomo che afferra e tenta di aprire la bocca di una belva. Anche qui il riferimento con la Carta è molto forte. Nonostante la fiera abbia artigliato l’uomo, non scorre sangue e la figura umana appare calma e imperturbabile.

Palazzo Venezia photo @Daniele D’Ilario

Roma è stata e continua a essere una città fortemente legata all’esoterismo e ai Tarocchi, i cui riferimenti, come già abbiamo visto per la Papessa o la Morte, sono abilmente celati nel nascondiglio più sicuro al mondo, ossia sotto gli occhi di tutti.

Nella stratificazione operata dalla Chiesa nei riguardi delle divinità pagane o degli elementi magici, anche l’arcangelo Michele, la cui statua svetta sulla sommità di Castel Sant’Angelo, può essere considerata una variazione all’immagine classica de La Forza. Qui, l’arcangelo è scolpito nell’atto di rinfoderare la spada dopo aver sottomesso il diavolo, in una dimostrazione di sicurezza di sé e delle proprie capacità, ma anche come trionfo della cristianità su quello che non lo è.

Photo @Peter Anton van Verschaffelt, Arcangelo Michele

La Forza è raffigurata nella maggior parte dei mazzi di Tarocchi come una donna che, senza nessuno sforzo apparente, tiene aperte le fauci di un leone, mostrando così un coraggio eccezionale. Sul capo tiene un cappello a forma di infinito, che ricorda quello dell’Arcano I, Il Mago, a confermare la continuità e il ricorso di alcuni elementi nelle Carte. La Forza rappresenta un’altra delle situazioni sceneggiate dai Tarocchi, quella dove bisogna trovare il coraggio di affrontare una situazione o i nostri demoni, e ci sarà vittoria solo se assieme ad essa, ci saranno calma e pianificazione. La Carta infatti non raffigura tensione né sangue, ma anzi trasmette serenità. La figura è elegante e composta; il suo viso non esprime odio o nessun altro sentimento negativo, ma solo tranquillità: un atteggiamento certo non usuale nel contatto fisico con una fiera, il cui apparire invece provoca terrore e fuga. Ricordiamo anche che l’Arcano XI è la somma del X (La Ruota della Fortuna) con I (Il Mago), come a significare che ognuno è artefice del proprio destino: faber est suae quisque fortunae.

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SETTE GIORNI DI LUTTO NAZIONALE (CI VUOL TEMPO PER SPARTIRSI UN IMPERO) @ La Pillola Politica di Mava Fankù⁷

Cosa rimane di Berlusconi, adesso che lo spettacolo è finito? Tre cose, a mio parere: la sua pseudoempatia; la sua verve o meglio il suo essere istrionico; e soprattutto, il suo umorismo apparentemente perbene ma di base un pò troppo arrogante, tanto misogino e molto maleducato. Non parliamo poi dei danni culturali e politici fatti all’Italia, delle vane promesse di benessere economico fatte agli italiani, e dei tanti posti di lavoro promessi e non mantenuti, salvo quelli apicali che poi sono stati ereditati dai suoi figli nelle aziende di famiglia e dai suoi sodali nei Palazzi del potere.

E sarà in virtù delle sue indubbie capacità imprenditoriali applicate anche alla sua politica, che ora, per la sua recente dipartita, sono stati proposti sette giorni di lutto nazionale, che ricordano i fatidici sette giorni della creazione dell’universo?

Io ho l’impressione che questa settimana di gramaglie sia invece la copertura di qualcos’altro. Come se dietro le quinte ci si stesse prendendo del tempo per spartirsi l’impero. Ma chi erediterà la sua posizione? Forse Tajani, ma che non potrebbe perché attualmente Ministro degli Esteri. Forse la figlia Marina, che potrebbe subentrare nella segreteria del suo partito, come si vociferava all’inizio della pandemia, quando lui si ammalò di Covid. Ma un solo essere umano non basterebbe a sostituirlo, tale è il potere esercitato per un trentennio dalla grande seduzione del berlusconismo.

Ecco, il berlusconismo: da qualche giorno circola in rete un convincente aforisma attribuito a una famosa scrittrice, da lei prontamente smentito, che descrive questo ismo come la più grande catastrofe culturale dei nostri tempi, peggiore addirittura del fascismo, perché più subdolo e sotterraneo, in quanto fortemente seduttivo e apparentemente vincente, avendo introdotto la mercificazione della cultura, dove tutto può essere venduto e comprato, in un grande calciomercato che va da palazzo Madama alle discoteche di Milano.

E proprio per saziare la sua satiresca passione per il genere femminile, quante belle donne, o ex tali, ha sistemato in politica (e non) il Cavaliere, così da munirle di reddito sicuro istituzionale e pensione a spese dei contribuenti? Salvo poi comportarsi in maniera diametralmente opposta con le donne non attraenti, che bullizzava con iconiche barzellette trash, fino alle esternazioni incommentabili su una Merkel “inchiavabile” e su una Bindi ”più bella che intelligente”.

@Foto web – Berlusconi pulisce la sedia dove si era seduto Travaglio.

Berlusconi è stato un liberale immaginario” – dichiara Bersani – che pur non andando affatto d’accordo con le idee e il carattere di Giorgia Meloni (mia opinione suffragata da quell’esilarante ripresa di appunti su fogliettini tra gli scanni del Senato, nei quali elencava tutta una serie di aggettivazioni negative nei confronti del Presidente Giorgia) – ci ha lasciato nelle mani di una destra destra”.

Ma l’antiberlusconismo migliore lo sta esprimendo Marco Travaglio, storico nemico del Cavaliere il quale, in una trasmissione condotta da Michele Santoro fece il gesto sprezzante di pulire la sedia sulla quale era stato seduto il direttore del Fatto Quotidiano, che dichiara:

Si sta procedendo ad una sorta di imbarazzante beatificazione di Berlusconi, che neanche lui approverebbe, volendo essere amato per quello che è stato, cioè simpatico si, ma anche canaglia, proprio come lo voleva la gente: una simpatica canaglia“!

@Foto Web – una commossa D’Urso ai Funerali di Stato di Berlusconi.

Santoro invece passa alla beatificazione: “Ci sono brutte cose che ha fatto Berlusconi che non gli perdono, non essendo io peraltro neanche cattolico, quindi non formulando il perdono” – afferma Michele Santoro – “ma in quella celebre puntata del mio programma, che ebbe uno share altissimo, dopo una iniziale defaiance prese in mano la scena e, durante l’intervallo mi si avvicinò e mi disse: ”Michele, ma quanto ci stiamo divertendo? Ecco quale era il suo personaggio, quando si parla della sua empatia. Poi gli dissi che era morto mio padre. Lui poggiò la sua testa sulla mia spalla e scoppiò a piangere a dirotto!“.

Spero che i miracoli di Silvio da Arcore siano finalmente finiti. I suoi seguaci avranno tempo e modo di scriverne vita e opere. Ma adesso, giù il sipario. E basta, finalmente.

Mava Fankù

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SEX TOYS: PARLIAMONE

Scordiamoci i negozi con le vetrine coperte e i clienti che prima di entrare si guardavano intorno per evitare incontri imbarazzanti; oppure l’eccitante senso del peccato che si provava nell’entrare nei sexy shop, neanche si potesse essere colpiti da scomunica. Il mercato dei sex toys cresce, anzi è in un’ascesa velocissima, complice anche il lockdown che, secondo gli addetti ai lavori, ha dato una spinta propulsiva all’acquisto di giochi per adulti. Giochi appunto, e non sostitutivi di una sana relazione umana. Però spesso le cose non funzionano così.

Sex toys: dove acquistarli

In principio c’era la paura di essere beccati sul fatto. Chi entrava nei sexy shop lo faceva a suo rischio e pericolo: poteva finire bollato come depravato se non addirittura come maniaco sessuale. Di negozi ne esistevano pochissimi e leggenda narrava che fossero un covo del peccato. Spostandosi all’estero le cose cambiavano, e molto: Londra e Parigi avevano i loro sexy shop ben visibili e centrali, addirittura nella capitale britannica i sex toys erano venduti nei negozi di intimo.

Fortunatamente, con gli anni le cose sono cambiate, seppur molto lentamente , e ora anche in Italia abbiamo negozi dedicati al piacere sessuale.

Questi shop possono essere sia fisici che on line, oltre alla categoria dei sexy shop automatici. In quest’ultimo caso si tratta di negozi consistenti in teche che espongono prodotti di tipo diverso, acquistabili digitando il codice corrispondente su un tastierino. Nessun commesso all’interno, solo il cliente. Nei sexy shop automatici può entrare una persona alla volta per motivi di privacy; inoltre, per uscire in riservatezza, è possibile guardare all’esterno del negozio grazie a una videocamera che punta il tratto di strada immediatamente prospicente l’uscita. Tutto molto riservato e sicuro.

Se poi si vuole essere ancora più riservati, allora è meglio rivolgersi agli shop on line, che garantiscono spedizioni rapide e in pacco anonimo. Anche Amazon, il gigante dell’e-commerce, ha fiutato l’affare e propone toys per tutti i gusti a prezzi competitivi.

I negozi fisici invece, sono dislocati un po’ dappertutto: rispetto all’e-commerce e ai distributori automatici, qui prevale l’aspetto umano: è possibile interagire con i commessi per togliersi dubbi e curiosità, tutto in maniera naturale e mai giudicante.

Da qualche tempo è possibile acquistare sex toys anche sul sito di una grande catena di profumerie, che ne propone di coloratissimi e discreti.

Un po’ di storia dei sex toys

Il modello più antico di fallo risale a ben 28.000 anni fa: si tratta di un manufatto di pietra trovato a Fels, in Germania. Nella Grecia antica, se ne fabbricavano in legno o cuoio imbottito, a dimostrazione che la genesi del sex toy è molto antica. Ma è soprattutto in epoca vittoriana che arrivarono i primi modelli, utilizzati soprattutto per uso medico, ossia il Manipulator e il vibratore elettrico Granville. Si pensava infatti che le donne dovessero buttare fuori i loro umori altrimenti sarebbero state prede dell’isteria (dal greco hysterios, utero), per cui questi oggetti servivano ufficialmente proprio a rilassare l’utero. Con l’avvento del nuovo secolo, e soprattutto a partire dagli anni ’70, momento della liberazione sessuale, i sex toys vennero sdoganati a oggetti di piacere e non ausili medici. Attraverso di loro, si poteva esplorare il piacere e conoscere meglio il proprio corpo.

Coadiuvanti o surrogati del partner?

Con questa domanda si entra in un campo controverso. Pensiamo per esempio ai sex robots. Questi sono l’evoluzione delle vecchie bambole gonfiabili. L’intelligenza artificiale al servizio del sesso ha dato vita a robot antropomorfi, ad altezza naturale, dei quali i clienti possono scegliere i minimi particolari; droidi che, oltre a soddisfare le richieste sessuali degli utilizzatori, sono dotati anche della capacità di interagire. Ce ne sono addirittura che riescono a citare Shakespeare. E c’è anche chi ne ha sposata una, con tanto di corteggiamento e festa nuziale: (https://www.leggo.it/esteri/news/bodybuilder_sposa_bambola_gonfiabile_corteggiata_mesi_prima_mi_dicesse_si-5623395.html).

Questo comportamento, molto al limite, sembra implicare una evidente difficoltà di relazione, oppure la volontà di non averne una. Un robot si può spegnere, a differenza di una persona in carne e ossa. E soprattutto, eliminando la relazione, che implica tempo e impegno, oltre che un livello profondo di intimità.

Le statistiche che riguardano gli acquirenti, registrano che le donne hanno infranto il tabù del sex toy, e ora li comprano tranquillamente. Esistono ad esempio, toys da borsetta non più grandi di un rossetto; e ce ne sono anche di attivabili a distanza con un’app. Insomma, il mercato si è molto evoluto.

Certamente, il toy non potrà mai sostituire appieno una relazione tra persone, se teniamo conto del fattore umano; tuttavia, risulta molto soddisfacente come coadiuvante della coppia o come strumento per regalarsi il piacere. Parlarne però non è facile: chiediamoci quante persone nella nostra cerchia ne discutono apertamente oppure quante di loro hanno ammesso di usare un sex toy, come se possederne uno significhi avere bisogno di un aiutino per soddisfare il partner. Riservatezza, vergogna, paura del giudizio: tutti fattori che impediscono il confronto, attribuendo all’oggetto una valenza negativa.

Tuttavia, una rivoluzione sarebbe auspicabile e possibile: vincere la paura del giudizio e considerare normali questi oggetti, che nessuno dichiara di avere e che tutti, o quasi tutti, hanno in casa, magari nascosti in fondo all’armadio.

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IN MORTE DI BERLUSCONI: LA @PILLOLA POLITICA DI MAVA FANKU’

Silvio Berlusconi è morto dopo una lunga degenza ospedaliera per varie complicazioni, con accanto i suoi figli e la sua compagna, senza aver mai smesso per un attimo, nei momenti di lucidità e anche non, di pensare al suo regno personale più che alla sua sempre più precaria salute. E come ogni sovrano massmediatico che si rispetti, ha lasciato di recente il suo testamento politico via etere, nel quale, volendolo esaminare senza filtri ideologici, traspare la sua fallace umanità che molti, anche dei suoi, definiscono come stancamente senile. 

Seppur mi sia sempre posta in modo ironicamente critico nei confronti della sua controversa figura, ne scriverò senza esultarne, nel mio modo emotivamente analitico, ma senza nemmeno strapparmi le vesti, lasciandone l’ingrato compito ad altri. 

@Ph Berlusconi e i suoi cinque figli

Silvio Berlusconi a differenza di tanti altri politici, ha sempre scaturito in me, e nell’immaginario collettivo, sentimenti ambivalenti, un pò come l’essenza che rimane  dei due film “LORO” di Sorrentino, in cui il regista ne descrive miserie e nobiltà, ma con umana empatia. Appunto, non è da tutti i politici ispirare complesse sceneggiature filmiche; per altri versi c’erano riusciti giusto Giulio Andreotti, Bettino Craxi e pochissimi altri.

@un giovanissimo Silvio shoman

Eppure è stato un uomo potentissimo, che da showman sulle navi da crociera è diventato l’imprenditore più ricco d’Italia (e non solo) inventandosi la TV commerciale e contrastando proficuamente il monopolio di Mamma RAI.

Ma il meglio e il peggio di sé lo ha espresso nel personale e nel pubblico, con la sua prolifica grande famiglia e con la politica. E proprio la sua carriera politica è stata caratterizzata da numerose polemiche e scandali che ne hanno spesso offuscato i (pochi) successi.

Come scordare i suoi processi, talmente numerosi da farlo parlare di persecuzione giudiziaria,  istituiti sia per reati fiscali, sia anche per le grazie di una Ruby minorenne, improvvisamente apparentata con Mubarak, così dal giorno alla notte, diventata miliardaria purché continuasse a soffrire di amnesie. Oppure le feste di Arcore, quelle del bunga-bunga e delle ragazze (s)vestite da Ilda Boccassini,  che resteranno le più famose nella storia postmoderna dei potenti della Terra, dopo i baccanali degli antichi imperatori romani come Caligola e Nerone. O anche  la festa per i 18 anni di Noemi Letizia; le Olgettine; le soubrette seminude, la Merkel inchiavabile, la Lario virago: le donne, passione e dolore del Cavaliere, e la sessualizzazione del loro corpo. 

@Silvio con Veronica Lario

Nella sua alta considerazione di sé, ha ammesso un solo errore politico, che non ha fatto in tempo a risanare: non quello delle leggi ad personam, oppure del miraggio del milione di posti di lavoro promessi agli italiani boccaloni in campagna elettorale: ma, invece, di aver creato nel suo passato remoto la coalizione di centro destra, con l’intento di rafforzare Forza Italia, e che invece ha dato voce e legittimità a partitini che all’epoca avevano a mala pena lo zero virgola e che oggi sono al Governo del Paese.

Nonostante le opinioni contrastanti, la figura di Berlusconi rimarrà sempre presente nella Storia del nostro Paese, come quella di un personaggio indubbiamente influente. 

La sua morte lascia un vuoto (si spera colmabile in meglio) nella vita politica  della nostra povera e ricca Italia, ma anche un’opportunità di riflessione e di rinnovamento per il futuro. 

Mava Fankù

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IL FOTOSERVIZIO. ROMA PRIDE 2023 IN 32 FOTO (E CE N’E’ PER TUTTI, POLITICA COMPRESA) BY @GEMMA BUONANNO

Sabato 10 giugno si è tenuto a Roma il Pride 2023, mai così ricco. Sarà forse a causa del governo delle destre, o della retromarcia del presidente della Regione Lazio? Non è chiaro e forse non è importante saperlo, ma sta di fatto che l’edizione di quest’anno è stata memorabile. Il reportage che presentiamo ai lettori è di Gemma Buonanno, la fotografa che ha documentato per il nostro magazine l’onda arcobaleno che ha animato le strade della Capitale.

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Photo @Gemma Buonanno

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VIDEOSABATO: VARIOUS VOICES 2023. IL FESTIVAL DI CORI LGBTQ+ A BOLOGNA DAL 14 AL 18 GIUGNO

Dal 14 al 18 giugno, la città di Bologna ospiterà la 15° edizione di Various Voices, il Festival corale LGBTQ+ più importante in Europa, il secondo al mondo, promosso da Legato, l’associazione dei cori LGBT* europei. La candidatura della città è stata presentata dall’associazione Komos, coro LGBT di Bologna ed è stata sostenuta da Cromatica – Associazione Nazionale Cori Arcobaleno.

Various Voices è il più importante festival di cori LGBTQ+ d’Europa, l’edizione 2023 è organizzata dall’associazione di promozione sociale Aulos, in collaborazione con Komos APS e per conto di Legato Choirs (associazione europea di cori LGBTQ+).

Il video promozionale dell’iniziativa

Si tratta di un evento non competitivo che si tiene ogni 4 anni in una diversa città europea, scelta dai cori che fanno parte di Legato.

L’obiettivo principale del festival è diffondere – attraverso la musica – messaggi, richieste, bisogni e istanze della comunità LGBTQ+, per promuovere una società più accogliente e inclusiva.

Various Voices ha una storia lunga 35 anni, con 15 differenti edizioni ospitate in varie città europee: dal 1985 a Colonia (Germania) con 4 cori provenienti da 4 nazioni, fino al 2018 a Monaco (Germania) con più di 100 cori arrivati da 19 nazioni e 2700 delegati.

Il programma completo è disponibile al link:

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MASSIMO D’AQUINO: PARTECIPERÒ AL ROMA PRIDE PERCHÉ VOGLIO ANCORA CREDERCI

Sabato 10 giugno Roma ospiterà il Pride 2023, un evento sempre oceanico ma che quest’anno per la prima volta, non vedrà la Regione Lazio tra i patrocinanti. È infatti accaduto che il presidente regionale Rocca, abbia ritirato il patrocinio precedentemente concesso, perché nella manifestazione sfileranno gruppi pro Utero in Affitto. Così facendo però, Rocca ha fatto di tutta l’erba un fascio, tanto per usare una triste ironia. Abbiamo incontrato lo scrittore Massimo D’Aquino, col quale abbiamo voluto dialogare sul senso del Pride e sulla necessità di continuare a sfilare per esserci, sempre.

Massimo D’Aquino, lei parteciperà al Roma Pride 2023?

” Ebbene sì! Anche quest’anno parteciperò al Pride, nonostante ci abbia dovuto riflettere parecchio e questo, negli ultimi anni, mi capita di farlo spesso.

Rifletto su ciò che è diventato e sul significato che ha assunto, nel corso degli anni, sfilare e quello che vedo non mi garba poi così tanto”.

Che senso ha, secondo lei, celebrare il Pride?

“Il Pride ha un significato politico, culturale e sociale.

 Il significato politico è diventato espressione di Potere, strumentalizzazione da parte di lobby che, avendo più mezzi a disposizione, sovrastano le minoranze o le usano a loro piacimento; sentirai parlare sempre le stesse persone e dire tante belle parole che spesso, purtroppo, tali restano. Si fa la gara a chi ha il carro più grosso e io vorrei un Pride “a piedi” in cui si è tutt* allo stesso livello, sfilare coi piedi per terra. Durante il “month Pride” mi pare quasi d’essere nel periodo pre-elezioni in cui si fanno a gran voce promesse puntualmente poi dimenticate.

Il senso culturale dovrebbe servire a smuovere le coscienze, a fare in modo che le persone vadano oltre i culi e le tette che spesso sono le sole cose del Pride che i tg mostrano, questo non perché io abbia qualcosa in contrario sulla massima espressione di libertà che un Pride DEVE  avere, vorrei, tuttavia, che non venisse tutto centrato su questo aspetto spettacolare e scandalistico e che, finito tutto, non si sentano i soliti discorsi da bar”.

Come ritiene che si possa sensibilizzare di più i cittadini sulle istanze LGBTQ+?

“Ognuno ha le proprie istanze:  gay,lesbiche, bisex, pansex, non binary, intersessuali, asessuali, poliamorosi, io, da persona trans ti dico che ciò che mi preme di più è uscire dal sistema che ci ha imprigionati dalla 164 in poi.

Attorno a quella legge, che al tempo ci ha fatto esultare ed oggi risulta ampiamente anacronistica e sorpassata, è stato costruito un sistema volto a far guadagnare soldi sui nostri corpi e che continua, in molti casi, ad essere tale. Pare quasi che, fatta la legge, ci si sia messi d’impegno per rendere la vita delle persone trans più complicata, anziché alleggerirla e tutto questo da parte di persone che, in linea di massima, trans non sono.

Ancora oggi per ottenere il “benestare” di un giudice che deve stabilire se tu sei o no una persona trans è necessario essere abbastanza maschili o abbastanza femminili, uniformarsi, cioè, ai canoni del binarismo che la società ci impone e se “dall’alto” vengono richieste determinate caratteristiche per essere riconosciuti, come si può pretendere che l’uomo della strada comprenda?

Quello che possiamo fare è cambiare il pensiero culturale che ruota attorno all’identità di genere; far comprendere che il benessere di una persona trans nulla toglie alle vite degli altri. In questo non ci è d’aiuto la politica attuale, lo stesso fatto, gravissimo, della revoca del patrocinio al Pride della Regione Lazio, dimostra che l’omotransbifobia è istituzionalizzata, legittimando così l’odio verso il diverso”.

Si può fare di più?

“Io cosa posso fare contro questo sistema? Da solo senz’altro ben poco, sarebbe auspicabile che l’unione di centinaia di migliaia di persone nella giornata del Pride fosse la stessa ogni giorno dell’anno e che quotidianamente si lottasse insieme per i nostri sacrosanti diritti. Purtroppo non è così e come un minuscolo frattale il sistema del movimento lgbtqi+  ripercorre le orme del sistema politico dove troppo spesso regna l’odio e l’ipocrisia, l’incapacità di confronto costruttivo e la visibilità di persone incompetenti e senza spessore che hanno il solo “pregio” di avere i mezzi per farsi notare, il danaro; proprio come nel caso di campagne elettorali vincenti.

Ciò nonostante parteciperò al Pride perché voglio ancora crederci”.

Ha in programma delle presentazioni del suo ultimo libro? Ne sta scrivendo un altro?

“Ho in programma due presentazioni di “Io che da mio padre ho preso solo gli occhi chiari”, il secondo libercolo che mette in piazza la mia storia e le vicissitudini attraversate nel corso di sedici anni di percorso di transizione, una a Monza con l’associazione BOA Brianza cui sono legato da profondo affetto e una allo Iacp (Istituto dell’Approccio Centrato sulla Persona) a Milano. Sto lavorando ad un terzo libro, completamente diverso dai primi due, sarà un romanzo che attraverserà decenni a partire dagli anni cinquanta ad oggi, sempre ruotando intorno alla mia vita ed alla mia storia di persona transessuale”.

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ROMA PRIDE 2023. INTANTO VI TOLGO IL PATROCINIO  @ La pillola politica di Mava Fankù⁷

In una sorprendente svolta degli eventi, il Roma Pride 2023 si è ritrovato nelle acque umoristicamente tumultuose della politica italiana.

La Regione Lazio ha deciso di sospendere il patrocinio istituzionale perchè considera il Pride ”una manifestazione volta a promuovere comportamenti illegali”, lasciando gli organizzatori alle prese con la ricerca di sostenitori alternativi. Ops!

Ma niente paura, cari lettori; però mi chiedo: nel bel mezzo di questo caotico dramma per la comunità LGBTQ +, la leader del partito di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, nonché nostra attuale Presidente del Consiglio, si sarà forse presa la responsabilità di festeggiare con una bottiglia di spumante?

 Mentre stappa allegramente il tappo, qualcuno potrebbe chiedersi se la negazione del patrocinio sia inverosimilmente casuale, oppure dovuta alla presenza durante la manifestazione di sostenitori dell’Utero in Affitto, altrimenti detto Gravidanza Solidale per altri, come invece affermano i rumors.

Ma noi (ego e alter ego) crediamo che questo sia solo un pretesto per cominciare a danneggiare una libera manifestazione e di conseguenza una comunità di persone i cui diritti (fosse per ”loro”) non verrebbero proprio riconosciuti.

Il Sindaco di Roma Gualtieri, invece, purtroppo per loro dell’opposizione, ha assicurato il Patrocinio del Campidoglio e di inaugurare il corteo.come previsto.

Così, mentre aspettiamo novità dai piani alti della Regione, una cosa è certa: l’Italia non manca mai di offrire una buona dose di risate e divertimento. 

Almeno a chi ci osserva dall’esterno estero, perchè dall’interno c’è poco da stare allegri per gli appassionati del libero pensiero e della libera espressione.

Come dice quella bellissima massima di Voltaire (o chi per lui)?

 ”Non condivido la tua idea, ma darei la vita perché tu la possa esprimere”.

Ecco, niente di tutto questo.

Auguri al Pride!

Mava Fankù

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“A CORPO VIVO”: LE NUOVE POESIE E LE BELLE CONVERSAZIONI SULL’AMORE CON ANNA SEGRE

Anna Segre ne ha fatta un’altra. Una nuova, bellissima raccolta di poesie d’amore intitolata “A corpo vivo”. Come lei stessa lo ha definito si tratta del frutto della sua rinascita. Abbiamo incontrato l’autrice che è anche medica, psicoterapeuta e tanto altro, per parlare d’amore e di poesia. Per chi volesse, la prossima presentazione sarà a Roma venerdì 16 giugno alla 18.30 , Polo Museale dei Trasporti in via B. Bossi, 9 nell’evento TrAmBuSto Letterario, organizzato dall’associazione Donne di Carta. Con la poeta sarà presente anche l’attrice teatrale Giuditta Cambieri.

Anna Segre, sulla copertina del suo ultimo libro di poesie “A corpo vivo”, lei ha scritto: “C’è qualcosa di più rischioso che amare davvero qualcuno?”. Cos’è l’amore per lei?

“Amore, parola riassuntiva e depistante, è la risorsa delle risorse. Non c’è che l’amore per cui si compete, si vuol essere migliori, ricchi, bravi, riconosciuti. Tutto confluisce lì, al voler essere amati, a ciò che si crede serva per essere amati (essere belli, magri, colti o con le armi più forti o coi migliori cromosomi o con la giusta collocazione sociale).

Amore, estrema necessità per l’essere umano, che può sublimarla, appunto, in ciò che crede serva per averlo, un corpo perfetto, un grande potere, un orologio di marca, è, appunto,

terribile poiché ineludibile.

Terribile poiché non protocollabile.

Terribile, per la terza volta, poiché la grande forza di chi ama non è irreggimentabile, sfruttabile, anche se le religioni e i governi ci provano riempiendo di motivazioni atte ai loro scopi (ordine sociale, guerra, riproduzione) la parola amore. E lui travalica religioni e governi trasgredendo e scavalcando i recinti, trovando una parziale rappresentazione nella musica, nella poesia, nella letteratura e nella spiritualità.

L’amore, mi viene da dire, è un dio che guida i nostri legami, che dà scopo alla nostra esistenza, che ci mette in relazione gli uni con gli altri e crea coesione, collaborazione, empatia, anche collettive.

Chi ama ne è posseduto, poiché non può né comandarsi di amare né imporsi di smettere.

La psichiatria non può chiudere l’innamoramento e l’amore in definizioni neurotrasmettitoriali esaustive che tutto spieghino, né dare una definizione dello scopo specifico dell’amore, come invece si può fare per le emozioni in genere. Ogni emozione copre uno scopo relazionale con l’ambiente.

La rabbia: sto subendo un’ingiustizia, stanno calpestando un mio diritto.

La paura: sta per succedere qualcosa di terribile. E’ certo che soffrirò moltissimo.

L’ansia: sono in attesa di qualcosa che potrebbe essere sia negativo che positivo. E se fosse negativo? Che farò?

E così via.

Con l’amore questo non è possibile, poiché per ciascuno amore corrisponde a qualcosa di diverso.

E si badi bene: non sappiamo in che modo ognuno crei questo suo dio possedente, possiamo a volte ricostruirne alcune parti, l’infanzia, i traumi, la personalità, ma mai l’intero perché del tuo innamoramento e amore.

Amare, dunque, significa, secondo me, avvicinarsi al nutrimento fondamentale e al contempo sapere che si potrebbe non averlo più per i più disparati (e fuori dal nostro controllo, come l’amore!) motivi:

cause di forza maggiore,

malattie,

morte,

famiglie avverse,

guerre,

proiettili vaganti,

il muro di Berlino,

un terremoto,

e la fine del sentimento stesso da parte della persona amata.

Amare è rischiare.

Non amare, per me, può accedere a un’assenza di senso, insomma, al costrutto di base della depressione”.

Anna Segre e Giuditta Cambieri

“A corpo vivo”. Dopo la “Distruzione dell’amore” questo titolo sembra alludere quasi a una resurrezione. E’ così?

“Sì. E’ stato come rinascere, accorgermi di amare di nuovo, dopo tanti anni. Ero come spenta, tranquilla e grigia, sempre più evanescente. E poi mi sono innamorata e, paf, ero di nuovo a tre dimensioni. E mi sono messa a scrivere le poesie per lei, per corteggiarla, per raccontarla, per ipotizzarci, fantasticarci noi, insieme, per creare linguaggio coniugato alla prima persona plurale”.

La copertina del libro di poesie di Anna Segre

Quanto ha amato, Anna Segre?

“Questo libro è il frutto della rinascita. Ho amato tanto. Sempre pensando, nel mio fondamentalismo divino, che fosse l’unica persona possibile. E’ stato come seminare, coltivare, aspettare, bestemmiare e raccogliere i frutti. E ci sono stati ogni volta, i frutti. Nel mio caso, con le mie amori, ci siamo sempre perdonate la fine della relazione inaugurando nuove stagioni di frequentazioni e progetti diversi da quello originario. No, non erano, ognuna, l’unica possibile. Però posso giurare di averlo creduto con ogni mia cellula, quando gliel’ho detto. Mi ricordo perché ti ho amata, non ho bisogno di infangare la tua memoria per lasciarti, anche quando non ti amo più. E mi ricordo perché è finita, me lo tatuo dentro, il perché della fine. Ma potrebbe essere la fine di un periodo neurotrasmettitoriale, di una curva chimica che flette in due/quattro anni e ti lascia senza più voglia di quella persona. Come la fine di una stagione”.

Quanto ha odiato l’amore, Anna Segre?

“Bestemmiando, appunto. Ho odiato (ammetto di saper odiare) l’amore come si odia qualcosa di irrinunciabile. Lui, come dio, se ne fotte di me, io invece non posso vivere bene senza di lui”.

E’ innamorata?

“Sono innamorata pazza, sì. E questo libro parla del desiderio. E’ la storia di questo desiderio, com’è nato e come si è sviluppato. Non vi dico la fine, sarebbe spoilerare!”.

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IPOTESI METAVERSO: LA MOSTRA A ROMA, PALAZZO CIPOLLA FINO AL 23 LUGLIO

Video @TuaTv @Italpress

Ipotesi Metaverso

A CURA DI GABRIELE SIMONGINI E SERENA TABACCHI
DAL 5 APRILE AL 23 LUGLIO A ROMA A PALAZZO CIPOLLA

Altalene immersive, filosofia digitale zen, tecnonatura, visori di realtà virtuale, intelligenza artificiale, sculture blockchain, poesia e suoni generativi: dal 5 aprile al 23 luglio 2023, l’ottocentesco Palazzo Cipolla di Roma, in Via del Corso, si trasforma in Ipotesi Metaverso, immersione nella mente dei creatori di mondi dal Barocco e, ad oggi, una tra le prime mostre internazionali a porsi domande e ipotesi sul concetto tecnologico/esistenziale di Metaverso.
La mostra è frutto dell’intuizione e della visione del Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele, Presidente della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale, che l’ha fortemente voluta, intercettando le tendenze più all’avanguardia dell’arte contemporanea internazionale. Non a caso il Prof. Emanuele è colui il quale ha dato vita nel 1999 allo spazio espositivo di Palazzo Cipolla a Roma, che in 24 anni ha ospitato ben 59 mostre, curandone personalmente la programmazione e spaziando dall’arte antica all’arte contemporanea sia nazionale che internazionale.
La mostra, curata da Gabriele Simongini e Serena Tabacchi, è promossa dalla Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale ed è realizzata da Poema SpA.

Una delle sale espositive multimediali della mostra

Grandi artisti del passato incontrano i contemporanei sul terreno dell’immaginazione e della creazione di nuove dimensioni spaziali/esistenziali in una mostra che vedrà insieme opere storiche di Carlo Maratti, Andrea Pozzo, Giovanni Battista Piranesi, Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Fortunato Depero, De Pistoris, Giorgio de Chirico, Maurits Cornelis Escher, Victor Vasarely, Ugo Nespolo, Giulio Paolini, Giuseppe Fiducia, Pier Augusto Breccia, Alfredo Zelli, Cesar Santos, e opere site-specific di alcuni tra gli artisti digitali più innovativi e dirompenti della scena contemporanea italiana e internazionale: Robert Alice, Refik Anadol, Alex Braga, Joshua Chaplin, Sofia Crespo e/and Feileacan McCormick, Damjanski, Primavera De Filippi, fuse*, Fabio Giampietro con/with Paolo Di Giacomo, Krista Kim, Mario Klingemann, Pak, Joe Pease, Federico Solmi, Sasha Stiles, Pinar Yoldas.
Ogni spazio di Palazzo Cipolla diventerà un mondo a sé, all’interno del quale saranno definiti regole e spazi sempre diversi: un’altalena speciale darà al visitatore la sensazione di tuffarsi in un mondo parallelo, immagini digitali prenderanno improvvisamente corpo nella realtà fisica, un’opera immersiva visualizzerà la “filosofia digitale zen”, una performance sonora creerà un’esperienza di moltiplicazione sensoriale, ci si immergerà in poesie generative, si incontreranno sculture costruite su tecnologia blockchain e opere interattive che uniscono scienze biologiche e tecnologie digitali con la creazione di una “seconda natura”. Un percorso multimediale e multisensoriale tra pittura, scultura, incisione, arte digitale, poesia, musica, fino all’intelligenza artificiale.

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IL FEMMINICIDIO DI GIULIA TRAMONTANO. QUANDO LE PAROLE NON BASTANO

Ripercorriamo le fasi del femminicidio di Giulia Tramontano, barbaramente uccisa dal compagno perché aveva smontato il suo castello di bugie, omissioni e tradimenti. Narreremo solo i fatti, lasciando le conclusioni ai lettori, perché di questo ennesimo delitto ai danni delle donne si è detto troppo e, a volte, in modo impreciso.

In foto: Giulia Tramontano. Immagini web

Dopo che Alessandro Impagnatiello è stato arrestato per il femminicidio di Giulia Tramontano, senza che peraltro abbia chiesto pubblicamente scusa alla famiglia della vittima; dopo la dichiarazione del suo avvocato, secondo la quale: “l’unica forma di pentimento che lui (Impagnatiello, ndr) ritiene abbia un senso in questo momento è quella eventualmente di togliersi la vita“, facendo così nascere il legittimo dubbio che questa presunta volontà suicida possa ridurre la severità della detenzione facendola diventare domiciliare oppure da scontare in una struttura psichiatrica; dopo che la madre del femminicida ha accettato di rilasciare un’intervista per RAI1, nella quale tra le lacrime, ha chiesto scusa di avere dato la vita a un mostro, perché la colpa non è del femminicida, ovviamente, ma della madre; a questo punto mi pare chiaro che ci sia qualcosa che non torna. Ma occupiamoci dei fatti, e non delle supposizioni.

GIULIA TRAMONTANO E TIAGO, LE VITTIME

Giulia Tramontano, immagini web

Giulia Tramontano, quando è stata ammazzata, era incinta di sette mesi di Tiago, il maschietto che avrebbe visto la luce in estate. La sua relazione con Alessandro Impagniatiello non è semplice, ma burrascosa e minata dai sospetti di tradimento, tanto che secondo Chiara Tramontano, sorella di Giulia, sembra che scoperta la gravidanza, la donna avesse pensato di ricorrere all’aborto, tornando poi indietro sulla sua decisione. Un giorno, sembrerebbe già da gennaio, scopre senza ombra di dubbio che Impagnatiello la tradisce, ma nonostante questo decide di non interrompere la relazione.

https://www.ilgiorno.it/milano/cronaca/giulia-tramontano-tradimento-omicidio-ueo8io59

Si mette allora sulle tracce dell’altra donna e la trova: è una collega di lui. Anche questa ragazza è rimasta incinta di Impagnatiello, ma ha deciso di abortire. Simpatizzano e si confidano, restando in contatto. Probabilmente messo spalle al muro durante un confronto con le prove del tradimento davanti, Impagnatiello uccide Giulia con diverse coltellate, tentando di bruciarne il cadavere nella vasca da bagno; poi, viste le difficoltà, prima lo porta in un box di famiglia, dove prova una seconda volta a dargli fuoco, e poi lo carica nel bagagliaio dell’auto e lo trasporta fino all’intercapedine di via Monte Rosa a Senago in provincia di Milano, dove il cadavere della giovane donna è stato ritrovato. Nel frattempo, col corpo di Giulia in macchina, si reca dall’ex amante per dirle che la compagna se ne è andata via, lo ha lasciato, e che ora è un uomo libero e possono ricominciare da capo. La giovane non ci crede e non lo fa salire a casa sua. Poteva essere compiuto un secondo femminicidio? Non si sa. Forse.

L’ALTRA DONNA

L’altra donna, della quale non si conosce il nome, è una ragazza poco più che ventenne, anche lei impiegata nell’Armani Bamboo Bar di Milano, come il femminicida. Ignara di Giulia, la ragazza inizia una relazione con Impagnatiello e ne rimane incinta. Non vuole portare avanti la gravidanza, così lo comunica al compagno, che si mostra d’accordo. Abortisce. Quando Giulia Tramontano la contatta e le rivela di essere incinta a sua volta, affronta Impagniatiello che, magicamente, tira fuori dal cilindro un falso test del DNA che lo esclude come padre di Tiago, accusando inoltre Giulia di avere problemi mentali. Lei però non gli crede e decide di lasciarlo.

ALESSANDRO IMPAGNIATIELLO, FEMMINICIDA

Alessandro Impagniatiello ripreso da una telecamera mentre esce da casa. Immagine web

Le foto lo ritraggono con la faccia pulita e un bel sorriso, forse le armi che ha sempre adoperato per circuire quelle donne che sono cadute nella sua rete. Padre di un bimbo di circa sette anni, mentre sono in corso le ricerche di Giulia, chiama la ex compagna e chiede di poter vedere il bambino: “Voglio stare con lui”. Anche la donna ha dovuto affrontare lo stesso passato fatto di tradimenti e bugie riuscendo però a intrattenere rapporti civili con Impagniatiello. Ma stavolta cambia atteggiamento, lo vede strano e gli nega l’autorizzazione a vedere il piccolo. 

“L’HO UCCISA PER NON FARLA SOFFRIRE”

Impagniatiello ha ucciso Giulia a coltellate sabato 27 maggio tentando poi di sviare i sospetti e continuando a inviare messaggi dal cellulare della donna alle amiche e ai familiari che tentavano invano di comunicare con lei, rassicurandoli. Impagniatiello ha viaggiato col cadavere nel bagagliaio per tre giorni, fino a quando lo ha abbandonato nell’intercapedine tra due box, poco lontano da casa. Narciso o pazzo, non sta a noi deciderlo. Quello che è certo è che ha ucciso barbaramente Giulia perché lei aveva scoperto il suo castello di bugie. Non è un vero padre, tuttavia ha avuto tre figli da tre donne diverse, delle quali una ha abortito e l’altra ha visto morire il feto che portava in grembo a seguito delle coltellate subite. Non chiamiamolo pazzo, bensì col suo vero nome: femminicida. “Mentre veniva verso la sala con il coltello che stava usando per i pomodori, ha iniziato a procurarsi dei tagli sulle braccia (…) mi diceva che non voleva più vivere (…) si era già inferta qualche colpo all’altezza del collo e io arrivato vicino a lei, per non farla soffrire le ho inferto anche io tre o quattro colpi all’altezza del collo”. Così, come si legge nel decreto di fermo dei pm di Milano.

IL PARERE DELLA CRIMINOLOGA

La criminologa Roberta Bruzzone propende per la premeditazione, mentre il GIP la esclude per motivi tecnici. Tuttavia, sembra che sul pc del giovane siano state trovate tracce di ricerche in merito a come disfarsi di un cadavere dandogli fuoco. Il video che segue, tratto dal canale YouTube di Bruzzone, è interessantissimo per la sua attenta analisi dei fatti.

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ARTISTI SULLA GIOSTRA DEL POTERE. IL CASO ARISA  @ Pensierini spettacolari di Mava Fankù

Da una ipotetica mini lista di artisti di regime.

Lorella Cuccarini è da tanto tempo che ha espresso le sue simpatie sovraniste, e lo ha fatto anche Rita Pavone, dandomi un grande dispiacere perché l’amavo tanto da piccola piccola, quando faceva Gianburrasca; la simpatica Zanicchi poi, nel passato si è candidata per Forza Italia, mentre la Berti è secondo me, una qualunquista che si presta, per esprimere le sue opinioni da popolana sempliciotta nelle trasmissioni destrorse di Rete4 & co. 

E come loro, tanti altri artisti che ad ogni legislatura montano sul carro dei vincitori, o seguono il partito preso dalle origini, perché si sa, che se si vuol fare una buona carriera, specie televisiva, occorre avere il santo in Paradiso.

Video @YouTube La Confessione – Arisa – Peter Gomez – La9

Ma il caso che sta facendo discutere  è quello di Arisa, molto amata dalla comunità LGBTQ+, che avrebbe dovuto presenziare quest’anno a due Pride, quello di Milano e quello di  Roma (come Elodie l’anno scorso),  e che di recente, durante un’intervista a Domenica In, incalzata dalla Venier ha dichiarato: “Giorgia Meloni mi piace perché ha molta cazzimma”. (https://www.liberoquotidiano.it/news/spettacoli/35935838/arisa-domenica-in-cosa-costretta-dire-giorgia-meloni.html).

Questo ha suscitato l’indignazione di molti, se non proprio un senso di tradimento per quei fans che la adorano e si sono sentiti traditi.

video @YouTube Arisa parla ai gay che la attaccano

 I dirigenti del Pride di Milano hanno annullato la sua partecipazione, così il manager della cantante che ha ritenuto opportuno consigliarle di non partecipare nemmeno al Pride di Roma, per non farla mettere in imbarazzo dalla vagonata di insulti che sta ricevendo sui social e che, probabilmente,  riceverebbe anche al Pride romano, se mai salisse sul primo carro alla guida del corteo.

  Quella di Arisa sembrerebbe una dichiarazione tornacontista per preservare ed incrementare le sue presenze televisive, magari  in prossimità dei casting di Sanremo, anche se lei ovviamente lo nega.

 In questa fase di restaurazione e vera e propria epurazione dei capisaldi del giornalismo televisivo di informazione e intrattenimento, come ad esempio Fazio, la furbacchiona Rosalba Pippa (in arte Arisa) ha preferito salire sul carro dei vincitori politici, genuflettendosi davanti alla Regina. 

Video @YouTube Arisa ”sogna” Meloni al Pride

Ma alla luce del suo ultimo video social, in cui auspica la presenza di Meloni al Pride, concediamo alla brava cantante il beneficio del dubbio.

Le opzioni sono due: o Rosalba Arisa è politicamente ignorante come una capra e non sa che le destre meloniane non sono per niente liberali (mentre quelle berlusconiane sono state “libertine” per agevolare le trasgressioni dell’imperatore), oppure è in malafede e vuole ingraziarsi la comunità Lgbtq+ in occasione del Pride con le sue finte ingenuità, per non vedere dimezzato il suo fatturato.

Ai suoi manager e commercialisti l’ardua sentenza.

Mava Fankù

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VIDEOSABATO PRIDE MONTH: “VENERE È UN RAGAZZO” IL CORTO CULT LGBTQ+ DI GIUSEPPE SCIARRA

Foto di copertina @Antonella De Angelis

Pluripremiato – dal Nice Iff per la miglior sceneggiatura al premio miglior regia per il magazine di culto Cinefact – il corto di Sciarra è diventato un cult LGBTQ+. In occasione del mese del Pride ne proponiamo ai nostri lettori la versione integrale. Buona visione!

Venere è un ragazzo parla della difficoltà di amarsi e di conseguenza della domanda che attanaglia molte persone della nostra epoca: come farsi amare in una società dove si cerca se stessi nella propria immagine e non interiormente? I protagonisti sanno che devono essere belli per essere qualcuno e per essere qualcosa per le altre persone, e ciò li porta all’accanimento sui propri corpi, a voler esteriorizzare le proprie emozioni scolpendo gli addominali o ricorrendo maniacalmente al botox. Il corto è anche un lavoro filmico che sovverte gli stereotipi sulla figura dei crossdresser e che parla di fluidità in maniera schietta, ma anche di prostituzione in modo inconsueto, visto che il protagonista non si limita a dare piacere alla sue cliente, ma anche affetto. Un affetto che la madre non è riuscita a dargli pienamente quando lui ne aveva più bisogno. Venere è un ragazzo è sicuramente tante cose, va rivisto e rivisto perché a ogni visione in soli 15 minuti riesce a dare tanti input allo spettatore. La scena finale con il brano cul, “Two men in love” della band britannica The Irrepressibles mette in scena in un gay Village fatto di piani stretti, l’amore ma anche l’amarezza di una pista da ballo dove si cerca o almeno si prova a essere felici e liberi prima di ritornare alla solitudine della realtà quotidiana”. Giuseppe Sciarra, regista e autore del corto “Venere è un ragazzo”.

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2 GIUGNO FESTA DELLA REPUBBLICA. SANDRO PERTINI E IL FASCISMO “L’ANTITESI DI OGNI FEDE POLITICA”

In occasione della Festa della Repubblica, proponiamo ai lettori un breve intervento del Presidente Sandro Pertini, intervistato sulla libertà di espressione. Nel video, il compianto capo dello Stato definisce il fascismo come “l’antitesi delle fedi politiche, il fascismo è in contrasto con le vere fedi politiche, perché il fascismo opprimeva tutti coloro che non la pensavano come lui“. Parole preziose da custodire e praticare per arginare l’intolleranza e la violenza che, troppo spesso, emergono prepotentemente nella nostra epoca.

Video YouTube @cittanet

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MIGUEL BOSÈ & COMPAGNO + 4 GEMELLI + 2 UTERI IN AFFITTO @ La pillola politica di Mava Fankù

L’orribile narrazione di un caso limite riguardante il celebre cantante spagnolo che, con il suo compagno, commissiona due coppie di gemelli a due donne con la pratica dell’utero in affitto, sta facendo il giro del web scatenando prevedibili reazioni.

E non ci si limita a questo, ma dopo sette anni la coppia decide di separarsi dividendosi i quattro gemelli, due con uno e due con l’altro, in città, Stati e Continenti diversi, separandoli e stradicandoli dal loro ambiente.

Di recente ”La Corte Suprema spagnola ha dato ragione all’artista nella causa aperta da Ignacio Palau (il compagno, ndr) che chiedeva di riconoscere ad entrambi la parternità di tutti i figli di cui due avuti dall’artista e due dal suo ex” da due donne con gravidanze surrogate.

https://www.google.com/amp/s/www.repubblica.it/spettacoli/people/2023/05/18/news/miguel_bose_vince_la_causa_contro_lex_compagno_sui_figli-400704978/amp/

Ci sono tutti gli ingredienti per fare propaganda moralizzatrice, e per stragegia reazionaria si fa questo ed altro. Ma volendo procedere ad un’analisi oggettiva del problema, faccio un pò di digressioni.

Quante coppie etero ricchissime, viziate, egoiste, tanto quanto Miguel Bosè e compagno, in altre epoche, hanno pagato ad esempio la cameriera per dare loro un bambino, perchè uno dei due coniugi non era fertile?

E ci sono particolari di queste storie, assai più raccapriccianti, presenti in letteratura, o dalle cui sceneggiature hanno realizzato film, che vengono rimossi dal comun senso del pudore della ”gente perbene”, solo perchè le coppie di questi racconti sono regolari.

Quindi mi sorge il dubbio che l’indignazione e lo scandalo di cui sopra siano strumentali, più che per la discutibile pratica in sé dell’utero in affitto, per i soggetti in questione che rappresentano un caso estremo.

Tanto per discreditare tutte le coppie omosessuali desiderose di avere un figlio, che davanti a questo racconto non solo non si identificano, ma si dissociano nettamente, restandone danneggiate.

E sono tantissimi i casi positivi di coppie omo (e non) che sono ricorsi alla ”gestazione solidale per altri” in modo umano.

Ma chissà perchè, di questi casi, non se ne parla.

Mava Fankù

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ESCLUSIVA – LE MAROCCHINATE DI STEFANIA CATALLO, IL LIBRO A PUNTATE: PARTE 1

In copertina: Rosella Mucci in “La marocchinata” (2013), corto teatrale tratto dal libro di Stefania Catallo.

Ho deciso che mi sarei occupata delle Marocchinate (il termine “Marocchinate” rappresenta un neologismo entrato nel linguaggio comune, soprattutto in Ciociaria, col quale vengono indicate le donne vittime degli stupri operati dai goumiers nordafricani nel 1944. Questo termine, sebbene possa far pensare ad una responsabilità diretta ed esclusiva dei fatti da parte di una sola etnia, non è inteso come denigratorio o razzista, bensì come espressione della cultura dell’epoca) nel 2012, ma in realtà il mio interesse verso queste donne era nato molti anni prima.
I miei genitori sono entrambi di origini ciociare, di una cittadina a pochi chilometri da Frosinone. Per anni, durante l’infanzia, ho trascorso i fine settimana e le estati nella campagna dove abitavano i miei nonni; e in tutto questo tempo non avevo mai sentito parlare di marocchinate. Avevo ascoltato qualche storia sulla guerra raccontata dagli uomini, o quella familiare, ben più importante circa l’occupazione di casa della nonna da parte di un comando nazista per diversi mesi, poco prima della battaglia di Montecassino, ma niente altro.
Un giorno d’estate, durante un dopopranzo caldo e pigro, arrivò un venditore ambulante. Era un ragazzo sui trent’anni, con i capelli scuri e la pelle ambrata. Si trascinava dietro una specie di carrettino di legno che aveva dipinto di rosso, e sul quale trovavano spazio stoffe, scarpe e bigiotteria di tutti i tipi. Per richiamare l’attenzione al suo passaggio, ogni tanto gridava: “È arrivato Giuseppe, è arrivato Giuseppe”; in realtà la sua pronuncia era tale che Giuseppe diventasse Sgiusep, donando un suono dolce e aspirato al suo nome.

Noi bambini ci eravamo precipitati verso il carrettino colorato, e avevamo trascinato l’uomo e la sua mercanzia verso casa della nonna. Mentre guardavamo tutte le cose meravigliose che vendeva, Giuseppe ci raccontò che veniva da un villaggio del Marocco, dove aveva moglie e figli. Qui in Italia cercava di mettere da parte qualche soldo da mandare alla famiglia, facendo economia fino all’osso.
Mia nonna era uscita nel cortile per vedere di cosa si trattasse, salvo poi tornare precipitosamente in casa alla vista dell’uomo, avendo buona cura di chiudersi a chiave e urlare a mio padre e mio zio, che stavano tranquillamente giocando a carte, di cacciare via il “marocchino”. Giuseppe era un ragazzo simpatico e sorridente, e si fermò per un po’ di tempo con noi a chiacchierare, mangiando con gusto il piatto di fettuccine al sugo che gli vennero offerte in segno di ospitalità, mentre la nonna rimaneva barricata in camera. Giuseppe tornò da noi altre volte, e solo dopo parecchio tempo la nonna si decise a uscire dalla sua stanza e parlare con lui. Sembrava quasi terrorizzata dalla presenza di questo ragazzo, che invece tentò di compiacerla regalandole una collana di perle, offerta con un sorriso disarmante.
All’epoca non feci caso a tutto questo, considerandolo come una bizzarria dovuta all’età della nonna; ma dopo molti anni il ricordo si riaffacciò alla mia memoria, e viste le ricerche che stavo facendo sulle marocchinate, tutto divenne più chiaro.
Il passaggio delle truppe nordafricane nel basso Lazio e in Ciociaria, nel maggio del 1944, aveva prodotto devastazioni inimmaginabili. Questi soldati erano stati impiegati dagli Alleati come una testa d’ariete per lo sfondamento della Linea Gustav, che passava per i Monti Aurunci, dividendo l’Italia in due. Nessuno era stato in grado di far retrocedere l’esercito nazista dalle montagne sulle quali si era arroccato, respingendolo verso nord; si era quindi deciso di mandare i goumiers, le truppe nordafricane al seguito della V Armata del generale Juin, in quanto specializzati nella guerra di montagna.
Tutto questo era costato ai goumiers un prezzo altissimo in vite umane, ma altrettanto alto era stato quello pagato dalle popolazioni locali che erano state depredate, sottoposte a violenze e saccheggi e soprattutto agli stupri sistematici dei goumiers. Interi paesi erano stati travolti da questa furia inarrestabile, che si era abbattuta non soltanto sulle donne, ma anche su uomini e animali.
Alla devastazione della guerra si era aggiunta anche questa tragedia, rendendo pesante la ricostruzione delle comunità, colpite al cuore dalla violenza immotivata e inaspettata di coloro che erano stati considerati quali i liberatori dal nazifascismo.
Per tanti anni questa dolorosissima vicenda umana è rimasta semisconosciuta; le popolazioni hanno ricostruito i paesi e le case, ricominciando la loro esistenza senza parlare di quello che avevano subito.
Ma la memoria è una forza potentissima, non può essere cancellata, e alla fine i racconti di questa pagina di storia sono emersi prepotentemente dai ricordi di coloro che prima avevano subito l’onta delle violenze, e poi l’indifferenza dello Stato.

Quando ho iniziato a occuparmi di violenza di genere, e in seguito con la creazione del Centro Antiviolenza Marie Anne Erize, ho sentito sempre più forte l’esigenza di raccogliere le testimonianze di quanti avevano vissuto quelle tragiche cinquanta ore di carta bianca, che si dice fossero state concesse come premio dal generale francese Alphonse Juin ai goumiers se questi fossero riusciti a far retrocedere i nazisti il più possibile dagli Aurunci e che si svolsero tra il 12 e il 17 maggio 1944.
Le storie di questo libro sono tratte dai racconti che ho ascoltato personalmente nel corso di dodici anni di ricerca; per tutelare la riservatezza delle testimoni, ho cambiato i loro nomi e non ho indicato i luoghi nei quali si sono svolte le loro vicende. A volte è stato complicato raccogliere i ricordi dei testimoni, e a volte mi è capitato di ascoltare queste voci in modo del tutto fortuito e casuale; tuttavia ho sempre vissuto una sensazione di accettazione e di piena fiducia da parte di quanti hanno voluto regalarmi la loro memoria, e ho sempre percepito con forza il loro desiderio di raccontare. Le vicende narrate sono tutte autentiche, con l’eccezione di “Francesca”, che mi è stata ispirata dalla lettura di una testimonianza contenuta in un libro; una sola, “Maria Maddalena”, è frutto di fantasia: tutte comunque vogliono trasmettere il senso della tragedia vissuta, e quanti segni essa possa avere lasciato nelle vite di coloro che ne sono stati travolti; ma soprattutto vogliono essere testimonianza viva e attuale del dramma vissuto settanta anni fa delle donne ciociare.
Perché non accada mai più, da nessuna parte.

LA SECONDA PARTE DEL LIBRO USCIRA’ SUL MAGAZINE MERCOLEDI’ 10 MAGGIO

LO SPETTACOLO TEATRALE. LE MAROCCHINATE, REGIA E DRAMMATURGIA DI FRANCESCA ROMANA CERRI DAL LIBRO OMONIMO DI STEFANIA CATALLO

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EDITORIALE – ELLY SCHLEIN E L’ARMOCROMIA, TANTO RUMORE PER NULLA

Il 20 gennaio 2021, per la cerimonia dell’insediamento di Biden alla Casa Bianca, la vicepresidente Kamala Harris scelse di indossare un tailler viola. Questione di gusti? Forse, ma basterebbe informarsi sulla storia del colore per sapere che il viola è composto dall’unione del rosso e del blu, colori simbolo di democratici e repubblicani e quindi il look di Harris voleva significare l’unione delle due anime del Paese nella sua persona, che le avrebbe rappresentate entrambe. Andando ancora indietro nel tempo, Elisabetta I si presentò vestita di viola alla sua incoronazione a Londra il 17 novembre 1558, indossando il colore simbolo dei regnanti, ancor oggi usato, come dimostra la foto in basso, che ritrae la regina Rania di Giordania in una visita ufficiale ai regnanti di Svezia. Il potere comunicativo del colore è quindi indiscutibile. Ma non altrettanto indiscutibili sono, pare, le scelte di stile della segretaria del PD Schlein che, in una sola riga e mezzo estrapolata da una lunghissima intervista a Vogue, parlando del suo rapporto con una armocromista che la aiuta nella scelta dei suoi look, ha scatenato un vespaio di polemiche.

La Regina Silvia di Svezia e la Regina Rania di Giordania Nieboer / ipa-agency.net

Forse che Schlein risulta meno credibile politicamente perché cura la sua persona? Ritengo che il look costruito da capi casual indossati a casaccio o peggio ancora, di gonne fiorate a balze e zoccoli in puro stile anni ’70, così caro a certe sinistre, sia espressione di anacronismo e quasi di imposizione di una immagine stereotipata, azione inconciliabile con i valori che esse rappresentano. Per essere credibile, una donna politica di idee progressiste deve mostrarsi per forza trascurata? Oppure essere in ordine significa aver sottratto tempo all’attività di governo a favore di se stessa? La grande Nilde Iotti era aspramente criticata per il look sempre impeccabile dai suoi stessi colleghi, che la ritenevano troppo sciura e poco comunista, con quelle perle e i capelli mai fuori posto, eppure seppe rappresentare le istanze dei cittadini con una statura politica oggi forse impensabile. Oltre oceano, l’armocromia vige dagli anni ’50; in Gran Bretagna, basti pensare al look della Thatcher, alla quale furono vietati gli amati cappellini e gli abiti pastello a favore di un look che emanasse autorità, a partire dall’acconciatura, studiata per lei in un salone di Mayfair, che la rendesse simile alla criniera di un leone e ispirasse rispetto. Quindi, di cosa stiamo parlando, in realtà?

Se si vuole criticare Schlein, lo si faccia sul piano prettamente politico. Quando si giudica una donna per il suo look è perché, ormai, si è raschiato il fondo del barile senza trovare altro a cui appigliarsi. Prima lei era quella imposta dall’alto, poi l’ebrea, poi la snob, poi la riccastra. E allora? E’ stata votata, quindi il posto è suo di diritto, con buona pace di chi (ancora) non se ne da pace. Come diceva Andreotti, uno che la sapeva davvero lunga, il potere logora chi non ce l’ha, e si vede. Da ultimo, sarebbe interessante scoprire con quali soldi la segretaria democratica paga la sua armocromista: sono sicura che lo fa coi suoi e non con quelli dei contribuenti. Quindi, si taccia perché si fa più bella figura. E si legga il restante 90% dell’intervista a Vogue, perché merita davvero attenzione.

Per documentarsi sulla storia del colore: Riccardo Falcinelli “Cromorama” (2017, Einaudi)

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IL VIDEOSABATO TEATRALE – MINOTAURO BORDERLINE DI E CON EMYLIU’ SPATARO

Minotauro Borderline” è un corto teatrale scritto e interpretato da Emyliù Spataro, attore che durante gli anni ’80 e ’90, ha dato vita a quello che oggi viene chiamatoTeatro in Casa“. Si tratta infatti di pièces recitate in ambienti domestici, senza utilizzo di luci o di scenografie particolari; questo tipo di rappresentazioni nato in età pre Internet, è poi tornato in auge, a causa di forza maggiore, durante il lockdown da Covid. “Minotauro Borderline” si ispira a “La Casa di Asterione” di Jean Luis Borges, e si sviluppa in una breve piece video teatrale sulla solitudine della diversità.

La rubrica dedicata al Teatro del quotidiano La Repubblica che nei primi anni ’80 recensiva il progetto di Teatro in casa di Emyliù Spataro

Videoriprese: @Beatrice Canino photographer. Musiche: composer @Emyliù Spataro, arrangiamento di @Svetlana Chmykhalova

BACKSTAGE FOTOGRAFICO: @BEATRICE CANINO PHOTOGRAPHER

ASCOLTA IL PODCAST DI MINOTAURO BORDERLINE INTERPRETATO DA EMYLIU’ SPATARO

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VIDEOTEATRO – MINOTAURO BORDERLINE DI E CON EMYLIU’ SPATARO

Minotauro Borderline” è un corto teatrale scritto e interpretato da Emyliù Spataro, attore che durante gli anni ’80 e ’90, ha dato vita a quello che oggi viene chiamatoTeatro in Casa“. Si tratta infatti di pièces recitate in ambienti domestici, senza utilizzo di luci o di scenografie particolari; questo tipo di rappresentazioni nato in età pre Internet, è poi tornato in auge, a causa di forza maggiore, durante il lockdown da Covid. “Minotauro Borderline” si ispira a “La Casa di Asterione” di Jean Luis Borges, e si sviluppa in una breve piece video teatrale sulla solitudine della diversità.

La rubrica dedicata al Teatro del quotidiano La Repubblica che nei primi anni ’80 recensiva il progetto di Teatro in casa di Emyliù Spataro

Videoriprese: @Beatrice Canino photographer. Musiche: composer @Emyliù Spataro, arrangiamento di @Svetlana Chmykhalova

BACKSTAGE FOTOGRAFICO: @BEATRICE CANINO PHOTOGRAPHER

ASCOLTA LA BALLATA DI MINOTAURO BORDERLINE INTERPRETATA DA EMYLIU’ SPATARO, AL PIANOFORTE SVETLANA CHMYKHALOVA

Minotauro Borderline, testo e melodia di Emyliù, arrangiamento al pianoforte di Svetlana

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IL VIDEOSABATO TEATRALE – VAI COL TANGO! MI BUENOS AIRES QUERIDO, OMAGGIO AL POETA JUAN GELMAN

In copertina: Valentina Bruno e Christopher Humphris con Nicola Viceconti. Photo @Massimo Colasanti

Presentato e premiato alla rassegna teatrale “Interno argentino con tango”, dedicata alla memoria dei desaparecidos, “Mi Buenos Aires querido” è l’incontro immaginario tra il poeta Juan Gelman e il tango. Da un’idea di Ersilia Cacace su testi di Juan Gelman e Cacace; tango e coreografie di Valentina Bruno e Christopher Humphris; voce narrante di Emyliù Spataro.

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47 ANNI FA IL GOLPE MILITARE IN ARGENTINA. I DESAPARECIDOS, IL TANGO, LA RESISTENZA, LA MEMORIA

Il 24 marzo 1976 aveva inizio la sanguinosa dittatura civico-militare in Argentina. Le conseguenze furono disastrose: trentamila desaparecidos, bambini strappati alle madri, fosse comuni, voli della morte sull’oceano. Una vicenda che difficilmente sarebbe stata possibile provare se non grazie alla resistenza del popolo e soprattutto delle madri e delle nonne. Una data condivisa con quella italiana dell’eccidio delle Fosse Ardeatine.

Gli anni dal 1976 al 1983 circa furono il periodo forse più buio della storia argentina del dopoguerra. Lo Stato sudamericano, pur avendo una storia politica fatta spesso di cambiamenti improvvisi, a partire dal 24 marzo 1976 si trovò stretta nella morsa di una dittatura civico-militare mai vista e dalle connivenze e implicazioni ramificatissime, tanto da arrivare, sembra, anche in Italia con rapporti con P2 di Licio Gelli. Jorge Rafael Videla assunse al potere, governando con pugno di ferro e sterminando una intera generazione di giovani, colpevoli di essere dissidenti. A loro vennero strappati i figli, solo in parte poi ritrovati grazie alla tenacia delle madres e delle abuelas (http://www.hijos.org.ar/)

Gladys, una esule argentina ci ha raccontato quello che accadeva nel suo Paese :”In quegli anni, la giustizia era diventata una chimera; la lebbra e altre malattie galoppavano nelle tante bidonville nate a causa della povertà; la società sembrava caduta in un sonno profondo e senza sogni, nel quale però si aggirava l’incubo di un dittatore, un uomo dallo sguardo duro e spietato. Quest’uomo, Jorge Rafael Videla, aveva instaurato il suo regno oscuro senza clamori: non c’erano carri armati a presidiare i punti chiave delle città, né una militarizzazione eccessiva che potesse rivelare ad un occhio attento la sospensione della democrazia. Capitava invece che ogni tanto qualcuno sparisse: se le prime volte si pensava ad un allontanamento volontario, dopo qualche tempo serpeggiò il terrore che, se si fosse disobbedito al dittatore o se si fossero manifestate idee diverse dalle sue, si sarebbe condivisa la stessa sorte, ossia la desaparicion. Erano sparite intere classi scolastiche, scrittori, artisti e non si sapeva più nulla di tante donne incinte che sembravano volatilizzate assieme al loro pancione. I parenti e gli amici si recavano inutilmente negli ospedali a chiedere dove fossero finite quelle persone e, quando i loro genitori si rivolgevano alla polizia, questa diceva di non sapere nulla e, anzi, li sgridavano accusandoli di avere allevato una generazione senza principi che si allontanava quando voleva senza neanche avere la compiacenza di avvisare. I giovani, che sono la vera forza di una nazione, si ribellarono al dittatore, anche a costo della vita. Ne sparirono 30 mila: sepolti nell’oceano dove venivano gettati dagli aerei, nei famigerati voli della morte, oppure buttati nelle cave, nei pozzi o chissà dove dopo essere stati torturati e seviziati, se non violentati, come accadeva a tutte le donne, nessuna esclusa. I neonati, figli di quelle ragazze fatte sparire, nascevano sui tavoli dei centri di detenzione clandestina e subito erano affidati a famiglie compiacenti, mentre le madri venivano lasciate a dissanguarsi dopo il parto, o finite con un colpo alla testa subito dopo le nascite“.

Una esule getta fiori nel Tevere in memoria dei desaparecidos photo @Massimo Colasanti

Molti anni dopo la dittatura, vennero istituiti i processi Condor, attraverso i quali è stata esercitata la giustizia per una parte dei desaparecidos, riconducendo al sorgere quasi contemporaneo delle dittature sudamericane tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80, una mano occulta per destabilizzare e sottomettere l’America latina.

ARGENTINA, MI BUENOS AIRES QUERIDO. IL CORTO TEATRALE

Dalla fantasia di Ersilia Cacace è nato così “Argentina, mi Buenos Aires querido”. Queste le parole di Cacace: “Il corto teatrale mi è stato ispirato leggendo la biografia del poeta argentino JUAN GELMAN e le drammatiche vicende della sua famiglia. In quegli anni terribili della dittatura, il regime uccise suo figlio Marcelo Ariel e sua nuora Maria Claudia, genitori di una bimba nata in carcere che il poeta ritroverà solo nel 1999 in Uruguay. JUAN GELMAN, infatti, per sfuggire alle persecuzioni, ha vissuto lontano dalla sua amata patria, e questo mi ha ispirato ARGENTINA -MI BUENOS AIRES QUERIDO, dove vediamo il poeta oramai anziano, nel suo esilio, ballare uno struggente tango con una ballerina che rappresenta l’Argentina. Leggere le sue liriche mi ha suscitato sentimenti di infinita tenerezza e struggente malinconica bellezza

Corto teatrale di Ersilia Cacace con testi di Juan Gelman ed Ersilia Cacace; coreografie di Valentina Bruno e Christopher Humphris; voce Emyliu’ Spataro. Vincitore del Premio della Giuria alla rassegna di corti teatrali “Interno argentino con tango”, Roma 2015.

Da sinistra: Ersilia Cacace, Emyliù Spataro, Valentina Bruno e Christopher Humpries durante la premiazione

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ROMA, 24 MARZO 1944. L’ECCIDIO DELLE FOSSE ARDEATINE, ERICH PRIEBKE E GIULIA SPIZZICHINO

C’é voluto il coraggio di una donna per smascherare, accusare, far estradare e poi condannare all’ergastolo Erich Priebke, lo zelante contabile dei morti alle cave ardeatine. Giulia Spizzichino è stato lo strumento della giustizia per i 335 morti ammazzati che Roma celebrerà venerdì 24 marzo, con una cerimonia alle Fosse Ardeatine affinché il passato e il sacrificio di quegli uomini non venga dimenticato.

Roma, 24 marzo 1944. Nelle cave di pozzolana lungo la via Ardeatina è una giornata intensa. Le squadre naziste, con la complicità della Repubblica Sociale, uccidono 335 uomini. Si tratta di una rappresaglia per l’attentato di via Rasella, dove erano state uccisi 33 occupanti nazisti. Hitler, furioso, aveva ordinato a Kappler, capo della Gestapo della Capitale, di organizzare una punizione esemplare. Sarebbero stati uccisi 10 uomini per ogni nazista caduto nell’attentato. Pietro Caruso, questore fascista di Roma, iniziò subito a scrivere con Kappler la lista di chi doveva essere ucciso: 335 uomini e ragazzi, tra detenuti civili e militari, ebrei e semplici sospetti antifascisti, sarebbero morti con un colpo di pistola alla nuca. Erich Priebke, vicecomandante del quartier generale della Gestapo capitolina, spuntò i nomi della lista, e poi fece saltare con dell’esplosivo gli ingressi delle cave per occultarne all’interno i cadaveri. Priebke fece uccidere 5 uomini in più, probabilmente convinto che il suo zelo lo avrebbe aiutato nella carriera.

Giulia Spizzichino, alla quale erano stati sterminati 25 parenti, di cui 7 alle cave ardeatine e 18 nelle camere a gas, volò in Argentina nel 1994, cinquant’anni dopo, per riconoscere e far condannare Priebke, che nel frattempo era diventato preside di una scuola tedesca a San Carlos de Bariloche. In un colloquio avuto diversi anni fa, Spizzichino mi dichiarò: “Quando entrai in aula, lo vidi girarsi verso di me, tutto impettito, con un cappello da alpino in testa. Rimasi pietrificata ma sicura di quello che avrei dichiarato: era lui che mi aveva ammazzato 25 parenti. Priebke si voltò verso il suo avvocato e disse a voce alta, guardandomi: contame un chiste asi puedo reir, ossia facciamoci due risate. Alla fine venne condannato all’ergastolo”. Priebke morì centenario nel 2013, ed è sepolto senza nome nel cimitero di un carcere, che a detta dell’ex detenuto Loi, è quello di Isili, in Sardegna. La tumulazione riporta solo un numero.

Al di là delle lecite domande su chi abbia favorito la fuoriuscita di Priebke come di altri nazisti o su quali siano state le complicità affinché essi potessero vivere indisturbati all’estero, quello che qui vogliamo trasmettere è la memoria di uno dei più grandi sacrifici per un’Italia libera.

UNA PIUMA SUL CAPPELLO, IL CORTO TEATRALE

photo @Massimo Colasanti

Uno dei più bei ricordi che ho di Giulia Spizzichino è una mattina di inverno, quando ero a casa sua e ci consultavamo come due adolescenti su quale abito indossare. Il giorno dopo saremmo andate in televisione, dove Giulia avrebbe parlato del prezzo di sangue pagato dalla sua famiglia per essere ebrei ed esserlo nel 1943. Dopo, la sera avrei messo in scena un corto teatrale scritto apposta per lei, “Una piuma sul cappello’, dedicato ai suoi ricordi e al suo coraggio, che le permisero di accusare Priebke, nascosto in Argentina, e farlo condannare in Italia all’ergastolo. E li, sul quel palcoscenico dove gli oggetti di scena erano velati col tulle bianco, a significare la polvere del tempo, Giulia e io facemmo un viaggio nel tempo”. Stefania Catallo

L’attrice Rosella Mucci ha interpretato Giulia Spizzichino nel corto “Una piuma sul cappello”, che proponiamo ai nostri lettori.

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“LE COPPIE GAY SPACCIANO BAMBINI PER LORO FIGLI” @ LA PILLOLA POLITICA DI MAVA FANKU’

Ascolta dalla voce di Mava

Questa frase, pronunciata in un dibattito televisivo dal vicepresidente della Camera, tale Rampelli, deputato dei Fratelli D’Italia, è una oggettiva sciocchezzuola.

Per usare un eufemismo, perché in realtà è una frase estremamente discriminatoria, che per colpire le coppie omogenitoriali per questioni di pruderie ideologica, strumentalizza persino i bambini che dipendono da chi li sta crescendo. Bambini che si sentono figli di chi si prende cura di loro e che hanno diritto ad esser riconosciuti come tali.

E penso, da modesta opinionista, che una frase del genere dovrebbe essere considerata da tutti come un’aberrazione, specie se a pronunciarla è un uomo con una carica così importante. Perchè, avrà un peso specifico diverso, pur avendo solo la qualità di un malevolo “peteolezo” (dal veneto: peto + olezo – ndr.) se la stessa cosa l’avesse detta la portiera del nostro condominio.

Qui non si tratta di riconoscere i diritti di due adulti dello stesso sesso che decidono di unirsi in coppia, ma i diritti dei loro figli voluti e amati che esistono già. Senza creare disagio alla loro serena crescita.

Parlare poi di legittimazione dell’ “utero in affitto”, demonizzando tale pratica oltre ogni limite, come spauracchio per delegittimare l’omogenitorialità, è il solito effetto speciale distraente per spostare l’attenzione su un qualcosa di assolutamente fuori tema.

Tanto per continuare a colpire gratuitamente le “famiglie arcobaleno” gettando sui loro colori il nero liquame della mala fede. Proprio di ieri, primo giorno di Primavera, è la notizia di mettere fuori legge in tutta Europa la pratica della “maternità surrogata”, già vietata in quasi tutti gli Stati a partire dal nostro.

Che bisogno c’era di questo pleonastico effettaccio speciale?

La rinnovata opposizione avrà un gran bel da fare.

Mava Fankù

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L’EX PRESIDENTE E LA PORNOSTAR. UNA VECCHIA STORIA SEMPRE NUOVA

In copertina: Trump-Stormy-Daniels – Credit: Brandon Bell/Getty Images; Ethan Miller/Getty Images

Non è certo la prima donna a far tremare un capo di Stato: prima di lei ci sono state la mitica Monroe, la psicologa Lewinsky e adesso una pornostar dal nome esotico, Stormy Daniels (stormy: tempestosa, n.d.r.). Kennedy, Clinton e Trump sembrano essere così tre ex presidenti accomunati dal debole per le donne, ma in realtà la politica statunitense ha visto anche altre querelle dello stesso tipo: basti ricordare la vicenda di Gary Hart, candidato alla presidenza nel 1988 e bloccato a metà corsa per essere stato il presunto amante di Donna Rice, Miss South Carolina World.

La narrazione su Daniels è quella di una ragazza povera e abusata, spogliarellista già al liceo e poi diventata una regina del porno, dove ha lavorato ed è stata premiata come regista, protagonista e scrittrice. L’incontro con Trump sembra sia avvenuto nel 2006 quando lui era già sposato con Melania ed era diventato da poco padre di Barron. Lui era già ricchissimo, e come nella migliore tradizione pecoreccia, il sessantenne invitò prima a cena e poi in camera sua la giovane promettendole, pare, una parte in una famosa serie televisiva. Gli incontri, a detta di Daniels, furono diversi, fino a cessare del tutto per volere della donna, evidentemente delusa nelle sue aspettative, che siano professionali o personali, non è dato sapere.

Nel 2016, la pornostar cercò di vendere la storia della relazione con Trump senza successo. Ma l’uomo che dichiarava di “prendere le donne per la f***“, cominciò a tremare quando, proprio a causa di queste parole, la stampa si accorse di avere un’occasione d’oro per portare a galla i peccati del tycoon. A Stormy vennero pagati 130 mila dollari, versamento fatto da Michael Cohen, legale di Trump al quale era stato dato l’incarico di intervenire per risolvere situazioni spinose. Il denaro è stato restituito a Cohen – come ipotizzano gli inquirenti – attraverso una alterazione dei bilanci della Trump Organization: la falsificazione di tali dati rappresenta un reato nello stato di New York. Nel 2018, Cohen è stato condannato a 3 anni di carcere per evasione fiscale e violazioni delle regole relative al finanziamento della campagna presidenziale. Ed è proprio per questi reati che Trump ora rischia l’incriminazione.

Ci si aspetterebbero reazioni da Melania Trump, che come maschilismo detta, è stata tradita chissà quante volte e in questo specifico caso, appena dato alla luce suo figlio; però tutto tace: forse che anche lei segua la regola aurea della regina Elisabetta: “Never complain, never explain”?

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OMOFOBIA E BULLISMO: SABATO 25 MARZO AL TEATRO TORDINONA “IKOS” DI GIUSEPPE SCIARRA

In copertina: il regista Giuseppe Sciarra

Ikos viene dal greco e significa fenice. E’ così che il regista Giuseppe Sciarra ha voluto intitolare il suo lavoro autobiografico su omofobia e bullismo, già premiato al Lecce Film Fest, all’Aracnea film and book festival e all’Apulia Web Fest.

Sabato 25 marzo alle ore 18.30 presso il Teatro Tordinona, Cinema Filmstudio presenterà “Ikos”, il documentario breve scritto e diretto da Giuseppe Sciarra e interpretato da Edoardo Purgatori. La collaborazione tra il regista pugliese e l’interprete della serie TV “Le Fate Ignoranti” ha dato vita a questo atto di accusa contro il bullismo e l’omofobia.

Edoardo Purgatori in Ikos

Omofobia e bullismo sono purtroppo realtà che spesso si presentano insieme, e Sciarra ne ha vissuto la drammaticità sulla sua pelle, come ha dichiarato:Il bullismo è un male inenarrabile. Sminuito da alcuni, fintamente compreso da altri. A me ha rischiato di togliermi la vita e la salute mentale. I miei coetanei sono stati nei miei confronti senza cuore, inumani. La loro cattiveria non voglio dimenticarla e non posso sminuirla perché fa comodo pensare che da bambini e adolescenti si è tutti buoni ma non è così, i miei carnefici non erano per bene e non erano buoni. Quello che posso fare oggi è fare conoscere la mia storia affinché la gente sappia cosa ho vissuto e stanno vivendo in tanti”

L’evento è stato promosso anche da Gaynet, associazione nazionale di operatori e operatrici dell’informazione che opera per migliorare il linguaggio dei media sui temi LGBTQ+. Dopo il corto e’ previsto un dibattito presentato da  Giulia Bandini con il regista, Edoardo Purgatori e il giornalista Alessandro Paesano per parlare di bullismo e omofobia e più in generale, di violenza e discriminazione. Di seguito il link per prenotarsi all’evento.

https://www.romafilmstudio.it/ikos-2/

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“Rimani” una poesia d’amore di Gabriele D’Annunzio interpretata da Alessio Papalini

In copertina: Gustav Klimt. Giuditta I. 1901 Olio su tela cm. 84X42 Vienna, Österreichische Galerie Belvedere

ASCOLTA IL PODCAST DELLA POESIA


Rimani! Riposati accanto a me.
Non te ne andare.
Io ti veglierò. Io ti proteggerò.
Ti pentirai di tutto fuorché d’essere venuto a me, liberamente, fieramente.
Ti amo. Non ho nessun pensiero che non sia tuo;
non ho nel sangue nessun desiderio che non sia per te.
Lo sai. Non vedo nella mia vita altro compagno, non vedo altra gioia
Rimani.
Riposati. Non temere di nulla.
Dormi stanotte sul mio cuore…

Musica

Title: Phenix-unplugged
Author: Koi-discovery
Source: https://freemusicarchive.org/music/koi-discovery/omega/phenix-unplugged/
License: CC0 1.0 Universal License

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NEL NOME DEL PADRE @ I PENSIERINI DI MAVA FANKU’

Quando avevo una rubrica di Posta del Cuore, mi scrisse una persona “non conforme” parlandomi del rapporto conflittuale e profondo avuto con il Padre; e nel giorno di San Giuseppe, dedicato alla Festa del papà, voglio proporre quella toccante lettera che da allora ho conservato nell’attesa di poterla pubblicare.

Ascolta dalla voce di Mava

“Cara Mava, sono un così detto “diverso” di mezza età, che durante la sua infanzia veniva definito un bambino effemminato, “mezzafemmina” nel Sud: pare un termine giocoso e magico rispetto agli altri intuibili epiteti che mi riservarono in seguito nell’adolescenza.

Malgrado questi termini mi turbassero, ho avuto la fortuna di non aver subito del bullismo violento, seppur le mie scelte importanti di vita siano state condizionate da quell’iniziale humus omofobo in cui sono cresciuto.

Sarà che non avendo inclinazioni esclusive verso “lo stesso sesso” (mai sentito come tale in realtà), ho avuto storie adolescenziali con ragazze, inframmezzate anche da esperienze con ragazzi. Quindi la mia formazione, sessuale e sentimentale, potrebbe definirsi come bisessuale.

In tutto questo la mia famiglia ha avuto un ruolo fondamentale, trovando “insegnamento” più che nelle prevalenti figure femminili (che oltre a darmi affetto e attenzione, talvolta soffocante, hanno assecondato le mie pulsioni androgine, come ad esempio nei giochi con le bambole, nella prima infanzia), in quella maschile di mio padre che, seppur in apparenza fosse considerato burbero e maschilista, un giorno, io già liceale maturando, mi prese da parte e mi disse una frase che non ho più dimenticato.

“Io so come sei” – guardandomi con tenerezza – “e per come sei, ti puoi esprimere dopo esserti costruito una corazza, altrimenti gli altri ti mangeranno”.

Di poche parole il mio papà, che ho tanto contestato nell’adolescenza, ma in quelle poche parole, col senno del poi, ci vedo tutto l’amore di un padre che vuole proteggere dal mondo inospitale il figlio “diverso” e fragile, come farebbe il Re Leone con il suo cucciolo.

Come quando una volta, potevo avere quindici anni, eravamo in un ristorante di Roma, con un nome che era tutto un programma – “La Parolaccia” – con dei suoi amici camerateschi e goliardici, mentre delle vere e proprie entraneuses intrattenevano i commensali con battute pecorecce e gesti osceni: del genere, accarezzare la bella testa calva di mio padre, simulando una masturbazione con una bottiglia di caro champagne, fino a stapparla col botto e conseguente fuoriuscita di liquido effervescente.

“Facciamo svezzare tuo figlio da una di queste signorine” – sghignazzò qualcuno con sguaiata provocazione a mio padre che rispose pronto: “lasciate stare mio figlio che è timido”.

Ero terrorizzato in un angolo del tavolo e tirai un sospiro di sollievo.

Ti voglio tanto bene Papà.

Ovunque tu sia.

Nel mio cuore di sicuro.

E per il mio sempre.

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UNA RICETTA PER LA FESTA DEL PAPA’: MALGA GRATINATI ALLA AMATRICIANA

Per la festa del papà, chef Venio ci propone un piatto della tradizione laziale, facile da preparare e molto buono. Siamo certi che i papà apprezzeranno.

MALGA GRATINATI ALLA AMATRICIANA

INGREDIENTI

Guanciale
Pomolo
Vino rosso
Pecorino
Alloro
Cipolla rossa di tropea
Sfoglia

PER LA AMATRICIANA

Far rosolare il guanciale tagliato a cubetti; quando sarà croccante, toglierlo dalla padella lasciando il grasso.
Far scendere di temperatura il grasso del guanciale, mettere la cipolla rossa di tropea e far appassire (non deve bruciare, fatela cuocere a fuoco dolce).
Quando la cipolla è appassita, sfumare con del vino rosso e far evaporare; una volta che l’alcool sarà scomparso, aggiungere il pomodoro e far cuocere 20 minuti circa.
Quando il sugo sarà cotto, fare a pezzi irregolari la sfoglia (potete usare anche quella secca per lasagne).
Una volta cotta la sfoglia, scolarla in padella, aggiungere il guanciale croccante e mantecare.
Attendere qualche minuto che scenda la temperatura della pasta, aggiungere il pecorino e saltare.
Mettere nei piatti, chiudere il tutto con una bella spolverata di pecorino e infornare a 180 gradi, fino a che non abbiamo ottenuto una bella crosta.
Servire con doppio piatto e …buon appetito!


Fate i buoni.

P.S. I più scupolosi possono mettere l’aglio in sostituzione della cipolla.

Chef Venio Scoccini

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FIGLI DI UN DIO ORBAN @ LA PILLOLA POLITICA DI MAVA FANKU’ (CON PODCAST)

Ascolta dalla voce di Mava

🌜Che il fascismo non esista più storicamente é acclarato, perlomeno nella nomenclatura e nei fatti storici.

🌜 Ma nel seno della democrazia, nella nostra Repubblica che ne è subentrata, ne sono sopravvissuti l’ideologia e il pensiero.

🌜E non occorre nascondersi dietro neologismi quali sovranismo o nazionalismo, per verificare che certe azioni di questo attuale governo tendono ad oscurare la democrazia dei diritti civili egalitari, specie se riguardano l’intera comunità europea di cui facciamo parte.

🌜 Come sull’attuale tema dei diritti dei bambini nati nell’interno di una coppia omogenitoriale, riconosciuti dall’Unione Europea, ma disconosciuti solo dall’Ungheria di Orban, dalla Polonia, e ora dal Governo Meloni che vuole sempre più accomunare la sua Italietta al modello oscurantista di Orban.

ANSA – FIGLI DI COPPIE OMOSESSUALI – CENTRODESTRA DICE NO AL REGOLAMENTO UE

@Foto Web

🌜E il tutto, come al solito, colpendo populisticamente la disinformazione politica della maggioparte dell’elettorato cattolico in genere, con lo spauracchio che l’equiparazione in tutti gli Stati europei dei diritti sui figli di due genitori dello stesso sesso, possa favorire la maternità surrogata, pratica proibita in Italia come in altri Stati e che resterebbe tale.

🌜Ma dopo una serie di promesse disattese con retro-march, qualcosa di destra, questo governo di destra, doveva pur fare per distrarre l’elettorato deluso, con il solito effetto speciale del moralismo distraente.

🌜E così per soli 4 (quattro) voti di differenza al Senato, 7 su 11, questa maggioranza ha messo un altro tassello nero non solo  sul puzzle arcobaleno di quelle famiglie con bambini che non vedranno riconosciuti i loro amati genitori come tali non solo se si sposteranno, che so, dalla Francia, dalla Germania o dalla Spagna in Italia, ma soprattutto per le cose di vita quotidiana:

come andare a prendere il figlioletto all’uscita di scuola (se non con una umiliante delega fatta dal genitore biologico), o come andare tristemente a trovare la propria bambina malata in ospedale; ma il tassello nero di cui sopra è stato messo pure sul puzzle di quell’Italia che ama la democrazia e che, con questo modus operandi, sembra sia sempre più in preoccupante minoranza.

🌜Anche se così non è, se uniamo all’opposizione il primo partitone degli astensionisti, che vogliamo chiamare il Partito di…

🌜Mava Fanku’

@Foto Web

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#19 MARZO: ESSERE PADRE, ESSERE FIGLIO. DI MASSIMO D’AQUINO

19 marzo, festa del papà

A Manfredi

Ascolta dalla voce di Emyliù Spataro

Ti avrei raccolto nel mio grembo, appena venuto al mondo;

ti avrei protetto da ogni bruttura; avrei osservato, notte e giorno, ogni più piccolo movimento del tuo corpicino;

ti avrei lavato, sfamato, annusato;

ti avrei fatto ridere;

sarei stato il padre che ogni creatura desidererebbe avere;

e tu, mio figlio.

Chi dei due è mancato all’appuntamento?

Tu, figlio mio?

Per secoli esser padre ha significato semplicemente “metterci il seme” e per molti , purtroppo, ancora oggi è così. Basta poco per diventare padre: un apparato genitale funzionante, una compagna accondiscendente e il resto è noto.

Per diventare padre, ma per esserlo davvero?

Io credo che per essere un buon padre sia indispensabile sentirsi un po’ anche madre. Chiaramente non parlo per esperienza diretta perché a me, in quanto persona trans, questo privilegio è stato negato, tutto ciò che posso fare è scrivere una poesia ad un figlio mai nato (A Manfredi) oppure rivivere la mia personalissima esperienza col mio di padre che non è di certo una bella storia.

Il primo ricordo che ho di mio padre risale a quando avevo otto anni e, scesi dal treno che da Napoli ci portò a Milano, mia madre me lo presentò:

“Lui è Enzo, tuo padre”

Era uno di quei padri che c’aveva messo solo il seme e poi era scappato con un’altra donna, per me un perfetto sconosciuto.

Eppure, se solo avesse voluto, in quel momento avrebbe potuto rimediare agli errori commessi. Ricominciare daccapo, cancellare il passato e fare finalmente il papà. Quello che ricordo è il mio impegno nel vederlo e considerarlo come padre, soprattutto per far contenta mia madre che voleva ritrovare la famiglia che aveva sognato da sempre. Ma lui niente! Imperterrito continuò a perseverare negli errori, inconsapevole di cosa volesse dire esser padre.

“Cosa c’è di più destabilizzante del tradimento di chi ti ha messo al mondo?”

Gli auguri per la festa del papà bisogna meritarseli e non per un solo giorno all’anno ma per tutta la vita. E bisogna meritarseli dal momento stesso in cui si decide di concepire un figlio, pienamente coscienti dell’atto che si sta compiendo: stiamo mettendo al mondo un individuo a sé stante, un essere umano che per i primi anni di vita assorbirà da me, padre, tutto ciò che sarò capace di insegnargli. Un padre è e deve essere di esempio.

Tanti auguri papà

A te che non mi consideri di tua proprietà

A te che non decidi della mia vita, imponendomi di fare ciò che tu non hai potuto fare

A te che mi fai essere ogni giorno una persona migliore

A te che m’insegni ad amarmi e ad amare

A te che mi fai sentire libero

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IL NAUFRAGIO DI CUTRO, LA CANZONE DI MARINELLA E IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI

In copertina: immagine web

Se la politica è l’immagine di un Paese, allora è lecito chiedersi quale immagine si sia fissata nella retina dei cittadini, dopo il naufragio di Cutro. L’impressionante numero di bare tra le quali quelle piccole e strazianti dei bambini, oppure il karaoke, a Como, per il compleanno del vicepremier Salvini? Che il Mediterraneo sia diventato un cimitero non c’è alcun dubbio, e a nulla sono valse le iniziative poste dai vari governi per arginare le migrazioni che dal nord Africa giungono sulle nostre coste. E si parla dei governi di centro sinistra fino al giallo verde della penultima legislatura: insomma l’italiano medio ha visto tutti i colori dell’opportunismo politico. Prima ci fu la legge Bossi Fini del 2002, in merito alla quale oggi l’ex segretario di AN dichiara oggi: “La cosiddetta legge Bossi Fini è in vigore da vent’anni, va cambiata perché è mutata profondamente l’origine del fenomeno migratorio. Esso ha oggi dimensioni globali ed è sempre più correlato al dovere morale, oltre che al diritto internazionale, di garantire diritto d’asilo a chi fugge da guerre, rischi di genocidio, catastrofi naturali, violazioni di massa dei diritti fondamentali dell’uomo”.

https://documenti.camera.it/_dati/leg17/lavori/documentiparlamentari/indiceetesti/022bis/021/00000002.pdf (Per leggere il testo della legge cliccare sul link)

Poi si passò, nel 2010, all’amicizia tra Berlusconi e Gheddafi, con seguito di amazzoni e tende beduine piantate a villa Pamphili, per giungere al 30% delle importazioni di gas; e poi via via tutti gli altri governi, fino all’accordo sul gas e le migrazioni firmato da Meloni il 28 gennaio scorso a Tripoli , come riportato da ANSA cliccando sul link sottostante:

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2023/01/28/meloni-intesa-italia-libia-per-potenziare-guardia-costiera-_fc86d2f8-f92e-4c5e-b14d-d132752b17af.html

La questione migranti si è quindi sempre discussa solo in funzione del conteggio dei voti elettorali e dei vantaggi in termini di accordi commerciali con la Libia, e soprattutto in un periodo come questo, nel quale le forniture di gas sono quanto mai necessarie. Quanto vale quindi, la vita di un migrante in termini di gas? Un metro cubo, due, dieci, cento?

Video @Repubblica

Se poi è vero, come dice Salvini, che dai barconi sbarcano solo immigrati che vengono a fare la pacchia in Italia, allora forse sarebbe doverosa una sua spiegazione circa la presenza della giornalista afghana Torpekai Amarkhel, morta nel naufragio del barcone a Steccato di Cutro, in fuga dal suo Paese per non essere uccisa dai Talebani. Alla memoria di Amarkhel, l’Ordine dei Giornalisti ha dedicato la Giornata internazionale della Donna, avvisandone tutti gli iscritti tramite mail, che sicuramente è arrivata anche a Tajani e Meloni, essendo anch’essi giornalisti (i dati sono consultabili sul sito, cliccando sul link in basso).

https://www.odg.it/elenco-iscritti.

Il problema vero è che per anni gli italiani sono stati bombardati da notizie in grado di azzerare le loro facoltà cognitive e critiche, attraverso l’uso sapiente di certa stampa e dei social; attraverso le fake news, le stanze dell’eco e le incitazioni all’odio (“Rimandiamoli a casa loro!”, “Prima gli italiani!“); attraverso l’ignoranza della geopolitica dell’ultimo secolo, senza la cui conoscenza è impossibile comprendere il perché delle migrazioni verso l’Europa; alimentando un popolo a tv spazzatura e dipendenza da internet. A chi giova tutto questo? Certo non ai poveri disperati che sono affogati nel mare davanti a Cutro. Proviamo a respirare cinque secondi mettendo la testa dentro la vasca da bagno e cerchiamo di immaginare quale calvario abbiano vissuto quelle persone. Loro non hanno avuto il modo di festeggiare il loro arrivo e nemmeno di cantare di felicità per avercela fatta. Ma al posto loro, lo hanno fatto altri, allegri e spensierati, a centinaia di chilometri da dove giacevano le loro bare, che non hanno meritato neanche uno sguardo di pietà o un fiore da chi, la nostra Italia, la rappresenta.

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CLOSE. D’AMORE SI MUORE @ PENSIERINI FILMICI DI EMYLIU’ SPATARO

ASCOLTA DALLA VOCE DI EMYLIU’

Ritorno ad amare il Cinema, dopo gli ultimi anni di separazione pandemica, attraverso lo streaming.

“CLOSE” è un film del 2022 e narra della scoperta dell’amore da parte di due pre-adolescenti tredicenni. E a quell’età si sa che i sentimenti amorosi sono puri, perché provati per la prima volta; anche se i nostri inseparabili amici per la pelle, che dormono persino insieme tanto sono uniti, affettuosi e capaci di tenerezza, saranno presto contaminati dal pregiudizio.

“Ma voi due state insieme”? – chiede una maliziosa compagna di classe ai due, imbarazzandoli davanti a tutti – “No, noi siamo molto amici, quasi fratelli” – si schermisce Leo, il più esuberante dei due, mentre Remì, più schivo e sensibile, tace.

Leo e Remi fino a quel momento erano felici e andavano, come si dice, d’amore e d’accordo. Remi suona il flauto e Leo immagina di essere suo manager per andare in giro insieme per il mondo. Ma il pre-giudizio dei coetanei pseudo evoluti intacca la loro idilliaca amicizia amorosa, consacrata fino a quel momento dalle rispettive famiglie che vedono il loro legame come qualcosa di assolutamente naturale, senza quei retropensieri malevoli che fa solo chi non ama.

Mentre i rispettivi genitori di Leo e Remi, amando i loro figli, vogliono solo la loro serenità: “Leo, vai a dormire da Remi stasera?” – Chiede ogni giorno la madre del primo, come fosse la cosa più naturale del mondo, mentre le convenzioni sociali stanno in agguato dietro l’angolo.

Non si parla di outing o coming-out in questo delicatissimo e introspettivo film, ambientato in una natura bucolica dipinta di colori, ma di identità sessuale in bozzolo, che sfocia in una inaspettata tragedia, con la quale quel primo amore appena sbocciato dovrà fare duramente i conti.

I due giovanissimi protagonisti sono sorprendenti, ci regalano la fioritura dei loro innati talenti interpretativi, reggendo anche i primissimi piani con disinvoltura e verità.

Presentato al Festival di Cannes del 2022, “CLOSE” di Lukas Dhont già regista di “Girl”, è uscito nelle sale italiane i primi di Gennaio e ora lo si può vedere in streaming su Sky e Now. Ha fatto man bassa di premi un po’ ovunque ed è candidato ai prossimi OSCAR.

E’ uno di quei film d’autore che se non lo cerchi ti cercherà lui per emozionarti, anche sul piccolo schermo, come ha fatto con me.

Parola di Emyliù

TRAILER UFFICIALE

I PRIMI CINQUE MINUTI DEL FILM

https://www.mymovies.it/film/2022/close/news/guarda-la-clip-del-toccante-coming-of-age-di-lukas-dhont/

deGENERE: LA 1° ITALIAN QUEER TANGO MARATHON DI ROMA

Dal 24 al 26 marzo si terrà a Roma deGENERE, la prima maratona di tango queer nei pressi della Stazione Tiburtina, organizzata da Queer Tango Roma.

Dal tango tradizionale al tango queer non è stata una strada breve. Ne sanno qualcosa Cristiano Bramani e Walter Venturini, fondatori di Tango-queer Roma: ” Proviamo a ripartire dall’idea che tutti, indipendentemente dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere, abbiamo le stesse possibilità e le stesse libertà, anche nel tango. Se rompiamo il codice etero-normativo che blocca le persone a stare in un unico ruolo e necessariamente con persone del genere opposto, offriamo spazio alla “diversità”, stimolando al contempo una maggiore fluidità, una maggiore libertà di pensiero e una conseguente sospensione del (pre)giudizio. Con queste idee abbiamo creato LA MALQUERIDA, prima milonga queer stabile italiana, dove l’obiettivo è proprio quello di dare spazio allo (stra)ordinario e alla diversità, senza creare un “luogo protetto”, bensì un posto in cui tutte le (stra)ordinarietà possano esprimersi fluidamente, incontrarsi e interagire“.

La novità introdotta da Bramani è fondamentale: creare una scuola di tango e un luogo dove si possa ballare senza ruoli di genere prestabiliti, dove nel tango tradizionale l’uomo guida e la donna segue.

Sono da circa 20 anni nel tango “straight”. Circa 13 anni fa ho cominciato ad insegnare tango queer in una associazione romana glbt di balli di coppia“, dichiara Bramani. “Dopo 2 anni ho fatto il mio “coming-out tanghero”, ossia ho cominciato ad organizzare serate di tango queer nelle più importanti milonghe tradizionali romane, insegnando e facendo esibizioni con importanti e conosciuti tangheri straight: l’intento era quello di far emergere una realtà che non veniva nemmeno considerata, di farla conoscere, di proporre un’idea, far venire un dubbio, rivendicare un diritto, provocare, in brevis, un piccolo corto circuito. Dopo circa un anno ho pensato che dovesse esistere un luogo deputato, visibile, la bandiera di  un’idea, sempre a disposizione di chi, nel tango, vuole avere pari diritti e possibilità e dove sa di trovare un luogo dove si sospendono giudizi, cliché e stereotipi di genere. E così 6 anni fa è nata La Malquerida. L’anno successivo, l’incontro con Walter Venturini ha completato il progetto. In questi ultimi anni sono stato invitato in vari festival di tango (Roma, Berlino, Stoccolma e Buenos Aires) per insegnare e esibirmi“.

La musica verrà affidata anche a un trio: Cristiano Lui al bandoneon, Oscar Di Raimo al violino e Stefano Ciotola alla chitarra, per accompagnare le danze dal vivo.

Appuntamento quindi dal 24 al 26 marzo in via Tiburno 23 a Roma. Per tutte le info e le prenotazioni si può visitare il sito:

http://www.degenere.it/?fbclid=IwAR0RhnL3odNLMfxFJJI8-_1KatxVnphqI_-6x-rhxOvbzeOtikjc5Otrty8

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“Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale” la poesia di Montale interpretata da Alessio Papalini

In copertina: “Estate”, 1943 @Edward Hopper

Una delle più belle poesie di Eugenio Montale, dedicata alla madre, nell’intensa interpretazione dell’attore teatrale Alessio Papalini.

ASCOLTA IL PODCAST DELLA POESIA

HO SCESO, DANDOTI IL BRACCIO, ALMENO UN MILIONE DI SCALE

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, nè più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.

EUGENIO MONTALE, Satura 1962-70 (Milano, Mondadori 1971).

Licenza Musica

Title: Leaving
Author: Edoy
Source: https://freemusicarchive.org/music/Edoy/introspect/leaving-1/
License: CC BY 4.0
Edit

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QUEL NUOVO SENSO DI LIBERTA’ @ LA PILLOLA POLITICA DI MAVA FANKU’ (CON PODCAST)

Ascolta dalla voce di Mava

A dieci giorni dalla sua elezione, possiamo dire che la ragazzona del Canton Ticino funziona.

E se ne ha la conferma sopratutto dai suoi difetti, dimostrati subito, come i suoi pregi. E questa trasparenza è vincente.

Elly è di una empatica disinvoltura persino nel suo immediato presenzialismo. Persino nelle sue pose da attivista ecologista. Persino nel suo look fintamente trasandato, ma che se lo guardi con attenzione risulta ricercato, nelle sue sofisticate giacche dal taglio sartoriale, chiccamente di mezza taglia più grandi.

Niente è lasciato al caso, anche se a primo acchito sembra una scappata di casa dopo essersi svegliata in ritardo, senza lavarsi neanche la faccia e pettinandosi i capelli con le dita in ascensore.

E’ cercatrice di alleanze fruttuose con il terzo Partito Italiano: quelle Cinque Stelline seppur cadenti, ma che farebbero la differenza, inconciliabili e riluttanti con il precedente segretario la mammo-Letta, che accetterà l’affettuoso nomignolo, a differenza del Signor Presidente Giorgia che, se ti permetti di trovarle un soprannome, manifesta subito quel coerente autoritarismo ideologico, che fa applaudire la folla che l’ha voluta al Governo.

Così come alla veemente richiesta (da parte della nostra Elly) di dimissioni di un suo ministro, per i tanto tragici quanto ambigui fatti di Crotone, “il nostro beneamato” Presidente del Consiglio (la Meloni al suo insediamento preferiva che la sua carica venisse declinata al maschile), minimizza rispondendo: “L’opposizione chiede le dimissioni ogni giorno di un ministro diverso. Non fa più notizia.”

E il chiedere le dimissioni di un ministro del Governo Meloni, subito dopo un fatto cosi’ grave, è una sincera ingenuità politica dettata dalla fresca inesperienza di Elly. Certamente, sarebbe stato preferibile, ad esempio, sollecitare il Governo ad attuare un programma efficace, per regolamentare le migrazioni planetarie da discutere al Parlamento Europeo, proponendo di aprire nell’immediato dei salvifici corridoi umanitari.

Così come è stato fatto dalla nuova opposizione. Ma senza quella rumorosa richiesta di dimissioni, magari, sarebbe stato tutto più seriamente politico, e meno effettistico. E questa mia critica costruttiva vuole essere di buon auspicio alla diversamente bella ragazzona.

E chi l’attacca dicendole che è brutta e lesbica (come delle pseudo signore sentite a Teatro fare chiacchiere da salotto comprato a un’asta fallimentare) fa cattiva pubblicità a chi vorrebbe propagandare.

Ma noi che sosteniamo Elly, stimoliamola a continuare con il suo bell’entusiasmo che fa venir voglia di una nuova Sinistra, sempre più libera e, scusate il termine banale ma necessario, sempre più democratica.

Mava Fankù

Elly Schlein

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NON UNA DI MENO #8 MARZO SCIOPERO TRANSFEMMINISTA. INFO SUL CORTEO

L’otto marzo è sciopero globale femminista e transfemminista!

COME SCIOPERARE?

La giornata è coperta dalla CONVOCAZIONE DI SCIOPERO DA PARTE DI DIVERSI SINDACATI. Dunque se lavori in aziende o nel pubblico è un tuo diritto scioperare dal tuo lavoro.

Se ancora non è stato segnalato lo sciopero dell’otto marzo sul tuo posto di lavoro oppure hai delle difficoltà a scioperare scrivici al nodo di Non Una Di Meno della tua città o alla mail NUDM nazionale, possiamo organizzarci insieme!

In moltissime città per tutta la giornata dell’8 saremo per le strade, nelle piazze, insieme, per una favolosa giornata di sciopero e lotta, guarda qui gli eventi città per città https://www.facebook.com/events/3085144974964946/

NON LAVORO, NON HO LA POSSIBILITÁ DI SCIOPERARE DAL MIO LAVORO, COME FACCIO A PARTECIPARE ALLA GIORNATA?

Ci sono molte forme di sciopero che negli anni abbiamo sperimentato. Indossa la spilletta o il panuelo, diffondi materiali informativi, lavora con lentezza. Leggi qua: https://nonunadimeno.wordpress.com/2023/03/01/come-posso-scioperare-l8-marzo/

Lo sciopero femminista e transfemminista non è solo sciopero dal lavoro produttivo. Ma anche dal lavoro di cura, dal lavoro relazionale. Sciopero dai consumi e dai generi. Ci sono tante forme di lavoro che ogni giorno vengono invisibilizzate e da cui possiamo scioperare

PERCHÉ SCIOPERARE?

Scioperare l’otto marzo significa prenderci una giornata per stare insieme, per dire insieme no a tutto ciò che non funziona nelle nostre vite e in questo mondo patriarcale e violento. Per tant sicuramente la lotta è quella di tutti i giorni, ma l’otto marzo, insieme ci prendiamo più spazio per urlarla a gran voce insieme Scioperare l’otto marzo significa fermarci insieme e far fermare tutto ciò che possiamo. Perchè se ci fermiamo noi, donne e soggettività lgbtqia+, si ferma il mondo. TUTTO SULLO SCIOPERO DELL’8M SUL NOSTRO BLOG! https://nonunadimeno.wordpress.com/tutto-sullo-sciopero-dell8-marzo-2023/

𝘾𝙊𝙍𝙏𝙀𝙊 𝟖𝙈: RIPRENDIAMOCI LE NOSTRE STRADE! PERCORSO, INFO E PRATICHE

Vorremmo che questo pezzo di strada fosse attraversabile da tutte le donne e le libere soggettività, per farlo abbiamo bisogno del contributo di tutt3! Portiamo in piazza i nostri corpi affinché definiscano la potenza di un corpo collettivo;

Siamo un soggetto fluido, non identitario. Portiamo per le strade la nostra fluidità dandole la forma della marea, per cui preghiamo tutt3 di sintonizzarsi con la piazza e dunque non esporre bandiere o simboli, ma unicamente cartelli e striscioni con contenuti transfemministi;

Porta con te un telo, un piccolo cuscino o un plaid da utilizzare durante il corteo per delle azioni performative perché in un mondo iperproduttivista e performativo anche l’ozio vuole la sua parte, fermiamoci nel corteo!

Ci saranno musica, interventi, rumori: porta con te tappi antirumore se pensi di poterne aver bisogno;

Vestiti di nero e indossa qualcosa di fucsia! Al camion di testa potrai comprare spillette, shopper e magliette per finanziare la marea transfemminista

Percorso del Corteo: ci incontriamo alle ore 17:00

Partenza: Piazzale Ostiense

Via Marmorata

Piazza dell’Emporio

Ponte Sublicio

Via di Porta Portese

Via Girolamo Induno

Viale Trastevere

Arrivo: Largo Bernardino Da Feltre

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IL DOLCE PER L’OTTO MARZO DI CHEF VENIO: TORTA SBRISOLONA CON AMARETTO E ZAFFERANO

Festa della donna uguale mimosa?
Quest’anno usciamo dagli schemi, lasciamo il classico per una ricetta semplice e buona come tutte le nostre donne.

INGREDIENTI

250 g Farina
200 g zucchero
200 farina di mandorle
300 polenta
225 g burro
1 stecca di vaniglia
1 uovo
50 ml di amaretto

Per la crema

100 ml di amaretto
25 g zucchero
200 g mascarpone

1 bustina di zafferano

PROCEDIMENTO

Sciogliete il burro a bagnomaria.
Mettere tutti gli ingredienti secchi in una ciotola con la vaniglia.
Quando il burro è sciolto, stemperarlo un po’ mescolando con una frusta e incorporare l’uovo, mettere il composto nelle farine e mescolare con le mani velocemente, lasciando i grumi che si formeranno.
Mettere il composto in una teglia senza schiacciare molto e infornare per 30 minuti a 180°.

Per la crema

Versate l’amaretto e lo zucchero in un pentolino
Fate sciogliere lo zucchero e quando è pronto, togliete dal fuoco e aggiungete lo zafferano e il mascarpone, mescolando fino ad ottenere una crema.

Quando la sbrisolona è fredda, tagliatela e servitela con la crema.

Siate buon@!

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#8 MARZO MASSIMO D’AQUINO: NEI PANNI DI UNA DONNA

Nei panni di una donna

“E’ la mia festa. La festa della donna. Sarà per questo che mi concia per le feste il mio uomo. Ogni volta che alzo lo sguardo da terra mi guarda con odio e se non abbasso immediatamente lo sguardo, allora mi concia per le feste.
La festa della donna. Una volta ci sono stata a una di quelle serate tra donne, era l’otto marzo di otto anni fa. Proprio quella sera l’ho conosciuto, il mio uomo. Non era come gli altri lui. No, no.
La festa della donna sarà il pretesto domani sera per rinfacciarmi che a quella festa di otto anni prima ero lì per vedere maschi in perizoma. Quindi sono una puttana. Comincerà a prendermi a pugni, a morsi, mi trascinerà sul pavimento per i capelli. Se starò zitta e buona forse non morirò o forse domani mi leggerete sul giornale.
Il dolore fisico non lo sento più, con gli anni ho imparato ad estraniarmi dal mio corpo.
Il peggio è vedere gli sguardi della gente che sa e tace. Vorrei non sentirmi sola.
La festa della donna. Una volta, quando ancora lavoravo, un collega regalò a tutte le donne in ufficio un rametto di mimosa che dimenticai sul cruscotto della macchina. Lui lo vide, chiamò il mio collega e gli chiese perché m’avesse regalato la mimosa, non ce n’era bisogno, io avevo un marito! Ci pensava lui a me! Fu l’anno che scivolai in bagno e mi ruppi un gomito.
La festa della donna. Mi viene da ridere, sta per rientrare a casa e vorrei mi trovasse morta mentre rido così per una volta gliela faccio io la festa!”.

#8 MARZO TRANSFEMMINISTA. “LA CRISALIDE” INTERPRETATO DA EMYLIU’ SPATARO

“La Crisalide” è la storia di una transessuale che vive sulla sua pelle il maschilismo, il marciapiede, lo stigma sociale, le brutture del pregiudizio senza però perdere mai la sua umanità. Il video che proponiamo è stato registrato presso la Sala Consiliare del Comune di Labico, in provincia di Roma, su invito dell’associazione Socialmente Donna e delle assessore Tina Miele e Giulia Lorenzon. Crisalide rappresenta una delle interpretazioni più toccanti dell’attore teatrale Emyliu’ Spataro, che nel tempo ne ha curato l’evoluzione da personaggio letterario a persona in carne e ossa.

Emyliù Spataro in “La Crisalide”

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  • Registrazione Tribunale di Roma n.133/22 del 8/11/22

Direttore Stefania Catallo

Stefania Catallo, romana e fondatrice del centro antiviolenza Marie Anne Erize. Si occupa di storia orale e di diritti delle donne. Giornalista e scrittrice, ha pubblicato diversi libri, l'ultimo dei quali "Evviva, Marie Anne è viva!" (2018, Universitalia), ha ricevuto il Premio Orsello nella sezione Società.

Redazione:

EMYLIU' SPATARO

Emilio Spataro, in arte Emyliù, attore, chansonnier, fotografo, grafico. Di origine calabrese cirotana, vive a Roma. Opinionista e Web Master del Magazine.

MAVA FANKU'

Opinionista disincantata, dotata di un notevole senso dell'umorismo e di una dialettica tagliente, Mava Fankù cura attualmente due rubriche, La Pillola Politica e I Pensierini di Mava, elzeviri su temi vari che ispirano la nostra signorina agèe, da poco anche in video, oltre che in podcast, oltre che in scrittura.

ALESSIO PAPALINI

Romano, educatore, formatore e appassionato di lettura e comunicazione. Attore del Teatro Studio Jankowski di Roma

PATRIZIA MIRACCO

Psicoterapeuta e giornalista. Appassionata di arte e mamma umana di Aki, una bella cagnolina a quattro zampe di 4 anni.

VENIO SCOCCINI

Diplomato all'Istituto Alberghiero Michelangelo Buonarroti di Fiuggi (FR) - Dopo una lunga esperienza in Italia, e all'estero come chef per personaggi di rilievo, sia in casa che su yacht, nel 2013 si è trasferito a Londra, dove ha appreso nozioni di cucina multietnica continuando a lavorare come chef privato.

ROSELLA MUCCI

Ho sperimentato il palco cimentandomi in progetti di Teatro Sociale tra il 2012 e il 2015 con testi sulla Shoa, sul femminicidio, sulla guerra. Il mio percorso teatrale è poi proseguito in autonomia quando ho sentito il desiderio di portare in scena testi scritti proprio da me.Tutti i miei scritti per scelta hanno

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